Marco Severini
Le Marche rappresentano un interessante caso di studio in età liberale per quanto riguarda sia la scelta della rappresentanza parlamentare sia la selezione del governo locale. Nelle province meridionali (Ascoli, Macerata)si verifica, almeno fino all’avvento del fascismo, una chiara corrispondenza di tipo politico-sociale tra i due ceti dirigenti, entrambi espressione di un élite di latifondisti e alto-borghesi di marcata fisionomia conservatrice e filogovernativa; in quelle settentrionali (Ancona, Pesaro) invece la tendenza si rivela più complessa per la forte eredità delle idealità democratiche e repubblicane, cui si aggiunge il forte radicamento del pensiero socialista: pertanto non solo convivono nelle principali città un governo locale ed un deputato di orientamento politico antitetico, ma il progresso delle forze dell’Estrema porta al termine dell’età giolittiana a spodestare i dirigenti liberali dalla maggioranza della deputazione parlamentare. Il reperimento di alcuni archivi di deputati e maggiorenti locali, il ricorso alla cospicua stampa periodica (solo all’inizio del ‘900 sono presenti nella regione circa 380 fogli politici) e la presenza di alcuni significativi casi di studio – proposti dalla recente pubblicistica – consentono di presentare un quadro lineare dei rapporti tra rappresentati e rappresentanti ed una ricostruzione chiara del sistema degli equilibri di potere locale.