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Calendario di storia contemporanea

 

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    Oggi

    Sport popolare, popolarità dello sport

    Firenze (Università) e Sesto Fiorentino (Biblioteca Ragionieri) FIRENZE, Italia

    Convegno organizzato da APeP insieme ai Dip. Sagas e Forlilpsi di Unifi, Comune di Sesto Fiorentino e ISIS Calamandrei.

    L’identificazione con lo sport e le sue figure rappresentative è profondamente radicata nella sensibilità collettiva e nella quotidianità di un larghissimo numero di persone, come ha dimostrato nel 2018 l’ondata di emozione collettiva che ha accolto, non solo in Italia, la scomparsa del calciatore Davide Astori. Lo sport come spettacolo e veicolo di sentimenti e passioni ormai da lungo tempo occupa un posto centrale nella nostra vita sociale, benché – oggi – in forme spesso molto diverse da un passato ancora prossimo. L’associazionismo sportivo è una delle articolazioni intermedie della sociabilità più rappresentative del nostro mondo e del nostro tempo, anche sul piano quantitativo, rispetto ad altre forme di aggregazione ereditate dal '900 e sempre più declinanti. Nello sport, non in tutto certamente, inoltre possiamo individuare uno dei settori economici oggi più redditizi e degni di investimento da parte del capitale finanziario internazionale.
    In altri termini lo sport – o meglio gli sport – costituiscono ormai una sfera di attività sociale e una pratica culturale da prendere con la massima serietà non solo da parte dell'appassionato, ma anche dallo storico. Enormi passi in avanti sono stati fatti rispetto ai seminali studi di sociologia storica portati avanti da Norbert Elias nei primi anni '60, là dove dimostrava che il loisir, i passatempi e in particolare gli sport non erano soltanto il lato dilettevole della vita da coltivare eruditamente nella sfera ristretta dello specialista, ma qualcosa di più significativo e cogente nel rappresentare la realtà sociale complessiva attraverso le esperienze quotidiane. Ancor più che nel coevo lavoro di Roger Caillois sul gioco (o in quello precedente di Johan Huizinga), per Elias lo sport è lo specchio di come si struttura e funziona una società: la vita seria è speculare ai suoi passatempi e alla sua sfera ludica; questi ultimi si nutrono degli stessi meccanismi di regolazione e autoregolazione dell’altra, pur funzionando in modo esplicitamente e legittimamente diverso. Il processo di “sportivizzazione” del loisir (l'invenzione dello sport, si potrebbe dire) che caratterizza per prime le élites britanniche fra fine ‘700 e soprattutto ‘800, ne è un buon esempio. La trasformazione in sport di quelle attività ludico-competitive che prevedono l'uso del corpo e della forza, da sempre presenti nelle società umane, segna una decisiva spinta alla specializzazione del tempo libero e alla istituzionalizzazione per una pratica che attiene alla vita quotidiana delle società moderne, sempre più urbanizzate e industrializzate. Si tratta di un fenomeno diffusosi poi rapidamente su scala planetaria, uno dei primi esempi di globalizzazione normativa. Rappresenta anche un esplicito riconoscimento della funzione sociale dello sport e quindi indirettamente della sua centralità crescente rispetto ad altre sfere della vita collettiva nella misura in cui coinvolge tutti gli strati sociali e culture diverse.
    Gli sport hanno raggiunto così una larga popolarità – non omogenea – che si riscontra non solo nel numero dei praticanti e degli appassionati, ma anche dei fruitori in quanto spettatori di uno spettacolo capace di mobilitare, direttamente e indirettamente, risorse economiche e simboliche impressionanti e di farle entrare in circolazione interagendo simbioticamente con la comunicazione di massa e la politica. Se larga parte dei praticanti restano nella sfera del dilettantismo appassionato, lo sport come spettacolo inevitabilmente si è costruito sulla selezione dei più abili nell'uso competente della forza in ogni singola disciplina e quindi attorno a percorsi – espliciti o impliciti - di professionalizzazione differenziati nel tempo. In altri termini, il professionismo ha fatto degli sport uno spettacolo tanto quanto la spettacolarizzazione dello sport ha aperto la strada alla professionalizzazione della pratica. Se lo sport, in origine passatempo delle élites, si è “popolarizzato” diffondendosi socialmente e geograficamente fra fine ‘800 e la prima metà del ‘900 – e contestualmente nelle sue forme più spettacolari per alcuni, sempre più numerosi, è anche diventato una piacevole prospettiva di lavoro – le forme di adesione popolare a questa pratica sono profondamente mutate nel tempo, hanno evidenziato fratture, hanno rispecchiato e insieme hanno potenziato le rappresentazioni sociali, hanno inciso su di esse.
    Un’attività che è liberamente autocentrata sul soggetto che la pratica, che privilegia attraverso la prestazione la dimensione dell’individuo, in realtà ha funzionato come collettore di grandi proiezioni collettive. Gli storici, più degli studiosi di altre discipline delle scienze umane e sociali, si sono concentrati sulla stretta relazione emersa nel corso dell’800 e del ‘900 fra identità sociali (e di classe), processi di nazionalizzazione e politica di massa. L’uso pubblico dello sport, evidenziato in maniera definitiva soprattutto dai fascismi e dai regimi socialisti, è risultato così centrale nella storiografia in questo campo. Ma la partecipazione sportiva come vettore di consenso passivo degli anni ’20-’30 del secolo, o nel secondo dopoguerra oltrecortina, non esaurisce in sé lo spettro complesso del perché si fa o si segue uno sport, esattamente come non era esauriente la rappresentazione igienista e moralistica che accomunava circolarmente il discorso su sport e educazione fisica di fine ‘800, inizio ‘900. Anzi, il disciplinamento sociale attraverso lo sport ha rappresentato un terreno di confronto fra percezioni e modelli culturali ed anche politici diversi per tutto il secolo scorso.
    In che misura dunque lo sport come fenomeno diffuso è dunque “popolare”? Quali sono i diversi significati e le plurime strutture di senso che sono stati attribuiti nel tempo al carattere popolare degli sport? Perché alcuni sport sono più popolari di altri? Infine, perché oggi assistiamo a un ritorno di attenzione per lo “sport popolare”, contrapposto – ideologicamente e politicamente - non solo alla “popolarità” dello sport come business spettacolare, in un senso diverso dalla semplice dicotomia dilettantismo/professionismo, ma anche allo stesso tempo lontano dalla tradizionale sociabilità espressa dalle culture di classe e in genere politiche e confessionali del secolo scorso?
    L’associazione Amici della rivista Passato e Presente (APeP) vorrebbe riflettere su questi temi, organizzando due giornate di studi in grado di coinvolgere esperienze concrete del presente mettendole a confronto con la ricerca storica sul passato.

    Convegno riconosciuto come attività formativa per dirigenti e docenti della scuola di ogni ordine e grado, non solo di educazione fisica ma per qualsiasi materia; per le iscrizioni: https://www.edfisica.toscana.it/FORMAZIONE/tabid/830/Default.aspx

    Dall’appello ai Liberi e forti al Congresso di Torino. La politica di un nuovo partito

    Sala Conferenze di Palazzo San Celso Corso Valdocco, 4/a, Torino, Italia

    La Fondazione Carlo Donat-Cattin di Torino e l'Istituto Luigi Sturzo di Roma promuovono un convegno storico sul Partito Popolare venerdì 22 novembre al Polo del '900 di Torino

    Dall’appello ai Liberi e forti al Congresso di Torino.
    La politica di un nuovo partito

    Al termine dell'anno del Centenario dell'appello ai Liberi venerdì 22 novembre dalle 9.45 alle 13 presso la sala Conferenze di Palazzo San Celso in corso Valdocco, 4/a
    Saranno ricostruite le vicende del primo PPI a livello nazionale e saranno presentati i primi risultati della ricerca della Fondazione Donat-Cattin sul ruolo del PPI in Piemonte
    Riflettere sui i nodi della storia politica italiana attraverso la scelta di don Sturzo e del primo PPI è uno degli obiettivi della ricostruzione critica sull’esperienza politica italiana anche in rapporto all'oggi.

    Il programma

    Ore 9,45 – Saluti introduttivi – Gianfranco Morgando, direttore della Fondazione Donat-Cattin
    Nicola Antonetti, Presidente dell’Istituto Luigi Sturzo

    Ore 10 – Presiede Marta Margotti, Università di Torino

    Francesco Traniello, Università di Torino: Il Partito Popolare Italiano, un originale modello di Partito.
    Giorgio Vecchio, Università di Parma : Il Partito Popolare Italiano nel quadro del cattolicesimo politico europeo.
    Nicola Antonetti, Università di Parma : Il PPI e le mancate riforme.
    Bartolo Gariglio, Università di Torino: Il Congresso di Torino del Partito Popolare Italiano
    Luigi Giorgi, Istituto Sturzo: Il Partito Popolare nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato: crisi dello stato liberale e avvento del fascismo
    Vittorio Rapetti, Fondazione Donat-Cattin: Presentazione della ricerca “Un partito di popolo: la nascita del Partito Popolare in Piemonte e la formazione della sua classe dirigente”

    Ore 13 – Conclusioni.

    Fondazione Donat-Cattin
    Via del Carmine 14
    10122 Torino
    info@fondazionedonatcattin.it
    segreteria@fondazionedonatcattin.it
    www.fondazionedonatcattin.it

    Piazza Fontana 1969-2019: la strage che cambiò l’Italia

    Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice Piazza delle Muse, 25, Roma, Italia

    La data del 12 dicembre 1969, quando esplode a Milano una bomba presso la filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, segna uno spartiacque politico e sociale per l’Italia. Si apre una crisi segnata da un persistente terrorismo diffuso di matrice sia di estrema sinistra sia di estrema destra. A cinquant’anni di distanza la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice organizza un convegno di studi per approfondire il significato di una data che ha cambiato la storia d’Italia, con un aggiornamento sugli studi relativi alla strage e una riflessione sulle conseguenze che essa ha determinato.Il presidente della Fondazione Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea nella Unint di Roma presiederà i lavori. Intervengono il giornalista e saggista Paolo Morando, autore di Prima di Piazza Fontana. La prova generale (Laterza, Roma-Bari 2019), lo storico Gianni Oliva, autore di Anni di piombo e di tritolo. 1969-1980. Il terrorismo nero e il terrorismo rosso da piazza Fontana alla strage di Bologna (Mondadori, Milano 2019), il giornalista e saggista Nicola Rao, consigliere di amministrazione della Fondazione e autore della Trilogia della celtica. La vera storia del neofascismo italiano. La fiamma e la celtica. Il sangue e la celtica. Il piombo e la celtica (Sperling & Kupfer, Milano 2014), lo storico Vladimiro Satta, autore del libro I nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo (Rizzoli, Milano 2016), e Angelo Ventrone, ordinario di Storia contemporanea nell’Università di Macerata, autore di La strategia della paura. Eversione e stragismo nell’Italia del Novecento (Mondadori 2019) e curatore del volume L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980)(Donzelli, Roma 2019). Modera il vicepresidente della Fondazione Gianni Scipione Rossi.

    Le molte trame di una lunga vita. Giornata di studi in onore di Simonetta Piccone Stella

    Roma Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma - Via Salaria 113, Roma, Italia

    Lunedì 2 dicembre 2019, alle 14.00, si terrà a Roma, presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Sapienza Università di Roma (Aula Magna - Via Salaria 113),
    Le molte trame di una lunga vita. Giornata di studi in onore di Simonetta Piccone Stella

    Programma:
    14.00 Saluti istituzionali
    Pierpaolo D’Urso, Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma
    14.15 Introduce Rita Di Leo, Emerito di Relazioni internazionali, Sapienza Università di Roma

    14.45 La legacy di Simonetta Piccone Stella
    Presiede: Luca Salmieri (Docente di Sociologia della cultura Sapienza Università di Roma)
    Intervengono Chiara Saraceno (Honorary Fellow Collegio Carlo Alberto di Torino), Andreina De Clementi (Ordinario di Storia contemporanea, Università di Napoli L’Orientale), Luciano Zani (Ordinario di Storia contemporanea, Sapienza Università di Roma),
    15.30 Coffee break
    15.45 Intervengono Anna Rita Calabrò, Assunta Viteritti, Enrico Pugliese, Enzo Ragazzini, Giuliana Chiaretti, Marina D’Amelia, Mirella Giannini, Simona Feci.

    17.30 Conclusioni: Bianca Beccalli (Ordinario di Sociologia del lavoro e delle Pari opportunità, Università degli Studi di Milano).

    La (non) liberta riproduttiva – (Not) Reproductive Freedom

    Università Ca' Foscari Venezia Aula B Ca' Bernardo , Venezia, Italia

    Convegno Internationale
    La (non) libertà riproduttiva.
    (Not) Reproductive Freedom

    Organizzato da
    DEP. Deportate, Esuli e Profughe. Rivista Telematica di Studi sulla Memoria Femminile
    Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati, Università Ca' Foscari
    Dipartimento di Economia, Università Ca' Foscari

    The Birth of Modern China

    Università Ca' Foscari Venezia Aula Magna "S. Trentin" - Ca' Dolfin , Venezia, Italia

    Department of Asian and North African Studies - Ca' Foscari University
    Centre for Chiang Kai-shek and Modern Chinese History - Zhejiang University

    International Workshop
    Ca' Foscari University of Venice
    December 5th, 2019

    1919-1949: The Birth of Modern China

    L’appello ai potenti in età contemporanea. Grazia, “razza”, cittadinanza

    Università degli Studi di Roma Tor Vergata Via Lucullo, 11, Roma, Italia

    Centro Romano di Studi sull’Ebraismo (CeRSE)
    Università degli Studi di Roma Tor Vergata
    Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società

    L’appello ai potenti in età contemporanea.
    Grazia, “razza”, cittadinanza

    10 dicembre 2019
    Roma, via Lucullo 11
    9.00-18.00

    Keynote: Simona Cerutti (EHESS, Paris), Le suppliche come fonte per una storia sociale della giustizia

    ***
    Presiede: Lucia Ceci (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)

    Silvia Haia Antonucci (Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma-ASCER \"Giancarlo Spizzichino\"), Chiedi e ti sarà dato? Le suppliche degli ebrei durante l\'età del ghetto conservate nell\'Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma
    Claudio Petrillo (Università degli Studi Roma Tor Vergata), “L’umilissimo suo servo”.  Le suppliche rivolte a Pio IX dai condannati politici, protagonisti della tentata insurrezione romana del 15 agosto 1853
    ***
    Enrica Asquer (Università degli Studi di Genova), Cittadini o supplicanti? Le richieste di deroga alla normativa antisemita nell’Italia fascista e nella Francia di Vichy
    Claire Zalc (ENS/EHESS, Paris), Grammaires de la citoyenneté. Contester la dénaturalisation sous Vichy
    ***
    Presiede: Gianluca Fiocco (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
    Alain Blum (INED/EHESS, Paris), Emilia Koustova (Université de Strasbourg), Négocier sa vie, redéfinir les politiques répressives à la sortie du stalinisme: les déplacés spéciaux soviétiques écrivent aux autorités
    Simeone Del Prete (Università degli Studi di Roma Tor Vergata), “Tu che sei il compagno migliore”: le lettere a Palmiro Togliatti degli ex-partigiani inquisiti per atti di violenza politica nell’immediato dopoguerra
    ***
    Discussione
    Lucia Ceci (Università degli Studi di Roma Tor Vergata), Marina Formica (Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Cecilia Nubola (Istituto storico Italo-germanico, Trento), Guri Schwarz (Università degli studi di Genova), Maria Rosaria Stabili (Università degli Studi di Roma Tre)

    Comitato scientifico: Lucia Ceci, Enrica Asquer, Simona Cerutti
    Comitato organizzativo: Simeone Del Prete, Alessio Folchi

    Un altro sguardo sul 1969. I territori sociali del conflitto in Italia

    Dip. Forlilpsi – Università di Firenze e Camera del Lavoro di Firenze Aula magna, via Laura 48 (17/12); Salone Di Vittorio - CdLM, Borgo de' Greci 3 (18/12), FIRENZE, Italia

    La Camera del Lavoro di Firenze e l'IRES Toscana organizzano a cinquant'anni dall'Autunno Caldo questo convegno, insieme a AISO, FDV, FVL, Proteo e SISLav. L’iniziativa, essendo organizzata con soggetto qualificato per l’aggiornamento (DM 08.06.2005), l'agenzia formativa Proteo Fare Sapere, è automaticamente autorizzata ai sensi degli artt. 64 e 67 CCNL 2006/2009 del Comparto Scuola, con esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi e come formazione e aggiornamento dei Dirigenti Scolastici ai sensi dell’art. 21 CCNL 11/4/2006 area V e dispone dell’autorizzazione alla partecipazione in orario di servizio.

    Un altro sguardo sul 1969: i territori sociali del conflitto in Italia.

    Oltre le letture convenzionali

    Il ciclo di lotte del cosiddetto Autunno Caldo viene comunemente conosciuto come «il ’69 operaio», per distinguerlo dal «’68 degli studenti» con cui intrattenne rapporti talmente stretti da poter parlare di un unico «biennio rosso». Furono anni di fortissima conflittualità sociale che videro come epicentri simbolici prima le università e le scuole superiori, quindi le grandi  fabbriche, in un movimento complessivo di contestazione del potere gerarchico e autoritario che vigeva in queste grandi «istituzioni totali»: alla protesta si unì da subito la costruzione di organi assembleari alternativi, espressione di un contropotere dal basso che fosse veicolo della voce di studenti e operai. Secondo una narrazione convenzionale, le istanze dei lavoratori dei grandi stabilimenti si estesero dai consigli di fabbrica al resto della società, erompendo dai cancelli dei complessi industriali e travolgendo il territorio circostante. I sindacati, per quanto all’inizio colti di sorpresa, si fecero latori e promotori di questa ondata innovatrice e misero imprese, enti pubblici e partiti politici di fronte alla necessità di dare risposte nuove ai bisogni sociali di base: la casa, la sanità, l’istruzione, i trasporti, le mense, i servizi per l’infanzia, il tempo libero.
    Questa versione molto diffusa delle dinamiche del ’69 operaio si basa su un modello schematico estremamente semplice e monodirezionale: partendo dalla scuola e dall’università il movimento innovatore sarebbe passato alla grande fabbrica, dove divenne richiesta di riforma sociale complessiva investendo quindi l’intero territorio. Tutta la società che non si identificava direttamente con le istituzioni educative e con il mondo industriale più rappresentativo avrebbe giocato in questa visione una funzione prevalentemente passiva, di adeguamento alle rivendicazioni elaborate e portate avanti altrove, più che mobilitarsi quindi sarebbe stata mobilitata.
    L’articolazione territoriale del conflitto in Toscana e nella Terza Italia

    Eppure, la conoscenza diretta dell’esperienza toscana – così come le acquisizioni emerse dalla ricerca storica su diversi contesti a livello nazionale – spingono a ritenere che anche altri elementi ebbero un ruolo decisivo nello stesso svilupparsi della conflittualità, dentro e fuori la fabbrica: il mondo contadino e gli ambienti rurali della campagna urbanizzata, l’associazionismo cattolico di
    base, le reti sociali di quartiere, le tradizioni familiari, i luoghi di sociabilità popolare, non solo nella grande fabbrica ma anche a scala territoriale e nelle aziende piccole e medie, in cui svolgeva un ruolo di primo piano un’imprenditorialità di estrazione operaia, la diffusione della scolarizzazione e dei consumi di massa. A Firenze la reazione popolare all'alluvione del 1966 giocò una funzione importante nel definire come centrale il territorio nello sviluppo della conflittualità e dell’identità
    sociale. Un evento in grado di attivare comitati di base, case del popolo, sezioni di partito, strutture sindacali, parrocchie e studenti che costruirono relazioni in un certo senso uniche che avranno conseguenze anche negli anni successivi. I lavoratori e le lavoratrici che parteciparono al ciclo del conflitto industriale ebbero una composizione sociale molto più complessa di quella dell’operaio massa prevalentemente maschio della fabbrica fordista, in cui agivano componenti culturali variegate e dalle molteplici origini. L’impressione, insomma, è che il filo che unisce «la centralità della fabbrica» alla «scoperta del territorio» non fu un filo a una sola direzione e in regioni come la
    Toscana - e in genere nella cosiddetta Terza Italia - non fu affatto occasionale.
    Un altro sguardo sul 1969 italiano
    Il convegno sul 1969 vorrebbe quindi indagare il rapporto complesso, dinamico, poco studiato fra il conflitto sociale (e industriale in particolare) e la dimensione territoriale in cui si inserisce. Se questo è forse più evidente nella Terza Italia, è necessario verificarlo in tutta l’articolazione sociale nazionale, anche nei contesti canonici del «secondo biennio rosso» o nelle aree più periferiche. Non
    evidenziare cioè soltanto una semplice pluralità dei luoghi, quanto piuttosto analizzare la stratificazione territoriale del processo sociale, aprire quindi uno squarcio nella complessa pluralità che è presente nei luoghi. Si tratta di tracciare una cornice che non delimiti il campo di analisi soltanto in senso spaziale, ma riesca a comprendere un contesto dinamico di repertori di azione e di regolazione, di relazioni pubbliche e private, di modelli imprenditoriali e di culture del lavoro, che
    interagiscono e si modificano, provocando la (e adattandosi alla) rottura dell’Autunno Caldo. È in
    questa ottica che potrebbe essere indagato il ruolo del sindacato che, in maniera non sempre compiuta, vive la contraddizione di essere da un lato sindacato in fabbrica e dall'altro sindacato generale e territoriale.