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Per “fare” una famiglia: oggetti di consumo e ritualità familiari nell’Italia degli anni Sessanta. Tra prescrizioni pubblicitarie ed esperienze

E. Asquer (Università di Firenze)

In un’atmosfera surreale, sospesa tra vita e morte, Winnie, protagonista dei “Giorni felici” di Samuel Beckett (1961), fruga affannosamente nella sua sporta, al centro della scena. Con una cura quasi ossessiva tira fuori, utilizza e ripone uno ad uno gli oggetti recuperati. Il suo gesto continuo e ripetitivo dà il ritmo, mentre i suoi oggetti quotidiani creano il tempo, in un contesto in cui questo sembra inesistente, bloccato.

Come dinnanzi ad un sipario che si riavvolge, guidati dalle analisi di una ricerca che si avvale di molteplici strumenti, tra cui quello prezioso rappresentato dalla fonte orale, bussiamo alla porta d’ingresso di una casa italiana degli anni Sessanta. L’interrogativo di fondo che percorre tutta la riflessione ruota attorno al ruolo giocato dai nuovi oggetti di consumo domestico, elettrodomestici ma non solo, e dall’evoluzione degli spazi della casa, nella costruzione del senso di appartenenza e condivisione familiare, in particolare nelle famiglie di un variegato ceto medio, al nord come al sud. La biancheria della sposa, l’abito della cerimonia, la casa, il frigorifero, la lavatrice o la televisione, i mobili della cucina o quelli del soggiorno, la camera da letto, sono oggetti e spazi attorno a cui si sono costruiti i riti domestici dello stare insieme e attorno a cui ruota, ancora nel ricordo, la storia familiare. Altrettanto significativa è la vicenda degli aggiustamenti e della tensione continua attraverso cui la famiglia ha aspirato a guadagnare uno spazio per sé al centro dello scenario domestico, alla conquista di un soggiorno di uso quotidiano che è andato ad infrangersi contro le vecchie ma resistenti regole del decoro piccolo-borghese.

In tale contesto, è profondo e sempre presente, inoltre, l’interrogativo riguardante il ruolo giocato dalle divisioni di genere all’interno dell’organizzazione familiare. Tanto nella vicenda degli oggetti di consumo, quanto in quella dell’evoluzione degli spazi della casa, appare infatti cruciale la dialettica costante che viene a stabilirsi tra appartenenza di genere dei singoli membri della famiglia e appunto senso del “noi”.