INDICE
Presentazione
Attività della società : Verbale dell’Assemblea annuale dei soci SISSCO
- Relazione del Presidente
- Relazione finanziaria del Tesoriere
- Relazione della Redazione del Bollettino
- Elezione del Presidente e di due consiglieri, in sostituzione di Maria Serena Piretti e Rosario Mangiameli
- Allegato 1 : Situazione di cassa al 19 Maggio 1999
- Nuovi soci
- Relazione finanziaria del Tesoriere
2. Carlotta Sorba presenta il bilancio consuntivo, preventivo e la situazione di cassa al 20 maggio 1999 (vedi Allegato 1). Sottolinea come sia esaurito l’avanzo di cassa delle precedenti gestioni e come le uniche entrate provengano dal pagamento delle quote sociali. Non hanno sortito al momento alcun effetto i tentativi di ottenere finanziamenti da enti pubblici e privati per l’associazione o per il bollettino. In virtù di questa precaria situazione finanziaria, nel corso dell’anno sono state ridotte al minimo le uscite, non contribuendo in alcun modo alle spese per i convegni che sono stati a carico completo degli organizzatori locali, riducendo le spese di segreteria (anche grazie ad un maggior impiego della posta elettronica) e le spese generali. Il numero dei soci in regola con il pagamento della quota, e di conseguenza le entrate, sono analoghe a quelle dell’anno precedente. Il bilancio preventivo è stato concepito cercando di risparmiare il più possibile e valutando in maniera realistica il numero dei rinnovi e delle nuove associazioni.
- Relazione della Redazione del Bollettino
- Elezione del Presidente e di due consiglieri, in sostituzione di Maria Serena Piretti e Rosario Mangiameli
- Allegato 1 : Situazione di cassa al 19 Maggio 1999
- Nuovi soci
- I Convegni SISSCO del 2000:
Premio SISSCO Vincitori dell’edizione 1998
I Convegni SISSCO del 2000 :
Il La ricerca storica al CNR di Daniela Luigia Caglioti
Il I profili scientifici-didattici nei bandi per ricercatori, professori associati e professori ordinari del settore M04X
Il primo congresso nazionale della Historical Society: una spaccatura nella comunità storica americana di Ilaria Porciani
La valutazione della ricerca di Daniela Luigia Caglioti e Maria Malatesta
Con questo ventesimo Bollettino della Sissco si chiude (oltre che il secolo e il millennio) il primo ciclo decennale di vita dell’associazione. Venti numeri in dieci anni: pochi, per le esigenze di contatto frequente con i soci che la Sissco ha sempre voluto e vuole mantenere; molti, per i bilanci di una associazione che vive del contributo e del lavoro volontario dei suoi soci. Più volte nelle nostre assemblee il problema è stato discusso: se si fosse trasformato il Bollettino in una "newsletter", più agile, economica e tempestiva, come alcuni proponevano, non si sarebbe forse dovuto rinunciare a stampare i materiali dell’associazione in una veste tipografica dignitosa e durevole? Forse una soluzione è stata trovata grazie alla comunicazione elettronica, una delle tante trasformazioni alle quali gli ultimi dieci anni hanno assistito. L’assemblea dei soci svoltasi a Bologna nel maggio ha dato mandato al suo presidente di realizzare una duplice trasformazione: potenziare il sito internet dell’associazione /Welcome.html, facendone strumento di rapida informazione, di intensa comunicazione tra i soci, di archiviazione di dati, e affidare al Bollettino funzioni diverse, appunto più stabili e più simili a quelle di un annuario. Pur accettando l’inevitabile avvento della comunicazione elettronica come segno di progresso, non pochi si sono espressi a favore della "destra cartacea", come è stato detto scherzosamente.
Accettare la diversificazione dei due mezzi di comunicazione e di archiviazione, sfruttare al meglio la potenzialità di entrambi, e mantenere solidi collegamenti tra di essi: in questo modo gli attuali responsabili dell’associazione vorrebbero onorare il mandato ricevuto a Bologna. Non soltanto. La speranza è quella di andare incontro ad un tempo alle esigenze di coloro che non amano frequentare i siti elettronici, e di quanti invece "navigano con facilità", e cominciano a considerare ingombrante la carta stampata. In prospettiva, ciò può significare attivare percorsi paralleli e comunicanti. Da un lato, come già avviene da vari numeri, il testo del Bollettino è consultabile in rete, dall’altro il Bollettino conterrà tutti i rinvii necessari a individuare il materiale più ricco che il sito può contenere e che, se la domanda non sarà eccessiva, i soci potranno, su richiesta, ricevere anche su carta. Il Bollettino dovrà naturalmente avere nuova veste. Non una nuova veste grafica, ché l’attuale ci sembra molto efficace, opera (gratuita, nel vero spirito dell’associazione) di Carlo Fumian, bensì nuovo profilo redazionale. A questo penserà nei prossimi mesi il gruppo dei soci che ha accettato di assumerne la responsabilità, e che sarà coordinato da Paolo Pezzino. Occorrerà forse pensare a integrare anche lo statuto dell’associazione, che fa menzione del Bollettino ma non del sito web. Quest’ultimo, a sua volta, dovrà potenziarsi ulteriormente, con una redazione apposita e sotto la guida abile del suo ideatore, Serge Noiret. In prospettiva, dovrà funzionare come mailing list, luogo di scambio immediato tra i soci, come archivio potenzialmente illimitato di dati e di documenti e come "link", o tramite verso servizi esterni in rete, come già avviene.
Il presente Bollettino è un numero di transizione; contiene informazioni sulla vita interna dell’associazione, come è previsto dallo statuto, gli argomenti dei prossimi convegni Sissco, e alcuni interventi sull’associazionismo storico americano, sui profili delle cattedre messe a concorso, sul problema dei criteri di valutazione dei titoli. In sostanza, il Bollettino "fotografa" ad un momento dato la vita dell’associazione, che è invece in continuo movimento: gli stessi temi qui presentati li vorremmo più ampiamente dibattuti e presto arricchiti di nuovi interventi. I programmi dei convegni andranno via via precisandosi, anche col contributo dei soci, fino ad acquistare forma definitiva. Se questa relativa fissità – a cadenza annuale – è la caratteristica del Bollettino a stampa, è evidente che esso dovrà conservare testi più duraturi, o più completi, mentre il sito web, strumento agile e mutevole, consente ad un tempo una accumulazione/archiviazione di dati e un loro costante aggiornamento. Il rischio di ogni sito (a cominciare da quello ministeriale, tanto dettagliato e tanto volatile!) è infatti di perdere la memoria storica di un flusso di informazioni. Nel nostro caso, se per esempio il sito già comprende i testi dei Bollettini recenti, o la lista dei vincitori del premio Sissco – dati storici stratificati e immutabili – la lista dei soci è continuamente aggiornata, e oggi non consente di documentare le variazioni che vi sono intercorse. Occorrerà dunque potenziare la parte storico-archivistica, non solo introducendovi i materiali della vita associativa precedente la riproduzione elettronica, ma anche "fissare" periodicamente la situazione dei dati mutevoli. Occorrerà, insomma, fare opera di storici, cosa alla quale a dire il vero ci sentiamo preparati. (r.r.)
Verbale dell’assemblea annuale dei soci SISSCO
Il giorno 20 maggio 1999 alle ore 15,30 a Bologna in un’aula del Dipartimento di Politica, Istituzioni, Storia si riunisce in seconda convocazione l’assemblea annuale dei soci Sissco. Sono presenti 28 soci.
L’ordine del giorno in discussione è il seguente:
1. Relazione del Presidente
2. Relazione finanziaria del Tesoriere
3. Relazione della Redazione del Bollettino
4. Elezione del Presidente e di due consiglieri, in sostituzione di Maria Serena Piretti e Rosario Mangiameli
1. Il Presidente Claudio Pavone ricorda che con questa assemblea termina il suo mandato di Presidente e decadono anche due consiglieri, Maria Serena Piretti e Rosario Mangiameli. Esprime il suo ringraziamento ai membri che si sono succeduti nel Consiglio Direttivo durante la sua presidenza per l’impegno profuso a favore dell’associazione. Traccia poi un bilancio della sua presidenza ricordando le principali iniziative prese dalla Sissco in questi quattro anni. Il Presidente rammenta il buon successo dei convegni di Pisa sul Novecento (1996), di Catania sui linguaggi della nazione (1997), di Napoli sulle rivoluzioni (1998). Dopo il successo della pubblicazione degli atti del convegno di Pisa, la Sissco ha contattato diversi editori al fine di creare una collana che raccogliesse gli atti dei convegni promossi dalla Società.
Di fronte alle onerose richieste economiche degli editori, la Sissco ha alla fine stipulato un accordo con gli Archivi di stato, che nella loro collana pubblicheranno già nei prossimi mesi gli atti dei convegni di Catania e di Napoli. Pavone ricorda poi che nel mese di giugno la Sissco ha organizzato con l’omologa associazione spagnola un convegno a Granada che vorrebbe tracciare un bilancio comparativo della storiografia contemporaneista italiana e spagnola e comunica che il prossimo convegno scientifico della Sissco avrà come tema la cittadinanza, si terrà a Padova e sarà organizzato in collaborazione con Silvio Lanaro, che ha garantito i necessari finanziamenti e che Pavone pertanto a nome della Società ringrazia. Il nuovo Consiglio Direttivo avrà comunque libertà di completare e integrare il programma del convegno, il quale al momento è stato solo abbozzato nelle sue linee generali. Pavone quindi ricorda il documento redatto dalla Sissco nel 1996 contro gli eccessivi limiti alla consultabilità degli archivi. Anche grazie a questo documento, è stata creata dal Ministro degli Interni Napolitano una commissione consultiva per l’accesso agli archivi, commissione nella quale è presente in rappresentanza degli storici lo stesso Pavone. Questa commissione agirà cercando di far conciliare il diritto alla privacy con il diritto alla ricerca. Infine il Presidente a nome personale propone come candidato alla presidenza Raffaele Romanelli, e come candidato al posto di consigliere Silvio Lanaro.
Al termine delle comunicazioni del presidente, su proposta di Mariuccia Salvati l’Assemblea esprime un caldo ringraziamento a Claudio Pavone per la sua attività di Presidente che ha valorizzato e fatto crescere la Sissco. L’Assemblea tributa un lungo applauso al presidente uscente.
3. Chiamato a riferire a nome della redazione del Bollettino, Romanelli evidenzia come da tempo si discuta all’interno della redazione del bollettino se potenziare il Web, a scapito della realizzazione di un bollettino a stampa il quale è molto costoso e fornisce informazioni sull’attività della Sissco con estrema lentezza, o se conservare un bollettino a cadenza annuale che garantisca comunque ai soci che non hanno l’accesso a Internet le notizie sulla Società. Peraltro la situazione finanziaria della Sissco di fatto permette la pubblicazione di un solo bollettino all’anno. Noiret sottolinea l’alto numero di visitatori del Sisscoweb, e come ciò suggerisca di potenziarlo, creando un filo diretto – quasi istituzionale – tra il Direttivo e il Web. Sabbatucci si dichiara contrario all’eliminazione del bollettino su carta, in quanto ciò priverebbe la Sissco di un chiaro elemento di riconoscibilità e danneggerebbe peraltro coloro che hanno scarsa dimestichezza con Internet. Simone Neri Serneri ritiene invece più opportuno allargare e rafforzare il sito Web, che conferisce alla Sissco ampia visibilità e allarga il suo pubblico. Romanelli avanza la proposta, da un lato, di affidare al Web le informazioni di base sulla società (verbali, bilanci, summary di convegni), inviando saltuariamente delle newsletters ai soci per le notizie più importanti (avvisi di convegni, convocazioni, etc.), dall’altro di realizzare un più ampio bollettino annuale nel quale trovino spazio dibattiti, documenti, articoli sulla situazione della "corporazione".
Mangiameli suggerisce di chiedere ai soci al momento dell’iscrizione o del rinnovo delle quote se vogliono o meno che sia inviata loro una stampa delle informazioni presenti nel Web. Anna Rossi Doria appoggia la soluzione proposta da Romanelli ma fa notare come sia necessario un potenziamento della redazione per poter dare vita ad un bollettino più ampio come suggerito. Carlo Spagnolo nota come per realizzare questo tipo di bollettino-rivista annuale sia comunque necessario trovare finanziamenti esterni o sponsor. Romanelli chiede una votazione dell’assemblea sulla sua proposta. Il Presidente propone di rimandare la votazione a dopo l’elezione delle cariche sociali. L’Assemblea approva all’unanimità.
4. Mangiameli traccia un breve bilancio della sua attività di Consigliere e sottolinea la necessità che la Sissco allarghi il suo spazio d’azione ad altre aree, anche geografiche, rimaste fino a questo momento non sufficientemente rappresentate.
Romanelli ringrazia Pavone per averlo candidato come Presidente, candidatura che accetta e della quale si dice onorato. Ricorda come la Sissco sia stata concepita come un luogo di scambio e di confronto tra gli storici contemporaneisti, e come siano emerse nel corso degli anni due anime: una scientifico-culturale e una sindacal-corporativa. A suo avviso è soprattutto questa seconda vocazione che bisogna rafforzare e sviluppare. La Sissco era nata contro l’esasperata suddivisione partitica della storiografia contemporaneista, che alla fine degli anni ’80 sembrava aver perso la sua ragione d’essere. Ora, in seguito alla complessiva ridefinizione dell’assetto istituzionale dell’Università, si sta forse assistendo ad una ricomposizione di gruppi e correnti tra gli storici contemporaneisti, sia pur su basi diverse. Romanelli ricorda che la riunione degli ordinari di storia contemporanea svoltasi a Bologna in questo stesso giorno è forse una dimostrazione di una ridefinizione degli schieramenti all’interno della disciplina. Romanelli pone allora come problema all’Assemblea quale spazio debba occupare e quale ruolo debba avere la Sissco in questa situazione di mutamento. Passa poi ad esporre i punti del suo programma; oltre alla modifica del bollettino nei termini prima ricordati, propone due temi per i prossimi convegni organizzati dalla Società: un dibattito complessivo sul XX secolo, sulle molte "revisioni" cui è soggetto, e sulle travagliate vicende della democrazia; la storiografia italiana nel contesto internazionale, ossia come si collochino la produzione storiografica e le linee di ricerca italiane nel confronto con altre realtà. Romanelli propone infine come candidati al Consiglio direttivo Pier Luigi Ballini e Daniela Luigia Caglioti.
Silvio Lanaro accetta la candidatura proposta da Pavone e lo ringrazia. Ricorda come la Sissco svolga un ruolo importante nello stabilire contatti e relazioni tra gli storici, anche di generazioni diverse, e rappresenti un importante luogo associativo per la contemporaneistica. Pertanto non esiste alcun rischio di sovrapposizione con la recente riunione degli ordinari; questa riunione, alla quale hanno aderito e partecipato direttamente la maggioranza degli ordinari, ha avuto come esito quello di creare una Consulta al fine di promuovere un controllo di qualità sui nuovi meccanismi concorsuali, così da evitare che siano realizzate scelte che potrebbero penalizzare il livello complessivo della contemporaneistica. Lanaro sottolinea anche l’importanza del Premio Sissco, soprattutto perché esso viene conferito da studiosi e da specialisti della materia, e quindi rappresenta un riconoscimento del valore scientifico dell’opera.
D’altra parte Lanaro suggerisce che la Sissco perda quel carattere pauperistico-elitario che l’ha contraddistinta in molte circostanze e che ha rappresentato un limite alla sua visibilità e riconoscibilità. La società dovrebbe quindi aprirsi al confronto con tutte le realtà scientifiche e istituzionali interessate alla storia contemporanea, e dovrebbe cercare anche forme nuove di finanziamento, attraverso la ricerca di sponsor o di fondi pubblici. Salvati appoggia la candidatura Romanelli, ma sottolinea come la Consulta degli ordinari rappresenti tutt’altra cosa rispetto alle finalità e agli obiettivi della Sissco. Detti sostiene che la Sissco rappresenta un luogo di confronto e di scambio cultural-scientifico, ma non può porsi come una corporazione, mentre la Consulta degli ordinari può svolgere in qualche modo questo ruolo. Non esiste pertanto alcuna contraddizione o sovrapposizione tra queste due entità. Pombeni avanza qualche dubbio sull’evoluzione della Sissco: a suo avviso il premio Sissco, vista la scarsa partecipazione dei soci alle votazioni, ha perso in parte il suo effettivo significato e valore; nel corso degli anni, inoltre, non sono state sufficientemente valorizzate le ricerche dei giovani membri della Sissco, anche attraverso la partecipazione ai convegni organizzati dalla società. Chiede pertanto al nuovo Consiglio direttivo di prestare maggiore attenzione a questi temi.
Pavone chiede all’Assemblea se vi siano altre candidature per la Presidenza e per il consiglio direttivo. Non essendo proposto alcun altro nome, il Presidente chiama a costituire il seggio Alfio Signorelli (presidente), Simone Neri Serneri e Angelo Gaudio. Le votazioni si aprono alle ore 18.30 e vengono chiuse alle ore 19. I votanti presenti in regola con le quote associative sono 28. Lo spoglio dei voti dà il seguente risultato: per l’elezione del Presidente Romanelli voti 26, nulle 1, bianche 1; per l’elezione di due membri del consiglio direttivo: Lanaro voti 12, Ballini voti 11, Caglioti voti 3, Ellwood voti 1, bianche 1. Risultano eletti pertanto come nuovo Presidente Raffaele Romanelli, e come nuovi consiglieri Silvio Lanaro e Pier Luigi Ballini. Romanelli chiede mandato all’Assemblea di modificare il bollettino e i mezzi di comunicazione con i soci nei termini della proposta sopra avanzata. L’Assemblea approva all’unanimità.
L’Assemblea si scioglie alle ore 20.
Saldo attivo al 31 dicembre 1998
Lit.1.343.410
Entrate nel periodo 1 gennaio – 19 maggio
Lit.925.000quote speciali
Uscite nel periodo 1 gennaio – 19 maggio
Lit.225.000spese postali di segreteria
Disponibilità di cassa al 19 maggio 1999
Lit.2.043.410 di cui Lit 400.000
su CC PT Torino
Lit.1.043.410su CC PT Parma
Lit.600.000 su CC Banca Monte Parma
Bilancio consuntivo per l’anno solare 1998
Entrate:
1. Quote sociali
nuovi soci:n.12 di cui 6 quote x150.000=Lit.900.000
di cui 6 quote x100.000=Lit.600.000
Rinnovi:n.75 di cui 52 quote x100.000=Lit.5.200.000
di cui 15 quote x50.000 =Lit.750.000
8 quote x 150.000=Lit.1.200.000
Totale quoteLit. 8.650.000
2) Interessi attivi sul conto correnteLit.24.954
Totale entrateLit.8.674.954
Uscite:
1) Spese generali
a) spese legali Lit. 0
b) oneri bancari Lit103.471
(tenuta conto, imposte e tasse)
2) CancelleriaLit. 45.500
3) Spese postaliLit.819.450
4) Copisteria-tipografia (bollettino)Lit.2.874.000
5) Rimborsi per missioni e trasferimentoLit.431.600
6) Seminario e ass. (Roma, primavera 1998)Lit.500.000
7) Premio SisscoLit.600.000
8) Prestazioni professionali retribuiteLit. 2.975.000
– compensi (Lit. 2.500.000)
– ritenuta d’acconto (Lit. 475.000)
Totale usciteLit.8.780.621
Saldo(Entrate)Lit.8.674.954
(Uscite)Lit. -8.780.621
Lit.-105.667
(pass.)
Residuo attività anno sociale 1997Lit.1.469.077
Saldo attivo residuo al 31.12.1998Lit.1.343410
Bilancio preventivo per l’anno solare 1999
Entrate:
1) Saldo attivo al 31 dicembre 1998Lit.1.343.410
2) Quote socialiLit.10.750.000
Rinnovi:60 x 100.000=Lit.6.000.0000
25 x 50.000=Lit.1.250.000
Reiscrizioni soci in arretrato
15 x 150.000= Lit. 2.250.000
Nuovi soci5 x 150.000=Lit.750.000
5 x 100.000 =Lit.500.000
3) Interessi attivi sui conti correnti bancariLit.50.000
e postaliTotale attivitàLit.12.143.410
Uscite
1) Spese generali
spese legaliLit.0
oneri bancari (tenuta conto, imposte, tasse)Lit.150.000
2) CancelleriaLit.150.000
3) Spese postaliLit.1.200.000
4) Copisteria-tipografiaLit.4.500.000
5) Rimborsi per missioni, trasferte e acquistiLit.500.000
6) Premio SisscoLit.600.000
7) Prestazioni professionali retribuite
compresa ritenuta d’accontoLit.3.000.000
Totale usciteLit.10.100.000
Saldo attivo previsto al 31 dicembre 1999
salvo altre iniziative decise nell’anno sociale 1999Lit.2.043.410
Parma, 19 maggio 1999
Il tesoriere
(Carlotta Sorba)
Nuovi soci
hanno chiesto di associarsi alla Sissco: Salvatore Adorno, Emmanuel Betta, Paola Carlucci, Simona Colarizi, Piero Craveri, Costantino Felice, Eros Francescangeli, Giovanni Gozzini, Nicoletta Niccolini, Alessandro Portelli, Bo Strath, Roberto Ventresca, Vittorio Vidotto.
Premio SISSCO Vincitori dell’edizione 1998
Giovanni Contini, La memoria divisa, Rizzoli, Milano 1997.
Paolo Pezzino, Anatomia di un massacro. Controversia sopra
una strage tedesca, Il Mulino, Bologna 1997.
Per la prima volta la Sissco assegna quest’anno il premio ex aequo a due opere di diversa impostazione e struttura ma che insieme ben rappresentano la vitalità e poliedricità di un filone di studi promettente e innovativo. Con La memoria divisa e Anatomia di un massacro Giovanni Contini e Paolo Pezzino hanno infatti introdotto elementi di notevole originalità nell’interpretazione di un processo storico costantemente sotto esame: le vicende del 1943-45, il nesso che lega occupazione tedesca, guerra civile, resistenza armata e comportamenti della popolazione civile percossa dagli eventi.
Sulla scia delle ricerche di Tzvetan Todorov i due libri ricostruiscono il vissuto di piccole comunità "innocenti" colpite dalla violenza bellica, lo confrontano con quanto gli storici sono venuti a conoscere dei grandi scenari in cui si collocano le piccole vicende della comunità e dei singoli individui, e soprattutto analizzano e scrutano la memoria – variegata, contesa, discorde – che ne viene conservata dai superstiti nel corso del tempo, divenendo essa stessa trama di vicende storiche successive.
Anche per il rigore del discorso storiografico, la vivacità della narrazione, l’uso soffice e delicato dei metodi della storia orale – che tuttavia non comporta mai la rinuncia ad un’analisi documentaria stringente e approfondita – La memoria divisa e Anatomia di un massacro sono stati dunque scelti fra altre opere di valore ai fini del conferimento del premio Sissco.
Linguaggi e siti: la storia on line
(Firenze, aprile 2000)
a cura di Serge Noiret
Il seminario "Linguaggi e siti : la storia on line" si propone di fare il punto sulle nuove tecnologie dell’informazione e dell’insegnamento che Internet può offrire agli storici in Italia e nel mondo. I temi intorno ai quali ruoterà quest’incontro sono:
– il linguaggio nuovo della rete e le sue conseguenze sul modo di fare, pensare e leggere la storia.
– la diffusione, spesso ancora difficile, di nuove, costose e complesse tecnologie.
– come nascono i siti virtuali della storia e della memoria storica; i nuovi itinerari della comunicazione e l’emergere di nuovi soggetti istituzionali all’interno della "corporazione" degli storici.
Il seminario sarà articolato in 5 sezioni, nelle quali interverranno storici, archivisti, bibliotecari, funzionari di enti governativi.
1. Linguaggi e comunicazione tra storici – Metodologia della ricerca storica nell’era digitale.
– Comunicare tra storici attraverso Internet:
Come si comunica, che cosa si comunica e quale nuovo linguaggio si utilizza tra storici: le realtà istituzionali e pubbliche in Italia. Le reti private e pubbliche di studiosi in Italia e all’estero.
– Una nuova metodologia della ricerca storica al tempo di Internet?
Come valutare un documento elettronico, una fonte elettronica?
Le fonti digitali come "archivi del futuro"? I corsi di metodologia della ricerca storica devono tenere conto di Internet? Esistono differenze tra storia antica, medievale, moderna e contemporanea su Internet?
2. La diffusione di Internet in Italia: servizi e progetti per storici
Esempi di servizi e di progetti nel campo della storia contemporanea.
– Servizi e comunicazioni: tipologie di servizi offerti agli storici in Italia: case-studies.
– Fonti storiche: esame di alcuni progetti importanti di digitalizzazione di fonti storiche in Italia e all’estero.
– Storiografia: esiste una storiografia originale su Internet e come valutarla? Case-studies e esempi critici.
– Educazione ed insegnamento: descrizione di progetti e di tecnologie applicate all’insegnamento per vie telematiche in Italia e all’estero. Progetti di origine pubblica e privata.
3. Pubblicazioni elettroniche:
Pubblicare la storia in Internet: le prospettive editoriali in Italia ed all’estero. Le pubblicazioni di terzo ciclo e le "university presses". L’editoria elettronica. Quale validità scientifica delle pubblicazioni in rete: come giudicarle ai fini consorsuali e come integrarle nei CV.
4. L’insegnamento della storia in Internet:
Insegnare storia tramite Internet a livello universitario: Quale prospettive in Italia tra progetti governativi e autonomie universitarie? Esempi di "distance and long distance e-learning/e-teaching" negli USA e in Gran Bretagna e possibili applicazioni in Italia. Progetti governativi e di singole università/facoltà in Italia. Progetti privati..
5. Istituzioni e diffusione di Internet in Italia:
Le realtà istituzionali e pubbliche in Italia. Le reti private e pubbliche di studiosi in Italia e all’estero e la diffusione e la crescità di Internet tra Centro e Periferia.
Per capire il secolo XX:
la democrazia come campo di tensione
Il Comitato direttivo della Sissco sta elaborando la proposta di convegno scientifico per l’anno 2000 votata nell’assemblea di Bologna. Al fine di suscitare il commento e il contributo dei soci, si pubblica qui una provvisoria lettera di intenti sulle linee portanti del convegno.
Il secolo XX può essere raccontato come il secolo della democrazia o come quello della lotta alla democrazia. E’ possibile – ed è stata a lungo vincente – una rappresentazione lineare e progressiva del cammino della democrazia: dal liberalismo oligarchico alla democrazia politica del suffragio universale e alla democrazia sociale del welfare state, che man mano si perfezionano e si estendono, anche geograficamente, per alcuni verso il socialismo, che della democrazia avrebbe costituito l’applicazione ultima e l’inveramento. Il fascismo e i regimi totalitari della prima metà del secolo in Europa, così come le dittature che si moltiplicano nel resto del mondo nella sua seconda metà rappresenterebbero, in questa narrazione, la reazione di classi privilegiate alle sfide della democrazia, oppure drammatiche crisi di crescenza, o ancora vie più brevi verso la modernità, eventi tutti che nella sostanza non intaccherebbero l’essenza del cammino democratico. Per quanto queste reazioni e queste crisi siano state paurose e pervasive, ciò che conta infatti in tale interpretazione è il fatto che esse vengano superate, e che il cammino riprenda nella direzione già indicata agli inizi del secolo. Se questa è la tendenza, è evidente che la seconda guerra mondiale ne segna il discrimen fondamentale, e che la sua conclusione segna una inversione di tendenza, dopo la quale si apre una "età d’oro" che cancella il recente passato e i cui problemi saranno problemi di crescita, per quanto oscura ne possa essere la decifrazione allorché si giunge alla fine del secolo e del millennio.
Sembra a noi che una siffatta interpretazione, pur con le verità che essa possa contenere, tradisca i suoi anni e la sua origine. Gli anni e l’origine degli storici, per lo più europei, che si sono formati e sono cresciuti appunto nell’età democratica e della lotta per la democrazia, e di questa hanno difeso e decantato il valore, impegnati semmai a guardare indietro, verso l’orrore vissuto dalla generazione precedente per capirne le cause e per cercarne gli antidoti. Passato quasi mezzo secolo dalla fine della seconda guerra mondiale, trascorsi undici anni dalla caduta del muro di Berlino e dal crollo del comunismo, scoppiate nuove tensioni e nuove guerre più o meno guerreggiate, la svolta del millennio fa improvvisamente comprendere la presbiopia di quella visione, e impone di cercare una diversa prospettiva, capace di guardare al secolo nella sua interezza.
E’ questa visione che il convegno propone di cercare, mettendo dunque d’un canto ogni visione lineare e progressiva del cammino storico recente, e non assumendo la democrazia come forma matura di governo e d’organizzazione sociale che gradualmente si impone, come segno inequivocabile dell’epoca, criterio di classificazione dei fatti e di scansione del tempo che conduce per mano i suoi storici.
La democrazia che è al centro dell’attenzione è semmai intesa come un campo di tensione, un dramma scenico dalle soluzioni incerte in cui si confrontano molti attori. Sulla base di queste premesse, il convegno propone di privilegiare alcune prospettive di indagine e alcuni nodi tematici. La scelta è a favore delle tendenze piuttosto che degli avvenimenti, della continuità piuttosto che della discontinuità e delle rotture, avvenimenti, discontinuità e rotture la cui rilevanza non si vuole mettere in discussione, ma che meglio si comprendono se collocati nel campo lungo del secolo. Si propone inoltre di rivolgere attenzione specifica alla dimensione culturale, ovvero alle sistemazioni concettuali dei processi storici, nella convinzione non soltanto che occorra oggi riflettere sugli strumenti analitici di cui oggi gli storici fanno uso, ma che nella battaglia attorno alla democrazia le spiegazioni del mondo, le idee, i valori e i progetti – e la loro trasmissione e divulgazione – abbiano avuto un ruolo essenziale nella configurazione di regimi politici, economici e sociali che hanno governato il secolo. Da qui la scelta di alcuni grandi temi da discutere, o almeno da tenere presenti nell’organizzazione del convegno:
1. Campi semantici. Democrazia. Democrazia e liberalismo
E’ utile rivolgere innanzi tutto l’attenzione al multiforme campo semantico rappresentato dal concetto stesso di democrazia, che come promessa d’uguaglianza – di matrice giacobina (ma anche mazziniana) -, ha rappresentato a partire dall’Ottocento una sfida radicale per l’ordine liberale-borghese e ha poi accompagnato la politica novecentesca acquistando spazio e fortuna crescenti nel discorso politico e storiografico.
Egualmente complesso, e tutto da indagare, l’incontro tra democrazia e liberalismo nel concetto di "democrazia liberale", sia come soluzione di compromesso tra divergenti principi sociali (quello di eguaglianza e quello di diseguaglianza), che nella versione procedurale, come congegno istituzionale sperimentato sopratutto sul terreno della rappresentanza e dei diritti (o, in senso lato, della cittadinanza politica, civile e sociale).
2. Il ceto dei colti e il rigetto dell’eguaglianza (o delle regole)
Il rifiuto dell’eguaglianza che l’ordine liberal-borghese ha manifestato con forza crescente a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento – quando processi di crescita politica e sociale hanno coinvolto vaste masse popolari nei sistemi politici – e nello stesso tempo l’insoddisfazione per il compromesso proposto dalla democrazia liberale, entrambi hanno avuto fortissima presa sul ceto colto europeo (meriterebbe forse, in questo ambito, di dedicare speciale attenzione al ruolo svolto dalla cultura storica).
Le motivazioni, le argomentazioni, le alternative proposte o idealizzate presenti in questo "rigetto della democrazia" da parte della cultura europea tra ‘800 e ‘900 dovranno dunque essere un altro punto da illuminare, senza soddisfarsi di una affrettata loro collocazione nel "fronte reazionario", anche per la legittimazione che esse hanno fornito ai regimi autoritari della prima metà del secolo.
3. Gli avversari nuovi della democrazia liberale e la democrazia sostantiva.
Il rigetto della democrazia non esprime semplicemente gli interessi conservatori o "reazionari" del mondo di ieri, ma trova consenso e alleanze in una molteplicità di soggetti sociali "nuovi", tra i quali il movimento operaio e la sua cultura politica. Le forme e i modi della partecipazione della cultura e delle organizzazioni della sinistra operaia all’attacco alla democrazia liberale e/o alla democrazia tout court meritano di essere meglio tematizzate e comprese, soprattutto laddove, con un nuovo slittamento semantico, il rifiuto della democrazia liberale, della democrazia procedurale, si traduce nella affermazione di una democrazia sostantiva (le "democrazie popolari", le "democrazie sociali", le "nazional-democrazie").
4. Tra democrazia procedurale e democrazia sostantiva
Il movimento pendolare tra democrazia sostantiva e democrazia procedurale segna dunque il terreno di coltura e d’incontro (che si vuole a volte tattico, a volte strategico) di interessi, gruppi sociali e culture politiche di varia natura. Ma le soluzioni antidemocratiche che in varia misura si realizzano a partire dagli anni Venti-Trenta del secolo alimentano la modernizzazione produttiva e sociale attuata dai regimi totalitari e lasciano forti eredità nelle rinate democrazie postbelliche. Non si può sottovalutare il fatto che nel 1940 le istituzioni liberaldemocratiche di tipo classico-ottocentesco erano state quasi completamente espiantate dall’Europa continentale e potevano apparire, nel panorama europeo, come una peculiarità dell’area anglosassone dove erano stati più compiutamente elaborati i modelli di democrazia liberale. Né va rimosso il fatto che dopo la Seconda guerra mondiale, quando gran parte dell’Europa centro-continentale è riconquistata alla democrazia classica (non a caso grazie alla vittoria militare della democrazia anglosassone) i regimi antidemocratici hanno ancora lunga vita alle periferia d’Europa (salazarismo, franchismo, comunismi), tendono anzi ad espandersi entro le zone di influenza irrigidite dal bipolarismo postbellico e, fuori d’Europa, nel campo aperto dalla decolonizzazione in Asia e in Africa e dalla modernizzazione del subcontinente latino-americano. Come già nella prima parte del secolo, anche in questo caso, e nel quadro dello scontro bipolare, sia la cultura occidentale che il movimento operaio offrono un sia pur contraddittorio ma ampio sostegno a queste forme di "democrazia antidemocratica".
5. Nazionalità, stati-nazione e pulizie etniche
Tra gli assunti fondamentali dell’ideologia democratica è senz’altro l’idea che i "popoli" (o le nazioni, o i gruppi etnici) abbiano diritto all’autodeterminazione e alla formazione di stati nazionali indipendenti. Di chiara derivazione giacobino-democratica e poi liberale ottocentesca, tale assunto conteneva però contraddizioni profonde e si era già confrontato, tra ‘800 e ‘900 con i drammi derivanti dalle sue torsioni nazionalistiche, belliciste e perfino razziali. Riaffermato a Versailles come fondamento dell’ordine internazionale, il principio etnico-nazionale costituisce poi un ulteriore campo di tensione nel resto del secolo. Pur nella aberrante specificità della Shoah, essa non può essere isolata dall’insieme dei fenomeni di pulizia etnica, deportazioni di massa e stermini, che derivano dall’idea tutta europeo-occidentale della nazione e ne accompagnano l’esportazione nei continenti extraeuropei, vi esplodono poi nei processi di decolonizzazione, e coinvolgono la stessa Europa continentale (dalla sistemazione dei confini tedesco-polacchi alla disintegrazione dell’area balcanica).
6. La democrazia attraverso le frontiere
Come mito – o come serie di miti fondanti -, la democrazia non conosce frontiere, ed anzi le attraversa costantemente in una serie di prestiti, di scambi e di immagini riflesse. Ma come pratica di governo o come assetto di potere sia la democrazia procedurale che la democrazia sostantiva si realizzano nell’ambito degli stati. Si pone dunque il problema di analizzare il rapporto tra democrazie e ordine internazionale. Problema che ha due aspetti distinti:
6.1. Il primo di essi riguarda propriamente la politica internazionale. Ci si può domandare se la qualità della politica internazionale di una democrazia liberale è assimilabile alla qualità della politica internazionale di uno Stato totalitario. Ovvero se la democrazia liberale produce (o non produce) una concezione e una pratica di relazioni fra Stati che sia, almeno in parte, riconducibile ai caratteri stessi della democrazia liberale (controllo incrociato fra poteri, poteri rappresentativi, ruolo dell’opinione pubblica ecc.). Come secolo delle grandi guerre mondiali e di molte guerre non europee, il Novecento mette in rilievo un mutare complessivo di quelle pratiche interstatali (se non delle stesse concezioni di politica internazionale) che finisce per avere, tra gli effetti più vistosi, il coinvolgimento – sistematico, intenzionale e spesso teorizzato – delle popolazioni civili nell’agone (pacifico o guerreggiato) della politica estera. Si tratta di fenomeni politico-internazionali che affondano peraltro le radici in processi strutturali e culturali di ampia portata, e che sembrano accomunare , per certi versi, regimi totalitari e democrazie. O che fanno pensare a processi di contaminazione fra regimi totalitari e democrazie.
6.2. Un secondo aspetto riguarda la fine del bipolarismo e l’affermazione di un "mondo unico", che ci privano della gran parte degli schemi concettuali binari con cui è stata spesso pensata la storia del XX secolo (come scontro tra est e ovest, tra capitalismo e socialismo, o tra democrazia e totalitarismo). La portata di questa trasformazione non può essere sottovalutata, anche se non se ne vedono ancora chiaramente i significati. Tra l’altro, essa sembra potenziare oltre misura il rilievo da attribuire ai processi di globalizzazione. Benché essi costituiscano un aspetto fondamentale della storia europea e mondiale da diversi secoli, è forse vero che l’intensificazione delle interconnessioni planetarie dei flussi di risorse e dell’informazione costituisce oggi un quadro di condizionamenti e di vincoli assai più accentuato e pervasivo che non nel passato. Gli effetti sui sistemi politici e sulla democrazia non ci sono oggi chiari; tra l’altro l’interdipendenza e l’omologazione producono anche – per contraccolpo? – un rafforzamento di identità "locali" mal comprensibile nell’ottica progressista-planetaria che qui si propone di abbandonare. E’ forse opportuno limitarsi a porre su questo punto una serie di interrogativi sulle forze oggi attive nel "campo di tensione" oggetto del convegno.
La ricerca storica al CNR
di Daniela Luigia Caglioti*
La storia contemporanea ha occupato e occupa uno spazio estremamente ridotto nei programmi di ricerca del Consiglio Nazionale delle ricerche. La ricerca storica, soprattutto quella che si svolge all’interno delle università, ha però beneficiato, a partire dalla metà degli anni ’60, di una miriade di piccoli contributi e finanziamenti distribuiti a pioggia e spesso secondo rapporti di potere accademici. La scelta compiuta nell’immediato dopoguerra "di legare strettamente le sorti dell’istituzione a quelle dell’università" come ha scritto Roberto Maiocchi ha fatto sì che si venisse a creare una simbiosi Università-CNR che, scrive sempre Maiocchi, "ebbe come conseguenza l’impossibilità da parte di quest’ultimo di programmare e condurre a termine un piano coordinato di intervento sui problemi di fondo del paese"1.
Questo rapporto simbiotico è stato ulteriormente consolidato dalla riforma del 19632. Con quella riforma, come ha recentemente scritto Antonio Ruberti, si era stabilita "l’estensione del campo di intervento al settore umanistico, [la] prosecuzione del sostegno alla ricerca universitaria, [lo] sviluppo di un proprio autonomo sistema di ricerca, [l’]attivazione di progetti finalizzati del sottosistema della ricerca pubblica"3.
A partire dalla riforma del 1963, è sempre Ruberti che scrive, tra università e CNR si è consolidato un rapporto di "mutuo condizionamento: l’università, attraverso i comitati in cui è molto forte la presenza universitaria, è determinante nello sviluppo della rete degli istituti e dei laboratori di ricerca del CNR e questo, attraverso i finanziamenti, è determinante nell’università, alle prese con la pressione della domanda di insegnamento, per alimentare la sua ridotta attività di ricerca"4. Questo rapporto è ampiamente dimostrato dai dati statistici sulla destinazione delle risorse del CNR. Tra il 1976 e il 1993 i finanziamenti erogati dall’ente attraverso contratti e contributi vanno, in media, per l’88,3% all’università, per il 6% a enti pubblici e per il 5,7 a enti privati5. La nuova riforma, approvata lo scorso mese di gennaio6, quando entrerà completamente in vigore7, dovrebbe modificare in maniera sostanziale l’assetto e i compiti istituzionali consolidatisi con la riforma del 1963. L’abolizione dei comitati, dovrebbe interrompere il rapporto di mutuo condizionamento tra università e CNR assegnando a quest’ultimo la funzione di favorire e promuovere "attività di ricerca con obiettivi di eccellenza e di rilevanza strategica", di valorizzare "lo sviluppo precompetitivo e il trasferimento tecnologico della ricerca", e soprattutto di fornire servizi a terzi in regime di diritto privato8. La recente riforma del CNR cioè gli attribuisce, anche se non sempre in maniera esplicita, il carattere di istituzione di ricerca pubblica al servizio dell’intero sistema industriale e tecnologico italiano, recuperando da questo punto di vista la vocazione originaria dell’ente che dalla sua nascita, durante il fascismo, come scrive R. Maiocchi, avrebbe dovuto indirizzare le proprie ricerche "verso lo studio di problematiche che erano poste in luce dalle esigenze dello sviluppo economico-sociale dell’Italia"9. In questo quadro va da sé che la ricerca di base, soprattutto nel campo delle discipline umanistiche e di quello delle scienze sociali rischi nel suo complesso di subire un’ulteriore penalizzazione. La riforma prevede infatti, oltre alla riorganizzazione su base centralistica del sistema della ricerca, il ridimensionamento e la razionalizzazione dell’attuale pletorica rete organizzativa attraverso fusioni, trasformazioni e soppressioni di istituti. Questo piano, positivo per gli effetti che potrà avere sullo snellimento di una struttura elefantiaca in cui il rapporto tra ricercatori da una parte e tecnici e amministrativi dall’altra è grosso modo di 1 a 1, e la cui gestione non è sfuggita ai meccanismi burocratico-clientelari diffusi nella pubblica amministrazione italiana, rischia però di compromettere i finanziamenti e il potenziamento della ricerca nel settore umanistico strutturalmente meno capace di autofinanziarsi.
Non è qui il caso di dilungarsi sulla natura e la gestione dell’ente nel suo complesso dalla sua fondazione a oggi. Non è questo l’oggetto del mio intervento. Torno quindi alla storia e al peso che essa ha avuto e ha oggi all’interno del CNR, cercando di fornire alcune informazioni e alcuni dati che possono costituire oggetto di riflessione. Estrapolare dai dati che il CNR pubblica annualmente e dai rapporti tecnici non è operazione facile. E ciò perché i dati sulla spesa, sulle pubblicazioni, sulle borse di studio ecc. riguardano macro-contenitori in cui la storia è in compagnia di altre discipline dell’area umanistica – la filosofia, l’archeologia, la linguistica e la psicologia – e, quando si tratti di storia economica, è accorpata all’economia, la sociologia e la statistica. Il CNR contribuisce in tre diversi modi a promuovere e a sostenere la ricerca. Il primo è quello intramurale cioè della produzione autonoma di ricerca attraverso la rete dei suoi istituti e dei suoi ricercatori; il secondo è quello dell’attività extramurale o di agenzia e cioè di sostegno, attraverso propri finanziamenti, alla ricerca che si svolge all’esterno e prevalentemente nell’università, ma non solo; in questo caso, il CNR finanzia singoli progetti di ricerca proposti da istituzioni universitarie, enti di diritto pubblico e privato, singoli ricercatori, ed eroga fondi per la pubblicazione di monografie, volumi collettanei e riviste specialistiche, per la partecipazione e/o l’organizzazione di congressi; il terzo modo attraverso cui il CNR contribuisce alla promozione della ricerca è quello della formazione e cioè dei finanziamenti per borse di studio da utilizzare presso gli stessi istituti e centri del CNR o presso istituzioni straniere. A quest’ultima categoria appartengono le borse per l’estero, le borse NATO-CNR, i finanziamenti per la cosiddetta "mobilità di breve durata".
Per quel che riguarda la ricerca intramurale, nel periodo che va dal 1971 al 1995 agli istituti e ai centri che fanno parte del comitato delle scienze storiche, filologiche e filosofiche sono stati assegnati contributi che oscillano tra il 2,2 % e il 2,3% della dotazione dell’ente con una caduta all’1,8 nel 1981. Nel 1997 a questi stessi istituti è stata assegnata una quota più bassa che corrisponde all’1,9% dei finanziamenti complessivi dell’ente. Nel frattempo però è raddoppiato il numero di ricercatori di quest’area che sono passati dall’1,63% dell’organico del 1971 al 3,32% di quello del 1996. Le risorse impiegate nel settore umanistico quindi, se si tiene conto dell’aumento del numero degli istituti e del personale, sono significativamente diminuite. Il quadro delle risorse è ancora più penalizzante se si guarda al settore delle scienze sociali. In questo caso tra il 198810 ed il 1995 la percentuale di finanziamento oscilla tra 2 e 2,22 nonostante il considerevole aumento di istituti e personale11. Nel 199712, poi solo lo 0,78% dei finanziamenti per la ricerca intramurale è stata attribuita agli istituti dell’area delle scienze sociali di cui la storia economica costituisce un sottosettore. Nella classifica dei finanziamenti complessivi per il 1997 (intramurale, agenzia, formazione) la storia, o meglio le discipline umanistiche, si collocano, con il 2,6%, al decimo posto dopo la fisica, la chimica, la medicina, l’ingegneria, ecc. ma prima dei beni culturali, della matematica, del diritto e dell’economia (1,34%). I maggiori finanziamenti attributi al settore umanistico rispetto al diritto o all’economia sono in funzione del maggiore numero di istituti che afferiscono a quest’area: sedici contro gli otto di diritto e gli otto di economia.
Per quanto riguarda la ricerca intramurale, gli istituti del CNR che oggi si occupano in maniera specifica di ricerca storica sono solo 3 su una rete di 357 organi di ricerca. Niente a che vedere con analoghe strutture che operano in altri paesi europei come, ad esempio, il CNRS francese che, anche in termini numerici, si presenta come una struttura parallela all’università, o il Max Planck Institut in Germania. A questi vanno poi aggiunti i 4 tra istituti e centri che si occupano di ricerche di archeologia e storia antica. I tre Istituti che si occupano istituzionalmente di storia sono: l’Istituto di Storia economica del Mezzogiorno di Napoli che afferisce all’ex comitato 10 (Scienze economiche, sociologiche e statistiche), l’Istituto sui rapporti Italo-Iberici di Cagliari e il Centro di studio sulla storia della tecnica di Genova che afferiscono entrambi all’ex comitato 8 (scienze storiche, filosofiche e filologiche). Nei tre istituti lavorano in complesso 18 ricercatori di cui 5 con contratto a tempo determinato. L’attività di questi istituti, tra i quali non intercorre alcuna forma di collaborazione, si svolge su linee di ricerca preventivamente approvate dai rispettivi comitati scientifici.
L’Istituto sui rapporti Italo-Iberici di Cagliari si occupa dello studio e della pubblicazione di documenti inediti relativi al Basso Medioevo e alla prima età moderna, dello studio degli aspetti geografici dei rapporti politico-economici italo-iberici e dell’edizione di fonti narrative catalane13. Le principali linee di ricerca del Centro di studio sulla Storia della Tecnica di Genova riguardano anch’esse in maniera prevalente l’età moderna e in particolare le manifatture preindustriali, le costruzioni navali e la scienza nautica nel Mediterraneo occidentale, gli insediamenti produttivi nello Stato della Chiesa14. E all’età moderna è stata dedicata gran parte degli studi prodotti dall’Istituto di Storia Economica del Mezzogiorno di Napoli che, solo da due anni, in seguito ad un cambiamento di denominazione e di statuto, ha ampliato l’arco cronologico dei temi di ricerca. Al momento, i ricercatori che lavorano nell’Istituto si occupano di storia dell’ambiente, di rapporti tra stato ed economia, di istruzione e sviluppo economico, di imprenditoria e di circuiti commerciali e finanziari15.
Se ci si limita alla ricerca intramurale la ricerca in ambito storico appare dunque piuttosto esigua e il quadro non muta di molto se si aggiungono all’attività dei tre istituti citati le singole ricerche di carattere storico avviate negli istituti scientifici e che sono però più difficili da censire.
Il quadro cambia completamente quando si passa ad analizzare la ricerca extramurale. In questo caso, analizzando le cifre, si scopre che il CNR ha svolto una considerevole funzione di supporto alla ricerca universitaria e forse, in alcuni casi, addirittura di supplenza rispetto allo stesso Ministero dell’Università. Nell’ambito dei comunque esigui finanziamenti al settore umanistico, la scelta compiuta dal comitato per le scienze storiche, filosofiche e filologiche è stata sempre quella di usare quote elevate del proprio budget per attività di agenzia. Le cifre relative al 1997 vedono le discipline umanistiche al primo posto per numero di finanziamenti esterni con 1.013 contributi (il 24,7% degli interventi) e al secondo posto, dopo medicina, per entità dei finanziamenti erogati all’esterno della struttura, anche se all’ultimo posto per entità media del contributo (5 milioni contro i 26 della fisica, i 19 della geologia, i 13 della medicina). Questi dati confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto si diceva all’inizio e cioè, per usare ancora le parole di Maiocchi, "la dispersione di fondi a pioggia fatta per non scontentare nessuno"16 ma sono forse anche la spia della dipendenza totale delle discipline umanistiche dai contributi pubblici. In questo caso infatti il CNR si configura come l’unico altro ente erogatore di finanziamenti oltre al MURST. Dove il CNR torna ad essere avaro nei confronti della ricerca storica è nel settore della formazione. La spesa per borse di studio, piuttosto elevata negli anni ’70, si è nettamente ridotta a partire dal 1981. I dati relativi alle borse di studio vedono, nel 1997, la storia e le discipline umanistiche all’ultimo posto della classifica. Ma forse questo dato può essere spiegato anche con una minore propensione degli storici ad usare i finanziamenti per i soggiorni di studio all’estero rispetto ad altre categorie di studiosi; non è un caso che, per quel che riguarda le borse di studio, le discipline economiche dal quattordicesimo posto della ricerca intramurale e dall’ottavo di quella extramurale risalgono al sesto nella classifica dei finanziamenti alla formazione.
Al di là di questi dati che credo confermino un quadro noto a tutti, è al momento difficile ipotizzare quale sarà il destino della ricerca storica all’interno del CNR quando la riforma sarà completamente a regime. Pare però fin da ora possibile ipotizzare che lo spazio già esiguo subirà un ulteriore ridimensionamento e che l’esigenza di accorpare gli istituti e razionalizzare l’intera organizzazione dell’ente finirà per assegnare alla ricerca storica non più un ruolo ed una autonoma dignità ma una funzione ancillare nei confronti dell’economia, della sociologia, degli studi demografici.
I profili scientifici-didattici nei bandi per ricercatori, professori associati e professori ordinari del settore M04X
Tipologie prive di particolari specificazioni.
Università degli Studi di MACERATA; valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato Interfacoltà – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Corso di Laurea Interfacoltà (Giurisprudenza, Scienze Politiche, Lettere e Filosofia) di Scienze della Comunicazione. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 66 del 20/08/1999.
Settore scientifico-disciplinare M04X (Storia contemporanea): l’impegno didattico e scientifico del candidato dovrà essere orientato alla storia contemporanea, intesa anche come storia della società e della cultura, in un arco temporale che abbracci gli ultimi due secoli.
Istituto Universitario Orientale di NAPOLI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Tipologia di impegno scientifico e didattico richiesto: impegno di ricerca scientifica avanzata per originalità e rigore metodologico della produzione ed impegno didattico approfondito nell‚area della storia contemporanea.
Università degli Studi di SALERNO – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE della FORMAZIONE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 22 del 19/03/1999.
Tipologia di impegno scientifico richiesto: rispondente allo sviluppo delle metodologie di ricerca più accreditate nel settore delle quali si auspica il potenziamento anche in vista del raggiungimento di finalità formative tipiche di una Facoltà di Scienze della Formazione.
Tipologia di impegno didattico richiesto: specifico dell’insegnamento della storia contemporanea, così come riconosciuto non solo dalla specificazione di settore, ma anche dalla Comunità scientifica nazionale e internazionale degli studiosi.
Università degli Studi di TERAMO – valutazione comparativa a n. 2 posti di Ricercatore universitario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 66 del 20/08/1999.
[Senza job profile]
Università degli Studi di TORINO; valutazione comparativa ad un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA (profilo/posto A) – Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 23 del 23/03/1999.
Impegno scientifico-didattico: il vincitore dovrà garantire un impegno scientifico-didattico riguardante la disciplina di Storia Contemporanea.
Università degli Studi di TORINO; valutazione comparativa ad un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA (profilo/posto B) – Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 23 del 23/03/1999.
Impegno scientifico-didattico: il vincitore dovrà garantire un impegno scientifico-didattico riguardante la disciplina di Storia del Risorgimento.
Università degli Studi di TRIESTE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 22 del 19/03/1999.
Tipologia d’impegno didattico e scientifico: il complesso degli elementi caratterizzanti la disciplina che definisce il rispettivo settore scientifico-disciplinare.
Tipologie moderatamente specifiche.
Università degli Studi di BARI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE della FORMAZIONE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Sviluppo della ricerca scientifica e potenziamento dell’attività didattica con riguardo primariamente all’interazione costante fra il classico metodo storico della corretta analisi filologica delle fonti ed il metodo delle scienze sociali di analisi di scenari e tendenze, di comportamenti, di culture e di valori socialmente diffusi, nonché le problematiche fondamentali di una società industriale: gruppi sociali, sistema delle imprese, culture e istituzioni del lavoro, culture e istituzioni della politica.
Università degli Studi di CAMERINO – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di GIURISPRUDENZA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 24 del 26/03/1999.
Al vincitore sarà richiesta la seguente tipologia di impegno scientifico e didattico:
a) impegno scientifico: analisi e ricostruzione del periodo fascista, con riguardo anche ai temi dell’associazionismo sindacale e delle strategie economiche di quell’epoca.
b) impegno didattico: didattica di alto livello relativamente al periodo fascista.
Numero massimo delle pubblicazioni valutabili: nessun limite.
Università degli Studi di LECCE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 68 del 27/08/1999.
Si richiede:
a) impegno didattico approfondito sui processi di lunga durata che attraversano la storia contemporanea;
b) impegno di ricerca scientifica avanzata e rigore metodologico ed originalità sulla storia dei partiti e dei movimenti politici, nonché dell’associazionismo sindacale, politico e culturale in età contemporanea;
c) significative capacità di utilizzazione dello strumento informatico nella ricerca storica, con particolare riguardo alla ri/costruzione di archivi.
Università degli Studi di MACERATA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 21 del 16/03/1999.
L’impegno scientifico e didattico del candidato dovrà essere orientato alla materia istituzionale di base (Storia contemporanea) nella sua più ampia estensione cronologica e con particolare riferimento alla storia politica italiana.
Università degli Studi di MESSINA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 72 del 10/09/1999.
Tipologia di impegno scientifico e didattico: promozione della ricerca e della didattica sui grandi temi della storia della Sicilia, dell’Italia, del Mediterraneo nel quadro politico, sociale ed economico europeo ed extraeuropeo, in età pre e post unitaria
Università degli Studi di PAVIA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 66 del 20/08/1999.
Non possono partecipare alla valutazione comparativa i professori universitari di ruolo di Ia fascia inquadrati nello stesso settore scientifico-disciplinare o nel seguente settore scientifico-disciplinare affine: M02A – Storia Moderna.
Non è previsto un numero massimo di pubblicazioni scientifiche da presentare.
All’idoneo chiamato dal Consiglio di Facoltà sarà richiesta la seguente tipologia di impegno scientifico e didattico:
"Sul piano dell’impegno didattico, trattandosi di materia di base del I^ biennio, il docente dovrà‚ affrontare -attraverso corsi istituzionali e monografici – i temi e i problemi caratterizzanti della storia europea ed italiana con riferimento ai secoli XIX e XX, senza tralasciare i richiami agli aspetti interdisciplinari con altri insegnamenti, non solo di tipo storico, impartiti nella Facoltà‚. Sotto il profilo scientifico, il docente, oltre a una solida competenza metodologica e storiografica, comprovata da pubblicazioni, dovrà garantire una vasta ed approfondita conoscenza della storia contemporanea con particolare riguardo ai fondamenti della storia politica e sociale, al ruolo dei partiti e movimenti politici, ai dibattiti parlamentari e alle dinamiche fra classi politiche, gruppi di pressione e opinione pubblica, specie nei processi di democratizzazione".
Università degli Studi di PISA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Richiesta impegno didattico: disponibilità a svolgere attività di insegnamento della Storia contemporanea in diversi gradi di studio, oltre che attività eventualmente rivolte alla specializzazione o all’aggiornamento dei docenti, con vasta padronanza della storia italiana e europea in un ambito cronologico non ristretto.
Richiesta impegno scientifico: attività e progetti anche di carattere nazionale o internazionale, o promossi tramite convenzioni e altre forme di collaborazione con istituzioni pubbliche o private.
Università degli Studi ROMA TRE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 54 del 09/07/1999.
Tipologia di impegno scientifico-didattico: l’impegno didattico richiesto è in primo luogo l’insegnamento della storia del risorgimento italiano. è auspicabile che il candidato, oltre alle normali attività collegate con il tempo pieno, sia disponibile, nell’ambito delle sue competenze specifiche, a partecipare a moduli d’insegnamento per i corsi istituzionali, per le scuole di specializzazione e per corsi di abilitazione professionale, nonché a tutte le forme di attività didattiche collegate alla riforma degli ordinamenti, con particolare riferimento ad eventuali, ulteriori esigenze didattiche del medesimo settore scientifico-disciplinare. L’insegnamento richiesto ha la finalità di presentare agli studenti lo svolgimento sistematico della storia politica, civile e culturale della società italiana tra la crisi della rivoluzione francese e quella dei sistemi liberali. Ai candidati si richiede speciale competenza ed attenzione ai fenomeni relativi alla storia della politica, dei movimenti e dei partiti, considerati alla luce dei processi di trasformazione culturale, istituzionale, religiosa che investono la società italiana. In questo contesto complessivo appare importante una attenzione scientifica rivolta alla pubblicazione e alla critica delle fonti.
Non vi è nessun limite alle pubblicazioni presentabili.
Università degli Studi di TERAMO – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 66 del 20/08/1999.
Impegno scientifico: produzione prevalentemente fondata sulle vicende del movimento sindacale nella Storia del Novecento italiano e sulle relative problematiche storiografiche anche in rapporto alle istituzioni dello Stato e ai conseguenti riflessi nella politica e nella economia nazionale.
Tipologie estremisticamente specifiche.
Università degli Studi di BARI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di GIURISPRUDENZA ˆ BARI – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Si richiede una produzione attinente in particolare ai problemi degli interventi degli Stati industrializzati nell’economia e nella politica estera e/o ai problemi dell’identità nazionale nel lungo periodo e dei rapporti con il territorio meridionale e con i processi di urbanizzazione.
Università degli Studi di BARI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
L’impegno didattico e scientifico prevede attività di insegnamento e potenziamento della ricerca specificamente in materia di storia dell’Italia e del Mezzogiorno nell’età contemporanea e di storia della storiografia contemporanea.
Università degli Studi di CAGLIARI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA – Pubblicato sulla Gazzetta n. 74 del 17/09/1999.
Impegno scientifico: il candidato dovrà dimostrare di avere maturato una solida preparazione scientifica con pubblicazioni di storia della stampa, che, in una prospettiva di comparazione internazionale, evidenzino le trasformazioni determinate dai mezzi informativi e di comunicazione nella società, nell’economia, nei processi tecnici di diffusione delle idee e della cultura. Si richiedono esperienze di ricerca all’estero, coordinamento di iniziative a carattere interdisciplinare, pubblicazioni in lingua straniera e presso case editrici straniere.
Impegno didattico: sul piano didattico dovrà essere assicurato un impegno a tempo pieno nonché la necessaria collaborazione interdisciplinare con disponibilità all’insegnamento di discipline comprese nel settore.
Numero massimo di pubblicazioni valutabili per ciascun candidato: libero.
Università degli Studi di CAGLIARI – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di SCIENZE della FORMAZIONE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA – Pubblicato sulla Gazzetta n. 74 del 17/09/1999.
Impegno scientifico: si richiede una ricca e ampia produzione attinente alla storia della Sardegna, con particolare attenzione allo sviluppo del dibattito culturale e politico da fine Settecento agli anni dell’Autonomia Speciale, con ricerche originali su personaggi e momenti del pensiero autonomista, in un inquadramento di carattere generale.
Impegno didattico: si richiede una pluriennale esperienza didattica a livello universitario nell’ambito della disciplina e inoltre si richiede esperienza e disponibilità a svolgere attività di insegnamento in attività rivolte alla specializzazione e all’aggiornamento dei docenti.
Numero massimo di pubblicazioni valutabili per ciascun candidato: libero.
Università degli Studi della CALABRIA – valutazione comparativa ad un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà di ECONOMIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 24 del 26/03/1999
Tipologia dell’impegno scientifico: si richiede al candidato una produzione scientifica originale e innovativa con particolare riguardo allo studio del Mezzogiorno.
Si richiede, inoltre, che la ricerca prodotta abbia rilevanza multidisciplinare, con particolare riguardo alla storia sociale alla storia dell’emigrazione, alla storia della cultura e alla formazione delle élites politiche nel Mezzogiorno contemporaneo. Tipologia dell’impegno didattico: lezioni ed esercitazioni sugli insegnamenti afferenti al raggruppamento e attivati per i vari corsi di laurea e di diploma della facoltà. Numero massimo di pubblicazioni: fino a un massimo di 20 a scelta del candidato.
Università degli Studi di GENOVA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 22 del 19/03/1999.
Impegno scientifico-didattico: sul piano scientifico si richiede di praticare e promuovere la ricerca intorno ai grandi problemi del nostro tempo, in una prospettiva di lungo periodo e in un’ottica non settoriale, anche in funzione della formazione e dell’orientamento critico di base delle nuove generazioni; una specifica attenzione dovrà peraltro essere dedicata alla dimensione locale dei processi di modernizzazione, con riferimento alla storia del lavoro, delle culture industriali, delle esperienze di mobilità geografica, delle pratiche di socializzazione e di comunicazione (orale e scritta) in uso tra le classi subalterne, a partire da soluzioni innovative sul piano delle fonti.
Sul piano didattico si richiede l’impegno a tempo pieno con ampia disponibilità alla collaborazione interdisciplinare e a prestare attività didattica nei corsi di I e di II livello qualora attivati, nonché in altre forme didattiche per eventuali altri curricula della facoltà e di strutture ad esse collegate.
Programma della prova didattica per i candidati che non rivestono la qualifica di professore associato: verterà sulle problematiche relative ai processi di modernizzazione della società contemporanea con particolare riguardo alla storia del lavoro, delle culture industriali, delle esperienze di mobilità geografica, delle pratiche di socializzazione (orale e scritta) in uso tra le classi subalterne, nonché sui principali aspetti della storia politica mondiale del Novecento.
Università Cattolica del Sacro Cuore MILANO – valutazione comparativa ad un posto di Ricercatore universitario presso la Facoltà di SCIENZE della FORMAZIONE di MILANO. Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 74 del 17/09/1999
Sede di servizio: Milano.
Lingua straniera: Francese.
Tipologia dell’impegno didattico e scientifico: al candidato si richiede conoscenza della lingua latina, attività didattica e comprovata capacità di uso delle fonti tanto documentate che archivistiche, storia del movimento cattolico con particolare riferimento all’area lombarda.
Numero massimo di pubblicazioni: illimitato.
Università de li Studi del MOLISE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di ECONOMIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 68 del 27/08/1999.
Numero massimo di pubblicazioni: 25
Tipologia dell’impegno scientifico richiesto: attività di ricerca verso la storia dell’Italia nel ‘900. In particolare: i rapporti tra la realtà socio-politica del Paese ed alcune realtà istituzionali presenti nel campo religioso, sociale ed economico; l’evoluzione socio-politica e religiosa del Mezzogiorno e di alcuni ambiti regionali di esso attraverso lo studio e l’approfondimento di meridionalisti che hanno dato un contributo a tale evoluzione e più in generale alla storia dell’Italia contemporanea.
Tipologia dell’impegno didattico richiesto: il candidato deve avere la capacità per promuovere e coordinare gruppi di studio e ricerca sulle tematiche sopraindicate per consentire al Dipartimento ed alla Facoltà il consolidamento delle attività formative e di ricerca nel settore scientifico disciplinare di sua competenza.
Università degli Studi di URBINO – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Per quanto riguarda la tipologia di impegno scientifico e didattico richiesta dovrà essere dato particolare rilievo a:
a) esperienze di insegnamento e ricerca all’estero che testimonino l’integrazione con culture e lingue europee;
b) lavori scientifici di carattere interdisciplinare che si situino all’incrocio fra storia sociale e storia politica con particolare riguardo agli aspetti culturali e istituzionali della storia delle mentalità;
c) pubblicazioni presso case editrici e riviste straniere;
d) organizzazione e coordinamento di iniziative di ricerca, formazione e aggiornamento, convegni nazionali e internazionali.
Il numero massimo di pubblicazioni che saranno valutate per ciascun candidato è di 8 volumi e 8 saggi (di questi ultimi almeno metà in lingua straniera).
Nel caso dell’invio di un numero di pubblicazioni superiore a quello indicate, la commissione provvederà a valutare le stesse in ordine di stampa fino al numero consentito.
Tipologie ipergenerali.
Università degli Studi di FIRENZE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di SCIENZE POLITICHE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Tipologia dell’impegno scientifico e didattico richiesto: trattandosi di materia obbligatoria del primo biennio e di materia obbligatoria in due dei cinque indirizzi della Facoltà, il docente dovrà affrontare tematiche generali di rilevanza europea e italiana tali da promuovere nello studente una preparazione di carattere istituzionale della storia del XIX e del XX secolo. Il profilo scientifico del docente dovrà garantire la molteplicità degli interessi di storia politica e dei movimenti e partiti politici, in primo luogo, e inoltre di storia sociale e della cultura, in coerenza con la tradizione multidisciplinare della Facoltà.
Università degli Studi di FIRENZE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Tipologia dell’impegno scientifico e didattico richiesto: il docente dovrà garantire un insegnamento di Storia contemporanea che affronti le problematiche della disciplina anche sotto il profilo istituzionale in un’ottica di lungo periodo, in modo da mettere in luce in particolare le trasformazioni sociali nell’ambito nazionale e in quello internazionale che anticipano e accompagnano i grandi processi polititici del secolo XX.
Università degli Studi di FIRENZE – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999
Tipologia dell’impegno scientifico e didattico richiesto: il docente dovrà garantire un insegnamento che metta a fuoco un ampio ventaglio di problematiche di storia politica, sociale e culturale di singole realtà nazionali dell’Europa occidentale e di quella orientale, viste essenzialmente in un quadro di storia comparata nei secoli XIX e XX.
Tipologie misteriche.
Università degli Studi di BOLOGNA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di CONSERVAZIONE dei BENI CULTURALI – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Tipologia di impegno scientifico didattico: tiene conto del fatto che la disciplina assume grande rilievo nei rapporti fra la facoltà ed il territorio per la valorizzazione dei beni culturali del settore in esso esistenti. Viene richiesto un corso aggiuntivo nell’ambito del raggruppamento o di raggruppamento affine e dell’ordinamento didattico della facoltà concordato con il docente. Criterio aggiuntivo che la facoltà terrà presente è la competenza circa archivi e biblioteca della regione.
Università degli Studi di BOLOGNA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 25 del 30/03/1999.
Tipologia di impegno scientifico-didattico: particolare riferimento alle ultime politiche del novecento.
Università degli Studi di TORINO – valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato presso la Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sul supplemento alla Gazzetta n. 23 del 23/03/1999.
Impegno scientifico didattico: il posto riguarda un impegno didattico nella disciplina di Storia Sociale. Si ritiene opportuna una competenza che entro il carattere verticale della disciplina, la caratterizzi nel senso di un’attenzione particolare alle dinamiche dei processi sociali dell’Ottocento e del Novecento.
Università degli Studi della TUSCIA – valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario presso la Facoltà di LINGUE e LETTERATURE STRANIERE MODERNE – Settore M04X – STORIA CONTEMPORANEA. Pubblicato sulla Gazzetta n. 72 del 10/09/1999.
Tipologia di impegno scientifico e didattico: all’idoneo chiamato dal consiglio di facoltà sarà richiesta la seguente tipologia di impegno scientifico e didattico: "in considerazione del carattere degli studi della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne e in particolare delle esigenze dell’indirizzo di "Professioni Europee" si richiede che il docente chiamato a ricoprire il posto abbia una produzione scientifica attenta alla dimensione internazionale del processo storico e all’interdipendenza delle storie nazionali tipica dell’età contemporanea.
L’impegno didattico richiesto al docente si svolgerà all’interno del corso di laurea in Lingue con particolare riguardo per l’indirizzo delle professioni europee.
Numero massimo di pubblicazioni da presentare a scelta del candidato. Non è previsto un numero massimo di pubblicazioni scientifiche da presentare.
Il primo congresso nazionale della Historical Society: una spaccatura nella comunità storica americana
di Ilaria Porciani
Il convegno nazionale tenutosi a Boston dal 27 al 29 maggio scorso ha dato visibilità a un fatto compiuto: la nascita di una nuova associazione di storici negli Stati Uniti che sancisce l’esistenza di una spaccatura evidente.
Vale dunque la pena di riflettere su questa specie di secessione per capire gli umori e le insoddisfazioni che attraversano una parte almeno degli storici americani e il senso di una operazione che ha già suscitato aperte ostilità tra i membri dell’American Historical Association e non piccole polemiche anche al di fuori degli specialisti. Ne hanno scritto infatti anche il New York Times, il Wall Street Journal e la stessa Frankfurter Allgemeine Zeitung. Un’attenzione comprensibile dato che in Germania la corporazione degli storici fa sempre notizia: dopo tutto l’Historikertag, al quale partecipano migliaia di accademici e di insegnanti di storia, è una notizia da prima pagina. La prima idea di una nuova organizzazione è nata in discussioni informali tra colleghi sullo stato della professione e sulle tendenze dominanti della storiografia.
Uso esasperato della political correctness nel bandire cattedre, predominio eccessivo dei cultural studies e del postmosdernismo, di una storia fondata sul Discorso‚ e non su fatti solidamente accertati, scarsa attenzione a settori tradizionali della disciplina come la storia economica, politica e delle relazioni internazionali: questi i principali elementi di insoddisfazione che hanno spinto a costituire una nuova associazione per raccogliere sotto un tetto comune i molti che non si riconoscevano più nella politica dell’American Historical Association e che avevano l’impressione di non riuscire a far sentire la loro voce.
Il primo a lanciare l’idea è stato lo storico dell’antichità classica Donald Kagan che, dopo una serie di consultazioni informali, ha organizzato a Washington un incontro al quale hanno partecipato Elizabeth Fox Genovese, William Fuller, Eugene D.Genovese, Theodore Hamerow, Gertrude Himmelfarb, Akan Kors, Walter McDougall, Jerry Muller a Richard Pipes. Ben presto ha assunto compiti organizzativi sostanziali lo storico delle relazioni internazionali Marc Trachtenberg. A questo punto l’idea di una nuova associazione ha cominciato a circolare ancora in modo informale, prima attraverso contatti telefonici e poi ovviamente per il tramite di internet: è stata soprattutto la lista H Diplo, dedicata alla storia delle relazioni internazionali, a fungere da tramite. Contemporaneamente, dal punto di vista tecnico, la costituzione dell’Historical Society in organizzazione non profit ha permesso di raccogliere risorse finanziarie consistenti.
Nel suo discorso introduttivo Genovese ha commentato con sens of humour le caratteristiche di questo gruppo di promotori così come appaiono ad un’America molto attenta alla political correctness: per l’ottanta per cento maschi, bianchi e vecchi; fortemente caratterizzato dalla presenza di figure che rappresentano la faccia conservatrice della professione, come Pipes, Kagan e Himmelfarb. Ha anche esplicitamente ironizzato sull’accusa che è stata rivolta all’Historical Society di essere chiaramente di destra: lui e sua moglie hanno un passato di comunisti e il board include figure non certo ascrivibili alla destra, come Martin J. Sklar, Sean Wilentz (Princeton), Charles Banner-Haley o John Womack, definito un Leftist Harvard University Historian‚ dal "Cronicle of the Higher Education". Contro l’accusa di una eccessiva chiusura agli women studies (ai quali nessuno dei panels del convegno era esplicitamente dedicato) ha messo in evidenza la presenza di quattordici donne negli organismi direttivi della società: quattro nel comitato esecutivo e dieci nel Board of Governors. Nell’intero convegno era comunque chiaramente avvertibile il tentativo degli organizzatori di valorizzare la partecipazione degli afro americani e delle donne per difendersi dall’accusa di mancare di political correctness o di discriminare gli uni o le altre. Ma i numeri (quasi totalmente assenti i primi, le donne non più di una ventina compresa la sottoscritta) parevano contraddire questa apertura e confermare se mai la percezione di quei caratteri che Genovese aveva evocato ironicamente nel suo paper.
Il progetto della nuova associazione è ambizioso. Da una parte vuole assumere, in dichiarata opposizione con le associazioni preesistenti, una articolazione che parta dalla base e non dal vertice, per trasformarsi in quello che in America viene definito un movimento "grass roots". E molte sono le iniziative nate in periferia e sponsorizzate dalla Historical Society: per lo più presentazioni di libri, discussioni, dibattiti. Accanto a questi eventi più frantumati sono state messe in cantiere per la primavera del 2000 due riviste che dovrebbero garantire il collegamento, costruire in modo più saldo una rete di contatti e un punto di riferimento e pubblicare articoli originali. Entrambi quadrimestrali, ma pubblicati a mesi alterni in modo da garantire una più costante comunicazione tra la società e i suoi membri, dovrebbero essere dedicati rispettivamente agli articoli originali (il titolo di questa pubblicazione sarà probabilmente quello di "The Journal of the Historical Society") e alle recensioni (probabile titolo: "History in Review").
A sostenere questo sforzo sta un’organizzazione già molto solida dal punto di vista finanziario: l’università di Boston, che ha sponsorizzato la convention, dal momento che il suo presidente ha entusiasticamente abbracciato la causa della nuova associazione, ha messo a disposizione della Historical Society un ufficio e ha chiamato Louis Ferleger, che ne sarà il presidente; due giovani sono pagati a metà tempo e un terzo a tempo pieno per gestire il sito internet e per svolgere funzioni di segreteria permanente. Il sistema americano di fund raising ha consentito di drenare notevoli risorse: circa 400.000 dollari che si aggiungono alle entrate delle iscrizioni (la quota annuale ammonta a dieci dollari per gli studenti e a venti per gli altri).
Gli iscritti, 1228, sono approssimativamente per l’85% professori in servizio o in pensione o insegnanti e per il 15% graduate students. Dal punto di vista geografico, la Historical Society è più forte nel corridoio Washington – Boston, e ha parecchi soci nel sud. Gli organizzatori si sono detti molto soddisfatti del numero dei soci: si aspettavano di non averne più di cinquecento nel primo anno e, da quando sono stati fatti passare i primi messaggi in internet gli iscritti sono invece notevolmente cresciuti.
Ma basta tutto questo a dare il senso di un trend positivo di lungo periodo?
L’impressione che si aveva al convegno era quella di una partecipazione sfilacciata e di un pubblico fatto di individui privi di collegamento tra di loro piuttosto che di scuole. Coloro che hanno parlato per dichiarare il senso della loro adesione alla nuova associazione hanno insistito sulle critiche piuttosto che sugli aspetti propositivi: la vecchia associazione era troppo incline alle ragioni del linguistic turn e del postmodernismo, faceva troppo poca storia militare, insisteva in modo esagerato sulla presenza di donne in ciascuno dei panels del convegno annuale, discriminava gli storici tradizionali. A loro parere la AHA ha inoltre consentito che negli anni interi campi significativi – la storia della Riforma; la storia europea – perdessero terreno in rapporto ad un troppo accentuato sviluppo dei nuovi territori della storia: gli studi sui native americans‚ e sugli afroamericani, ai quali sono state intitolate la maggior parte delle nuove cattedre bandite.
I contenuti dei vari panels erano i più svariati e non tutti tradizionali: accanto alla rivoluzione francese e alla guerra fredda c’era ad esempio un panel su film e storia‚. Ma perché intitolare una sezione al gatto nella storia‚ dagli egizi agli albori dell’età moderna? Non faceva pensare troppo al noto lavoro di Robert Darnton?
Quanto agli aspetti propositivi, mi sono apparsi piuttosto deboli. In tutte le relazioni introduttive essi sono stati sostanzialmente circoscritti all’esigenza di affermare – contro il predominio del discorso – una storia solidamente fondata sui fatti e su teorie verificate empiricamente. Un punto certamente importante, ma forse ancora generico. D’altra parte, dal punto di vista organizzativo, la Historical Society nasce con l’obiettivo di facilitare il contatto tra storici affermati e i più giovani in un’atmosfera lontana dalla folla delle grandi conventions dell’ AHA e in occasioni scientifiche esplicitamente estranee agli iperspecialismi. Data l’entità dei numeri in un paese come gli Stati Uniti tutto questo pare però più facile da realizzare su base locale che non a livello nazionale. Insomma è difficile dire quale sarà il futuro di questa nuova associazione che non ha evidentemente il vantaggio di posizione né la forza delle due organizzazione preesistenti: la American Historical Association e la Organization of American Historians, le quali riuniscono migliaia di accademici, studiosi e insegnanti di storia rispettivamente generale e americana e organizzano conventions nelle quali si svolgono i colloqui che regolano i nuovi accessi alle cattedre universitarie. Sarebbe scorretto misurarne i primi risultati confrontandoli con istituzioni ben più consolidate.
Per giudicare del peso della nuova associazione in termini di politica accademica bisognerà attendere qualche tempo e seguire il trend delle iscrizioni. Per valutarne le impostazioni storiografiche sarà necessario vedere il contenuto, le tendenze e il livello delle riviste e del primo volume collettaneo la cui uscita è prevista per i prossimi mesi da Routledge (la casa editrice che ha pubblicato tanti studi di taglio postmoderno): Reconstructing History: The Emergence of a New Historical Society a cura di Elizabeth Fox-Genovese e Elisabeth Lasch-Quinn.
di Daniela Luigia Caglioti e Maria Malatesta
Il problema
Valutare la qualità della ricerca e della produzione scientifica è un problema che appassiona e divide da anni la comunità internazionale degli studiosi. La questione è stata posta per prima nell’ambito delle scienze esatte e di altri settori come la medicina ormai assimilati alle discipline scientifiche. E questi ambiti sono rimasti il campo di applicazione privilegiato dei metodi di valutazione della qualità della ricerca contrassegnati da un approccio esclusivamente quantitativo. Il fenomeno ha finora riguardato in modo marginale l’Italia, paese nel quale i metodi di valutazione quantitativa hanno incontrato resistenze anche in molti settori scientifici. Nel nostro paese infatti l’introduzione di tali procedure a base matematica, a cui vengono attribuiti caratteri di oggettività, è stata invocata soprattutto per mettere fine ai criteri clientelari su cui si è spesso basato il reclutamento del corpo accademico in facoltà come quelle mediche. Le risposte a questi tentativi hanno in molti casi espresso (o quanto meno così sono state interpretate) la posizione di un corpo accademico fortemente restio a modificare i propri sistemi di riproduzione1.
Segnali di una certa importanza stanno tuttavia ad indicare che il principio della misurazione della qualità, ossia della traduzione in parametri numerici della ricerca sta guadagnando terreno anche nel nostro paese e che i suoi sostenitori sono propensi ad estenderlo anche all’area umanistica (si veda più avanti l’esempio del CNR). La trasposizione di criteri di valutazione a base quantitativa nei settori umanistici è un problema davvero molto complesso. Non solo perché intacca alla radice l’auto rappresentazione delle scienze umane intese come il regno dell’unità, della sfumatura, della differenza, tutti attributi ritenuti essenziali alla definizione della qualità di questo tipo di ricerca. Ma anche, e forse soprattutto, perché presuppone un mutamento culturale profondo relativo al concetto di ricerca umanistica e al suo radicamento all’interno dell’intera società. Le comunità appartenenti all’area umanistica sono state nel nostro paese fino ad oggi forse più indifferenti che francamente ostili rispetto a questa tematica. Un simile atteggiamento è in parte attribuibile alla scarsa conoscenza del problema, delle soluzioni adottate in altri settori e delle applicazioni attualmente in corso dei metodi quantitativi all’interno delle istituzioni scientifiche italiane. Una maggiore informazione può costituire una base di partenza per aprire una discussione sull’opportunità di introdurre metodi di valutazione di tipo quantitativo anche alla ricerca umanistica e sulle conseguenze che una simile applicazione potrebbe avere sulla gerarchia dei ricercatori e sulla stessa riproduzione della comunità umanistica.
L’Impact factor
L’idea di valutare la qualità della ricerca scientifica è strettamente connessa al concetto di efficacia. La ricerca scientifica è da ritenersi tale quando produce effetti, sia sul piano pratico che su quello teorico, che influiscono in modo significativo sui risultati del lavoro del maggior numero di ricercatori. Per questi motivi i metodi di valutazione della qualità della ricerca si basano sul concetto che la circolazione dei risultati costituisca il criterio fondamentale di misurazione dell’efficacia della ricerca scientifica. Essa viene infatti ritenuta tale solo al momento in cui rinuncia all’autoreferenzialità. Questo principio non si basa solo su elementi astratti; è anche, e soprattutto, il risultato della creazione di un mercato mondiale della scoperta scientifica e dei suoi legami sempre più vincolanti con l’industria. Prova ne è che lo scopo originario di questi metodi di valutazione, ossia la classificazione delle riviste scientifiche, si sia trasformato in un potente strumento politico. I calcoli condotti sulla produttività dei dipartimenti e degli istituti di ricerca sono in grado di orientare il flusso dei finanziamenti e di spostarli su particolari settori di ricerca o su determinate società scientifiche, piuttosto che su altri.
E’ esemplare, da questo punto di vista, la pratica in uso nelle università e nei centri di ricerca britannici dove però si tende a fare un uso estremamente moderato dell’Impact factor. Nel Regno Unito viene svolta ogni quattro-cinque anni una valutazione dell’attività di ricerca di tutti i dipartimenti universitari che va sotto il nome di Research Assessment Exercise (RAE)2 i cui risultati, che vengono pubblicati, secondo una pratica diffusa nei paesi anglo-sassoni, sui maggiori quotidiani nazionali, oltre a costituire la base per l’erogazione dei finanziamenti, finiscono per determinare e consolidare gerarchie accademiche e reti di eccellenza e per avere effetti significativi sulla riorganizzazione interna delle strutture universitarie (chiusura di dipartimenti, espansione e irrobustimento di altri ecc.). Per il RAE viene messa in moto una macchina piuttosto complessa di valutazione e giudizio attraverso la creazione di commissioni (una commissione per ogni raggruppamento disciplinare, composta da studiosi dello stesso raggruppamento e rigorosamente britannici) che hanno il compito, dopo aver reso pubblici i criteri, di valutare la produzione scientifica di ogni dipartimento e istituzione accademica.
Il criterio di misurazione introdotto all’interno della comunità scientifica internazionale da circa trent’anni, e che ancora oggi è quello più seguito, è stato denominato Impact factor (IF). L’IF è un metodo quantitativo a dimensione spaziale. Serve a misurare la diffusione di una rivista e degli articoli in essa pubblicati all’interno della comunità scientifica internazionale e viene calcolato sul numero delle citazioni degli articoli pubblicati su riviste. E’ infatti il rapporto tra il numero degli articoli pubblicati in un anno in una determinata rivista e le citazioni che essi hanno ricevuto. Se vogliamo calcolare l’IF delle "Annales E.S.C." nel 1990, dobbiamo dividere le citazioni ricevute nel 1990 dagli articoli pubblicati nel 1990, per il numero totale degli articoli pubblicati sulle "Annales" del 1988 e 1989.
L’IF è determinato dal "Journal Citation Reports" (JCR)3, apparso per la prima volta nel 1972. JCR elabora i dati forniti da Science Citation Index, Social Sciences Citation Index e Arts & Humanities Citation Index. Questi repertori sono pubblicati dall’Institute for Scientific Information, fondato a Philadelphia da Eugene Garfield http://www.isinet.com.
Ogni anno vengono schedati circa un milione di articoli, con una media di 15 citazioni per articolo. Viene poi creato un indice alfabetico delle citazioni per autore e i 100.000 articoli più citati costituiscono la base per il dizionario dei research fronts, complesse parole-chiave che servono ad identificare le aree di ricerca più attive in un determinato anno. Vengono poi classificati i vari milioni di articoli co-citati, che costituiscono lo strumento principale per l’identificazione del research front, ossia dell’area di ricerca4. Un altro indicatore per la valutazione della ricerca scientifica è il Cited half-life (HL). Si tratta ugualmente di un criterio quantitativo che tuttavia, a differenza dell’IF, ha una dimensione temporale. HL è un indicatore di persistenza: misura il successo e l’utilizzazione di una pubblicazione in relazione al tempo. Una pubblicazione, una teoria, una scoperta possono infatti avere un alto IF, ossia una diffusione elevata, ma un basso HL, essere cioè subito dimenticate. L’HL, che registra la "vita utile" di una pubblicazione, può essere adoperato per tracciare la mappa delle mode scientifiche o per rilevare le aree in cui le pubblicazioni sono citate con regolarità. L’ultimo sistema di rilevamento, l’Immediacy Index, che ha anch’esso base temporale, serve a misurare la rapidità di citazione di un articolo in riviste dotate di un alto HF.
Questi tre metodi si basano complessivamente sull’assunto che la ricerca scientifica sia efficace quando si espande ovunque, possibilmente nel più breve tempo possibile e meglio se con una lunga persistenza.
La forma della comunicazione che viene privilegiata e sulla quale è stato costituito questo apparato è la rivista. Nei settori della ricerca scientifica pura e applicata sono infatti le riviste a rappresentare la rete della comunicazione mondiale della ricerca, nonché il tribunale dal quale viene emesso il giudizio della comunità scientifica internazionale.
I limiti dell’Impact factor
L’IF è utilizzato in molti paesi stranieri per valutare i corsi post-graduate, le richieste di fondi degli istituti di ricerca e, per finire, anche i profili dei candidati aspiranti a posti universitari. Questo metodo di natura esclusivamente quantitativa ha però notevoli limiti, che la stessa comunità scientifica non ha mancato di sottolineare.
Le critiche principali sono incentrate sui seguenti punti:
a) I’IF che si basa sul principio della maggiore diffusione spaziale dei risultati della ricerca, non rende giustizia alle discipline scientifiche che per loro natura hanno una dimensione prevalentemente nazionale (come quelle legate all’ambiente, al territorio e all’agricoltura) o a quelle coperte dal segreto militare (come le scienze aero-spaziali).
Lo stesso può dirsi per molti settori dell’area umanistica, che sono tradizionalmente ancorati ad una dimensione nazionale.
b) I criteri di citazione sono molto variabili a seconda delle discipline e questa diversità si riflette sulla quantità e sulla tipologia delle opere citate.
c) L’IF è condizionato dal numero di riviste appartenenti ad una determinata area cognitiva. Più riviste ci sono, più l’IF è alto. Risultano così penalizzate le discipline di nuova formazione, che possono contare solo su un modesto numero di periodici.
d) L’IF infine ha un effetto perverso. Più basso è l’IF di una rivista, meno articoli questa riesce ad attirare, più scarsa è la possibilità di risalire nella graduatoria internazionale5.
Queste critiche non mirano tuttavia ad eliminare l’IF e la filosofia che gli sta dietro. Intendono piuttosto suggerirne un uso più saggio e meditato. Come ad esempio limitare la sua applicazione alle singole aree disciplinari evitando di mettere a confronto differenti settori scientifici. Uno dei problemi connessi all’applicazione dei metodi quantitativi sta nel fatto che vengono annullate le peculiarità delle aree disciplinari e le tradizioni che ognuna di esse ha acquisito nell’organizzazione della ricerca e nella trasmissione dei suoi risultati. Un simile livellamento diventa molto pericoloso soprattutto quando si tratta di decidere la distribuzione dei finanziamenti tra le varie aree.
L’Osservatorio della Ricerca dell’Università di Bologna
Grazie all’iniziativa di un gruppo di docenti delle facoltà scientifiche è stato istituito nell’ateneo di Bologna con decreto rettorale n. 35/10 del 29 gennaio 1997 l’Osservatorio della ricerca (OR). Frutto di un’ampia riflessione che si era svolta negli anni precedenti relativa alla questione della valutazione, l’OR si è posto come obiettivo il rilevamento e l’analisi della produzione scientifica dell’ateneo felsineo allo scopo di sostituire il finanziamento attuato con il cosiddetto "sistema a pioggia" con un criterio che concentri i fondi dell’Ateneo nelle mani dei ricercatori più produttivi e capaci.
Ciò che più interessa sottolineare in questa sede non sono tanto i risultati dell’indagine condotta per il biennio 1997-1998 sulla produttività dell’Università di Bologna6, che risulta complessivamente buona, quanto lo sforzo concettuale che l’OR ha fatto per approntare un metodo di valutazione quantitativa valido anche per le scienze umane.
L’OR ha scelto di utilizzare l’IF pur esortando a tutte le cautele del caso. L’OR si è così inserito nella scia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo che ha condotto per il quinquennio 1992-1996 un’analisi approfondita di tutta la sua produzione scientifica7. I dubbi sulla validità di questo sistema di rilevamento, a giudizio del Gruppo di lavoro "Ricerca scientifica" della Facoltà di Medicina, sono tuttavia inferiori rispetto ai vantaggi che l’IF offre quando si intende prendere in esame un intero settore disciplinare. L’OR ha ribadito il principio che la ricerca è efficace solo se molto diffusa e ha riconfermato la rivista come principale forma di comunicazione delle discipline scientifiche. Ha tuttavia riconosciuto ad essa un ruolo differente nell’ambito dell’area umanistica. L’OR ha così adottato due criteri di classificazione della ricerca. Nel campo scientifico il livello più alto della graduatoria è costituito dagli articoli pubblicati su riviste molto importanti a diffusione internazionale e con referees. Per il settore umanistico invece il livello superiore è rappresentato dalle monografie (v. appendice1). Inoltre l’OR ha cercato di correggere le rigidità dell’IF proponendo una classificazione delle riviste più semplificata:
-classe A = le riviste con IF più alto
-classe B = le riviste con IF intermedio
-classe C = le riviste con IF più basso
Ogni classe è definita attraverso una banda di oscillazione che va dal 75% al 25% rispetto ai valori medi degli IF delle rispettive aree. Questo schema è stato affiancato da una prima classificazione delle riviste del settore umanistico, che l’OR auspica diventi presto più completa ed esaustiva. Riportiamo nell’Appendice 2 l’elenco delle riviste inserite nell’area storico-economica. Si tratta di riviste prevalentemente di storia economica tra le quali vengono premiate con una A solo tre anglosassoni. Tra le riviste dell’area economica è stranamente inserita "Histoire, économie, Société", la rivista parigina dello storico economico François Caron, a cui è stato dato un C.
Non c’è qui lo spazio per entrare nel merito delle scelte compiute, ma l’elenco delle riviste suscita numerose perplessità e vari dubbi. Innanzitutto la classificazione sembra negare autonomia alla storia in generale (non esiste una classificazione delle riviste storiche) e assegnare alla storia economica una funzione quasi ancillare rispetto all’economia. In secondo luogo, oltre al fatto che nella lista mancano importanti riviste sia nazionali che straniere, non si possono non sottolineare le bizzarrie di una classificazione che mette sullo stesso piano riviste a diffusione nazionale (per es. "Passato e Presente") e altre che hanno o una diffusione solo regionale o addirittura limitata ai soli membri di un’associazione (si veda il caso di "Agenda" o del "Bollettino della Società di Demografia Storica"). A guardare questo elenco sembrerebbe che l’OR si sia limitato a stilare una lista delle riviste nelle quali i ricercatori dell’università di Bologna hanno pubblicato negli ultimi anni e a disporle lungo una scala. Come si vedrà infatti più avanti analizzando dall’interno le riviste italiane presenti nel JCR, tra l’elenco bolognese e quello JCR ci sono poche coincidenze e francamente non sembra che il primo rappresenti meglio del secondo la complessità e le tendenze della storiografia nazionale. In realtà la pratica della classificazione delle riviste è controversa e varie sono le scelte compiute su questo terreno in altri paesi. E se nei criteri adottati dalla commissione di storia del RAE si stabilisce in maniera chiara che "the Panel will not collectively rank journals" e assegnerà un maggiore peso "to those articles published in academic journals with rigorous editorial and refereeing procedures"8, in università come la Carlos III di Madrid si adottano rigidissimi schemi di classificazione delle riviste che vengono adoperati non solo per la distribuzione dei finanziamenti, ma soprattutto per il reclutamento e gli avanzamenti di carriera9.Come si può vedere nell’Appendice 1, la valutazione della produttività nell’area umanistica indicata dall’OR è incentrata sull’esaltazione della monografia. Ne consegue una bassa valutazione (solo un D3) della curatela di atti e volumi miscellanei, secondo una tradizione più italiana che internazionale. D’altra parte il riconoscimento della diffusione internazionale della ricerca umanistica viene limitato alla sola partecipazione a convegni. Non è invece prevista in modo specifico per un rappresentante dell’area umanistica – a differenza di quanto avviene nella classificazione per l’area scientifica – la partecipazione a riviste internazionali o a volumi pubblicati all’estero.Dallo schema dell’OR emerge una rappresentazione dell’area umanistica contrassegnata da una dimensione prevalentemente nazionale, sulla quale si gioca la differenza più forte rispetto agli scienziati. In questo modo non viene tenuto conto del fatto che anche tra gli umanisti si sono create comunità sovranazionali che condividono con quelle scientifiche l’obiettivo di una diffusione più ampia dei risultati della ricerca. Quello dell’OR è tuttavia solo un inizio da cui si potrebbe partire per elaborare schemi più complessi di valutazione della produzione umanistica dotati di un numero di variabili maggiore e, per quanto inerisce in modo specifico il nostro settore, una classificazione più completa ed esaustiva a livello internazionale di tutte le riviste di storia, il più delle volte escluse dalle classificazioni in base all’IF (cfr. infra).
La valutazione al CNR
Gli effetti che anche al livello della ricerca, di base e non, stanno producendo la globalizzazione ed una maggiore integrazione dei paesi europei, la necessità urgente, anche se non sempre recepita dalle istituzioni di governo, di un rafforzamento del comparto della ricerca in Italia e, ultimo ma non meno importante, l’esigenza sempre più diffusa di un uso più razionale di risorse finanziarie scarse hanno indotto di recente anche il CNR ad affrontare, con maggiore determinazione del passato, il problema della valutazione e del monitoraggio di quanto si produce all’interno dell’ente e di quanto viene prodotto all’esterno grazie ai suoi finanziamenti. L’art. 5 del recente decreto di riordino dell’Ente stabilisce infatti la costituzione "di un apposito Comitato incaricato della valutazione di risultati scientifici e tecnologici dell’attività complessiva dell’ente e dei suoi singoli Istituti, con procedure trasparenti ed esiti pubblici". Il regolamento attuativo della riforma in realtà non va molto più in là di questo enunciato e si limita ad aggiungere, ma la cosa non è irrilevante, che "dei risultati della valutazione si tiene conto in sede di programmazione e distribuzione delle risorse, nonché in sede di revisione quadriennale degli Istituti, ai fini della loro conferma o soppressione"10. La valutazione sembra essere quindi uno strumento funzionale innanzitutto all’erogazione di risorse e questo coerentemente con quanto sta avvenendo in altri comparti della ricerca in Italia – si pensi soprattutto alla ricerca universitaria e al riformato sistema di finanziamento del MURST che si basa sulla pratica della peer review – o all’estero (basti pensare al già citato periodico Research Assessment Exercise che si svolge in Gran Bretagna per distribuire i finanziamenti tra i vari dipartimenti e le istituzioni scientifiche11, o al lavoro svolto in Spagna dalla "Comisión Nacional Evaluadora de la Actividad Investigadora" per stabilire avanzamenti di carriera e progressioni di stipendio12). In realtà obiettivo del CNR è quello di sottoporre a procedura di valutazione sia le attività che le "entità organizzative (persone, istituti, interi enti)" con conseguenze che non dovrebbero limitarsi alla sola erogazione di risorse, ma dovrebbero riguardare anche "riconoscimenti o progressi di carriera, […] allocazione di nuove risorse umane, modifiche organizzative o ristrutturazioni dell’ambiente operativo"13. A questo fine il CNR intende far ricorso a due tipologie di valutazione: quella incentrata su parametri "oggettivi" e secondo procedure standardizzabili e quella basata sul giudizio di esperti. E’ questa la procedura altrove nota come peer review. Mentre il primo tipo di procedura dovrebbe essere applicato all’"analisi tecnico-scientifica", a quella della gestione e a quella degli output (intesi come pubblicazioni e in generale come risultati della ricerca), il secondo tipo di valutazione dovrebbe essere invece applicato all’"analisi globale", quella che coinvolge essenzialmente i ricercatori e la qualità della ricerca, fattori che "non possono essere standardizzat[i]"14. Per assolvere il compito della valutazione ai diversi livelli il CNR intende innanzitutto "costituire un vasta rete di peer reviewer in Italia ed all’estero, basandosi su scienziati di chiara fama, indipendenti e selezionati secondo criteri condivisi dalla comunità scientifica internazionale"15. Ora questa insistenza continua sulla presenza di esperti stranieri che, secondo i nuovi regolamenti, potrebbero anche entrare a far parte dei consigli scientifici degli organi di ricerca, sembra essere una peculiarità italiana (si veda anche il caso del ricorso a peer reviewer stranieri da parte del MURST per la valutazione dei progetti di ricerca che richiedono di accedere al cofinanziamento) che può essere interpretata sia con una particolare sensibilità e riconoscimento dell’avvenuta globalizzazione della ricerca scientifica, ma che può essere al tempo stesso il sintomo di provincialismo e, soprattutto, di scarsa fiducia nelle capacità autovalutative del sistema accademico italiano. La presenza straniera sembrerebbe voler rappresentare in questo senso un correttivo e un contrappeso a pratiche accademiche baronali.
Fin qui le intenzioni e i progetti. La pratica recente sembra invece spingere maggiormente in direzione di una valutazione di tipo quantitativo secondo indicatori e parametri. Benché si riconosca che le "scienze sociali e umanistiche hanno generalmente canali (ad esempio libri, enciclopedie, ecc.) e lingue di comunicazione (tedesco, russo, italiano, ecc.) diversi da quelli tradizionali censiti dal JCR, senza che ciò abbia nulla a che vedere con la qualità del lavoro scientifico"16, in un recente rapporto sull’attività del CNR si afferma esplicitamente che per "mappare" le scienze sociali e umanistiche, nei prossimi anni, "verranno considerati […] i Social Sciences Citation Report e Arts and Humanities Citation Report" 17. Insomma, nei prossimi anni, il CNR, calcolerà, anche per questi settori, come ha già cominciato a fare per la fisica, la chimica, la medicina ecc., l’IF, partendo dalla considerazione che "le statistiche, formate sulla base di dati obiettivi ed eventualmente sulla base di quelle utilizzate con modalità simili a livello internazionale, possono fornire un ausilio prezioso al decisore"18. E tutto questo senza preoccuparsi di capire se la produzione italiana in questi settori sia sufficientemente e dignitosamente rappresentata in questi indici americani. Contare il numero delle citazioni di un certo articolo o di un certo autore sulla base delle riviste spogliate dal Social Sciences Citation Index o dall’Arts & Humanities Citation Index, può non corrispondere, infatti, soprattutto nel caso italiano, ad una valutazione oggettiva della qualità della ricerca, e non solo per le ragioni esposte in precedenza. Un’analisi delle riviste spogliate da questi due strumenti (AHCI e SSCI) rivela infatti che le riviste italiane godono di poca considerazione, hanno un basso IF, non corrispondono evidentemente ai criteri in base ai quali le riviste vengono selezionate19 e costituiscono quindi un’esigua pattuglia. Tra le riviste storiche, le italiane prese in considerazione nell’AHCI sono solo 9 su 197 (in complesso le riviste italiane usate nell’Index sono 47 su 1138), e non si tratta in tutti i casi delle principali o di quelle maggiormente rappresentative del complesso e delle tendenze della storiografia nazionale20. Se poi si passa ad analizzare il SSCI si scopre che l’Institute for Scientific Information ritiene che la ricerca italiana nel campo delle scienze sociali sia assolutamente inesistente. Nessuna rivista italiana compare infatti tra le 1737 che vengono spogliate dal SSCI21.
Quello dell’IF non è il solo criterio che il CNR intende adottare. Già a partire dal rapporto sull’attività del ’97 è comparso, tra gli elementi di valutazione, un altro indice: quello del "livello di internazionalizzazione della produzione". In questo senso il CNR sembra andare in una direzione diversa da quella sottolineata a proposito del lavoro svolto dall’OR di Bologna.
Questo indice "misura la proporzione di pubblicazioni su riviste di livello internazionale sul totale delle pubblicazioni effettuate", dove per rivista di livello internazionale si intende "una rivista con comitato di redazione internazionale"22. Ancora una volta, il controllo sulla qualità e sulla diffusione non sembra sia dato dall’esistenza di referees più o meno anonimi e autorevoli, ma da una maggiore capacità di certificare la qualità attribuita a tutto ciò che appartiene al mondo accademico in generale purché al di fuori dei confini nazionali. Ci sembra che stabilire il grado di internazionalizzazione di una ricerca solamente sulla base del fatto che i suoi risultati sono stati pubblicati in una lingua diversa dall’italiano, ma magari in una sede assolutamente periferica che però conta nel proprio comitato di redazione uno o due stranieri, non necessariamente fornisca, nel caso delle discipline umanistiche, un significativo indicatore della diffusione di quella data ricerca e in particolare della sua qualità.
Ultimo, ma non meno importante, nella valutazione della qualità delle ricerche e degli istituti è cominciato ad entrare anche l’indicatore "capacità di autofinanziamento". Stabilire la qualità di un istituto sulla base della capacità di autofinanziarsi, di reperire finanziamenti da fonti non pubbliche, rischia naturalmente di travolgere l’intera rete degli istituti umanistici.
Conclusioni
Gli esempi presentati sono solo alcuni tra i tanti che si potrebbero fare, ma sono a nostro parere significativi del fatto che, anche in Italia, il problema della valutazione comincia ad essere avvertito e affrontato, anche se non sempre con le metodologie più efficaci e adeguate e anche se non a tutti i livelli. La recente normativa sul reclutamento universitario sembra ancora una volta eludere completamente il problema anzi per molti versi sembra andare in direzione opposta. Rispetto al criterio, più volte evocato in questo testo, secondo il quale la diffusione di un’opera è il migliore indice della sua efficacia, in Italia una pubblicazione, per essere tale, è sufficiente che sia riconosciuta da una qualsiasi delle prefetture della penisola23. Non è quindi la pubblicità e la diffusione a fare di un’opera scientifica un prodotto valutabile. Al giudizio della comunità scientifica continua ad anteporsi in Italia quello di una burocrazia che si limita, e non può che limitarsi, a certificare l’avvenuta presentazione, con tanto di timbri e bolli pagati, di dattiloscritti che ben potrebbero essere ammassi informi di carte e documenti, ma che in quanto pubblicazioni depositate presso una prefettura finiscono per entrare automaticamente nei cataloghi delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze.
Ma torniamo ai problemi e alle ricadute che l’applicazione di criteri di tipo quantitativo potrà avere nei prossimi anni soprattutto sulle discipline umanistiche e sulla ricerca storica in particolare. Crediamo, infatti, che questa sia una questione sulla quale un’associazione come la SISSCO abbia il dovere di esprimersi ed eventualmente di elaborare una proposta. All’affermarsi di criteri di valutazione puramente quantitativi non si può infatti rispondere con il rifiuto di qualsiasi strumento di valutazione, ma con l’elaborazione di sistemi e griglie più adeguate alla disciplina.
Si tratta cioè di discutere su modelli di valutazione che tengano conto fino in fondo delle specificità e delle peculiarità della disciplina storica e di quelle umanistiche più in generale e non di accettare passivamente che si affermino criteri che non sono quelli decisi dalla comunità degli studiosi di storia o in generale delle discipline umanistiche, ma sono quelli comunemente in uso tra gli scienziati e i medici. E tutto ciò ancor di più in un’epoca in cui la diffusione sempre maggiore dei mezzi elettronici mette in discussione o si affianca alle tradizionali forme di diffusione del lavoro scientifico (monografie, riviste)24. In un recente articolo lo storico americano Robert Darnton richiama l’attenzione sulle possibilità offerte dall’e-book per garantire la circolazione di pubblicazioni di tipo accademico25.
Darnton si riferisce alla particolare situazione del mercato americano e a quella specifica delle case editrici universitarie quando parla di costi editoriali proibitivi per le pubblicazioni accademiche (cioè per quelle che non sono appetite dagli editori perché troppo specialiste e difficilmente trasformabili in best sellers), ma la situazione italiana non è molto diversa, anzi per molti versi è ancora peggiore dal momento che il bacino di utenza virtuale di scritti in lingua italiana è notevolmente più basso di quello di pubblicazioni in lingua inglese.
Ma non è questo quello che ci interessa, piuttosto il fatto che di fronte alla possibilità di un’invasione incontrollata di testi elettronici, Darnton ribadisca il principio secondo il quale "scholars should set the standard. They should maintain quality control in the academic world". Ora, ci sembra che ciò debba valere per le pubblicazioni elettroniche, come ha anche ribadito in un recente saggio Renato Giannetti riferendosi al caso italiano 26, ma dovrebbe valere anche per le pubblicazioni che più tradizionalmente continuano ad apparire nelle riviste e sotto forma di monografie.
1 L. Calzà, S. Garbisa, Italian professorship, "Nature", 1995.
3 Tutte le informazioni relative a JCR sono reperibili sul sito http://www.isinet.com/journals/.
4 E. Garfield, Research fronts, "Current Contents", 1994 http://www.isinet.com./hot/essays/11.html. Su questo stesso sito sono reperibili tutti gli altri articoli di Garfield sull’IF e le sue applicazioni.
5 P.M. Linardi, P.M.Z. Coelho, H.M.A. Costa, The "impact factor" as a criterion for the quality of scientific production is a relative, not absolute, mesure, "Brazilian Journal of Medical and Biological Research", 1996.
6 Università degli studi di Bologna, Osservatorio della ricerca, Relazione 1997. Gli estratti delle relazioni dell’OR relative al 1997 e 1998 sono in http://www.unibo.it/avl/org/osseric/relaz97.htm e http://www.unibo.it/avl/org/osseric/relaz98/relaz.htm. Ringraziamo Franco Magelli e Dario Braga per averci fornito i materiali sull’OR e la bibliografia sull’IF.
7 Gruppo di lavoro "Ricerca scientifica" e Aldopaolo Palareti, Indagine sulla produzione scientifica dell’Università degli studi di Bologna nel quinquennio 1992-1996, Bologna, CLUEB, 1997.
8 Cfr. 1996 Research Assessment Exercise: Criteria for Assessment, History, punto 6, http://www.niss.ac.uk/education/hefc/rae96/59.html.
9 Il sistema adottato alla Carlos III di Madrid, in particolare nel dipartimento di economia, prevede che le riviste vengano disposte su una scala che va da A ad E, cui corrisponde un punteggio da 10 a 1. Per quanto riguarda le riviste di Storia economica, nella classe A (10 punti) si trova solo l’americano "Journal of Economic History"; nella classe B (7 punti), l’inglese "Economic History Review" e l’americana "Explorations in Economic History"; nella classe C (4 punti), 6 riviste di storia, tutte in lingua inglese, tra cui "American Historical Review", "Past and Present" e "Journal of Interdisciplinary History"; nella classe D (2 punti), accanto ad altre in lingua inglese, entrano una rivista spagnola – "Revista de Historia Economica" – e una italiana: "Rivista di storia economica"; infine nella categoria E (1 punto) compaiono solo riviste spagnole. Ringraziamo Fernando Guirao Piñeiro e Blanca Sanchez Alonso per averci fornito queste informazioni.
10 Art. 4, comma 2 del Regolamento sull’istituzione ed il funzionamento degli istituti del CNR. I regolamenti sono consultabili sul seguente sito web: http://www.dg.cnr.it.
11 Come si è già avuto modo di dire, il sistema britannico finisce per assolvere un compito più generale di valutazione della qualità dei dipartimenti anche attraverso la pubblicazione, sui principali quotidiani del Regno Unito, degli elenchi dei dipartimenti con relativo voto, in una scala composta da sette gradini, da 1 a 5*, dove il gradino 1 esprime un giudizio radicalmente negativo ("Quality that equates to attainable levels of national excellence in none, or virtually none, of the research actively submitted") e il 5* designa un livello di assoluta eccellenza ("Quality that equates to attainable levels of international excellence in more than half of the research actively submitted and attainable levels of national excellence in the remainder"). Nell’ultimo RAE, quello del 1996, hanno raggiunto questo livello 7 Dipartimenti di storia e cioè: University of Cambridge, King’s College London, University of Oxford, London School of Economics (Dip. di storia economica), University College London, School of Oriental and African Studies, University of Warwick.
12 I materiali possono essere consultati sul sito http://www.seui.mec.es/cneai/soli1998.htm.
13 Cfr. Mario Lucentini, Art. 5 (Comitato di valutazione), Il nuovo Consiglio Nazionale delle Ricerche. Primo commento al decreto legislativo 30 gnnaio 1999, n. 19, a cura di F. Merloni, Roma, D’Anselmi Editore, 1999, p. 82.
14 Ibidem, pp. 83-85.
15 CNR Report 1998 p. 93.
16 CNR Report 1998, p. 155-6.
17 CNR Report 1998, p. 156.
18 Cfr. M. Lucentini, Art. 5 cit., p. 91.
19 J. Testa, The ISI Database: The Journal Selection Process, 1998 http://www.isinet.com/hot/essays/199701.html.
20 Le riviste sono: Archivio Storico Italiano, Nuova Rivista Storica, Quaderni Medievali, Quaderni Storici, Rassegna Storica del Risorgimento, Risorgimento, Rivista Storica Italiana, Studi Romani e Studi Storici. Il fatto che fino a questo momento non si sia fatto ricorso nelle università italiane al sistema dell’IF ha determinato una certa indifferenza delle riviste italiane nei confronti del JCR, nel quale sarebbe però possibile, attraverso una procedura standardizzata e trasparente, fare entrare qualche altra rivista italiana. Cfr. il testo citato alla nota precedente.
21 Nell’elenco compaiono solo due riviste pubblicate in Italia ma in lingua inglese. Si tratta di: International Journal of Sport Psichology e di Review of Economic Conditions in Italy.
22 CNR, Report 1998, p. 152.
23 Decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 1945, n. 660.
24 Il problema della valutazione delle pubblicazioni elettroniche era già chiaro agli storici che componevano la commissione per il RAE 1996, che affermavano, nei criteri generali, di volere prendere in considerazione "refereed journal articles and other works published by electronic means on the same basis as those appearing in print". Cfr. 1996 Research Assessment Exercise: Criteria for Assessment, History, punto 7, http://www.niss.ac.uk/education/hefc/rae96/59.html. L’ISI ha recentemente avviato il monitoraggio della produzione scientifica in forma elettronica con l’intento di inserire anche questo tipo di pubblicazioni nell’elenco di quelle su cui viene calcolato l’IF. Cfr. J. Testa, ISI Web Select: Developing Web Site Selection Criteria, November 23, 1998 in http://www.isinet.com/hot/essays/23.html.
25 R. Darnton, The New Age of the Book, in "The New York Review of Books", 18 marzo 1999 anche sul web al seguente indirizzo: http://www.nybooks.com/nyrev/WWWarchdisplay.cgi?19990318005F.
26 R. Giannetti, Tecnologie dell’informazione e reclutamento accademico, in "Memoria e Ricerca", n. 3, 1999, pp. 62 ss. in particolare.
Appendice 1
Osservatorio della ricerca di Bologna
Schemi di classificazione delle pubblicazioni
Settori scientifici
Livello A: A.1. pubblicazioni in rivista principale a diffusione internazionale con referees,
A.2. monografie, libri e trattati scientifici (di tipo non didattico) a diffusione internazionale;
livello B: B.1. pubblicazioni in rivista media a diffusione internazionale con referees;
B.2. monografie, libri e trattati scientifici (di tipo non didattico) in italiano pubblicati da case editrici nazionali principali;
B.3. pubblicazioni in raccolte di contributi di Autori diversi a diffusione internazionale;
livello C: C.1. pubblicazioni in rivista a diffusione internazionale con referees;
C.2. pubblicazioni in rivista principale a diffusione nazionale con referees;
C.3. monografie, libri e trattati scientifici (di tipo non didattico) in italiano pubblicati da case editrici nazionali;
C.4. pubblicazioni in estenso in atti di convegni internazionali con referees;
livello D: D.1. pubblicazioni in estenso in atti di convegni nazionali con referees;
D.2. pubblicazioni in riviste a diffusione nazionale;
livello E: E.1. altre pubblicazioni.
Settori umanistici
Livello A: A.1. monografie o cataloghi monografici originali;
A.2. edizioni critiche;
livello B: B.1. saggi originali in riviste selezionate di riferimento;
B.2. saggi in Atti di convegni di rilevanza internazionale;
livello C: C.1. saggi su altre riviste;
C.2. saggi in Atti di convegni di rilevanza nazionale;
C.3. saggi in volumi a più mani o in miscellanee;
C.4. manuali universitari (escluse dispense);
C.5. edizioni scientifiche introdotte e commentate;
livello D: D.1. rassegne e discussioni;
D.2. comunicazioni a convegni;
D.3. cura di Atti, di volumi miscellanei e di cataloghi;
D.4. concordanze o indici (cartacei o su supporto elettronico);
livello E: E.1. brevi introduzioni a volumi;
E.2. antologie e manuali scolastici;
E.3. voci espositive di enciclopedia;
E.4. traduzioni presso editori stranieri di lavori di livello 1, 2 e 3 già pubblicati in italiano;
E.5. edizioni divulgative.
Appendice 2
Osservatorio della ricerca di Bologna
Classificazione delle riviste
Area storico-economica
"Agenda" della Società Italiana delle StoricheC
"Annali" Istituto A. CerviC
Annali dell’Istituto Storico Italo-GermanicoC
Annali della Fondazione FeltrinelliC
Archivi e ImpreseB
Archivi per la storiaC
Bollettino della Società di Demografia StoricaC
Economic History ReviewA
European Review of Economic HistoryA
Il desco di DionysosC
Il pensiero economico modernoC
Journal of Economic HistoryA
Journal of European Economic HistoryB
Nuova Economia e StoriaC
PadaniaC
Passato e PresenteC
Quaderni StoriciB
Rivista di Storia EconomicaB
Società e StoriaB
Nei numeri precedenti
I primi 19 numeri del Bollettino SISSCO, oltre ai verbali e ai materiali sulla vita dell’associazione, alle notizie su convegni, contengono:
* L’elenco dei soci SISSCO alle diverse date:
n.4, giugno 1991; n.12, marzo 1994; n.16, luglio 1996
* Premio Sissco:
edizione 1992: proposte, n. 6, febbraio 1992; i vincitori: n.7, settembre 1992; edizione 1993: proposte, n. 10, giugno 1993; i vincitori: n.11, novembre 1993; edizioni 1994 e 1995: proposte: n.17, aprile 1997; elenco dei vincitori: n. 18, dicembre 1997; vincitori dell’edizione 1997: n. 19, novembre 1998
* Il corpo docente dell’università italiana:
i professori di storia contemporanea di prima e seconda fascia, dall’elettorato per concorso per associato: n.4, giugno 1991; i professori di prima fascia: n.9, marzo 1993; i professori delle due fasce e i ricercatori, dati MURST: n.16, luglio1996; i professori delle due fasce, dall’elettorato per concorso di associato: n.17, aprile 1997; concorsi a ricercatore: n. 18, dicembre 1997; a proposito del recente concorso a professore associato, di R. Romanelli; n. 19, novembre 1998; ancora sul reclutamento – scambio di lettere tra Patrizia Dogliani e Claudio Pavone: n. 19, novembre 1998
* L’insegnamento della storia contemporanea:
– i temi di storia nei concorsi della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e negli esami di abilitazione per insegnamento, a c. di A. Gaudio: n.4, giugno 91; il novecento a scuola, discussione sui nuovi programmi scolastici, n.17, aprile 1997
– corsi di storia contemporanea: Roma Sapienza, Bologna e Torino: n.8, gennaio 1993; Bologna, a c. di I. Porciani, n. 9, marzo 1993
– corsi di laurea in storia, dipartimenti di storia e formazione degli insegnanti di storia contemporanea; n. 19, novembre 1998.
* L’organizzazione universitaria:
i raggruppamenti secondo la proposta CUN: n.5, ottobre 1991; osservazioni dalle università di Torino e Firenze: n.7, settembre 1992; le tabelle ministeriali dei corsi di laurea in storia: n.17, aprile. 1997; le tabelle ministeriali e la riforma dell’università: n. 18, dicembre 1997
* La ricerca:
– progetti di ricerca finanziati dal Cun (40%): 1988-89: n.2, novembre 1990; 1990 e 1991: n.6, febbraio 1992; 1992, a c. di T. Detti, n.9, marzo 1993; 1993-94: n.14, giugno 1995; una analisi del finanziamento, a c. di T. Detti: n.16, luglio1996
– istituti di ricerca, associazioni, fondazioni: n. 2, novembre 1990 (un primo censimento); n.9, marzo 1993; n.10, giugno 1993; n.11, novembre 1993; n. 12, marzo 1994; n.14, giugno 1995; n.15, ottobre 1995
– archivi e biblioteche: sull’archivio della Camera, n.1, luglio 1990; sulle carte del Tribunale speciale, n.1, luglio 1990; il servizio Bibliotecario Nazionale, n. 3, febbraio 1991
* Dottorati di ricerca:
bandi dell’ VIII ciclo: n.7, settembre 1992; un concorso torinese, a c. di R.Romanelli: n.9, marzo 1993; un concorso a Bari: n.10, giugno 1993; i bandi del IX ciclo: n.11, novembre 1993
* Tesi di dottorato:
elenchi di tesi depositate: n. 3; n.15, ottobre 1995, a c. di F. Orlandi; una rettifica: n.16, luglio1996
* Borse di postdottorato:
n.5, ottobre 91, a c. di P. Pezzino; due posti a Parma: n. 9, marzo 1993; i risultati di Venezia e Bologna: n.11, novembre 1993; Borse postdottorato e assegni di ricerca. Un’analisi e alcune riflessioni, di E. Francia: n. 19, novembre 1998
* Borse di studio:
n.10, giugno 1993
* Concorsi universitari:
– concorsi a professore di prima fascia, bando del 1992: n.7, settembre 1992; elettorato: n.9, marzo 1993; la composizione della commissione: n.10, giugno 1993; i vincitori: n.13, dicembre 1994
– concorsi a professore di seconda fascia: ammessi a prove orali per la storia contemporanea e la storia moderna: n.6, febbraio 92; i vincitori: n. 7, settembre 1992; i commissari eleggibili e i sorteggiati del 1997: n.17, aprile 1997
– concorsi per ricercatore di storia contemporanea: n. 5, ottobre 91; n.6, febbraio 1992; n.7, settembre 1992; n.8, gennaio 1993; n.9, marzo 1993; n.11, novembre 1993; un commento di R.Romanelli: n.14, giugno 1995
– riforma del sistema dei concorsi: il progetto ministeriale 1993: n. 9, marzo 1993; un dibattito: n.13, dicembre 1994; il ddl approvato dal Senato l’11.2.1997: n. 17, aprile 1997
* Associazioni corrispondenti:
n.13, dicembre1994; n.14, giugno 1995