Non c’è altra democrazia che abbia incorporato al momento della nascita ed abbia conservato poi intatta, se non nella sua carica dirompente, almeno nella sua valenza identitaria, la memoria del suo atto genetico come precedente storico e insieme come riferimento ideale imprescindibili.
Nell’Italia uscita dal fascismo ci sono il partigiano e il repubblichino. Questi hanno compiuto una scelta, sottoscritto un’appartenenza, costruito un’identità, da ultimo fissato una memoria coerente con l’identità adottata. Due memorie dominanti nel dibattito pubblico ed egemoni ciascuna nel proprio campo che, per il fatto di essere orientate da un intento apertamente politico, corroborano fortemente l’identità dei “credenti” e ne motivano altrettanto vigorosamente la militanza
Ci sono il partigiano e il repubblichino, e con loro ovviamente quanti durante e dopo la guerra decidono di condividerne la causa. Ma c’è anche un’Italia che non si schiera nel corso della guerra civile e che nel dopoguerra continua a rifiutare l’alternativa neofascismo/antifascismo in nome di un postfascismo non inscritto in quell’opposizione. Memoria rossa, nera e grigia sono la base di identità politiche separate e conflittuali che animano sinistra, destra e centro per tutta la storia repubblicana, fino e oltre il passaggio di secolo.