Da oltre cinquant’anni gli esperti si interrogano sulle potenzialità e i limiti delle cosiddette scritture popolari nella ricostruzione storica. Lo stesso aggettivo popolare è stato ed è ancora al centro di un dibattito acceso poiché rimanda ad una dimensione sociale sfuggente, oscillante tra il culturale, il sociologico e l’antropologico, variabile in rapporto al contesto cronologico e geografico. Grazie a questi documenti, gli studiosi hanno progressivamente demolito il mito storiografico del silenzio delle cosiddette «subalterne», inserendo a pieno titolo nel racconto storico uomini, donne e bambini che fino a quel momento erano stati condannati ad apparire nelle storie generali soltanto sotto il segno del «numero e dell’anonimato» e che quindi erano a tutti gli effetti dei «senza storia». Attori di una marginalità che è da intendersi sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista testuale. In determinate circostanze, tuttavia, tali scritture emarginate, normalmente destinate all’ambito privato e alla dispersione, vengono incluse nel discorso pubblico. In questo passaggio subiscono trasformazioni, strategie di adattamento, politiche di visibilità differenti. Un mare magnum che comprende la pubblicazione di diari, lettere, memorie e autobiografie, la diffusione di testi attraverso internet, performance teatrali, manifestazioni pubbliche, l’utilizzo in contesti museali, in memoriali ufficiali o spontanei, nelle commemorazioni funebri e nei cimiteri. Sulla scorta di tali premesse, il congresso è dedicato alle dinamiche di risignificazione delle scritture subalterne nello spazio pubblico in età moderna e contemporanea.
Scarica l'allegato