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Sull’insegnamento delle discipline storiche nella Ssis di Palermo (1999-2001)

di Giorgio Cavadi e Pietro Corrao [1]

Nella sezione di Palermo della Sissis (Scuola Interuniversitaria Siciliana di Specializzazione per l’Insegnamento Superiore) insegnamenti di carattere storico hanno riguardato gli specializzandi degli indirizzi Linguistico-letterario (classi 43, 50, 51, 52), Scienze Umane (classe 37), Lingue Straniere (classi 45, 46). In particolare, per tutte le classi è previsto nel primo semestre un insegnamento comune di 30 ore, denominato Aspetti epistemologici della storia, mentre per gli specializzandi delle classi 43, 50, 51, 52 e 37, nei semestri successivi, sono stati previsti insegnamenti di Didattica della storia e Laboratori di storia, per un totale oscillante secondo le classi fra le 25 e le 35 ore per le “Didattiche” e fra le 50 e le 60 per i laboratori (ad eccezione della classe 52, dove il monte ore era limitato rispettivamente a 35 e 15). A tutto ciò vanno aggiunte per le prime tre classi 20-25 ore di didattica e 15-20 ore di laboratorio di Educazione civica.
Gli insegnamenti di Didattica hanno orientamenti distinti in base alle diverse classi, e comprendono moduli dedicati a Categorie interpretative e concetti di periodizzazione, Materiali della Storia, Fonti e loro uso, Lessico storico e linguaggi specialistici, Strumenti per lo studio e l insegnamento della storia, Modelli di trattazione didattica di temi storici. Nel secondo ciclo è stato incluso nel piano di studi dell’indirizzo Lingue Straniere l’insegnamento di Aspetti epistemologici della storia, mentre la classe 37 non è stata attivata e si è ridotto il monte ore per i laboratori e gli insegnamenti di Didattica; un lieve aumento e una rimodulazione degli insegnamenti per le classi 43 e 50 corrisponde alla riconsiderazione del piano degli studi in relazione ai nuovi programmi scolastici.
Complessivamente, l’insegnamento di Epistemologia ha riguardato 220 specializzandi nel primo ciclo e 177 nel secondo. Gli insegnamenti di Didattica e i laboratori rispettivamente 194 specializzandi nel primo e 144 nel secondo. Per le lezioni frontali previste per l’insegnamento di Epistemologia è stata prevista la divisione in due gruppi, per gli insegnamenti di Didattica e i Laboratori, in gruppi più piccoli di circa 35.
L’insegnamento di Epistemologia è stato inserito, al primo semestre, come materia “trasversale”, analogamente a discipline pedagogiche, psicologiche e sociologiche, e a seconda delle classi ad insegnamenti di Aspetti storici ed epistemologici della letteratura italiana e di Teoria e lettura dei testi. Questa collocazione corrisponde all’accorpamento degli esami finali dei corsi per l’Epistemologia, mentre per le altre attività didattiche gli accorpamenti hanno riguardato in linea di massima Didattica e laboratori, o i laboratori di Storia, di Italiano, Geografia e Educazione civica.
Va detto, a questo proposito, tuttavia, che in molti casi specie per gli insegnamenti di Epistemologia il coordinamento dell’esame con i docenti delle altre discipline è stato solamente formale, per la diversa impostazione dei programmi dei corsi, in parte dovuta a limitato coordinamento, in parte a specifiche caratteristiche delle discipline. L’esame si è svolto dunque, sostanzialmente, in due parti distinte. Alcuni docenti hanno optato per un colloquio, altri per la discussione di un elaborato, altri per un questionario. I risultati delle prove scritte venivano acquisiti come votazione relativa a quella parte dell’esame, e venivano poi confrontati con quelli conseguiti nell’altra disciplina, concordando una votazione media. Nel caso di colloqui, le due parti dell’esame si svolgevano distintamente. L’esame di Epistemologia della storia nel secondo ciclo ha avuto caratteristiche particolari: è stato somministrato un questionario a risposte multiple o aperte, da utilizzare sia come momento di valutazione, sia come momento didattico. Gli specializzandi hanno risposto al questionario nella penultima settimana del corso, e l’ultima settimana è stata dedicata all’integrazione delle lacune emerse nelle risposte.
Un peso piuttosto cospicuo degli insegnamenti di storia ed un investimento ampio del complesso degli specializzandi dell’area umanistica, almeno per gli insegnamenti di carattere più generale, ha corrisposto ad un analogo rilievo delle prove di argomento storico negli esami di ammissione alla scuola per le classi 43, 50, 51 e 52. Nei test di ammissione al secondo ciclo per il primo ciclo la selezione era stata affidata ad una ditta esterna, con risultati solo eufemisticamente definibili assai mediocri, mentre per il secondo ciclo i test sono stati elaborati direttamente da docenti designati dal Consiglio della Scuola era previsto un numero piuttosto elevato, variabile per classi, di domande di carattere storico, mentre l’esame orale ha compreso un colloquio di storia generale.
Una presenza relativamente forte di insegnamenti di storia è apparsa particolarmente utile in relazione al fatto che gli esami di ammissione hanno rivelato una scarsissima competenza in campo storico dei laureati, pur provenienti prevalentemente da studi di Lettere classiche e Lettere moderne. Ciò non appare sorprendente, poiché nei piani di studio della Facoltà di Lettere il numero degli esami obbligatori di Storia non è elevatissimo, ed in particolare non sono previsti corsi di Storia medievale, moderna e contemporanea obbligatori per la laurea in Lettere classiche.
Gli insegnamenti di storia sono stati tenuti sia da docenti universitari, sia da docenti della scuola superiore, per contratto. Ciò ha evidenziato una profonda diversità tra le impostazioni didattiche e la stessa concezione degli scopi della Scuola. In linea di massima, i docenti universitari hanno interpretato il corso nel senso dell’esemplificazione metodologica attraverso la presentazione di un tema di ricerca, gli insegnanti hanno invece privilegiato l’aspetto strettamente tecnico-didattico; in buona misura, ciascuno ha riproposto un modello di insegnamento che ricalca quello abitualmente svolto nella propria struttura.
Va detto che al di là della qualità intrinseca degli insegnamenti nessuna delle due scelte corrisponde pienamente alle esigenze di formazione previste dalla Scuola. La riproposizione di corsi che privilegiano aspetti di contenuto trova motivazione sia nelle specifiche pratiche didattiche dell’insegnamento universitario, e quindi nella competenza dei docenti, sia nella constatazione del basso livello di partenza degli specializzandi, ma non risulta funzionale né a colmare lacune di carattere generale, dato il carattere tematicamente esemplificativo e la limitata durata del corso, né ad affrontare come si presupponeva dovessero fare gli insegnamenti di didattica temi strettamente legati alla professionalità didattica.
Di contro, la tecnicizzazione sul versante didattico dei laboratori gestiti dagli insegnanti della scuola superiore, se aspirava alla formazione di conoscenze di carattere professionale orientate alla mediazione didattica, all’identificazione degli elementi compositivi della conoscenza storica, all’uso di operatori cognitivi, alla programmazione di unità didattiche e moduli, all’utilizzazione di strumenti informatici e audiovisivi, da un lato si è scontrata sia con l’inconsistente preparazione di partenza di molti specializzandi, sia con difficoltà strutturali, di tempo e di attrezzature; dall’altro si è rivelata spesso opinabile nella tendenza a privilegiare un modello tecnico sulla creazione di saperi aggiornati in termini di contenuti.
In linea di massima, insegnamenti di didattica e laboratori hanno seguito un modello consistente in un certo numero di lezioni frontali di introduzione anche storiografica ad un ampio tema storico (il fascismo, la questione meridionale, la città antica, la Riforma protestante, l’epoca delle rivoluzioni), nella successiva analisi e valutazione critica della trattazione del tema prescelto nella manualistica scolastica e, a volte, nell’elaborazione da parte degli specializzandi di un’unità didattica relativa al tema. Quando il laboratorio si è concluso con la realizzazione di un prodotto didattico, questo o è stato oggetto di valutazione insieme ai risultati del corso di Didattica della storia, ovvero è stato accorpato nell’esame con laboratori di discipline affini (ad esempio Geografia).
Il maggiore dei problemi dell’insegnamento delle discipline storiche nella Scuola è stato dunque quello di conciliare un’alfabetizzazione storica di sfondo, mirata al conseguimento di un nucleo comune di saperi minimi, ma essenziali per la formazione delldi storia, con un’offerta di specializzazione professionalizzante di tematiche, metodologie e modelli didattici operativi. Vincoli derivanti dall’assetto istituzionale e organizzativo della Scuola hanno impedito peraltro la realizzazione dell’ipotesi, pure emersa in sede di organizzazione, dell’istituzione di corsi integrativi di base che precedessero quelli previsti dal curriculum.
Il corso di Epistemologia della storia ha mostrato in misura minore tali problemi, dal momento che la natura stessa dell’insegnamento non prevedeva un versante professionale in senso proprio, ma mirava alla fissazione di un bagaglio di presupposti del pensare storico attraverso la riflessione su temi di carattere generale della conoscenza storica. Anche in questo caso, tuttavia, la consapevolezza della limitata conoscenza di contenuti da parte degli specializzandi ha orientato l’insegnamento verso una struttura che prevedeva una parte dedicata ai temi propriamente epistemologici accanto ad una parte dedicata ai grandi quadri interpretativi, con lo scopo di integrare, inquadrare ed aggiornare le conoscenze acquisite in ambito universitario. Va pure sottolineato, però, che è sorprendente che la formazione universitaria non abbia stimolato la riflessione metodologica. Tematiche e conoscenze anche banali in questo campo sono spesso risultate del tutto nuove agli specializzandi, la cui preparazione risente evidentemente di una scarsa attenzione della didattica universitaria di base nei confronti degli aspetti metodologici più generali e delle caratteristiche specifiche della conoscenza storica. La consapevolezza di dovere recuperare un quadro di conoscenze generali nelle discipline storiche ha indotto gli specializzandi a valutare in maniera assai positiva in un apposito questionario sul funzionamento complessivo della Scuola l’insegnamento di Epistemologia della storia.
Nella pratica didattica, l’assetto degli studi programmati nella Scuola di specializzazione è stato comunque in larga parte rimaneggiato. I temi previsti nei corsi di Didattica e nei Laboratori sono stati assorbiti in parte dall’insegnamento generale di Epistemologia, in parte presentati attraverso esempi specifici, rimanendo a volte eccessivamente impliciti. In larga misura, è stato necessario dedicare parte dei laboratori all’insegnamento frontale, soprattutto a fronte della constatazione che i temi scelti come campo di esercitazione e di produzione di esperienze e materiale didattico risultavano conosciuti in termini molto generici e superficiali dagli specializzandi, i quali hanno colto perfettamente in positivo e in negativo la contraddizione di fondo insita in queste proposte didattiche. I laboratori hanno dovuto, cioè, svolgere in parte un ruolo di supplenza in merito a questioni teoriche e metodologiche che dovevano essere a carico dei corsi di Didattica, in parte hanno dovuto confrontarsi con la necessità di tentare un’integrazione delle lacune di contenuti mostrate dagli specializzandi, invece di dedicarsi alla piena realizzazione di operazioni didattiche in situazione simulata.
Ciò ha pure comportato serissimi pregiudizi all’integrazione fra laboratorio e tirocinio pratico, che solo di rado è consistito nel riversamento dell’esperienza elaborata nella pratica della didattica. E infine, ha influenzato le caratteristiche della “tesi” finale, che avrebbe dovuto essere costituita dal prodotto dell’esperienza didattica svolta nel tirocinio. Tuttavia nei rari casi in cui è stato possibile proporre in sede di tirocinio le realizzazioni dei laboratori i risultati sono stati estremamente soddisfacenti, sia per i tirocinanti che per le classi accoglienti, a volte poste di fronte ad un approccio allo studio della storia di taglio differente da quello abitualmente proposto dall’insegnante, generalmente basato sul solo modello trasmissivo.
In parte, questi problemi sono derivati da un difficile coordinamento fra i docenti e, in generale, fra le attività della Scuola. Lo scambio di materiali didattici e alcune episodiche discussioni collegiali, svolte fra i docenti di storia, non sono stati sufficienti a bilanciare le conseguenze di un problema generale della Scuola, il fatto che si tratta di una struttura con una scarsissima identità, in sostanza un luogo virtuale, in cui docenti di diversa e a volte diversissima provenienza prestano la loro opera sulla base di indicazioni molto generiche e spesso non collimanti con la base culturale di partenza degli specializzandi. Ciò ha significato, comprensibilmente, una scarsa disponibilità ad un’impegnativa attività di programmazione e di coordinamento che avrebbe giovato all’armonizzazione di tendenze divergenti nella didattica e all’elaborazione di soluzioni efficaci al problema dell’integrazione fra funzione professionalizzante e funzione suppletiva rispetto alle lacune della formazione universitaria. Sostanzialmente, da parte di ciascun docente si è seguita la strada della sperimentazione individuale, in base alle proprie competenze tematiche e alle proprie abitudini didattiche. Questa situazione si è specularmente riversata nella valutazione che gli specializzandi hanno dato alle diverse esperienze di laboratorio, alcune riconosciute come veramente innovative e professionalizzanti, altre considerate largamente inadeguate rispetto alle finalità della Scuola.
Ma, più in profondità, si è di fronte ad un ventaglio di problemi più vasto: da un lato la struttura stessa della Scuola, che impone dei ritmi intensissimi nella frequenza dei corsi e non lascia spazio a letture e studio, dall’altro le ambiguità e la scarsa riflessione finora dedicata alla didattica della storia, che troppo a lungo è stata considerata oggetto di formalizzazione standardizzata in moduli, mappe cognitive, unità didattiche.
Il risultato è evidente in alcuni degli elaborati prodotti dagli specializzandi: “ricerche” marcate da forte superficialità, scarsamente documentate, a volte scarsamente rigorose nella selezione delle fonti di informazione (ad esempio nell’acritico ed intensivo ricorso a materiali di Rete, quando il maggiore problema all’ordine del giorno in questo campo è quello della valutazione e della selezione della qualità).
Non è facile trarre da questo breve bilancio indicazioni per un miglioramento. Certamente, sul piano generale, la piena acquisizione di uno status di struttura universitaria simile alle Facoltà dotata quindi di un bilancio adeguato, di attrezzature e locali, di un nucleo stabile di docenti e il ripensamento dell’organizzazione del percorso di studio (prevedendo ad esempio un minor numero di discipline e di ore di lezione e un maggiore spazio per lo studio e l’elaborazione di materiali) sarebbero estremamente auspicabili. Specificamente, gli insegnamenti di storia potrebbero essere riorganizzati fissando meglio gli obiettivi dei corsi in relazione alle competenze da apprendere e sviluppare, indicando ad esempio ai docenti la necessità di evitare la riproposizione di un modello eccessivamente simile al “corso monografico” universitario e sottolineando gli obiettivi metodologico-didattici dei corsi, pur lasciando spazio alla sperimentazione di proposte non necessariamente allineate con lo standard didattico, spesso insoddisfacente, della scuola secondaria.
Ma alla radice dei problemi fin qui evidenziati sta anzitutto il modesto livello della formazione conseguita nelle discipline storiche dai laureati che hanno avuto accesso alla specializzazione. Se questa venisse affrontata da soggetti già forniti di una solida conoscenza critica di base in campo storico, sia i problemi di contemperamento delle esigenze di integrazione di contenuti e di costruzione di competenze tecnico-didattiche, sia quelli relativi alla qualità delle acquisizioni sarebbero notevolmente ridimensionati. Il ripensamento dell’organizzazione dei corsi universitari di storia è tanto più urgente quanto più si profila una riforma dell’insegnamento della disciplina nelle scuole secondarie che rischia di assottigliare ancora di più le già scarse conoscenze di base fornite agli studenti, imponendo agli studi universitari di operare sia al livello dell’”alfabetizzazione”, sia al livello della conoscenza critica in campo storico.

NOTE
1- Giorgio Cavadi è docente di Italiano e Storia nelle scuole superiori; nella Ssis ha avuto il ruolo di supervisore di tirocinio e ha tenuto alcuni Laboratori di storia. Pietro Corrao è professore straordinario di Storia Medievale nell’Università di Palermo; nella Ssis ha tenuto i corsi di Aspetti Epistemologici della Storia, insieme a Paolo Viola.