Coordinano: Eugenia Casini Ropa e Patrizia Veroli
L’arte del movimento ha conosciuto, nel XX secolo, una riattualizzazione in termini di valenza culturale così come di forme e contenuti, che l’ha vista al centro di una riflessione centripeta e centrifuga sull’uomo moderno e sul suo corpo. In questo secolo la danza può essere assunta come osservatorio sperimentale privilegiato e punto di incontro e scontro delle linee di pensiero avanzate sul movimento, l’espressione e la comunicazione corporea derivanti dalle arti, dalle scienze umane e dalla filosofia. La ricerca di una nuova organicità totalizzante dell’essere umano e della sua più completa efficienza nella esteriorizzazione artistica dei contenuti interiori della danza conduce ad una costante dialettica tra natura e artificio, tra biologia e meccanica, tra uomo e macchina.
Nell’intento di esplorare questo particolare ambito relazionale, che ha profondamente segnato la storia della danza e ha contribuito ai mutamenti nella concezione del corpo nel Novecento, si propone un nucleo di sei interventi correlati.
Partendo da una sintesi storica complessiva del rapporto novecentesco corpo/macchina visto nel suo rispecchiamento nell’arte della danza, si passa attraverso una riflessione critica sul panorama attuale degli studi in merito, per giungere ad esemplificare alcune delle principali problematiche connesse al tema. Al centro dei tre interventi focalizzati in questo senso sono le figure dei due maggiori protagonisti della sperimentazione moderna del ritmo e della danza, Emile Jaques-Dalcroze e Rudolf Laban, e di un interprete del rinnovamento della danza accademica, Victor Gsovski. Si evidenziano così gli slittamenti ideologici e le intime contraddizioni formali di un’arte del movimento in bilico tra un ideale di naturalità tardoromantica e una pratica di tecnicismo modernista, vista nella sua interazione con le vicende politiche e sociali contemporanee.
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