Simona Troilo
A partire dall’unificazione del paese, i beni storico-artistici rivestono un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione e di continua reinterpretazione delle identità e delle appartenenze locali. Essi costituiscono innanzitutto un terreno di azione e di progettazione da parte delle municipalità, in quanto la gestione dei manufatti di ex pertinenza religiosa, l’apertura di scavi archeologici sistematici, l’inizio di politiche di restauro architettonico inducono i comuni a farsi promotori della tutela e della valorizzazione delle tracce della propria storia. Contemporaneamente, sul passato locale viene elaborato un discorso volto a definire la peculiarità culturale della località e a proporre una tradizione di miti e valori da salvaguardare per il futuro e da utilizzare a fini di identificazione e distinzione della comunità. Le retoriche e le narrative che compongono questo discorso, indispensabili per la decostruzione del museo-testo e riferibili a differenti spazi (la città e la regione), vengono divulgate per mezzo di specifiche strategie comunicative e trasmesse grazie alla fruibilità dei manufatti. Questi ultimi perdono la propria valenza documentaria per rivestire quella essenzialmente monumentale e per delineare lo spazio dell’identificazione e il ponte tra momenti di autopercezione differenti. Grazie al discorso elaborato sugli oggetti del passato, il patrimonio viene costruito come monumento patriottico della località, come simbolo di una duplice appartenenza (locale e nazionale) e come segno di una identità irrinunciabile e difficilmente negoziabile.