Piero Melograni
Quaderni I/2001
SEGRETI PERSONALI E SEGRETI DI STATO.
Privacy, archivi e ricerca storica
a cura di Carlo Spagnolo
Parte II
Fascicoli e archivi segreti
Ho apprezzato moltissimo le parole del senatore Brutti e, come si può capire dalla coda della sua relazione, ci sono due punti di vista molto diversi sulla conservazione o la distruzione di questi documenti. Uno direi è il punto di vista dei politici e delle istituzioni, e poi l’altro è costituito, in linea di massima, dalle indicazioni e dai desideri degli storici. Io mi trovo a partecipare ad entrambe le categorie, anche se non pretendo di rappresentare tutti qui, perché so che alcuni saranno in disaccordo con la mia posizione.
Allora, fascicoli segreti: “distruzione o conservazione”? Per quanto riguarda le carte dei servizi segreti, credo che il criterio guida dovrebbe essere quello di conservare tutto quanto può avere interesse per gli storici, anche i documenti anonimi, anche i falsi e, più in generale, tutti i dossier riservati, compresi quelli contenenti documenti denigratori e offensivi per le persone. Dovremmo comportarci così, sia perché questi documenti riservati hanno di solito un grande interesse in se stessi, sia perché, distruggendoli, non saremmo più in grado di ricostruire la storia dei servizi segreti.
C’è però una domanda che io dovrei rivolgere agli archivisti: avremmo lo spazio per tenere tutti gli archivi segreti? Non lo so, è probabile che ci troviamo di fronte ad una necessità di compiere una cernita fra questa documentazione segreta per motivi di spazio. Tuttavia il mio desiderio, come storico, sarebbe quello di conservare tutto quanto può avere interesse per la ricerca.
Invece credo che la posizione di Frattini, per come l’ho letta, tenda a escluderne una parte perché dice “ci sono dossier che sono contro la reputazione dei singoli e che non hanno niente a che fare con la sicurezza dello Stato”. Mi sembra implicito, nel discorso di Frattini, che questi documenti dovrebbero essere distrutti; viceversa credo che dovremmo fare uno sforzo per conservare anche loro. dall’altra parte ricordiamoci che gli storici utilizzano abitualmente i documenti falsi, in qualche misura quasi tutti i documenti contengono degli elementi di falsità , perché contengono degli elementi di soggettività , di reticenza, di esagerazione e forse a volte anche di falsità vera e propria, ma è la bravura dello storico, è la sua onestà intellettuale e scientifica, quella che servirà a mettere, come è stato detto stamattina, questi documenti nel contesto giusto e vedere che cosa c’è di vero e che cosa c’è di falso. dall’altra parte come faremo la storia dei servizi segreti se non avremo i dossier anche con tutte le loro falsità , esagerazioni, reticenze, tendenziosità ?
Se mi trovassi di fronte alla scelta tra il conservare un fondo archivistico, senza mostrarlo agli studiosi per cento anni, e viceversa il distruggerlo, non avrei dubbio, preferirei la prima scelta: conservarlo, magari con lunghissimo periodo di anni, ho detto forse esageratamente cento anni, con l’avvertenza che è stata già detta, cioè il segreto, i sigilli. Queste carte saranno sigillate veramente per un certo periodo di anni che si stabilirà , nello stesso tempo è importante redigere il codice deontologico di cui si è parlato questa mattina perché dovrebbe costituire una garanzia per tutti sull’uso di questo materiale che altrimenti scotta e può determinare delle conseguenze anche di carattere politico del tutto imprevedibili, per qualunque persona, a qualsiasi partito appartenga.
Quindi c’è un interesse dei politici e delle istituzioni e c’è un interesse degli storici, e questi due interessi, io credo, in linea di massima non coincidono. E’ stato detto stamattina da Graziosi che il codice deontologico è facile per noi da chiedere: dev’ essere il più liberale possibile. un’avvertenza va fatta: un codice troppo liberale, una regolamentazione troppo liberale delle fonti archivistiche comporta il rischio che queste fonti siano distrutte, ovvero che non siano neanche messe in opera, c’è l’ha insegnato già Federico Chabod nei suoi testi, perché se io fossi un funzionario e sapessi che un documento delicato da me firmato potrebbe essere reso pubblico nel giro di pochi anni, o non lo creerei o lo distruggerei, farei in modo che non arrivi mai e poi mai ad un archivio o a degli storici. Quindi la materia è delicata e penso che si tratti di trovare un punto di equilibrio, sia per le questioni di spazio, sia per la questione che ho appena detto.
Dall’altra parte, abbiamo anche una prova del male che può fare la distruzione di un archivio, com’è stato nel caso del SIFAR, nel “falò” del 1974. Io ricordo benissimo, allora si disse che conteneva ritagli di giornali, pettegolezzi anonimi, cose di nessun rilievo storico, perfino politico e quindi non degno di essere conservato. può darsi, ma non lo sappiamo perché i documenti sono stati distrutti e non potremo mai rispondere a questa domanda; però sappiamo che quando nel 1982, come è stato appena ricordato, a Montevideo, sono state ritrovate le carte di Gelli, nessuno è stato in grado di fare un riscontro fra le carte bruciate ed il fondo di Gelli, e questo è un problema che, secondo me, noi avremmo potuto assolutamente evitare. Io ricordo che dell’ archivio SIFAR parlai a quel tempo anche con Renzo De Felice, il quale fu molto esplicito. Dicemmo entrambi che bisognava cercare di salvare questi documenti. Persino i ritagli stampa a De Felice erano stati utilissimi, perché Mussolini aveva un ufficio “ritagli stampa” e lui era entrato in possesso di queste carte; erano soltanto ritagli ma si trattava di documenti di grande interesse. Vi posso anche riferire che Sergio Soave, con cui ieri ho parlato di questa riunione odierna, mi ha detto di essere assolutamente dall’accordo con me: cerchiamo il più possibile di salvare. Massimo Teodori invece ha affermato che “i documenti raccolti illegalmente vanno distrutti”. Non sono di questo avviso ma mi piacerebbe conoscere la motivazione di questa sua dichiarazione perché sono sempre pronto a cambiare opinione se Teodori mi opporrà buoni argomenti a favore della sua tesi.
In proposito volevo rivolgere una domanda al senatore Brutti, perché lui ha detto che la Guardia di Finanza, per noi storici encomiabilmente, non ha distrutto nulla, mentre mi chiedo che cosa abbiano fatto i Carabinieri.
C’è un’ ultima cosa che voglio dire, che riguarda il futuro. Ovvero, noi stiamo parlando di un materiale cartaceo, cioè stiamo parlando di un passato storico, che non c’è più. Stiamo per avere, spero che gli archivi si attrezzino per questo, il materiale informatico. Penso che i servizi siano già informatizzati, per cui il problema della conservazione del materiale cartaceo si riferisce soprattutto ad anni antecedenti alla diffusione dell’informatica. Ho il timore che se fra cinquant’anni qualcuno udisse la registrazione di quanto abbiamo detto in questa sala oggi, si farebbe le più matte risate perché il rischio che noi corriamo è quello della distruzione di tutto. L”informatica ci consentirebbe in teoria di conservare pressoché tutti i documenti, e in pochissimo spazio. Ma gli archivi storici dovrebbero fin da ora organizzarsi e attrezzarsi per renderlo possibile. Intanto ci vogliono enormi risorse per poter trasportare la documentazione sempre su supporti più moderni, né possiamo risolvere tale difficoltà conservando i computer antichi, perché il computer antico è destinato a guastarsi ed è certo che tra dieci anni, ma anche fra molto meno, noi non troveremo più i pezzi di ricambio. Che cosa pensa di fare l’amministrazione pubblica, per la conservazione della memoria storica degli italiani in un periodo informatico? Temo che gli archivi siano in ritardo e non possiedano mezzi sufficienti. Temo inoltre che qualcuno possa approfittare della facilità di cancellazione e di occultamento che l”informatica consente. Il falò può essere portato a termine in un istante, poggiando il dito su un tasto.