Coordinatori: Agostino Giovagnoli (Università Cattolica del Sacro Cuore Milano) – Giorgio Rumi (Università di Milano)
Sabato 27 settembre
III Sessione: 9.00-13.00
Aula 4
Nel corso del Novecento, una progressiva trasformazione ha segnato l’atteggiamento cattolico davanti ai temi della guerra e della pace. Il panel intende discutere l’argomento, mettendo sinteticamente a fuoco alcune tappe di tale sviluppo, richiamate in stretta connessione con le vicende più generali dell’intera storia contemporanea nel XX secolo. Si tratta, infatti, di un processo lento e non lineare che, a partire da Benedetto XV durante la prima guerra mondiale, passa per un intenso dibattito interno al cattolicesimo europeo dagli anni trenta agli anni cinquanta, conosce un tornante cruciale nei dilemmi dei cattolici europei davanti alla guerra civile in Spagna, attraversa il secondo conflitto mondiale, giunge alla “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII e al Vaticano II, configurando un atteggiamento sempre più complesso nel contesto della guerra fredda e della decolonizzazione. Com’è noto, l’atteggiamento dei cattolici davanti alla guerra e alla pace è stato già largamente studiato, riguardo ai suoi aspetti specifici. Numerosi saggi hanno, ad esempio, affrontato la posizione della Chiesa e dei cattolici durante la prima guerra mondiale e molti altri si sono occupati delle scelte di Pio XII durante la seconda guerra mondiale. Esistono inoltre studi specifici sulla dottrina morale della Chiesa nei confronti della guerra, degli atteggiamenti pastorali dei vescovi in situazioni di conflitto e del ruolo del clero in molte situazioni belliche. Alcune indagini hanno anche affrontato il tema del pacifismo cattolico o le posizioni di alcune personalità, da Mazzolari a La Pira. Più carenti appaiono invece i tentativi di cogliere gli elementi unitari che collegano posizioni anche molto distanti tra loro o sostengono uno sviluppo degli atteggiamenti cattolici intorno a questa tematica. Malgrado l’importanza e anche l’attualità del tema, non è stata ancora sufficientemente preso in considerazione, sul piano storico, il carattere unitario del tema della pace nel cattolicesimo contemporaneo, pur nelle diverse configurazioni assunte nel tempo. Un primo versante della questione è indubbiamente rappresentato da un magistero di pace dei papi del novecento sconosciuto ai secoli precedenti, cui contribuiscono sia le “novità” della storia del XX secolo – in particolare la diversa fisionomia della guerra e il mutato rapporto tra Stati e guerra – sia il nuovo “statuto” del pontificato romano nelle vicende contemporanee in questo secolo. I papi diventano espressione di una Chiesa che scopre la sua dimensione di “internazionale” spirituale, minacciata dalle lacerazioni belliche e perciò vicina a quanti soffrono per la guerra. A tale versante si connette una seconda questione, legata all’impatto della società di massa – e dalle connesse trasformazioni politico-istituzionali – sull’atteggiamento dei cattolici. Cambia infatti il rapporto tra politica e guerra come cambiano i confini tra guerra e pace: la popolazione civile viene coinvolta sempre più integralmente nella guerra e le dinamiche e i metodi di quest’ultima penetrano anche nelle situazioni apparentemente di pace. I cattolici scoprono così – insieme a molti altri – un nesso sempre più stretto fra totalitarismo e guerra e fra democrazia e pace. Il cattolicesimo viene inoltre sfidato, soprattutto nel secondo dopoguerra, da ideologie internazionalistiche come il comunismo che cercando di attirare dalla loro parte l’universalismo cattolico in nome della pace, mentre da parte occidentale tale universalismo è sollecitato soprattutto dagli appelli alla libertà. Tra queste due opposte pressioni, le Chiese cominciano a percorrere una loro originale via verso la pace attraverso l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Il secondo dopoguerra, inoltre, facendo emergere i processi di decolonizzazione, sollecita anche la Chiesa cattolica a spingersi sempre di più sul terreno dei rapporti fra Nord e Sud. Da una parte, la il ricorso alla violenza per soffocare i movimenti di indipendenza viene giustificata anche in nome della “cristianità”; dall’altra le esigenze dei paesi del Terzo mondo fanno sottolineano sempre di più il rapporto tra giustizia e pace. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, scrive Paolo VI nel 1967, cercando di conciliare due dimensioni diverse. Per i cattolici, la pace si incontra dunque con diversi valori di riferimento dall’unità della famiglia umana alla lotta contro il razzismo, dalla libertà alla giustizia, dal rispetto dei diritti umani alle esigenze dello sviluppo, dall’ecumenismo interconfessionale al dialogo interreligioso.
Programma
- Alfredo Canavero(Università di Milano) – La Chiesa e la Prima guerra mondiale
L’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte alla prima guerra mondiale deve essere analizzato secondo diverse prospettive. Se da un lato sono numerosi e ben conosciuti gli interventi del pontefice Benedetto XV per invitare le potenze belligeranti a cessare quella che fu da lui definita una “inutile strage”, dall’altro si deve tener conto della posizione degli episcopati e del clero dei paesi in guerra, inclini ad una visione “nazionalistica”. Vi fu quindi un atteggiamento duplice da parte dei governi, che intendevano servirsi della religione per meglio motivare i soldati, ma che nello stesso tempo diffidavano delle iniziative “disfattiste” del Vaticano. Un caso particolarmente interessante fu quello dell’Italia: il governo reintrodusse i cappellani militari nell’esercito, ma volle che nel Patto di Londra vi fosse una clausola per escludere la Santa Sede dalla partecipazione alla Conferenza della Pace, per timore che si volesse approfittare dell’occasione per portare all’attenzione internazionale la Questione Romana.
- Edoardo Bressan (Università di Milano) – Pace internazionale e sicurezza sociale nel dibattito cattolico tra gli anni ’30 e ’50
Il tema della pace – all’interno di un dibattito che coinvolge il cristianesimo europeo e nordamericano, tanto in ambito cattolico quanto in ambito riformato – coinvolge in maniera significativa anche quello della sicurezza sociale e della sua traduzione politica, il Welfare State. L’idea di sicurezza sociale passa dal New Deal roosveltiano al “socialismo cristiano” inglese e trova così un’indiscussa legittimazione religiosa, come emerge in modo emblematico dagli scritti di Reinhold Niebuhr ma pure di Jacques Maritain, diventando elemento indispensabile di un futuro che si voleva basato sulla pace e sulla democrazia. Il mondo cattolico italiano fa proprie queste riflessioni fin dagli anni trenta, soprattutto con l’opera storico-economica di Amintore Fanfani. Ma è nel dopoguerra che il problema è al centro dell’attenzione, dalla Settimana sociale del 1949 alle proposte di Giorgio La Pira e Primo Mazzolari, in rapporto sia alle scelte concrete di politica dell’assistenza, che vanno per molti aspetti riconsiderate, sia a un approfondimento vicino ai fermenti che avrebbero portato alla stagione del Concilio.
- Alfonso Botti (Università di Urbino) – Il problema della pace e la guerra civile in Spagna: i cattolici europei e la Spagna
Per difficile che risulti farsene una ragione e comprenderne i motivi, a quasi settant’anni dallo scoppio della guerra civile spagnola, che da parte della gerarchia ecclesiastica del paese iberico e, più in generale, da parte cattolica, venne interpretata e presentata come conflitto religioso e come vera e propria “crociata”, manca un’esame delle motivazioni che vennero addotte per legittimare dal punto di vista teologico e morale la sollevazione militare e le sue sanguinose conseguenze. Sul piano storiografico, anzi, tali motivazioni traspaiono indirettamente più dalle critiche di chi all’epoca le avversò e ad esse si oppose, come Sturzo, Maritain, Mendizábal e altri cattolici democratici impegnati per una soluzione negoziata del conflitto e per disincagliare la Chiesa dalle sabbie mobili del sostegno alla causa franchista, che dall’analisi diretta delle fonti. All’esame di tali fonti è dedicata la relazione che, nel quadro del dibattito internazionale e spagnolo coevo sul diritto alla ribellione, guerra giusta e male minore, si soffermerà sulla pubblicistica cattolica del periodo, prendendo in esame sia le principali pubblicazioni periodiche sia la produzione di autori come Juan de la C. Martínez (¿Cruzada de rebelión? Estudio histórico-jurídico de la actual guerra de España, Zaragoza, Tip. La Académica, 1938), Anicedo de Castro Albarrán (El derecho a la rebeldía, Madrid, Gráf. Universal, 1934; Guerra Santa: el Sentido Católico del movimiento nacional español, Burgos, Editorial Española, 1938; El derecho al Alzamiento, Salamanca, Tall. Cervantes, 1941) Eugenio Ayape (Sangre de España: espiritu y virtud redentora de la Cruzada Española, Manizales, Tip. San Augustín, 1939) e svariati altri.
- Marco Impagliazzo (Università per stranieri di Perugia) – I cattolici e la pace: aspetti e momenti del pontificato di Pio XII
Il pontificato di Pio XII incrocia più volte il problema e la realtà della guerra. E’ nota l’importanza cruciale che rivestirono sia la seconda guerra mondiale sia la “guerra fredda” nell’ambito di questo pontificato. Meno noto è invece l’atteggiamento della S. Sede e il coinvolgimento della Chiesa cattolica nelle guerre di indipendenza dei paesi del “Terzo Mondo” legate al processo di decolonizzazione. E’ soprattutto a questo aspetto che si intende rivolgere una specifica attenzione nell’ambito di questo intervento, assumendo in particolare il caso della guerra d’ Algeria il cui impatto sulla cattolicità fu ampio ed emblematico.
- Giovanni Turbanti (Istituto di scienze religiose Bologna) – Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II
Nel corso del pontificato di Giovanni XXIII il tema della pace diventa sempre più importante, anche in relazione al progetto di convocazione del concilio ecumenico. Nei discorsi del pontefice il concilio voleva essere una risposta della chiesa ai problemi concreti che stava vivendo il mondo contemporaneo. Tra questi emergeva per la sua particolare gravità quello della tensione internazionale e dal pericolo di un conflitto nucleare. Nella preparazione degli schemi da discutere prevalse tuttavia una impostazione “dottrinale” del problema della guerra e delle armi moderne, secondo l’impostazione che era stata data da Pio XII. La crisi di Cuba spinse Giovanni XXIII a dedicare una enciclica al tema della pace. Quando i padri conciliari affrontano il tema della pace intendono superare le categorie della dottrina tradizionale ma subiscono forti condizionamenti politici e ideologici. Con il concilio il tema pace/giustizia diventa strategico per ridefinire la posizione della chiesa nel mondo moderno.
- Daniela Saresella (Università di Milano) – Il dibattito post-conciliare
Nel corso del pontificato di Giovanni XXIII il tema della pace diventa sempre più importante, anche in relazione al progetto di convocazione del concilio ecumenico. Nei discorsi del pontefice il concilio voleva essere una risposta della chiesa ai problemi concreti che stava vivendo il mondo contemporaneo. Tra questi emergeva per la sua particolare gravità quello della tensione internazionale e dal pericolo di un conflitto nucleare. Nella preparazione degli schemi da discutere prevalse tuttavia una impostazione “dottrinale” del problema della guerra e delle armi moderne, secondo l’impostazione che era stata data da Pio XII. La crisi di Cuba spinse Giovanni XXIII a dedicare una enciclica al tema della pace. Quando i padri conciliari affrontano il tema della pace intendono superare le categorie della dottrina tradizionale ma subiscono forti condizionamenti politici e ideologici. Con il concilio il tema pace/giustizia diventa strategico per ridefinire la posizione della chiesa nel mondo moderno.