La relazione tratta di un quartiere della città vecchia di Samarkand negli ultimi vent’anni del regime sovietico. Fabbrica, scuola, moschea, comitato di quartiere sono i luoghi in cui si costruisce una pedagogia sovietica/coloniale volta ad educare il popolo seguendolo nei vari momenti della vita quotidiana. E’ un discorso che ha come attori amministratori, insegnanti e dirigenti di fabbrica. Nella crisi del regime prendono spazio politiche di legittimazione e retoriche nuove, che hanno altre forme e di cui sono portatori altri soggetti. I documenti su cui si basa lo studio riflettono l’incapacità del regime di conoscere la società locale e la sua ansia di controllarla, di educarla. Le fonti lasciano intravvedere una società locale la cui autonomia non ha canali per esprimersi apertamente ed è considerata dal regime soltanto come devianza e anomalia. La relazione fornisce una riflessione sulle fonti che descrivono la dicotomia tra una società sfuggente e la retorica pedagogica del regime. Gli archivi hanno un taglio coloniale, altre fonti vanno identificate e costruite, le interviste diventano indispensabili.