Anno di pubblicazione: 2001
La ponderosa e bella ricerca della Treves scava nell’intreccio tra politica e questione delle nascite dagli anni ’20 a oggi, concentrando la sua attenzione su due periodi: quello del regime fascista e quello, più recente, cominciato con gli anni ’80 quando l’Italia si è trovata in testa alla classifica dei paesi con il minor tasso di natalità. Ma è al primo in particolare che è dedicata gran parte della ricerca, mentre il secondo serve all’autrice soprattutto per verificare e misurare quanto le politiche nataliste fasciste abbiano condizionato il discorso sulla popolazione e la politica delle nascite nell’Italia repubblicana, quanto il termine stesso di demografia abbia spesso finito per far tutt’uno con il fascismo, condizionando scelte, atteggiamenti e politiche. Treves ricostruisce l’iperattivismo del fascismo nel campo delle politiche demografiche ? iperattivismo peraltro non giustificato dai numeri di un’Italia che in rapporto ad altre realtà europee risultava sovrappopolata ? e ne segue l’evoluzione dalle prime politiche nataliste fino alle leggi razziali; ne valuta le caratteristiche nel più ampio contesto europeo e definisce il nesso che lega inscindibilmente il discorso sulla popolazione e le politiche nataliste a quelle razziali (in questo senso portando un ulteriore contributo al dibattito sulla genesi delle leggi razziali e alla loro sostanziale autonomia dalla politica nazista), ma è soprattutto interessata al modo in cui, sulla scorta delle decisioni del fascismo, la demografia abbia assunto in Italia il profilo di una ?scienza di regime?. I demografi italiani, le loro cattedre universitarie, le loro riviste, il proliferare di studi demografici assunsero infatti un ruolo centrale nei dispositivi della propaganda del regime. In questo senso il libro della Treves non aggiunge solo un tassello, e importante, agli studi di demografia e sulla demografia, ma si interroga e fornisce nuovi elementi di riflessione e di interpretazione su un tema quanto mai rilevante: quello del rapporto tra potere e cultura nell’Italia fascista.
La seconda parte del volume ricostruisce invece la totale rinuncia dell’Italia repubblicana ad occuparsi per alcuni decenni attivamente di popolazione. La sopravvivenza di leggi (il divieto d’aborto, il divieto di diffusione degli anticoncezionali) e provvedimenti (gli assegni familiari, gli interventi per la maternità ecc.) si accompagna a quella che la Treves chiama ?la scomparsa dei demografi?. È solo con gli anni ’90, quando ormai sembra ?essersi definitivamente esaurito il ruolo di interdizione rappresentato dalla memoria, o meglio forse dal fantasma, del natalismo fascista? (p. 20), che le politiche nataliste tornano a farsi strada nei programmi dei partiti e dei governi con un allarme che lascia trapelare preoccupazioni circa la sopravvivenza dell’identità nazionale ed etnica italiane.
L’ottimo lavoro di Anna Treves esce contemporaneamente alla traduzione italiana del suggestivo libro di Hervé Le Bras sulla Francia (Il demone delle origini. Demografia ed estrema destra, Milano, Feltrinelli, 2001) a ricordarci quanto poco neutra sia la scienza demografica e quante implicazioni politiche siano contenute nei discorsi sulla popolazione e nelle scelte nataliste che da queste derivano.