Marina Nordera
Fino a tempi recenti la storiografia della danza in Italia ne ha privilegiato lo studio come arte visiva in riferimento a eventi spettacolari e figure di artisti di spicco, mostrando nel complesso la tendenza a vedere i processi e i cambiamenti in corso come tutti interni alla storia della danza, storia tra le storie invece che storia dentro la storia. Altri sguardi su altre fonti conducono alla consapevolezza che in epoche e in luoghi diversi le culture di danza si esprimono in modi e forme diversi a seconda delle strategie politico-culturali delle istituzioni nel regolare pratiche e consuetudini che, a loro volta, determinano i mutamenti nei gusti della società. Passi significativi verso una storia culturale della danza sono stati compiuti grazie agli studi sulle tradizioni popolari, agli strumenti di indagine offerti dall’antropologia culturale e sociale e alla centralità data al corpo da Foucault, dal femminismo e dagli studi in genere. Queste nuove prospettive di studio hanno ricollocato la danza, intesa come forma espressiva, all’interno di un sistema culturale rivelandone il ruolo di elemento dell’interazione sociale strettamente connesso ai programmi educativi, alle pratiche di conservazione della salute, alle dinamiche di genere, agli indicatori di status, all’addestramento militare e all’eucinetica del lavoro.