di Chiara Frugoni
(da la Repubblica, 13 marzo 2001)
Do volentieri atto al ministro De Mauro di avere con grande sensibilitý ascoltato le proteste che da tante parti si sono levate sull’insegnamento della storia come delineata dalla nuova riforma, perchÈ ha da pochi giorni allargato la commissione – in cui fino ad oggi sono stati attivi, si puÚ dire, esclusivamente esperti di pedagogia e di didattica della storia – a tre storici di grande prestigio: Girolamo Arnaldi, Massimo Firpo e Giovanni Vitolo. L’augurio Ë che nel ristrettissimo tempo a disposizione si possa mettere a punto un nuovo documento che tenga conto anche – non soltanto, ovviamente – della opinione dei membri aggiunti e dei rilievi espressi dalla comunitý scientifica e degli insegnanti; in subordine, che si imponga una pausa di riflessione e che non si faccia partire, da subito, tutta la riforma.
Siamo a marzo e gli editori non sanno ancora che libri stampare, che libri far scrivere perchÈ siano pronti per il prossimo settembre, quando inizieranno i nuovi cicli. Pare invece pi˜ che probabile che con pochi ritocchi il libro di Antonio Brusa, Le storie del mondo, pubblicato da Bruno Mondadori, che anche nell’enunciazione degli argomenti si mostra vicinissimo alle linee guida della commissione, possa presentarsi ad autunno come il primo libro della riforma e dunque diventare nei prossimi anni il libro canonico di riferimento.
PoichÈ Antonio Brusa Ë stato uno degli animatori del progetto della commissione mi pare importante soffermarmi sul suo libro, molto ambizioso, che si presenta come la proposta di ´una nuova storiaª, una storia globale.
Voglio subito chiarire la mia posizione. Sono del tutto d’accordo a non mantenere lo sguardo ristretto alla nostra storia italiana ed europea. E’ pi˜ che giusto che il giovane studente sappia anche quello che parallelamente succedeva e succede nel resto del mondo. Bisogna perÚ tenere conto, a mio parere, di alcuni punti: innanzi tutto delle capacitý cognitive di un giovane che quando comincia a studiare la preistoria ha dieci anni; bisogna tenere presente che quello che viene detto deve essere contenuto in un libro di non troppe pagine e che l’insegnamento della storia Ë contenuto in un numero di ore ben definito.
Non si deve perciÚ strizzare un’enciclopedia in un compendio che dica mezza pagina di tutto. Lo studente non capirý nulla e non si ricorderý nulla. Metterei invece in campo il principio del gradiente. Darei la preminenza a quello che Ë il nostro passato perchÈ lÏ sono le nostre radici e non bisogna rinunciare alla propria identitý culturale. Degli altri popoli e delle altre civiltý va attuata una presentazione gerarchizzata: pi˜ approfondita a seconda del punto di tangenza con la nostra. Il giovane studente vive ormai in un mondo multietnico ed Ë importante che sia messo in grado di conoscere, e perciÚ di apprezzare, i valori delle civiltý di cui Ë portatore il compagno di banco, che magari viene da molto lontano. Solo in questo modo si puÚ impedire il crescere del razzismo ed invece avviare ad una feconda interazione. Ma Ë utopistico pensare che si possa parlare di ogni popolo e in ogni tempo, a meno di non parlare per spot.
Non la pensa cosÏ Antonio Brusa; la sua nuova storia Ë globale, con il risultato di dire cosÏ poco che equivale a non dire nulla; la storia italiana ed europea vengono per cosÏ dire ´liofilizzateª in modo da fare stare in poche pagine quella, altrettanto ´liofilizzataª, di tutto il mondo. Ma la storia di Antonio Brusa Ë nuova anche per la quantitý di errori e sorprendenti enunciazioni che troviamo. Con questo libro, spiega l’autore, ´il lettore puÚ andare al cuore dei processi, rapidamente, senza perdersi nella sequenza dei popoli, delle battaglie, delle cause e degli effetti di eventi che – nel lunghissimo tempo della storia umana – appaiono marginali. A queste condizioni, la storia torna ad interessareª. Devo dire che mi sento davvero presa dallo sconforto e non so da dove cominciare per commentare un simile principio teorico, e penso con profonda amarezza in che mani sono messe generazioni di scolari!
In effetti qualsiasi principio di correlazione fra gli avvenimenti nel libro Ë distrutto. Mi chiedo che idea si possa fare un ragazzo di un passato senza alcuna scansione cronologica! Ad esempio dopo avere parlato a pag. 52 delle tecniche agricole ed epidemie medioevali – ma la peste non la portano i pidocchi! – ci ritroviamo a pag. 134 nella preistoria, ma la pagina precedente ´un mondo di statiª ci mostra Clinton e Chirac all’opera. Si salta in continuazione da un periodo all’altro, distante migliaia di secoli. Basti il titolo: Due modelli: civiltý neolitica e civiltý industriale, con questa ´perlaª: ´Ma, come accadde durante il Neolitico, non tutte le civiltý adottarono il modello ingleseª (pag. 55). Che idea si deve fare lo studente degli istituti industriali dell’attivitý diplomatica? Questa, e unicamente questa: ´L’ambasciatore italiano si lamenta con il governo inglese perchÈ uno spot pubblicitario britannico presenta gli italiani “pizza e spaghetti”; l’ambasciatore bulgaro protesta con il governo italiano perchÈ sui nostri giornali “bulgaro” Ë un aggettivo che indica mancanza di libertý e cosÏ viaª.
Al grave problema degli stereotipi – ´cosÏ temuti che si fanno trattati internazionali per eliminarli vicendevolmente dai libri e dai mezzi di comunicazione di massaª sono dedicate quattro pagine, mentre meno di due bastano perchÈ lo studente capisca come dalla caduta dell’impero assiro e attraverso Alessandro Magno si arrivi all’unificazione di tutto il Mediterraneo compiuto da Roma. Come risolvere il grave problema degli stereotipi?
Cambiare prospettiva, la storia mondiale! Studiare la storia di tutti ´uomini e donne della Terra, senza esaltare o deprezzare nessunoª, cioË dedicare una pagina a qualsiasi cosa, a qualsiasi argomento, cioË rinunciare a ragionare per dare soltanto spot, ´senza perdersi nelle cause e degli effetti degli eventiª. I bambini Turchi – come spiega sempre Antonio Brusa – devono smetterla una buona volta di credere di essere l’ombelico del mondo. Quando avranno capito questo della storia, avranno davvero capito tutto.
Molte cose sono diventate marginali in questo libro. Mi limito al campo medioevale che mi Ë famigliare e a qualche esempio; marginale Ë l’esattezza di quello che si afferma (sarebbe stato Federico II ad ideare l’inquisizione), marginale possedere proprietý concettuale e terminologica (si veda la confusione totale di termini e di concetti per spiegare ´il sistema feudaleª). Che idea si farý lo studente del monachesimo occidentale se tutto quello che si dice in proposito Ë che ´i libri della civiltý ellenistica – sottolineo ellenistica – sarebbero andati perdutiª se Benedetto non avesse dato vita ´ad un ordine religioso il cui compito era quello di pregare e copiare i manoscrittiª, anche se i monaci copiarono perÚ ´soltanto quelli che non erano contrari alla fedeª? (Di san Benedetto e dei monaci in generale non Ë dato sapere di pi˜).
Infine un esempio per un libro che, come sottolinea l’autore, non ha bisogno di essere spiegato perchÈ ´il testo si autosostentaª nÈ necessita ´di ricerche linguistiche o glossari esplicativiª perchÈ ´ha dentro di sÈ tutte le spiegazioni che occorronoª. Saltando, come al solito, dal 500 a.C al Mille d.C in una stessa frase, per descrivere i miglioramenti decisivi della tecnologia agricola l’autore menziona, quanto al Medioevo, l’aratro pesante e il collare rigido. Non spiega mai in cosa consista nÈ l’uno nÈ l’altro.
La stessa disinvoltura Ë per le immagini, sulla cui funzione si insiste molto. E sarei totalmente d’accordo, se anche qui non abbondassero gli strafalcioni: saranno veramente monaci intenti a cantare nel secolo X il canto gregoriano i religiosi della figura di pag. 202 se fra loro Ë un frate francescano (s.Francesco Ë morto nel 1226)? E sarý mai s. Benedetto (VI secolo) ´con il modello del monastero di Montecassino inerpicato in prossimitý del massiccio del Gran Sassoª (ma Montecassino non Ë in provincia di Frosinone e il Gran Sasso in Abruzzo?) il monaco raffigurato con il quadrato dietro la testa, cioË con il ´signum viventisª, di colui che vive, nell’affresco del IX secolo riprodotto a pag. 203? Io credo che per insegnare didattica della storia, come fa Antonio Brusa, per prima cosa occorra conoscere la storia e fare ricerca storica! Un bravo insegnante Ë quello che innanzitutto ha una solida preparazione professionale, sa cioË di che cosa parla, ed Ë capace di fare tesoro della propria esperienza di didatta.
Non esiste una chiave da passare di mano in mano sul come si insegna; invece oggi sono potentissimi i pedagogisti e tutti quelli che insegnano il ´come fareª: perchÈ sono starordinariamente rassicuranti e perchÈ offrono, o si crede che offrano, allettanti scorciatoie: non occorre pi˜ perdere tempo a documentarsi, ad aggiornarsi, a leggere libri nuovi sull’argomento e prima ancora avere imparato – orrore! – date e avvenimenti.
L’importante Ë intrattenere, saper porgere. Che poi si porgano sciocchezze e strafalcioni, che importa?