Il 12 maggio 2009, a seguito di una lunga malattia, Anna Treves è mancata. Dopo aver ricoperto il ruolo di professore incaricato di Geografia presso l’Università G.D’Annunzio di Chieti-Pescara, dal 1984 insegnava Geografia storica all’Università degli studi di Milano dove era professore ordinario presso il Dipartimento di Geografia e Scienze Umane dell’Ambiente.
Era nata nel 1945 a Buenos Aires dove i genitori, Fiammetta Lattes e Renato Treves, si erano rifugiati a causa delle leggi razziali. Rientrata in Italia nell’immediato dopoguerra, trascorse i primi anni d’infanzia a Torino per poi trasferirsi con la famiglia a Milano. L’ideale antifascista e l’ispirazione liberale e sociale del pensiero del padre, pioniere in Italia della sociologia del diritto e intellettuale di primo piano, hanno sempre animato l’attività scientifica di Anna Treves nei modi discreti che le erano consueti[1]. Nel 1970 si laureò in lettere e filosofia presso l’Università di Milano con una tesi sulle migrazioni interne nell’Italia fascista, in cui ebbe come relatore Lucio Gambi[2]. Durante gli studi universitari anche lo storico dell’economia Bruno Caizzi fu un suo riferimento scientifico importante. Erano quelli, del resto, anni in cui la cooperazione tra le discipline sociali era diffusa e Anna Treves concepì sempre i fenomeni geografici in una prospettiva di lungo periodo, nella convinzione che l’indagine del presente non potesse fare a meno della consapevolezza del passato. D’altronde, gli stessi fenomeni da lei più studiati – le migrazioni, le politiche demografiche, il meridionalismo come pensiero e come azione, il turismo e i problemi ambientali – partivano dalla sensibilità culturale e civile per le loro manifestazioni nel presente, ma, in quanto fenomeni della modernità, si prestavano ad una riflessione che partiva da fine Ottocento per giungere ai loro esiti nell’attualità.
Così fu certamente per l’interesse di Anna Treves per le migrazioni interne nell’Italia fascista, sfociato nel libro del 1976 per i tipi di Einaudi[3]. L’indagine, condotta anche grazie a una borsa di ricerca della Fondazione L. Einaudi, apriva o contribuiva a filoni di ricerca centrali per la storia della popolazione italiana e per la conoscenza del periodo fascista: se la geografia italiana, salvo eccezioni, aveva trascurato lo studio delle grandi migrazioni interne ed estere del secondo dopoguerra e i loro decisivi esiti territoriali, lasciando il campo ai ben più attenti sociologi, Anna Treves partiva proprio dalle migrazioni interne del suo tempo per indagarne le origini. Rilevò così come fossero letteralmente esplose già tra le due guerre mondiali con tassi migratori che alla fine degli anni Trenta si avvicinavano a quelli massimi registrati nel pieno del “miracolo economico”, dimostrando che la vicenda essenziale della popolazione italiana del Novecento – l’abbandono delle campagne e l’inurbamento di massa -, rappresentava una notevole continuità tra il periodo fascista e l’Italia repubblicana. Il libro costituì anche un contributo importante alla conoscenza complessiva del regime fascista, proprio in quegli anni, infatti, uno dei nodi interpretativi centrali del dibattito storiografico verteva sulla portata del progetto totalitario del regime, sulla sua capacità, cioè, di imbrigliare e dirigere la società secondo le proprie direttive. Ebbene, constatava Anna Treves, proprio un obiettivo tanto essenziale e propagandato dal regime, ossia la conservazione del carattere rurale della popolazione italiana, era fallito totalmente, la popolazione in gran massa aveva violato la legislazione antiurbana del fascismo dimostrando, in questo ambito, i profondi limiti del progetto totalitario. Anzi, Anna Treves rilevava come i tre indirizzi essenziali del regime sulla popolazione – la politica natalista, la limitazione delle migrazioni estere e le restrizioni a quelle interne – si contraddicessero reciprocamente: i divieti agli espatri alimentavano le migrazioni interne, mentre la prolificità, benché inferiore a quella auspicata dal fascismo, induceva a violare le legislazioni antiemigratorie. Insomma, sin dalla sua concezione, la politica fascista della popolazione era destinata a scarso successo. In definitiva, la distribuzione della popolazione fu determinata non dal regime, bensì dalle spontanee dinamiche dell’economia, ma proprio questa constatazione determinava l’altra importante novità apportata da Anna Treves alla conoscenza dell’Italia tra le due guerre, la constatazione, cioè, che se l’economia italiana durante il ventennio aveva vissuto una dinamica complessivamente depressa, tuttavia vi erano stati notevoli trasferimenti settoriali e territoriali della produzione ancora quasi trascurati dalla storiografia, per tacere poi delle grandi ristrutturazioni urbane del ventennio; proprio tali cambiamenti avevano determinato il decollo dei movimenti interni di popolazione secondo le direttrici geografiche poi classiche dell’Italia del “miracolo economico”. Di fatto, nei decenni seguenti, la storiografia economica sul periodo fascista ha confermato quelle intuizioni di Anna Treves.
Fu ancora una volta anche l’interesse per le vicende dell’attualità e la concezione liberale del rapporto cittadino-Stato a suscitare la sua opera più impegnativa, l’indagine sulle teorie e sulle politiche della natalità nell’Italia del Novecento[4]. Lo studio partiva dalla constatazione che una prassi tanto consueta sin dal primo dopoguerra anche nei paesi democratici quale l’adozione di politiche nataliste era stata abbandonata nell’Italia repubblicana in nome dell’antifascismo. Sulla scorta di un’ampia ricostruzione delle intenzioni del regime in materia di popolazione e del pensiero dei demografi del tempo, Anna Treves individuava quella rimozione non solo nello scopo militarista e imperialista attribuito dal fascismo alla prolificità, ma soprattutto nell’integrazione, dalla fine degli anni Trenta, della politica demografica fascista con quella del razzismo antisemita. Quanto al ruolo dei demografi, costoro avallarono scientificamente le ambizioni nataliste del regime, ma non aderirono culturalmente né alle teorie e alle prassi eugenetiche in voga nella Germania nazista e in varie nazioni democratiche, né, tanto meno, salvo pochissime eccezioni, all’antisemitismo. E tuttavia si compromisero col regime non solo perché tacquero di fronte alle leggi razziali (e tacquero persino i demografi ebrei scacciati dalle proprie cattedre), ma soprattutto perché conservarono il proprio incarico nelle istituzioni di ricerca sulla demografia anche quando quelle istituzioni divennero consulenti della famigerata Direzione generale demografia e razza, avallando così implicitamente col loro prestigio scientifico la fusione che il regime aveva fatto tra politica popolazionista e politica razziale.
Solo a partire dalla metà degli anni Settanta i demografi italiani ripresero ad apparire sulla scena pubblica lanciando di nuovo, dopo la parentesi fascista, appelli ai governanti a favore dell’adozione di una politica per la natalità. Quando dalla metà degli anni Novanta l’eventualità di politiche di governo a favore delle nascite divenne oggetto del dibattito politico e delle campagne elettorali, i demografi furono chiamati nuovamente a consigliare i ministeri in materia di natalità. Naturalmente non vi era più l’obiettivo della potenza nazionale e tanto meno della discriminazione razziale, tuttavia Anna Treves individuava due fili sottili di continuità con il pensiero e la prassi demografica del ventennio: da un lato, ancora una volta la denatalità degli italiani era vista esclusivamente come un male, senza che si prendessero in considerazione anche gli effetti positivi sull’ambiente e sulle risorse dell’eventuale attenuazione della densità demografica; dall’altro lato si invocavano politiche nataliste pur in presenza di una immigrazione potenziale che avrebbe potuto rimediare ai danni economici e sociali dell’invecchiamento della popolazione ben più rapidamente degli incerti esiti di una politica delle nascite. Anna Treves attribuì questa contraddizione alla permanenza di un sentimento di difesa dell’ “etnia” italiana che, sotto il nome di difesa della “stirpe”, aveva animato i demografi del ventennio[5]. Ancora una volta, dunque, era entrata nel vivo del dibattito storiografico affrontando l’essenziale nodo interpretativo della continuità – discontinuità tra il ventennio e l’Italia repubblicana. Nel 2002 la Società italiana per lo studio della storia contemporanea conferì al libro il suo prestigioso premio annuale, ma le considerazioni sul pensiero demografico attuale suscitarono la reazione polemica di alcuni eminenti demografi anche sulla stampa nazionale[6].
Non c’è lo spazio per ricordare gli altri campi d’indagine di Anna Treves, né i suoi intensi rapporti con gli storici stranieri della popolazione; ci piace qui solo ricordare le sue recenti ricostruzioni del pensiero di Ferdinando Milone in rapporto con il meridionalismo di Francesco Saverio Nitti[7]. Quanto alla sua attività d’insegnamento, uno degli ambiti in cui si è più impegnata è stato quello della promozione presso i suoi allievi dell’indagine delle migrazioni italiane, settore in cui proprio di recente aveva pubblicato due preziosi interventi che erano insieme un bilancio dello stato dell’arte e un programma per la ricerca futura[8].
Sandro Rinauro
BIBLIOGRAFIA
Tesi di laurea:
Alcuni problemi relativi alle migrazioni interne in Italia durante il fascismo, relatore prof. Lucio Gambi, Facoltà di Lettere e filosofia, Università degli studi di Milano, a.a. 1968-1969, Milano 1970, pp. 289.
Monografie:
Le migrazioni interne nell’Italia fascista. Politica e realtà demografica, Einaudi, Torino, 1976, pp. 201.
Natalità e politica delle nascite: l’Italia e le esperienze europee tra le due guerre, Nig. stampa, Milano 1981, pp. 141.
Le nascite e la politica nell’Italia del Novecento, Led, Milano 2001, pp. 529.
Contributi a volumi e articoli di rivista:
“The antiurban policy of fascism and a century of resistance to industrial urbanization”, in International Journal of Urban and Regional Research, IV (1980), n. 4, pp. 470-484.
“La politique anti-urbaine fasciste et un siècle de résistance contre l’urbanisation en Italie”, in L’espace géographique, X (1981), n. 2, pp. 116-124.
La politica fascista per la natalità : alcune ipotesi di ricerca, in P. Bertolini et al., Agricoltura e forze sociali in Lombardia nella crisi degli anni Trenta, F. Angeli, Milano 1983, pp. 224-240.
La politica antiurbana del fascismo e un secolo di resistenze all’urbanizzazione industriale in Italia, in A. Mioni (a cura di), Urbanistica fascista. Ricerche e saggi sulle città e il territorio e sulle politiche urbane in Italia tra le due guerre, Franco Angeli, Milano 1986, pp. 312-330.
L’Italia rovesciata: la cultura geografica, le “leggi” della distribuzione e una singola immagine della popolazione italiana, in G. Corna Pellegrini (a cura di), Roberto Almagià e la geografia italiana nella prima metà del secolo: una rassegna scientifica e una antologia degli scritti, Unicopli, Milano 1988, pp. 113-133.
“Ripopolare il Sud: il meridionalismo fascista allo specchio della colonizzazione 1926-1927”, in Storia urbana, XII, (1988), n. 43, pp. 116-164.
Alle origini dell’intervento pubblico per il turismo in Italia, in A. Di Blasi (a cura di), L’Italia che cambia: il contributo della geografia, Atti del XXV Congresso geografico italiano, Università di Catania, Catania 1989, vol. II, pp. 155-166.
Anni di guerra, anni di svolta: il turismo italiano durante la prima guerra mondiale, in G. Botta (a cura di), Studi geografici sul paesaggio, Quaderni di Acme 11, Cisalpino-Goliardica, Milano 1989, pp. 250-299.
Assegni familiari (voce enciclopedica), in V. De Grazia, S. Luzzatto (a cura di), Dizionario del fascismo, Einaudi, Torino 2002, vol. I, pp. 106-107.
Migrazioni interne (voce enciclopedica), in V. De Grazia, S. Luzzatto (a cura di), Dizionario del fascismo, Einaudi, Torino 2003, vol. II, pp. 126-128.
Prestiti matrimoniali (voce enciclopedica), in V. De Grazia, S. Luzzatto (a cura di), Dizionario del fascismo, Einaudi, Torino 2003, vol. II, pp. 421-422.
“Demografi, fascismo, politica delle nascite: nodi problematici e prospettive di ricerca”, in Popolazione e storia, IV (2003), n. 1, pp. 170-180.
Due baby boom italiani?: 1937-1940, 1959-1964, in G. Scaramellini (a cura di), Città regione territori. Studi in memoria di Roberto Mainardi, Quaderni di Acme 56, Cisalpino, Milano 2003, pp. 158-199.
“I confini non pensati: un aspetto della questione regionale in Italia”, in Acme-Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Milano, v. 57 (2004), n. 2, pp. 244-264.
Un geografo e un meridionalista: Ferdinando Milone, Francesco S. Nitti e la questione del porto di Napoli, in A. Di Blasi (a cura di), Geografia: dialogo tra generazioni, Atti del XXIX Congresso geografico italiano, Patron, Bologna 2005, vol. II, pp. 659-664.
Ferdinando Milone e il meridionalismo industrialista, in G. Campione, F. Farinelli, C. Santoro Lezzi (a cura di), Scritti per Alberto Di Blasi, Patron, Bologna 2006, vol. II, pp. 1678-1690.
Immagini e politiche nell’Italia del secondo dopoguerra, in E. Bianchi (a cura di), Un geografo per il mondo: studi in onore di Giacomo Corna Pellegrini, Cisalpino, Milano 2006, pp. 480-500.
“Politica natalista in un paese di immigrazione? Un problema italiano”, in Acme-Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Milano, v. 59 (2006), n. 3, pp. 251-278.
La popolazione nell’Italia fascista, in A. Bonoldi, H. Obermair (a cura di), Tra Roma e Bolzano: nazione e provincia nel ventennio fascista, Città di Bolzano, Bolzano 2006, pp. 75-92.
Percorsi di studi e percorsi migratori come un continuum tra anni venti e anni sessanta, in J. Grossutti, F. Micelli (a cura di), Pantianicco a Buenos Aires: da contadini a infermieri: un caso di emigrazione specializzata, Comune di Mereto di Tomba, Mereto di Tomba 2007, pp. 21-67.
« L’Italie, de la surnatalité aux ‘berceaux vides’ : réalité, représentations et politiques démographiques (1945-2005) », in Vingtième siècle, v. 95 (2007), n 3, pp. 45-61.
Scoperta del turismo e mobilità della popolazione all’inizio del XX secolo, in A.Arru, D.L. Caglioti, F. Ramella (a cura di), Donne e uomini migranti: storie e geografie tra breve e lunga distanza, Donzelli, Roma 2008, pp. 72-102.
Dalle troppe nascite alle culle vuote: miti, immagini, realtà in sessant’anni di vita italiana (1945-2005), in M. Bergaglio (a cura di), Popolazioni che cambiano: studi di geografia della popolazione, F. Angeli, Milano 2008, pp. 109-138.
“Demógrafos, fascismo, politica de la natalidad. Nodos problemáticos y perspectivas de investigatión”, in C. Copeta, R. C. L. González (a cura di), Geografías, paisaje e identidad, Biblioteca Nueva, Madrid 2009, pp. 147-160.
Curatele, introduzioni, recensioni:
Introduzione a E. Sori, A. Treves (a cura di), L’Italia in movimento: due secoli di migrazioni (XIX-XX), Atti del convegno Le grandi transizioni tra 800 e 900. Popolazione, società e economia, Pavia 18-20 settembre 2006, a cura della Società italiana di demografia storica, Parte prima: le migrazioni interne, Forum, Editrice universitaria udinese srl, Udine 2008, pp. 11-32.
Presentazione a L. F. Sudati, Tutti i dialetti in un cortile: immigrazione a Sesto San Giovanni nella prima metà del ‘900, Guerini & Associati, Milano 2008, pp. 7-12.
Culle piene, recensione a F. C. Billari, G. Dalla Zuanna, La rivoluzione nella culla. Il declino che non c’è, Egea, Milano 2008, in “La Rivista dei libri”, XIX (2009), n.1, pp. 30-33.
[1] Renato Treves (1907-1992) è stato il pioniere della sociologia del diritto in Italia, nonché uno dei protagonisti della rinascita della sociologia italiana nel secondo dopoguerra. Formatosi all’Università di Torino, dove frequentò gli ambienti di Giustizia e Libertà e la giovane intellighenzia antifascista, durante l’esilio argentino insegnò filosofia del diritto e sociologia all’Università di Tucumán; rientrato in Italia nel 1947, insegnò filosofia del diritto e sociologia e concluse la sua carriera universitaria come ordinario in sociologia del diritto. Cfr. R. Treves, Sociologia e socialismo. Ricordi e incontri, F. Angeli, Milano 1990, B. Pastore, “Integrità, tradizione, interpretazione. Ricordo di Renato Treves”, Rivista internazionale di filosofia del diritto, n. 70 (1993), f. 1, pp. 3-31, e V. Ferrari, L. M. Ghezzi, N. Videlli Velicogna (a cura di), Diritto, cultura e libertà. Atti del convegno in ricordo di Renato Treves, Milano, 13-15 ottobre 1994, Giuffrè, Milano 1997.
[2] A. Treves, Alcuni problemi relativi alle migrazioni interne in Italia durante il fascismo, tesi di laurea in Lettere e filosofia, a.a. 1968-69, relatore prof. Lucio Gambi.
[3] A. Treves, Le migrazioni interne nell’Italia fascista. Politica e realtà demografica, Einaudi, Torino 1976.
[4] A. Treves, Le nascite e la politica nell’Italia del Novecento, Led, Milano 2001.
[5] Su ciò cfr. anche A. Treves, Politica natalista in un paese di immigrazione? Un problema italiano, in Acme. Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, LIX (2006), n. 3, pp. 251-278.
[6] Cfr., tra gli altri, Massimo Livi Bacci, Il fantasma delle nascite. La polemica sugli italiani e la natalità, “Repubblica”, 20 marzo 2002, e Eugenio Sonnino, A proposito di nascite, di politiche e di demografi, in G. Dalla Zuanna (a cura di), Numeri e potere. Statistica e demografia nella cultura italiana fra le due guerre, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2004, pp. 89-106.
[7] A. Treves, Un geografo e un meridionalista: Ferdinando Milone, Francesco S.Nitti e la questione del porto di Napoli, in. A.Di Blasi (a cura di) Dialogo tra generazioni, Atti del XXIX Congresso geografico italiano, Pàtron, Bologna 2004, e Id., Ferdinando Milone e il meridionalismo industrialista, in G.Campione, F.Farinelli, C.Santoro Lezzi, Scritti per Alberto di Blasi, Pàtron, Bologna 2006.
[8] A. Treves, Introduzione a E. Sori, A. Treves (a cura di), L’Italia in movimento: due secoli di migrazioni (XIX-XX), Atti del convegno Le grandi transizioni tra 800 e 900. Popolazione, società e economia, Pavia 18-20 settembre 2006, a cura della Società italiana di demografia storica, Parte prima: le migrazioni interne, Forum, Editrice universitaria udinese srl, Udine 2008, pp. 11-32, e Id., Presentazione a L. F. Sudati, Tutti i dialetti in un cortile: immigrazione a Sesto San Giovanni nella prima metà del ‘900, Guerini & Associati, Milano 2008, pp. 7-12.