Martedì 8 maggio 2018, alle ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (Palazzo Mattei di Giove – Via Michelangelo Caetani 32, Roma),
sarà presentato il volume Il sessantotto sequestrato. Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia e dintorni di Guido Crainz, Donzelli, 2018. Ne discutono: Annalisa
Cosentino, Guido Crainz, Francesco Guida, Pavel Kolář. Coordina: Angelo Bolaffi. Sarà presente l’editore Carmine Donzelli.
A distanza di cinquant’anni dal simultaneo manifestarsi dei movimenti di contestazione del ’68 in tante parti del Vecchio continente, iniziamo forse a comprendere che per la sua storia successiva sono rilevanti soprattutto i rivolgimenti, i traumi e i processi che segnarono la Cecoslovacchia, la Polonia e altre aree dell’Europa «sequestrata» dall’impero sovietico, per dirla con Milan Kundera. Per molti versi quei rivolgimenti appresentarono uno spartiacque: la conferma definitiva che il «socialismo reale» non era riformabile. I processi che attraversarono allora quest’area furono solo
apparentemente stroncati a Praga dai carri armati del Patto di Varsavia e in Polonia da una brutale
offensiva di regime che assunse violenti toni antisemiti, provocando l’esodo di una ricca comunità intellettuale e di una parte significativa degli ebrei rimasti nel paese dopo la Shoah. In realtà, pur nel modificarsi di prospettive e di visioni del mondo, si dipanano da allora alcuni esili e al tempo stesso straordinari fili che portano al 1989, passando per Charta 77 in Cecoslovacchia o per il Kor e Solidarność in Polonia. Eppure, in quel fatidico ’68, i giovani, gli intellettuali e i rinnovatori di quei paesi, i sostenitori di un «socialismo dal volto umano», non trovarono nei movimenti studenteschi dell’Occidente quel solidale sostegno che sarebbe stato necessario. Né lo ebbero dai partiti comunisti europei. Perché? E perché in molte ricostruzioni storiche complessive ha prevalso spesso una sostanziale rimozione di questi aspetti? A queste domande e a questi nodi rispondono i contributi del libro: il saggio di apertura di Guido Crainz; quelli di Pavel Kolář, Wlodek Goldkorn, Nicole Janigro, Anna Bravo; e i documenti di studenti e intellettuali di allora, con le successive testimonianze di personalità come Jiří Pelikán, Adam Michnik, Zygmunt Bauman.