Roma 26 novembre 2002
Al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi
Al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, Letizia Moratti
Al Presidente del Senato della Repubblica, Marcello Pera
Al Presidente della Camera dei Deputati, Pierferdinando Casini
Ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari di Camera e Senato
La situazione della ricerca scientifica nazionale è grave e lo diventa ogni giorno di più a causa della scarsità degli investimenti che lo Stato destina alla ricerca scientifica e tecnologica che sono, in relazione al PIL, sensibilmente inferiori a quelli degli altri paesi europei e nordamericani. La crisi si aggrava ulteriormente se solo si considera come, anno dopo anno, i ritardi si accumulino innescando un processo perverso che si autoalimenta. Per questi motivi condividiamo pienamente le posizioni espresse dall’assemblea dei ricercatori italiani riunitisi a Roma il 10 settembre 2002.
Le sottoelencate Associazioni e Società che rappresentano circa 10000 docenti e ricercatori impegnati a diverso titolo nelle università italiane nelle aree delle scienze sociali ed umane, pur aderendo pienamente al documento dei ricercatori italiani, ritengono di dover portare il proprio contributo nel denunziare la insostenibile situazione in cui versa la ricerca in Italia per il ruolo particolare che hanno le scienze umane e sociali tanto nel mondo scientifico in generale, che in quello delle predette discipline in particolare.
L’ampio arco delle discipline che oggi, secondo definizioni e prassi internazionali, sono comprese nel novero delle scienze umane e sociali è estremamente ampio e variegato e rende difficile qualsiasi tentativo di esauriente elencazione. Il ventaglio disciplinare va dal diritto all’economia, dalla storia alla psicologia, dall’antropologia alla geografia, dalla sociologia all’archeologia, dalla pedagogia alla filosofia, dalla letteratura contemporanea alla filologia classica, dalla paleografia alla statistica. Gli esempi possono moltiplicarsi e rivelare esclusioni giustificabili solo dalla natura stessa delle esemplificazioni.
La situazione di bilancio del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca è tale che gran parte della ricerca scientifica condotta nelle università Italiane nelle aree delle scienze umane e sociali è stata interrotta per mancanza di finanziamenti mentre vi sono scarse speranze che nuove ricerche possano essere avviate, per mancanza di adeguate risorse.
La situazione di crisi è particolarmente grave se solo si considera il già scarso livello delle risorse disponibili prima ancora che la crisi finanziaria del CNR e del MIUR esplodesse. E’ sufficiente ricordare, ancora una volta, quanto poco, anche in rapporto agli altri paesi europei, incidano sul PIL nazionale gli stanziamenti per la ricerca scientifica e quanta poca parte di tali fondi vada alle scienze umane e sociali.
La situazione di crisi non è affatto compensata dal ricorso a fonti alternative di finanziamento tanto nell’area pubblica – altre istituzioni ed enti locali – che privata. Le risorse provenienti da questi soggetti, infatti, sono, al momento, assolutamente insufficienti, discontinue e troppo spesso legate a temi contingenti o ad esigenze operative. I rischi di dipendenza dai finanziamenti provenienti dal mercato o da istituzioni locali sono particolarmente forti per gli atenei ed i centri di ricerca delle aree meno sviluppate del paese dove il tessuto produttivo è più debole e minori sono le risorse disponibili. In tal modo la ineguale distribuzione sul territorio nazionale dei finanziamenti aggraverebbe i già rilevanti squilibri e disparità esistenti che, nel passato, la politica delle ricerca del CNR aveva cercato di contrastare.
Il futuro sembra persino peggiore se solo si esaminano alcuni progetti di riforma del CNR che, anche se privi di ufficialità, vengono autorevolmente fatti circolare nei palazzi del governo e tra gli addetti ai lavori. Tali testi ipotizzano il trasferimento del maggior carico del finanziamento dallo Stato a fonti private – locali o meno – che però, è il caso delle fondazioni, sono in Italia ancora troppo poche e deboli per offrire reali chances alternative alle discipline umane e sociali.
Non è neppure prevedibile, anche se auspicabile, che sul breve e medio periodo la diminuzione dei finanziamenti nazionali possa essere compensata dalle risorse internazionali ed in particolare da quelle europee che, allo stato, non privilegiano certamente le scienze umane e sociali e non sono di facile accesso soprattutto da parte delle università e dei centri di ricerca più piccoli e marginali.
L’inadeguatezza delle risorse a far fronte alle esigenze anche minime di ricerca sta pure bloccando la formazione di un’intera generazione di ricercatori il cui reclutamento è ormai da tempo affidato ai finanziamenti di ricerca piuttosto che alle risorse istituzionali dell’università sempre più scarse e ridotte ormai ad una funzione poco più che simbolica. La mancanza di risorse adeguate e continuative priva i ricercatori, soprattutto i più giovani, delle indispensabili occasioni di formazione che solo la ricerca può dare e delle possibilità di confronto con la comunità scientifica internazionale.
Tali difficoltà nel reclutamento e nella formazione dei giovani studiosi sono tanto più gravi se solo si considera come oggi l’età media dei professori universitari sia in Italia tra le più alte del mondo e come tra quindici anni circa, se non avverrà una, al momento improbabile, sostanziale inversione di tendenza, la crisi della nostra università sarà insostenibile, e forse irreversibile, per la mancanza di un corpo docente adeguato per numero e qualità.
La mancanza di risorse non agisce evidentemente solo sulla ricerca in quanto tale ma attraverso questa anche sulla didattica che perde il suo necessario alimento. Impedisce all’università di formulare un’offerta didattica e scientifica adeguata ai tempi ed alla competizione internazionale, alle nuove esigenze del paese ed alle sue trasformazioni culturali.
Ciò è tanto più grave in quanto avviene in un momento in cui la riforma degli ordinamenti universitari chiama tutte le discipline a ripensare alla propria offerta didattica in relazione alle mutate esigenze del mondo del lavoro e del sistema produttivo e ad introdurre forti elementi di novità tanto nei metodi che nei contenuti di insegnamento
Soprattutto, rischia di privare la società italiana di un insostituibile patrimonio per la sua crescita culturale, per il suo sviluppo economico, per la sua identità, per la sua organizzazione politica ed istituzionale.
La gamma, l’importanza e la tradizione che le scienze umane e sociali hanno in Italia fanno di loro non solo la struttura portante della cultura nazionale ma anche uno strumento indispensabile per capire, progettare, vivere ed orientare la grande trasformazione che stiamo attraversando.
L’attuale scenario di crisi sta portando all’impoverimento ed alla dispersione quel grande patrimonio delle scienze umane e sociali fatto di conoscenze, di professionalità e di ingegno che ha consentito alla cultura italiana di occupare, sia nel passato che nel presente, posizioni di eccellenza sulla scena mondiale.
La crisi di tali discipline ed il possibile impoverimento della loro produzione di sapere colpiscono direttamente le possibilità di sviluppo del nostro paese sui diversi ed intrecciati piani dell’ economia, della scienza, della cultura e del vivere collettivo.
Giandomenico Amendola – Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia; Bianca Maria Antolini – Presidente della Società Italiana di Musicologia; Piero Bini – Presidente dell’Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico; Luigi Bravo – Presidente dell’Associazione Italiana per le Scienze Etno Antropologiche; Antonio Di Vittorio – Presidente della Società Italiana degli Storici dell’Economia; Giovanni Dotoli – Presidente dell’Associazione Italiana di Studi Canadesi; Benito Vittorio Frosoni – Presidente della Società Italiana di Statistica; Siria Serenella Macchietti – Presidente dell’Associazione Pedagogica Italiana; Isabella Orefice – Presidente dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana; Sergio Panunzio – Presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti; Franco Carlo Papa – Presidente dell’Associazione Italiana degli Analisti Finanziari; Nicola Paparella – Presidente della Società Italiana di Ricerca Didattica; Fabrizio Raschellà – Presidente dell’Associazione Italiana di Filologia Germanica; Andrea Riggio – Rappresentante dell’Associazione dei Geografi Italiani; Raffaele Romanelli – Presidente Società Italiana di Studi Storici Contemporanei; Franco Salvatori – Presidente della Società Geografica Italiana; Daniel Tron – Presidente Società Italiana di Studi Valdesi; Carlo Umiltà – Presidente dell’Associazione Italiana di Psicologia