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Modello A
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Modello B Ventrone
Schede di valutazione

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)


PROGRAMMA DI RICERCA – MODELLO AAnno 2004 – prot. 2004118208
PARTE I

1.1 Programma di Ricerca di tipo
Interuniversitario

Area scientifico disciplinare Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (65%) 
Area scientifico disciplinare Scienze politiche e sociali (35%) 
 

1.2 Titolo del Programma di Ricerca

La violenza nel XX secolo: l’approccio storiografico in una dimensione comparata

1.3 Abstract del Programma di Ricerca

Il Novecento è stato considerato il secolo più violento della storia dell’umanità e tale appare, effettivamente, a una prima lettura: anche se indagini comparative con il passato hanno cercato a volte di mettere in dubbio questa convinzione e questa impressione. L’approccio storiografico, se adottato utilizzando nel modo più ampio le sue caratteristiche di comparazione – in senso diacronico e sincronico – può riuscire utilmente a suggerire nuove risposte e a riorganizzare in forme nuove le riflessioni che sono venute dalle diverse scienze sociali.
L’analisi storica, infatti, può permettere di osservare il fenomeno della violenza nella sua complessità, tenendo al tempo stesso conto degli aspetti quantitativi, degli obiettivi, delle occasioni, delle forme, dei contesti, delle tappe, delle responsabilità e della partecipazione che accompagnano la violenza; essa può dunque apportare un contributo autonomo alle riflessioni contemporanee delle scienze umane e sociali sulla violenza.
Una delle specificità della storia contemporanea, e di quella novecentesca in particolare, è il ruolo primario della politica nello spazio pubblico e nelle vicende complessive (sociali, economiche, culturali) che hanno trasformato il paesaggio storico con una velocità sconosciuta nelle epoche precedenti. Anche sul terreno della violenza, il ruolo della politica – come suscitatrice, giustificatrice, legittimatrice o risolutrice di azioni e comportamenti violenti – è stato particolarmente rilevante e merita un’attenzione particolare.
La ricerca, che verrà svolta da due unità di ricerca particolarmente numerose e composite, si porrà il compito di attuare due autonome riflessioni metodologiche e di contenuto – una sul piano diacronico e l’altra su quello sincronico – e di passare successivamente a un confronto dei risultati. La comparazione che ne potrà emergere – tra eventi storici differenziati temporalmente, geograficamente, politicamente, socialmente e culturalmente; tra discipline e strumenti di analisi differenti – permetterà di dare risposte e ipotesi per la comprensione della violenza del XX secolo che saranno certamente diverse da quelle generalmente usate per spiegare singoli eventi o che appartengono ad altri campi delle scienze sociali.
Nella prima fase della ricerca le due unità si muoveranno autonomamente: l’una indagando la violenza di massa che si è manifestata attraverso i genocidi e le stragi più rilevanti del secolo nella sua contestualizzazione storica; l’altra ponendo al centro della sua riflessione un decennio – quello degli anni ’70 – che ha trovato in diverse parti del mondo una declinazione e un’articolazione di notevole rilievo tanto per le storie nazionali o di area geografica quanto per le dinamiche internazionali più complessive.
La seconda fase della ricerca vedrà la presenza contemporanea di entrambi i gruppi di ricerca che procederanno al lavoro di confronto dei dati emersi e alla comparazione dei risultati raggiunti dalle singole unità. Il lavoro, che verrà organizzato attraverso incontri seminariali, si concentrerà sulla possibilità di enucleare i caratteri fondamentali e ricorrenti delle “cause” della violenza di massa del Novecento: cause che dovranno tenere conto, ovviamente, di quanto emerso nelle singole unità rispetto ai contesti storici, alle dimensioni quantitative, alle modalità, ai tempi e alle tappe della violenza, alla responsabilità e alla partecipazione, alle forme e mezzi usati, al ruolo delle ideologie e delle coscienze collettive e identitarie, al posto delle istituzioni politiche, dei governi e degli stati.
La ricerca si concluderà con un convegno internazionale in cui i risultati e le ipotesi più convincenti verranno sottoposte al vaglio e alla critica di studiosi ed esperti italiani e stranieri.

1.4 Durata del Programma di Ricerca    24 Mesi  


1.5 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca

M-STO/04 – Storia contemporanea 
M-STO/03 – Storia dell’Europa orientale 
SPS/06 – Storia delle relazioni internazionali 
SPS/12 – Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale 

1.6 Parole chiave

VIOLENZA ; NEMICO ; POLITICA ; COMPARAZIONE

1.7 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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FLORES D’ARCAIS MARCELLO   
Professore Ordinario 26/12/1945 FLRMCL45T26G224X 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di SIENA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE      
0577/235069
(Prefisso e telefono) 
0577/235076
(Numero fax) 
flores@unisi.it
(Email) 


1.8 Curriculum scientifico

Dal 1975 al 1993 ha insegnato Storia dei movimenti politici all’Università di Trieste; attualmente è docente di Storia Contemporanea e di Storia Comparata all’Università di Siena, dove dirige anche il Master in Human Rights. Ha compiuto soggiorni di studio a Berkeley, Cambridge, Parigi, Mosca; a Varsavia è stato per due anni addetto culturale presso l’Ambasciata italiana e ha insegnato per un anno in quella Università. Ha organizzato quattro convegni internazionali: “Il mito dell’Urss” (Cortona 1989); “L’identità collettiva e la memoria storica” (Varsavia-Siena 1994); “L’esperienza totalitaria nel XX secolo” (Siena 1997), “Storia, Verità, Giustizia: i Crimini del XX Secolo” (Siena, 2000). Ha fatto parte del comitato di direzione de “I viaggi di Erodoto” ed è membro di quelli di “Italia contemporanea” e di “Storia e problemi contemporanei”. Collabora alla rivista “Il Mulino”. E’ membro del comitato scientifico per la pubblicazione dei documenti diplomatici sull’Armenia. Fa parte del Comitato scientifico e del Comitato editoriale della “Storia della Shoah”, in preparazione per l’editore Utet in 4 volumi.

1.9 Pubblicazioni scientifiche più significative del Coordinatore del Programma di Ricerca

1.FLORES MARCELLO (2003). The Legacies of Fascism, Nazism and Communism
In SHLOMO AVINERI AND ZEEV STERNHELL Europe’s Century of Discontent. pp. 189-200 JERUSALEM: The Hebrew University Magnes Press (ISRAEL)  
2.FLORES MARCELLO (2003). Truth and History in Post-Dictatorial Argentina, Post-Communist poland, and Post-Apartheid South Africa: Collective Memory between the Public Sphere and the Private Experience
In R. BARITONO; D.FREZZA; A.LORINI; M.VAUDAGNA; E.VEZZOSI Public and Private in American History. State, Family, Subjectivity in the Twentieth Century. pp. 147-164 ISBN: 88-87503-71-0 TORINO: Otto (ITALY)  
3.FLORES D’ARCAIS M. (2002). Il secolo-mondo. Storia del Novecento pp. 615 ISBN: 88-15-08762-1 BOLOGNA: Il Mulino (ITALY)  
4.FLORES D’ARCAIS M. (2001). Confrontare le atrocità. Il ruolo dello storico
In TZVETAN TODOROV; LOWY MICHAEL; BETTINI MAURIZIO; STERNHELL ZEEV; RANZATO GABRIELE; KAISER HILMAR; MODZELEWSKI KAROL; SALVATI MARIUCCIA; KIERNAN BEN; DANIEL JOHN; ZASLAVSKY VICTOR; FLORES D’ARCAIS M. Storia, verità, giustizia. I crimini del XX secolo. pp. 379-399 MILANO: Bruno Mondadori (ITALY)  
5.FLORES MARCELLO (1999). Verità senza vendetta. L’esperienza della Commissione Sudafricana per la verità e la riconciliazione ROMA: Manifestolibri (ITALY)  


1.10 Elenco delle Unità di Ricerca

nº Responsabile Scientifico Qualifica Settore Disc. Università Dipartimento Mesi Uomo
1.CRAINZ GUIDO Professore Ordinario M-STO/04 TERAMO STORIA E CRITICA DELLA POLITICA 12 
2.FLORES D’ARCAIS MARCELLO Professore Ordinario M-STO/04 SIENA SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE 18 
3.PAGGI LEONARDO Professore Ordinario M-STO/04 MODENA e REGGIO EMILIA SCIENZE SOCIALI, COGNITIVE E QUANTITATIVE 18 
4.VENTRONE ANGELO Professore Associato M-STO/04 MACERATA DIRITTO PUBBLICO E TEORIA DEL GOVERNO 12 

 


1.11 Mesi uomo complessivi dedicati al programma

Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca   10 70 66 136 
Personale universitario di altre Università   46 36 82 
Titolari di assegni di ricerca   11 11 22 
Titolari di borse Dottorato 22 22 44 
 Post-dottorato    
 Scuola di Specializzazione    
Personale a contratto Assegnisti    
 Borsisti    
 Dottorandi    
 Altre tipologie 45 45 90 
Personale extrauniversitario   64 66 130 
TOTALE   36 258 246 504 

PARTE II

2.1 Obiettivo del Programma di Ricerca

Nell’ultimo si è assistito ad un crescente interesse per il tema della violenza, che è stato il risultato convergente di dinamiche diverse ma correlate: la ripresa di studi e analisi relativi alle grandi violenze di massa del XX secolo, soprattutto a partire dai genocidi, dai campi di concentramento, dalle repressioniattuate dai regimi totalitari, dalle guerre mondiali, dai conflitti coloniali e post-coloniali; i tentativi di comprendere i caratteri delle violenze di massa manifestatesi in diverse regioni del mondo a partire dalla caduta del Muro di Berlino, che hanno avuto in parte un carattere maggioremnte convenzionale ma si sono spesso distinte per elementi di novità e originalità riespetto all’epoca della guerra fredda (dai conflitti nella ex-Jugoslavia a quelli nella regione africana dei Grandi laghi, alla Cecenia e altri paesi dell’ex-Unione Sovietica; il tentativo di ridefinire e comprendere meglio il fenomeno della violenza contemporanea messo in atto dalle sceinze umane e sociali, a partire dalla sociologia e dall’antropologia, dalla scienza politica agli studi sulla devianza, dalla psicologia comportamentale a quella sperimentale.
La ricerca intende definire qual è stato e quale può essere il contributo specifico della storiografia all’analisi e alla comprensione della violenza di massa nel XX secolo, distinto metodologicamente e nei risultati da quello delle altre scienze sociali. Ad alcuni interrogativi comuni (le cause della violenza) si affiancheranno domande che appartengono precipuamente alla conoscenza e alla indagine storica e che gli studi degli ultimi anni hanno permesso di ampliare favorendo una crescente interazione tra le diverse scienze umane.
Un momento centrale della ricerca sarà costituito dal carattere eminentemente pubblico e politico della violenza di massa del ‘900, sia che si sia manifestata sotto forma di conflitto armato sia come strumento attuativo di ideologie di tipo totalitario e volontaristico. Nel corso del XX secolo la violenza ha rappresentato la manifestazione più estrema del conflitto politico, l’espressione di identità collettive antagoniste e lo strumento per opporsi alla richiesta di diritt da parte di gruppi, minoranze, settori della società.
Ci sono diversi temi attorno a cui si può organizzare la ricerca sulla violenza, e differenti punti di partenza da cui orientare l’analisi: l’esercizio del potere statale e di politiche di governo per bloccare processi violenti all’interno della società; l’uso della violenza dello stato e del governo per reprimere la richiesta di diritti di minoranze razziali, religiose, etniche, di genere; la violenza come strumento di risposta nei confronti dello stato da parte di gruppi che si prefiggono di abbattere governi e modificare radicalmente le istituzioni; la violenza nei processi di transizione alla democrazia; il permanere di modelli di violenza e l’abuso di diritti da parte dello stato anche in situazioni di demcrazia stabile e consolidata; il ricorso alla violenza per risolvere contese politiche, ideologiche, religiose, territoriali; la crescita della violenza individuale e della criminalità organizzata in particolari epoche storiche; il ruolo della violenza nello sforzo di autodefinizione identitaria di gruppi nazionali o sociali in periodi d’incertezza e difficoltà; la giustificazione della violenza come strumento di garanzia della propria sicurezza.
E’ soprattutto l’analisi storica che può permettere di indagare il fenomeno della violenza nella sua complessità: intrecciando le considerazioni qualitative con le analisi quantitative, tenendo conto delle tappe, delle forme, delle occasioni, delle modalità della violenza ma anche della responsabilità, della partecipazione, della memoria che accompagnano l’estrinsercarsi della violenza. La ricerca cercherà di valutare se è possibile definirie univocamente e in modo coerente la violenza; di individuare una gerarchia di casualità nella spiegazione della violenza; di elencare gli elementi costitutivi per comprendere la violenza nella sua genesi e nei suoi risultati; di indicare il peso e il ruolo delle diverse cause della violenza e dei contesti che la facilitano.
La ricerca si dividerà in unità che svolgeranno un lavoro eminentemente sincronico – individuando un periodo storico circoscritto in cui le modalità di espressione della violenza sono state molteplici e simultanea la sua manifestazione in regioni geografiche differenziate – e unità che privilegeranno una comparazione diacronica attorno a problemi e interrogativi che si sono riproposti più volte nel corso del secolo anche se in modi e forme diverse.
Tutte le unità intrecceranno nel loro lavoro un’analisi storiografica concreta (fondata sulla selezione e valutazione delle fonti, raccolta documentaria, uso di memorialistica, nuove evidenze archivistiche), una riflessione in merito al più recente dibattito storiografico, una ipotesi interpretativa che tenga conto dei risultati di ricerche particolari e dei suggerimenti delle opere di sintesi relative all’argomento della violenza di massa.
Il lavoro comune di comparazione tra le singole unità avverrà mettendo a confronto le ipotesi di partenza e i risultati conclusivi relativi ai diversi problemi e interrogativi storiografici precedentemente elencati; discutendo l’apporto delle proposte e interpretazioni emerse dalle teorie e dalle riflessioni delle scienze sociali; cercando di racchiudere in punti d’arrivo consolidati i parziali risultati ottenuti e mettendo mano a una successiva agenda di ricerca.
In questo quadro si porrà particolare attenzione, tanto nel lavoro delle singole unità quanto nell’approccio comparativo che verrà svolto in modo congiunto da tutti i partecipanti alla ricerca, ad affrontare i temi della rappresentazione e della memoria della violenza, che hanno costituito per il tutto il Novecento un momento cruciale di coscienza e identità collettiva, di decisiva importanza per il rapporto con la violenza che si è venuto a creare nelle diverse epoche e nelle differenti regioni geografiche.

2.2 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale

La violenza è stata oggetto negli ultimi anni di un’attenzione che ha coinvolto diverse discipline e si è focalizzata tanto sulla sua dimensione individuale quanto sulle sue manifestazioni collettive e di massa, tanto sulle sue cause quanto sui suoi effetti e risultati, tanto sulle modalità con cui si esprime quanto sulle immagini di essa che si fissano nella memoria. Le ricerche condotte si sono concentrate su singoli paesi, su singoli casi, su singoli periodi o si sono arricchite di momenti di comparazione e di analisi multidisciplinari; hanno analizzato il comportamento individuale e quello di gruppi sociali od etnici. Anche se non verranno presi in diretta considerazione, non si possono dimenticare – per la loro influenza generale sulla cultura contemporanea e, indirettamente, anche su quella storiografica – gli studi che hanno cercato nei fattori biologici e genetici una risposta alle origini e alle esplosioni di violenza in alcune realtà, soprattutto urbane e industrtiali avanzate. Il conflitto Cultura/Natura, al centro degli studi e delle polemiche che hanno caratterizzato l’ultimo decennio della psicologia evoluzionista, della sociobiologia e della genetica evolutiva, ha spesso utilizzato il parametro della violenza e dell’aggressività come momento di verifica dei propri assunti e delle contrapposte posizioni.
La violenza individuale, soprattutto quella “domestica” (e in particolar modo quella nei confronti delle donne e dei bambini), è stata al centro delle riflessioni tanto della psicologia quanto della criminologia, della sociologia come dell’antropologia: dalle vittime dell’alcolismo nelle famiglie nucleari occidentali alle mutilazioni genitali delle bambine africane l’attenzione per le vittime e per le figure “deboli” nelle diverse situazioni domestiche (mononucleari o di clan) ha prodotto centinaia di studi che sono in parte confluiti nelle analisi dei conflitti o dei contesti di violenza contemporanei in cui comportamenti di violenza di massa si sono affiancati a una tradizione di violenze individuali. La questione della violenza sessuale, e in particolar modo degli stupri, ha costituito forse il terreno di maggiore intreccio tra gli studi “individuali” della psicologia, della criminologia e della sociologia e quelli “collettivi” che hanno trovato tanto nei conflitti recenti (Croazia, Bosnia, Kosovo, Cecenia) quanto in momenti storici riportati alla luce con dovizia di documentazione (L’occupazione di Nanchino, le “comfort women” durante la seconda guerra mondiale) un costante punto focale nell’analisi della violenza e nel tentativo di comprenderla e spiegarla.
Gli studi di genere, spesso ibridati con quelli culturali, hanno prodotto tentativi interessanti anche se non sempre convincenti (come dimostra il dibattito che ne ha accompagnato la pubblicazione: ad esempio il volume di Joanna Bourke) di individuare nuove spiegazioni di comportamenti violenti e di atteggiamenti e stereotipi riscontrabili in differenti momenti di violenza collettiva.
La violenza politica è stata, naturalmente, al centro della riflessione contemporanea, abbracciando tanto le analisi sulla violenza degli stati repressivi e dei governi militari e autoritari quanto quelle sul terrorismo, sui conflitti etnici e territoriali, sulle nuove guerre. Un filone di ricerca ha messo l’accento sul paradosso della crescita della violenza interna agli stati in un periodo di democratizzazione e sviluppo economico senza precedenti. Un altro ha sviluppato parametri originali per descrivere e analizzare la viollenza negli stati in transizione alla democrazia (da regimi totalitari, dittature militari, governi razzisti). Un altro filone è stato quello dei limiti e delle eccezioni al modello sociologico (Weber, Elias, ecc) di uso esclusivo e legittimato della forza da parte dello stato moderno. Anche il rapporto tra violenza e crescita economica, da sempre considerato centrale nella spiegazione dei conflitti interni ed sterni dell’età contemporanea, è stato riconsiderato alla luce della massiccia interdipendenza nell’epoca della globalizzazione, dove l’accesso diseguale alle risorse, ai servizi, alla finanza e la crescita della corruzione statale e istituzionale, influenza le trasformazioni politiche in modo diverso e maggiormente conflittuale che nel passato. La globalizzazione sembra avere modificato anche il rapporto di villenza tra la società e lo stato in generale e tra i diversi gruppi e classi soprattutto nei paesi sottoposti a crescenti pressioni sul versante economico, ambientale e demografico. Un ulteriore campo di ricerca è stato quello del ruolo differenziato e molteplice nel fomentare la violenza da parte di istituzioni statali e pubbliche, gruppi politici e associazioni, criminalità organizzata e movimenti etnici.
La questione della violenza appare una questione quasi-universale e la maggior parte degli studi sottolinea come, a dispetto dei luoghi comuni su violenze ataviche, ricorrenti e tradizionali, essa nasce dallo sforzo di gruppi organizzati di definirsi, rafforzarsi, migliorare il proprio potere e dotarsi di stabile identità in momenti di incertezza e scarsità di risorse. La minaccia alla propria identità accentua la definizione di nemico attribuita agli altri gruppi e crea i tratti caratteristici di una appartenenza che si declina per opposizione, e favorisce così il processo di generazione della violenza.
Gli studi più propriamente storiografici hanno contribuito non poco a una nuova e più completa visione del fenomeno della violenza nel XX secolo. La prima metà del secolo è stata caratterizzata da massicce guerre interstatali accompagnate dall’azione pubblica per eliminare, spostare, subordinare o controllare larghe parti di popolazione, che hanno comportato un numero elevatissimo di vittime, soprattutto in Europa; la seconda metà è stata invece segnata maggioritariamente da guerre civili, guerre per l’indipendenza o separatiste, conflitti etnici e religiosi, dura repressione interna che ha colpito soprattutto i paesi non occidentali ed extraeuropei.
La letteratura sulla prima metà del secolo si è arricchita soprattutto di studi relativi alle esperienze totalitarie e all’approfondimento delle diverse forme di violenza occorse durante le due guerre mondiali, alla natura e conformazione dei campi di concentramento e di lavoro e degli universi concentrazionari, alle forme di violenza coloniale o alle diverse tipologie di guerre civili interne alla pratica europea della violenza. Gli studi sulla seconda metà hanno invece privilegiato le nuove forme di guerra e i diversi tipi di conflitto che hanno caratterizzato la guerra fredda nelle sue varie fasi e l’epoca successiva al crollo e alla fine del comunismo.
In generale, comunque, si può dire che le spiegazioni della violenza nella più recente letteratura si possono riassumere in tre filoni: quello che privilegia la propensione alla violenza (innata e/o storicamente acquisita) di chi la compie, individuando le cause dei comportamenti violenti in motivi di ordine genetico, emotivo o in processi particolari che spingono alcuni gruppi e individui a privilegiare questa risposta; quello che vede la violenza come una interazione strumentale e mezzo per raggiungere (sul piano individuale comne su quello collettivo o statale) ricchezza, potere, prestigio; quello secondo cui la violenza è una forma culturale, che accompagna storicamente lo sviluppo di alcuni paesi e per cui il raggiungimento o l’attuazione di modelli, idee, pratiche e credenze può utilizzare quello strumento più che in altre culture. E’ carente, tuttavia, in ognuna di queste spiegazioni, una visione integrata e approfondita della genesi, dello sviluppo, della traiettoria e dei risultati della violenza soprattutto pubblica. Prevale, in molti casi, una concezione mortale della villenza e una difficoltà a individuarla coerentemente come fenomeno storico prodotto da cause moltpelici e contesti che ne favoriscono l’esplodere e il manifestarsi.

2.2.a Riferimenti bibliografici

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Zimmerman, Ekkart, Political Violence, Crises and Revolutions, Schenkman, Cambridge, 1983

2.3 Numero di fasi del Programma di Ricerca:    4


2.4 Descrizione del Programma di Ricerca

Fase 1
Durata e costo previsto

Durata  Mesi  4 Costo previsto  Euro  30.000 

Descrizione

La prima fase della ricerca sarà dedicata a rendere omogenee le impostazioni di ricerca delle singole unità, pur lasciando ovviamente ad ognuna la scelta e la responsabilità di percorrere strade differenti. Particolare attenzione sarà data a un’analisi della più recente letteratura, di cui si valuteranno collettivamente le rilevanze e le novità introdotte; al confronto con le ipotesi interpretative emerse dalle altre scienze umane e sociali sul problema della violenza; alle dimensioni qualitative e quantitative della storiografica negli ultimi cinque anni e le indicazioni che se ne possono trarre. Il confronto storiografico potrà permettere di valutare le diversità lessicali e terminologiche oltre che concettuali esistenti tra studi relativi a periodi ed esperienze storiche diverse; l’influenza del linguaggio giuridico o politologico; la presenza di considerazioni di tipo etico-fiolosofico capaci di indirizzare i giudizi storici verso alcune interpretazioni piuttosto che verso altre.
L’impostazione anti-ideologica comune a tutte e quattro le unità di ricerca, che rifiuta una lettura storica appiattita su giudizi ideologici e politici e su proposte interpretative monocausali, potrà permettere di valutare la storiografia esistente classificandola anche per la maggiore o minore aderenza ai dettami della critica storica: introducendo in questo modo problematiche di carattere metodologico che dovranno accompagnare in modo particolarmente evidente lo studio di un fenomeno – qual è quello della violenza – che è stato oggetto dell’attenzione di tutte le scienze sociali.
In questa prima fase, dopo un avvio che avverrà naturalmente in sede locale, si può prevedere una o due giornate seminariali, da ripetere eventualmente un paio di volte, in cui le differenti unità di ricerca si misurano sui problemi sopra accennati. I ricercatori delle diverse unità che affrontano problematiche simili o vicine si porranno in relazione indipendentemente dal lavoro interno alla propria unità, favorendo in questo modo un maggiore flusso e scambio di informazioni anche nel periodo in cui la ricerca avverrà prevalentemente all’interno delle singole unità.

Risultati parziali attesi

I risultati della prima fase si concentreranno soprattutto sul raggiungimento di una omogeneità metodologica che permetterà, anche nella forte varietà di periodi ed eventi storici affrontati, di ricondurre nel medesimo alveo d’indagine il lavoro delle diverse unità di ricerca. I singoli gruppi dovranno iniziare ad affrontare il proprio lavoro con degli elementi di novità rispetto a quelli presenti nella preparazione del progetto: gli incontri seminariali, pur mantenendo un approccio aperto e interlocutorio, dovranno cercare di fare emergere spunti innovativi nelle ipotesi di lavoro e approfondimento critico nei confronti. La cosa più importante sarà la diffusione tra le diverse unità di ricerca degli interrogativi storiografici che sottendono alle ipotesi di lavoro: e un loro confronto critico con la storiografia più recente e con le ipotesi maturate negli ultimi anni nelle scienze sociali. Centrale sarà la possibilità di fare emergere fin dai mesi iniziali della ricerca degli interrogativi comuni da porre al centro del lavoro su diversi periodi storici e su differenti eventi e problemi; sarà attorno a essi – che vanno individuati oltre che nei confronti del dibattito storiografico degli ultimi anni anche con le possibilità di acquisire nuova documentazione archivistica, memorialistica, ecc. – che proseguirà il confronto tra le unità mentre esse svolgeranno la propria ricerca, orientata appunto da questi interrogativi comuni emersi nella prima fase.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 

Fase 2
Durata e costo previsto

Durata  Mesi  8 Costo previsto  Euro  100.000 

Descrizione

La seconda fase vedrà le unità di ricerca impegnate prevalentemente nell’analisi del proprio progetto specifico: due unità di ricerca svolgeranno uno studio di tipo sostanzialmente sincronico e due, invece, di tipo diacronico. I percorsi di ricerca di tipo sincronico riguardano la seconda guerra mondiale e gli anni Settanta in una dimensione internazionale. Per quanto riguarda la seconda guerra mondiale si cercherà di vedere come la eccezionale proliferazione di forme nuove di violenza che si determinano nel suo corso non possa in alcun modo essere considerata prerogativa di uno dei due schieramenti in lotta, e come essa assuma invece caratteri assolutamente trasversali, ponendo in essere nuove strategie che ben lungi dall’arrestarsi nel 1945 continuano ad operare, anche se in costante trasformazione, fino ai giorni nostri. La ricerca sugli anni ’70 esaminerà la violenza sorto all’interno di quello che è stato definito un “nuovo disordine” economico, politico e sociale, dove si affermano nuove pratiche e culture della violenza, che si cercherà di affrontare muovendo da una duplice prospettiva: da un lato le dinamiche delle crisi che si aprono nelle diverse aree del mondo, dall’altro la specificità del caso italiano, profondamente segnato dall’esperienza della lotta armata. Il nesso fra instabilità politica e ricorso alla violenza sarà messo a fuoco analizzando il tormentato percorso dei paesi di recente formazione, nuovi soggetti politici del cosiddetto “sud del mondo”; rintracciando nella repentina e massiccia crescita dei flussi mondiali di rifugiati – negli anni che intercorrono fra la secessione del Bangladesh (1971) e l’invasione sovietica dell’Afganistan (1979) – le radici di quella “violenza etnica” destinata ad approdare nel cuore dell’Europa con le guerre Jugoslave degli anni novanta; indagando la violenza e il terrorismo di stato che caratterizzano i regimi militari latinoamericani di quegli anni con elementi inediti rispetto alle violenze di stato del passato anche rispetto alla violenza dei movimenti guerriglieri (montoneros, tupamaros ecc) invocata come una delle cause dei colpi di stato militari indispensabili per riportare ordine e stabilità nei vari paesi.
I due gruppi di ricerca che privilegiano un lavoro diacronico sull’intero arco cronologico del ventesimo secolo affronteranno il tema della violenza di stato di massa – attraverso gli episodi più grandiosi e terribili, i genocidi – e quello della violenza dei gruippi estremisti di diversa e opposta formazione ideologica. In un caso oggetto della ricerca è lo studio dello spazio militare, politico e culturale entro cui hanno avuto luogo i genocidi. L’attenzione sarà quindi posta su entrambi i filoni più tradizionali e compiuti degli studi (quello che indaga sulla genesi dei singoli genocidi e quello che si occupa in senso più ampio della storia nazionale e internazionale e del periodo in cui essi hanno luogo) per individuare un punto di raccordo capace di andare oltre motivazioni e spiegazioni che tendono a privilegiare o il troppo particolare o il troppo generale.
Nell’altro caso si esamineranno i movimenti politici estremisti, indipendentemente dalla loro collocazione ideologica, e il loro tentativo di ridefinire l’identità culturale e politica collettiva corrosa dai processi di atomizzazione sociale messi in moto dalla società industriale e secolarizzata. E’ in questo contesto che essi sono spinti a ricercare un’entità originaria – la nazione, la razza, la classe – che fondi l’unità e l’autorità superiori alle quali ancorare le identità individuali usando spesso un linguaggio ritualistico e dogmatico che favorisce l’avvio di un processo di sacralizzazione della politica.

Risultati parziali attesi

I risultati attesi dalla seconda fase si possono riassumere sostanzialmente nella capacità delle singole unità di ricerca di raggiungere elementi di comprensione, analisi e interpretazione dei propri oggetti di ricerca che costituiscano un vantaggio conoscitivo rispetto alla realtà storiografica precedente: tanto sul versante della documentazione raccolta, prodotta e selezionata quanto sul piano delle ipotesi di lettura e giudizio storico che vengono suggerite. Sarà la possibilità di rendere espliciti e coerenti questi risultati a permettere di individuare – da parte di ogni unità – il terreno e gli elementi del confronto comune che verrà svolto nella terza fase.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 

Fase 3
Durata e costo previsto

Durata  Mesi  6 Costo previsto  Euro  60.000 

Descrizione

La comparazione storica presume generalmente di potere offrire un valore aggiunto interpretativo rispetto ai risultati già conseguiti dalle analisi che riguardano uno solo degli elementi oggetto del confronto. E’ il carattere omogeneo degli interrogativi – quali sono le radici, le cause, le tappe, le forme, i risultati della violenza, la sua trasmissione, diffusione e memoria nella coscienza pubblica – a permettere di rendere possibile la comparazione tra eventi storici appartenenti a contesti temporali, geografici, politici e culturali spesso molro differenti. Nel corso del lavoro congiunto che le unità di ricerca svolgeranno in questa terza fase, l’analisi cercherà di comparare le risposte emerse agli interrogativi sopra indicati, evidenziando le novità rispetto alla recente storiografia o l’avvaloramento di tesi interpretative già note, individuando nella nuova documentazione, in diversi approcci metodologici o in proposte concettuali originali i motivi dei nuovi risultati raggiunti. L’approccio al tempo stesso diacronico e sincronico, l’attenzione agli elementi della fattualità della violenza (modalità, quantità, ruolo delle istituzioni, corpi militari e paramilitari) e a quelli della sua consapevolezza, giustificazione e percezione, permetterà di riordinare la concettualizzazione storica della violenza nel XX secolo cercando di tenere conto di una vasta mutlicausalità.

Risultati parziali attesi

I risultati della terza fase riguardano la comparabilità delle risposte storiografiche raggiunte dalle singole unità e il lavoro di confronto e di omogenizzazione compiuti. La possibilità di individuare, tanto sul piano concettuale quanto metodologico, una comune griglia interpretativa della violenza che possa dare conto delle diverse esperienze accadute nel XX secolo si deve accompagnare alla sottolineatura delle particolarità che rendono ogni evento singolare e irripetibile.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 

Fase 4
Durata e costo previsto

Durata  Mesi  6 Costo previsto  Euro  83.000 

Descrizione

Il lavoro da svolgere nella quarta fase cercherà di stabilire quanto un approccio globale di tipo storico possa permettere di dare risposte consolidate agli interrogativi che – sulla violenza – sono state posti anche dalle altre scienze sociali. E’ il confronto multidisciplinare, dopo quello avvenuto all’interno della storiografia, a costituire l’oggetto di un’analisi che dovrà richiamare l’attenzione di studiosi provenienti da altri campi disciplinari. La proiezione all’esterno dei risultati storiografici raggiunti dalle singole unità e dal gruppo nel suo complesso avverrà attraverso una proposta di discussione che si rivolgerà sia a esponenti della storiografia (che studiano fenomeni simili e diversi, che partono da approcci differenti, che sono giunti a risultati divergenti) sia a rappresentanti di altri campi disciplinari che hanno affrontato il tema della violenza suggerendo – anche all’interno delle proprie discipline – delle aperture verso una comparazione interdisciplinare.

Risultati parziali attesi

I risultati di questa ultima fase si possono riassumere nella proposta scientifica che il coordinamento delle unità di ricerca proporrà come base del convegno o seminario internazionale che concluderà il lavoro di ricerca. Più che un consolidato e definitivo risultato storiografico, si tratterrà di individuare il terreno del confronto da proporre alle altre discipline, sulla base dei risultati acquisiti dal lavoro di comparazione tra le diverse unità. Le proposte interpretative dovranno permettere di cogliere il valore aggiunto che la storiografia riesce a dare come contributo originale all’interno delle scienze sociali sulla questione della violenza.

Unità di Ricerca impegnate

Unità n. 1 
Unità n. 2 
Unità n. 3 
Unità n. 4 

2.5 Criteri suggeriti per la valutazione globale e delle singole fasi

La possibilità di valutare i risultati della ricerca, nelle singole fasi e alla sua conclusione, risulta legata al contributo di originalità e novità apportato dalle singole ricerche e unità di ricerca e dal criterio di analisi comparativa che sottende l’intero progetto. In molti casi il risultato è legato a un campo d’indagine ancora inesplorato: ne deriva l’importanza di confrontare i risultati ottenuti alla luce del dibattito storiografico corrente e degli interrogativi emersi dalla storiografia dell’ultimo decennio. La capacità che la proposta interna ai singoli gruppi di ricerca – in sintesi l’intreccio tra ambito nazionale e dimensione sovranazionale, dentro le singole esperienze statuali e rispetto al contesto internazionale nel suo complesso – possa concludersi in modo positivo, può essere verificata dalla coerenza dell’interpretazione proposta, dall’aggiunta di comprensione che porta all’analisi della violenza, dal suggerire nuovi interrogativi e giudizi che coinvolgono la storia della esperienza internazionale per quanto riguarda i massacri di massa e la violenza politica.
La prima verifica dell’efficacia della metodologia comparativa è data dal dialogo interno alle singole unità di ricerca, dal confronto che in esse si stabilisce con il medesimo apparato storiografico e dall’individuazione di parametri omogenei su cui poter svolgere un’analisi per differenziazione e per somiglianza, individuando le particolarità di ogni esperienza storica e i caratteri che la rendono parte di una esperienza più ampia e generale.
A partire dal dibattito emerso nelle singole unità di ricerca, si potrà giungere a una verifica successiva che coinvolga l’insieme delle unità ricerca e dei ricercatori (alcuni dei quali approfondiscono tematiche che sono a volte al confine tra gli argomenti di unità di ricerca differenti). I risultati delle singole ricerche e gli interrogativi e le ipotesi interpretative emerse all’interno di ogni gruppo, verranno adesso messe a confronto privilegiando il paragone tra le ricerche omogenee (quelle diacroniche e quelle sincroniche) e poi facendole convergere in un unico momento di confronto e verifica comune. Nel corso della seconda fase del progetto il confronto con la storiografia più generale sulla violenza, con la sua metodologia e i suoi risultati può essere un ulteriore terreno di verifica della originalità delle tematiche affrontate e delle possibilità di incremento di conoscenza che hanno prodotto. Qui, i risultati delle ricerche dovranno concretizzarsi in elementi di più facile verifica: la raccolta documentaria e archivistica (la sua quantità, il suo apporto qualitativo alla ricerca storica, l’organizzazione e utilizzabilità); il confronto con la storiografia, tanto su un piano complessivo quanto su un terreno di storia nazionale, internazionale o tematica.La comparazione conclusiva tra le diverse unità nella terza fase potrà permettere di riannodare le fila di una storia che si dovrà valutare se sostanzialmente unitaria (quella della violenza di massa nel corso del XX secolo), o attraversata prevalentemente da momenti, svolte, lacerazioni, contraddizioni e articolazioni innumerevoli che rendono necessario apporofondire la sua complessità più che cercare di ritrovarne una riduttiva e semplicistica storia comune. Propria l’analisi comparativa potrà permettere di valutare quanto entrambi gli aspetti (le diversità e gli aspetti condivisi e comuni) della storia della violenza nel XX secolo abbiano potuto essere sviluppati nel corso della ricerca. Nell’ultima fase sarà l’interesse di discipline appartenenti ad altri campi delle scienze sociali verso gli interrogativi e i risultati raggiunti a costituire il migliore terreno di verifica; insieme alla capacità di individuare un terreno – di linguaggi, concetti, ipotesi, interpretazioni – che possa rapprsentare la sponda per un utile confronto interdisciplinare. In concreto la valutazione potrà avvenire tenendo conto del numero e dei risultati dei seminari interni ad ogni unità e tenuti comunemente dall’insieme delle unità di ricerca; degli articoli e dei lavori scientifici prodotti (compresi i paper per convegni e gli work in progress) e della collaborazione raggiunta all’interno e tra le unità ricerca; della partecipazione al seminario o convegno internazionale che concluderà i lavori e dell’impatto che potrà avere sulle comunità scientifiche coinvolte; della pubblicazione che riporterà in modo esaustivo anche se forse necessariamente selettivo i lavori delle unità di ricerca e i contributi internazionali nel convegno finale.

PARTE III

3.1 Spese delle Unità di Ricerca

Unità di Ricerca  Voce di spesa  TOTALE Materiale inventariabile  Grandi Attrezzature  Materiale di consumo e funzionamento  Spese per calcolo ed elaborazione dati  Personale a contratto  Servizi esterni  Missioni  Partecipazione / Organizzazione convegni  Pubblicazioni  Altro  
Unità nº 1 26.000 5.000 4.000 3.000 19.000 10.000 8.000 75.000
Unità nº 2 10.000 2.000 16.000 22.000 30.000 10.000 90.000
Unità nº 3 3.000 2.000 15.000 20.000 15.000 5.000 60.000
Unità nº 4 9.000 4.000 19.000 8.000 8.000 48.000
TOTALE 48.000 13.000 15.000 40.000 3.000 75.000 53.000 26.000 273.000

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

Unità di Ricerca  Voce di spesa  RD  RA  RD+RA  Cofinanziamento di altre amministrazioni  Cofinanziamento richiesto al MIUR  Costo totale del programma 
Unità n. 1 7.000 15.500 22.500 52.500 75.000 
Unità n. 2 12.000 15.000 27.000 63.000 90.000 
Unità n. 3 6.100 12.200 18.300 41.700 60.000 
Unità n. 4 4.800 9.600 14.400 33.600 48.000 
TOTALE 29.900 52.300 82.200 190.800 273.000 

 

  Euro  

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Costo complessivo del Programma  273.000 
   
Fondi disponibili (RD)  29.900 
   
Fondi acquisibili (RA)  52.300 
   
Cofinanziamento di altre amministrazioni  
   
Cofinanziamento richiesto al MIUR  190.800 

(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________  Data 31/03/2004 ore 20:38 
 
 
 

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)

PROGETTO DI UNA UNITÀ DI RICERCA – MODELLO B
Anno 2004 – prot. 2004118208_002

PARTE I

1.1 Tipologia del programma di ricerca

Interuniversitario 

Aree scientifico disciplinari

Area 11: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (65%) 
Area 14: Scienze politiche e sociali (35%) 
 


1.2 Durata del Programma di Ricerca
24 Mesi  


1.3 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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FLORES D’ARCAIS MARCELLO flores@unisi.it 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di SIENA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE      


1.4 Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

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CRAINZ GUIDO   
Professore Ordinario 19/07/1947 CRNGDU47L19L483W 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di TERAMO     
Facoltà di SCIENZE della COMUNICAZIONE      
Dipartimento di STORIA E CRITICA DELLA POLITICA      
(Prefisso e telefono) (Numero fax) guidocra@tin.it
(Email) 


1.5 Curriculum scientifico del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
 
Guido Crainz è docente di Storia Contemporanea della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo. Ha fatto parte del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, del comitato scientifico dell’Istituto Alcide Cervi e del Comitato direttivo dell’Istituto meridionale di storia e scienze sociali (Imes), nonché della redazione delle riviste “Meridiana” e “Storia e Problemi Contemporanei”. Ha dedicato i suoi studi alla società rurale dell’Europa contemporanea, alla storia dei mezzi di comunicazione di massa, al rapporto fra mass media e storia e alla vicenda dell’Italia repubblicana. Su quest’ultimo aspetto si sono concentrate le sue ricerche più recenti, con una particolare attenzione alle trasformazioni e ai conflitti sociali degli anni sessanta e settanta.


1.6 Pubblicazioni scientifiche più significative del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
1.CRAINZ G. (2003). IL PAESE MANCATO. DAL MIRACOLO ECONOMICO AGLI ANNI OTTANTA vol. 1 pp. 3-627 ROMA: DONZELLI (ITALY)  
2.CRAINZ G. (2000). L’Italia repubblicana vol. 1 FIRENZE: Giunti (ITALY)  
3.CRAINZ G. (2000). La “stagione dei movimenti”: quando i conti non tornano MERIDIANA. n. 38/39.  
4.CRAINZ G. (1997). Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni tra anni cinquanta e anni sessanta vol. 1 ROMA: Donzelli (ITALY)  
5.CRAINZ G. (1994). Padania. Il mondo dei braccianti dall’Ottocento alla fuga dalle campagne vol. 1 ROMA: Donzelli (ITALY)  


1.7 Risorse umane impegnabili nel Programma dell’Unità di Ricerca

1.7.1 Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca

Personale docente

nº Cognome  Nome  Dipartimento   Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.CRAINZ Guido Dip. STORIA E CRITICA DELLA POLITICA Prof. Ordinario M-STO/04 
2.DI GIROLAMO Piero Nicola Dip. STORIA E CRITICA DELLA POLITICA Ricercatore Universitario M-STO/04 
 TOTALE         12 12 

Altro personale

Nessuno


1.7.2 Personale universitario di altre Università

Personale docente

nº Cognome  Nome  Università  Dipartimento  Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.STABILI Maria Rosaria ROMA TRE Dip. STUDI STORICI,GEOGRAFICI E ANTROPOLOGICI PA SPS/05 
 TOTALE           

Altro personale

Nessuno


1.7.3 Titolari di assegni di ricerca

nº Cognome  Nome  Dipartimento  Data di inizio del contratto  Durata
(in anni)  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.SALVATICI  Silvia  Dip. STORIA E CRITICA DELLA POLITICA 01/04/2003  
TOTALE          


1.7.4 Titolari di borse


Nessuno


1.7.5 Personale a contratto da destinare a questo specifico programma

nº Qualifica  Costo previsto  Mesi Uomo  Note  1° anno  2° anno 
1.Altre tipologie 4.000 laureato/a 
 TOTALE 4.000   


1.7.6 Personale extrauniversitario indipendente o dipendente da altri Enti

nº Cognome  Nome  Nome dell’ente  Qualifica  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.Sangiovanni Andrea indipendente dottorato 
2.Calandra Benedetta Università Roma 3 dottoranda 
 TOTALE       14 14 


PARTE II

2.1 Titolo specifico del programma svolto dall’Unità di Ricerca

 
Pratiche, culture e memorie della violenza sullo scenario degli anni Settanta

2.2 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca
M-STO/04 – Storia contemporanea 
SPS/05 – Storia e istituzioni delle Americhe 
SPS/06 – Storia delle relazioni internazionali 


2.3 Parole chiave
 
VIOLENZA ; MEMORIA ; STORIOGRAFIA ; ANNI SETTANTA ; FONTI ; CRISI


2.4 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
 
La storiografia ha recentemente messo in evidenza il carattere specifico degli anni Settanta, soprattutto a partire dalla grave crisi economica che sconvolge il mondo occidentale e si ripercuote tanto sulla vita dei singoli paesi quanto sul piano delle relazioni internazionale. Proprio questo decennio segna una nuova fase del bipolarismo, rispetto al quale gli studi hanno messo in discussione l’idea diffusa di una rigida monoliticità, proponendo una più complessa articolazione interna della guerra fredda. Da un lato, dunque, gli anni Settanta hanno ricevuto una precisa attenzione dal punto di vista delle relazioni internazionali, dall’altro questo periodo è stato posto al centro nell’analisi storica di aree specifiche, come quella mediorientale. Su questi aspetti si registrano tuttavia evidenti lacune per quel che riguarda la storiografia in lingua italiana, anche rispetto alle traduzioni di opere straniere. La questione della violenza è emersa all’interno dei diversi percorsi di ricerca, da un lato è stata ricollegata alle dinamiche dei rapporti di forza internazionali, dall’altro sembra avere trovato una concettualizzazione specifica soltanto nell’analisi dei singoli casi: i primi studi studi sugli strumenti di repressione utilizzati dalle dittature latinoamenricane sono in questo senso significativi. Manca ancora, invece, una riflessione che mantenga l’ampiezza del quadro internazionale muovendosi su un piano comparativo, per promuovere un’analisi delle pratiche della violenza messe in atto dalle istituzioni e dai soggetti collettivi, delle ideologie chiamate a giustificarle, delle rappresentazioni a cui hanno dato luogo.
Per quel che riguarda la storiografia sull’Italia bisogna mettere in evidenza che negli ultimi quindici anni l’attenzione per il periodo repubblicano si è accresciuta anche da parte degli storici, che hanno dunque recuperato un terreno che era rimasto in larga misura appannaggio di sociologi e politologi. Dopo alcuni importanti studi che hanno offerto contributi di sintesi generale e di interpretazioni complessive su tutto il periodo successivo al secondo conflitto mondiale, sono stati prodotti saggi, rassegne, ricerche che hanno offerto approfondimenti, puntualizzazioni, precisazioni su singole tematiche o particolari momenti di quello stesso periodo. L’attenzione della storiografia, com’è noto, si è soffermata soprattutto sul momento delle origini della Repubblica, così come sulla fase compresa tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, ovvero la fase in cui si colloca la crisi del “sistema dei partiti” e la fine della cosiddetta “prima Repubblica”. Gli studi sugli anni Settanta, quantitativamente più esigui, hanno cercato prevalentemente di rintracciare le radici di quella crisi, individuando gli elementi di cedimento del sistema politico e dei soggetti che ne sono stati al centro. E’ in questa prospettiva che un interesse specifico è stato dedicato anche alla lotta armata, ai gruppi organizzati che ne sono stati protagonisti, alle ideologie che l’hanno permeata. Le ricerche, realizzate soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta, hanno dunque esplorato in profondità alcuni degli aspetti costitutivi della violenza che negli anni Settanta attraversa la società italiana; la prospettiva che invece stenta ad emergere è quella di una ricollocazione di questi aspetti sullo scenario internazionale allo scopo di indagare gli elementi di trasversalità dei movimenti terroristici che si sviluppano nei paesi occidentali, ma anche la permeabilità delle culture della violenza rispetto a impulsi provenienti dalle diverse aree di crisi del mondo. E’ questa la direzione verso la quale la ricerca qui proposta intende porre i primi elementi di analisi.
 


2.4.a Riferimenti bibliografici
– L. Baldissara (a cura di), Le radici della crisi. L’Italia tra gli anni Sessanta e Settanta, Roma, Carocci, 2001;
– M. Buttino (a cura di), In fuga. Guerre, carestie e migrazioni nel mondo contemporaneo, Napoli, L’Ancora del Mediterraneo, 2001;
– A. C. Bramwell (ed.), Refugees in the Age of Total War, London, Unwin Hyman, 1988;
– C. Brezzi (a cura di), Rileggendo gli anni Settanta, “Storia e problemi contemporanei”, numero monografico, n. 30/2002;
– R. Catanzaro, La politica della violenza, Bologna, Il Mulino, 1990;
– Id, Ideologie, movimenti, terrorismi, Bologna, Il Mulino, 1990;
– R. Catanzaro, Manconi L. (a cura di), Storie di lotta armata, Bologna, Istituto di ricerca Carlo Cattaneo,1995;
– A.Cavallo, M. Salazar, O. Sepulveda, La storia oculta del regimen Militar 1973-1988, Grijalbo, Santiago, 1997;
– J.E. Corradi (ed), Fear of the Edge: State Terror and Resistance in Latin America, University of California, Berkeley, 1993;
– G. Crainz, Il paese mancato, dal miracolo economico agli anni ottanta, Roma, Donzelli, 2002;
– D. Della Porta e G. Pasquino, Terrorismo, violenza, politica. Tre casi a confronto: Stati Uniti, Germania, Giappone, Bologna, Il Mulino, 1983;
– D. Della Porta e Rossi M., Cifre crudeli: bilancio dei terrorismi italiani, Bologna, Istituto di ricerca Carlo Cattaneo, 1984;
– D. Della Porta (a cura di), Terrorismi in Italia, Bologna, 1984;
– Ead., Criminalità, in Storia d’Italia vol. 12, Annali Einaudi, Torino, Einaudi, 1997;
– Ead. (a cura di), Il terrorismo di sinistra, Bologna, Il Mulino, 1990;
– Ead., Movimenti collettivi e sistema politico in Italia 1960-1995, Laterza, Roma-Bari, 1996;
– E. G. Ferris (ed.), Refugees and World Politics, NY, Praeger Publishers, 1985;
– M. Flores (a cura di), Storia, verità, giustizia. I crimini del XX secolo, Milano, B. Mondadori, 2001;
– A. Henkin (ed), State Crims: Punishment and Pardon, Aspen Institute, Maryland, 1988;
– N. Gallerano, L’uso pubblico della storia, Milano, Angeli, 1993;
– M. Grispigni, Il ’77: un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il Saggiatore,1997;
– M. Grispigni e L. Musci (a cura di), Guida alle fonti per la storia dei movimenti in Italia: 1966 – 1978, Roma, Ministero per I beni e le attività culturali, Direzione generale degli archivi, 2002;
– D. Indra (ed.), Engendering Forced Migration. Theory and Practice, Oxford and NY, Berghahn Books, 1999;
– M. Kaldor, Le nuove guerre. La violenza organizzata nell’età globale, Roma, Carocci, 1999;
– K. Koonings, D. Krujit (eds), Societies of Fear. The Legacy of Civil War, Violence, and Terror in Latin America, Zed books, London-New York 1996;
– E. Lammers, Refugees, Gender and Human Security. A theoretical introduction and annotated bibliography, Utrecht, International Books, 1999;
– B. Loverman, For la Patria. Politics and the Armed Forces in Latin America, Scholarly Resources In. Imprint, Wilmington (DE), 1999;
– L. H. Malkki, Purity and Exile. Violence, Memory, and National Cosmology Among Hutu Refugees in Tanzania, Chicago & London, Chicago University Press, 1995;
– L. Paggi (a cura di), Le memorie della repubblica, Firenze, La Nuova Italia, 1999;
– G. Ranzato (a cura di), Guerre fratricide: le guerre civili in età contemporanea, Torino, Bollati Boringhieri, 1994;
– R. Seider (a cura di), Impunity in Latin America, ILAS, London, 1995;
– S. Tarrow, Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e politica in Italia 1965-1975, Bari, Laterza, 1990;
– A. R. Zolberg, A. Suhrke and S. Aguayo (eds), Escape from Violence. Conflinct and the Refugee Crisis in the Developing World, NY-Oxford, Oxford University Press, 1989


2.5 Descrizione del programma e dei compiti dell’Unità di Ricerca
 
Pratiche, culture e memorie della violenza sullo scenario degli anni Settanta
La ricerca sviluppata dall’unità di Teramo avrà come oggetto soprattutto gli usi della violenza da parte degli Stati e dei gruppi organizzati nel corso degli anni Settanta, muovendosi conseguentemente in una prospettiva sincronica (analisi di contesti diversi in un arco di tempo limitato), per differenza rispetto all’Unità dell’Università di Siena. La specificità e la “compattezza” di questo periodo storico, come è stato messo in evidenza dagli studi, deve essere in primo luogo ricondotta al fatto che essi si aprono sullo scenario di una nuova, profonda crisi internazionale, che alcuni hanno considerato la più grave recessione del mondo occidentale dopo quella del 1929. Le componenti economiche e politiche, ma anche sociali e culturali, della crisi internazionale determinano un cambiamento di fase, nel corso del quale viene meno la fiducia occidentale nel progresso – che aveva contraddistinto la precedente “età dell’oro” – e prendono avvio intensi processi di trasformazione, il cui impatto è spesso traumatico rispetto al profilo assunto dagli anni Cinquanta e Sessanta. Il progetto intende mettere a fuoco come nel solco delle fratture prodotte da questo percorso di crisi e mutamento, trovi spazio il ricorso alla violenza, che scende in campo sia sul piano dei rapporti di forza internazionali, sia con l’esplodere delle tensioni interne ai singoli contesti nazionali.
Nel quadro di ciò che stato definito un “nuovo disordine” economico, politico e sociale, nascono e si affermano nuove pratiche e culture della violenza, che il gruppo di ricerca afferente all’unità di Teramo intende affrontare muovendo da una duplice prospettiva: da un lato le dinamiche delle crisi che si aprono nelle diverse aree del mondo, dall’altro la specificità del caso italiano, profondamente segnato dall’esperienza della lotta armata.
La crisi che inaugura gli anni Settanta si intreccia al profilarsi di una diversa fase del bipolarismo, determinata in particolare dalla recessione dei paesi occidentali, dal profilarsi di nuovi attori sullo scenario mondiale, dal compimento del processo di decolonizzazione e dalla conseguente ridefinizione della carta geografica planetaria. La ricerca qui proposta intende ripercorrere il modo in cui i conflitti armati e il ricorso alla violenza costituiscano nello stesso tempo l’esplosione delle tensioni all’interno di un sistema che muta i suoi connotati, e le soluzioni attraverso le quali i diversi attori intendono (o non intendono) regolamentare quello stesso sistema in trasformazione. La guerra arabo-israeliana del Kippur è in questo senso significativa, e conduce al definitivo configurarsi di un’area di crisi che non solo è destinata a rimanere nel tempo, ma acquisisce fin dal principio un peso rilevante nel conferire caratteri specifici sia al nesso fra instabilità politica e ricorso alla violenza, sia alla costruzione di dicotomie socio-culturali (ad esempio quella tra mondo arabo e mondo occidentale) che hanno assunto un peso crescente nella rappresentazione del nemico e nella giustificazione ideologica dell’uso delle armi.
Il nesso fra instabilità politica e ricorso alla violenza vuol essere messo a fuoco anche analizzando il tormentato percorso dei paesi di recente formazione, nuovi soggetti politici del cosiddetto “sud del mondo”. Già a partire dalla fine degli anni Sessanta la fragilità istituzionale, economica e sociale dei nuovi Stati nazionali collassa nell’affermarsi di governi dittatoriali e nell’esplosione di guerre civili, dando vita a processi di degenerazione violenta e di cronicizzazione dei conflitti che segnano lo scenario internazionale per tutto il decennio successivo. Una direttrice della ricerca proposta in questa sede, intende rintracciare già in tale contesto le radici di quella “violenza etnica” destinata ad approdare nel cuore dell’Europa con le guerre Jugoslave degli anni novanta, una violenza orientata alla distruzione totale del nemico e che si esplicita nelle stragi di massa, ma anche nell’espulsione forzata di popolazione. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite negli anni che intercorrono fra la secessione del Bangladesh (1971) e l’invasione sovietica dell’Afganistan (1979) si verifica la più repentina e massiccia crescita dei flussi mondiali di rifugiati. In particolare ci si propone di mettere in evidenza come le crescenti schiere dei profughi rappresentino la drammatica risultante di una nuova politica del terrore, volta allo sradicamento di quella parte della popolazione civile che viene identificata come “nemico interno”, in relazione alla diversa appartenenza etno-nazionale, politica, religiosa. E’ importante ricostruire le radici e gli effetti di lungo periodo della questione dei profughi, che non può essere considerata solo come questione umanitaria prodotta da una crisi temporanea, ma deve essere riconnessa all’uso specifico di tecniche del terrore nello scontro violento di identità collettive costruitesi storicamente. Poiché l’80% dei rifugiati sono donne e bambini, indagare la peculiarità di questa componente delle “nuove guerre”, significa mettere a fuoco anche le connotazioni di genere e generazionali della violenza, già a partire dall’intreccio fra le pratiche di espulsione e gli strupri sistematici, un intreccio che solo recentemente ha iniziato ad essere oggetto della ricerca storiografica.
A proposito del tema oggetto di analisi, l’America latina degli anni Settanta, e in modo particolare il Cono sud del continente, costituisce un caso quasi di laboratorio. Se infatti, da un lato, la violenza dei movimenti guerriglieri (montoneros, tupamaros ecc) è stata invocata come una delle cause dei colpi di stato militari, “indispensabili” per riportare “ordine e stabilità nei vari paesi”, la violenza e il terrorismo di stato che caratterizzano i regimi militari latinoamericani presentano elementi inediti rispetto alle violenze di stato del passato. Facendo riferimento alla Dottrina della Sicurezza Nazionale, che individua negli oppositori politici i “nemici” contro cui combattere una vera e propria guerra interna, si elaborano strategie di repressione “razionali ed efficienti”: elementi nuovi sono le tecniche del rapimento, della tortura con sistemi “raffinati” studiati “scientificamente” e infine la desaparición, all’interno di una vera e propria “internazionale del terrore”, che i dittatori di Cile, Argentina Uruguay e Paraguay inaugurano attorno alla metà degli anni Settanta e che vede Pinochet, il dittatore cileno, come suo propulsore. Lo studio delle strategie, delle tecniche, dei luoghi e dei soggetti su cui opera il terrorismo di Stato, per quanto abbia prodotto alcuni lavori interessanti, è ancora nella sua fase iniziale e l’analisi comparativa, tra le varie esperienze latinoamericane, muove i primi passi. Il contributo che si intende proporre è soprattutto quello di fornire un’analisi dettagliata del caso cileno, certamente nel contesto di quanto avviene nel resto dell’America latina. Il caso cileno, tra l’altro, è quello che, proprio negli anni Settanta ha avuto, tra le vicende latioamericane, un impatto importante in Italia e in Europa.
E’ infatti questo il contesto internazionale in cui si colloca la specificità della storia italiana, che pure negli anni Settanta vive una fase di crisi politica, economica e sociale, destinata a trovare una delle sue manifestazioni nell’emergere della lotta armata. Il progetto si propone di indagare i percorsi attraverso i quali il maturare di una diffusa sfiducia verso le istituzioni democratiche, e soprattutto verso la loro capacità di offrire uno spazio politico di mediazione dei conflitti, conduce all’affermarsi di una nuova cultura della violenza. Di tale cultura verranno analizzati gli aspetti costitutivi – ad esempio la sua connotazione prettamente generazionale – ma anche l’impatto sulla società che ne viene attraversata, già a partire dalle forme di rappresentazione ed autorappresentazione dei soggetti che agiscono la lotta armata. Saranno dunque ricostruiti linguaggi e simboli attraverso i quali trova espressione la violenza che emerge nell’Italia degli anni Settanta, irrompendo nell’arena politica e ponendosi al centro dell’opinione pubblica. Una specifica attenzione sarà dedicata all’uso pubblico della storia, come strumento attraverso il quale il discorso collettivo riconnette il trauma della violenza vissuta nel presente alle esperienze del passato, tentando di comprenderla e di spiegarla, sia per prenderne le distanze sia per darle fondamento. Nello stesso tempo, l’esplosione della violenza nella società italiana degli anni in oggetto sarà ricollocata nel più lungo periodo e considerata in chiave comparativa con gli altri paesi europei, allo scopo di individuarne gli elementi di specificità ed il significato rispetto alla storia repubblicana nel suo complesso.
Il gruppo di ricerca afferente all’unità di Teramo provvederà in primo luogo alla raccolta e all’analisi degli studi nazionali ed internazionali relativi ai temi sopra esposti, nell’intento di enucleare tanto le principali ipotesi interpretative quanto i più evidenti “vuoti” storiografici. Verranno inoltre individuate, censite e analizzate nuove fonti, attraverso lo spoglio della stampa (nazionale ed internazionale) e l’indagine presso unità archivistiche di paesi diversi.
I partecipanti all’unità di ricerca si divideranno nei vari gruppi di lavoro che avranno l’obiettivo (attraverso tappe successive di verifica) di arrivare a una serie differenziata di prodotti finali: il censimento delle fonti; l’individuazione dei nodi storici e storiografici utili e/o fondamentali a potenziali tappe successive della ricerca; la verifica di possibili comparazioni tra casi nazionali; infine la possibilità di arrivare a uno o più momenti di presentazione pubblica attraverso alcuni seminari che presenteranno il lavoro e prevederanno una serie di discussant in grado di vagliare i risultati della ricerca, indicandone i possibili sviluppi. Ipotizziamo che per alcuni dei temi indicati sarà possibile arrivare ad una pubblicazione conclusiva in grado di offrire un bilancio del lavoro della nostra unità.

 

2.6 Descrizione delle attrezzature già disponibili ed utilizzabili per la ricerca proposta con valore patrimoniale superiore a 25.000 Euro

Nessuna


2.7 Descrizione delle Grandi attrezzature da acquisire (GA)

Nessuna


2.8 Mesi uomo complessivi dedicati al programma


Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca   12 12 24 
Personale universitario di altre Università   12 
Titolari di assegni di ricerca   12 
Titolari di borse Dottorato    
 Post-dottorato    
 Scuola di Specializzazione    
Personale a contratto Assegnisti    
 Borsisti    
 Dottorandi    
 Altre tipologie 12 
Personale extrauniversitario   14 14 28 
TOTALE   44 44 88 


PARTE III

3.1 Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca


 
Voce di spesa  Spesa in Euro Descrizione Materiale inventariabile

Grandi Attrezzature

Materiale di consumo e funzionamento

Spese per calcolo ed elaborazione dati

Personale a contratto

Servizi esterni

Missioni

Pubblicazioni

Partecipazione / Organizzazione convegni

Altro 

26.000 attrezzature informatiche, videocamera 
  
5.000 Carta, inchiostro stampante, videocassette, spese telefoniche e di spedizione 
  
4.000 contratto di ricerca per laureato/a per un totale di 12 mesi-uomo 
3.000 assistenza alle attrezzature utilizzate per il progetto 
19.000 missioni per ricerche in archivi e biblioteche italiane e straniere 
8.000 spese di editing e di stampa 
10.000 spese di viaggio e di alloggio per i relatori, di traduzione 
  
TOTALE75.000   

 

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

    Descrizione Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

Fondi disponibili (RD)

Fondi acquisibili (RA)

Cofinanziamento di altre amministrazioni

Cofinanziamento richiesto al MIUR

75.000  
7.000 3000 euro Dipartimento di Scienze della comunicazione, università di Teramo
4000 euro Dipartimento di studi storici, geografici e antropologici, Università di Roma Tre 
15.500 Ripartizione per la Ricerca Scientifica dell’Università di Teramo 
  
52.500  

3.3.1 Certifico la dichiarata disponibilità e l’utilizzabilità dei fondi di Ateneo (RD e RA)

SI

 

(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________  Data 19/03/2004 ore 18:19 
 
 
 
 
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)
PROGETTO DI UNA UNITÀ DI RICERCA – MODELLO B
Anno 2004 – prot. 2004118208_001
PARTE I

1.1 Tipologia del programma di ricerca

Interuniversitario 

Aree scientifico disciplinari

Area 11: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (65%) 
Area 14: Scienze politiche e sociali (35%) 
 

1.2 Durata del Programma di Ricerca
 
24 Mesi  
 

1.3 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
FLORES D’ARCAIS 
MARCELLO 
flores@unisi.it 
M-STO/04 – Storia contemporanea 
Università degli Studi di SIENA 
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA  
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE  

1.4 Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
FLORES D’ARCAIS 
MARCELLO 
Professore Ordinario 
26/12/1945 
FLRMCL45T26G224X 
M-STO/04 – Storia contemporanea 
Università degli Studi di SIENA 
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA  
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE  
0577/235069
(Prefisso e telefono) 
0577/235076
(Numero fax) 
flores@unisi.it
(Email) 

1.5 Curriculum scientifico del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
 
Dal 1975 al 1993 ha insegnato Storia dei movimenti politici all’Università di Trieste; attualmente è docente di Storia Contemporanea e di Storia Comparata all’Università di Siena, dove dirige anche il Master in Human Rights. Ha compiuto soggiorni di studio a Berkeley, Cambridge, Parigi, Mosca; a Varsavia è stato per due anni addetto culturale presso l’Ambasciata italiana e ha insegnato per un anno in quella Università. Ha organizzato quattro convegni internazionali: “Il mito dell’Urss” (Cortona 1989); “L’identità collettiva e la memoria storica” (Varsavia-Siena 1994); “L’esperienza totalitaria nel XX secolo” (Siena 1997), “Storia, Verità, Giustizia: i Crimini del XX Secolo” (Siena, 2000). Ha fatto parte del comitato di direzione de “I viaggi di Erodoto” ed è membro di quelli di “Italia contemporanea” e di “Storia e problemi contemporanei”. Collabora alla rivista “Il Mulino”. E’ membro del comitato scientifico per la pubblicazione dei documenti diplomatici sull’Armenia. Fa parte del Comitato scientifico e del Comitato editoriale della “Storia della Shoah”, in preparazione per l’editore Utet in 4 volumi.

1.6 Pubblicazioni scientifiche più significative del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
 
1.
FLORES MARCELLO (2003). The Legacies of Fascism, Nazism and Communism
In SHLOMO AVINERI AND ZEEV STERNHELL Europe‘s Century of Discontent. pp. 189-200 JERUSALEM: The Hebrew University Magnes Press (ISRAEL)  
2.
FLORES MARCELLO (2003). Truth and History in Post-Dictatorial Argentina, Post-Communist poland, and Post-Apartheid South Africa: Collective Memory between the Public Sphere and the Private Experience
In R. BARITONO; D.FREZZA; A.LORINI; M.VAUDAGNA; E.VEZZOSI Public and Private in American History. State, Family, Subjectivity in the Twentieth Century. pp. 147-164 ISBN: 88-87503-71-0 TORINO: Otto (ITALY)  
3.
FLORES MARCELLO (2002). Il secolo-mondo. Storia del Novecento pp. 615 ISBN: 88-15-08762-1 BOLOGNA: Il Mulino (ITALY)  
4.
FLORES MARCELLO (2001). Confrontare le atrocità. Il ruolo dello storico
In TZVETAN TODOROV; LOWY MICHAEL; BETTINI MAURIZIO; STERNHELL ZEEV; RANZATO GABRIELE; KAISER HILMAR; MODZELEWSKI KAROL; SALVATI MARIUCCIA; KIERNAN BEN; DANIEL JOHN; ZASLAVSKY VICTOR; FLORES MARCELLO Storia, verità, giustizia. I crimini del XX secolo. pp. 379-399 MILANO: Bruno Mondadori (ITALY)  
5.
FLORES MARCELLO; GORI FRANCESCA (2000). GULag. Il sistema dei lager in URSS Milano dicembre 1999- gennaio 2000. Catalogo della Mostra omonima, con un saggio su L’occidente e il GULag..  

1.7 Risorse umane impegnabili nel Programma dell’Unità di Ricerca

1.7.1 Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca

Personale docente
Cognome 
Nome 
Dipartimento  
Qualifica 
Settore Disc. 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
FLORES D’ARCAIS 
Marcello 
Dip. SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE 
Prof. Ordinario 
M-STO/04 
10 
2.
GOZZINI 
Giovanni 
Dip. SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE 
Prof. Associato 
M-STO/04 
3.
DETTI 
Tommaso 
Dip. STORIA 
Prof. Ordinario 
M-STO/04 
 
TOTALE 
  
  
  
  
22 
20 

Altro personale

Cognome 
Nome 
Dipartimento  
Qualifica 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
MARTINI 
MAGDA 
Dip. SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE 
cultrice materia 
2.
Orsi 
Alessandra 
Dip. SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE 
docente a contratto 
 
TOTALE 
  
  
  
12 
12 

1.7.2 Personale universitario di altre Università
Personale docente
Cognome 
Nome 
Università 
Dipartimento 
Qualifica 
Settore Disc. 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
SOSSI 
Federica 
BERGAMO 
Dip. SCIENZE DELLA FORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE 
RU 
M-FIL/04 
10 
2.
BIANCHI 
Bruna 
“Ca’ Foscari” di VENEZIA 
Dip. STUDI STORICI 
PA 
M-STO/04 
 
TOTALE 
  
  
  
  
  
16 

Altro personale

Nessuno

1.7.3 Titolari di assegni di ricerca
Cognome 
Nome 
Dipartimento 
Data di inizio del contratto 
Durata
(in anni) 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
CARLI  
Maddalena  
Dip. STORIA 
01/02/2002  
TOTALE
  
  
  
  
  

1.7.4 Titolari di borse
Cognome 
Nome 
Dipartimento 
Anno di inizio borsa 
Durata
(in anni) 
Tipologia 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
DI PALMA 
SARA VALENTINA 
Dip. SC.STORICHE, GIURIDICHE, POLITICHE E SOCIALI 
2002 
Dottorato 
 
TOTALE 
  
  
  
  
  

1.7.5 Personale a contratto da destinare a questo specifico programma
Qualifica 
Costo previsto 
Mesi Uomo 
Note 
1° anno 
2° anno 
1.
Altre tipologie 
8.000 
10 
10 
Ricercatore per gli archivi tedeschi 
2.
Altre tipologie 
8.000 
Ricercatore per gli archivi russi 
 
TOTALE 
16.000 
19 
19 
  

1.7.6 Personale extrauniversitario indipendente o dipendente da altri Enti
Cognome 
Nome 
Nome dell’ente 
Qualifica 
Mesi Uomo 
1° anno 
2° anno 
1.
Ferretti 
Maria 
Università Russa Umanistica di Stato (RGGU) 
Docente a contratto 
10 
10 
2.
Galimi 
Valeria 
Institut d’Historie du Temps Present 
Ricercatore 
3.
Ceschin 
Daniele 
Università di Venezia 
Dottorando 
4.
Scartabellati 
Andrea 
Università di venezia 
Dottorando 
 
TOTALE 
  
  
  
28 
30 
PARTE II

2.1 Titolo specifico del programma svolto dall’Unità di Ricerca

 
Il contesto storico dei genocidi. Analisi comparata delle condizioni (politiche, militari, sociali, culturali) entro cui hanno avuto luogo i genocidi del XX secolo

2.2 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca
 
M-STO/04 – Storia contemporanea 
SPS/06 – Storia delle relazioni internazionali 
M-STO/03 – Storia dell’Europa orientale 
SPS/12 – Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale 

2.3 Parole chiave
 
GENOCIDIO ; CONTESTO STORICO ; VIOLENZA ; GUERRA ; ARMENI ; SHOAH ; CAMBOGIA ; RUANDA ; PROPAGANDA
 

2.4 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
Lo studio dei genocidi, soprattutto in una dimensione comparata, ha conosciuto solamente nell’ultimo decennio un rilievo quantitativo e qualitativo adeguato all’importanza di questo fenomeno all’interno della storia del Novecento. Il fatto che lo stesso termine di “genocidio” – inventato negli anni ’40 dal giurista Raphael Lemkin – sia stato diffuso e imposto inizialmente dalle Nazioni Unite per definire il sistema giuridico internazionale nuovo sorto al termine della seconda guerra mondiale, ha comportato che esso sia stato utilizzato a lungo e per lo più proprio nell’ambito del diritto internazionale e delle problematiche giuridiche e politiche legate all’assetto internazionale. La storiografia si è dedicata a studiare i genocidi – a partire soprattutto dagli anni ’60 – in esclusiva relazione con la Shoah, essendo del resto la distruzione degli ebrei d’Europa stata l’occasione proprio per l’invenzione del termine (e in parte dello stesso concetto) di genocidio.
E’ solamente negli anni ’70, sia pure ancora in termini che non coinvolgono direttamente e massicciamente la ricerca storiografica, che si arriva a parlare di “genocidi” in senso più ampio e, soprattutto, plurale. L’occasione è data dalla battaglia per la “memoria” condotta dalla diaspora armena a proposito del genocidio messo in atto dal Triumvirato del governo dei Giovani Turchi nel corso della prima guerra mondiale; e dalle testimonianze che provano l’esistenza di un genocidio in atto nella Cambogia dei Khmer rossi a partire dalla loro presa del potere nel 1975. E’ solamente negli anni ’90, tuttavia, che la tematica del genocidio esce da ristretti circoli e diventa momento di riflessione “culturale” in senso più ampio (sul terreno giuridico, politico, morale e anche storiografico). La fine della guerra fredda da una parte, e i nuovi conflitti accompagnati da violenze e massacri in gran parte di tipo etnico dall’altra, costituiscono il terreno entro cui ha luogo questa nuova riflessione.
Sul terreno storiografico l’attenzione sembra essere focalizzata sull’analisi comparata dei regimi di tipo comunista con quelli nazionalsocialista e fascista all’interno di un nuovo ripensamento della categoria di totalitarismo anche da parte degli storici. E’ in questa fase, tuttavia, che si affacciano le ipotesi di considerare un “genocidio” anche le repressioni e i massacri compiuti dal regime sovietico con la costruzione del Gulag e con le deportazioni nel corso della seconda guerra mondiale; ma soprattutto in riferimento alla “carestia” in Ucraina (principalmente, ma non solo) del 1932-33, che le nuove documentazioni d’archivio permettono senza più dubbi di considerare intenzionale e programmata per colpire non solo l’opposizione politica e sociale ma l’intera nazionalità ucraina.
Vi è stata, contemporaneamente, un’accelerazione di studi relativi al genocidio degli armeni che aveva già avuto luogo negli anni ’80 soprattutto per spinta delle comunità armene della diaspora in Francia e negli Stati Uniti. Anche in questo caso vi è un collegamento ideologico e politico con la richiesta pubblica di riconoscimento del genocidio che gli armeni rivolgono ai governi di tutto il mondo, compreso quello turco che persiste nella sua posizione sostanzialmente negazionista e di chiusura degli archivi alla libera ricerca internazionale. La ricerca storica, tuttavia, non è più monopolio assoluto – anche se rimane largamente maggioritaria – di studiosi armeni o turchi e la nuova documentazione resa disponibile e fatta circolare permette un salto di qualità da narrazioni ancora fortemente ideologizzate a più mature e complesse ricostruzioni storiche.
Negli stessi anni ’80 – come testimonia la profondità, l’ampiezza e l’eco che se ne ha a livello internazionale del “Historikerstreit” – anche gli studi sulle tappe e sui meccanismi e responsabilità del genocidio compiuto dal nazismo conoscono una nuova fase che innova profondamente e allarga l’orizzonte della comprensione storica della Shoah. Il dibattito sulla “unicità” dell’Olocausto diventa sempre più analisi della “singolarità” del medesimo che inizia a essere posto a confronto con altri fenomeni di violenza di massa della storia contemporanea, in particolar modo – oltre che, come già detto, con la violenza dei regimi comunisti – con il genocidio armeno.
Gli anni ’90 conoscono anche un’analisi approfondita e documentata del genocidio cambogiano, che diventa addirittura il centro di riflessione di una nuova istituzione accademica di ricerca (il Cambodian Genocide Project di Yale) che si troverà presto a fare i conti, e lo farà con grande intelligenza e capacità, con il genocidio in Rwanda che ha luogo nello stesso periodo. Sono sempre più numerosi, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e Australia ma anche in Europa, i centri di ricerca sui genocidi, alcuni dedicati a singoli casi mentre altri si pongono in una dimensione maggiormente comparativa. Anche se l’aspetto principale, almeno per la maggioranza di essi, continua a essere l’aspetto giuridico e la rilevanza internazionale (giuridica ma anche politica) del connotare e dichiarare episodi di violenza di massa come genocidi, il contesto storico è comunque presente e i richiami alla principale storiografia sono sempre più presenti, soprattutto nelle sezioni dedicate all’educazione di ognuno di questi centri.
La seconda metà degli anni ’90 e soprattutto i primi anni del XXI secolo hanno decisamente imboccato la strada duplice di un’analisi comparativa più accentuata tra i diversi genocidi e tra questi e gli altri episodi di violenza di massa; e di un intreccio interdisciplinare crescente tra le riflessioni giuridiche, politologiche, culturali che si sono rivelate utili e necessarie alla storiografia per proporre nuove ipotesi e nuove sintesi che tengano conto degli studi dell’ultimo quindicennio. Questo dinamismo che gli studi sui genocidi hanno conosciuto negli ultimi anni si è concretizzato in numerose opere collettive, in antologie e raccolte di documenti, testimonianze e memorie, e anche in monografie di tipo comparativo tra due o più esperienze storiche.
Uno dei soggetti di indagine che è emerso tra gli ultimi e al tempo stesso tra i più promettenti è quello del contesto storico entro cui hanno luogo i genocidi, che permette di uscire dalle contrapposizioni ancora in parte esistenti tra le ipotesi più schiettamente intenzionaliste e quelle funzionaliste, rivendicando ai singoli genocidi – pur all’interno di dinamiche che spesso si ripropongopno nelle forme note e con meccanismi ripetitivi – una singolarità storica che va analizzata e approfondita anche per offrire nuova materia alla comparazione tra essi.

2.4.a Riferimenti bibliografici
Akçam, Taner, Armenien und der Völkermord: Die Istanbuler Prozesse und die türchische Nationalbewegung, Hamburger Edition, Hamburg, 1996
Albin, David e Marlowe Hood (eds), The Cambodian Agony, M.E. Sharpe, New York, 1990
Audoin-Rouzeau, Stéphane, L’enfant de l’ennemi (1914-1918). Viol, avortement, infanticide pendant la Grande Guerre, Aubier, Paris 1995.
Alvarez, Alex, Governments, Citizens, and Genocide: A Comparative and Interdisciplinary Approach, Indiana UP, Bloomington, 2001
Aly, Götz, e Susanne Heim, Vordenker der Vernichtung: Auschwitz und die deutschen Pläne für eine neue europäische Ordnung, Fischer, Frankfurt am Main, 1993
Bartov, Omer, Mirrors od Destruction: War, Genocide and Modern Identity, Oxford UP, New York, 2000
Bauman, Zygmunt, Modernity and the Holocaust, Cornell UP, Ithaca, 1989 [trad. it. Modernità e Olocausto, il Mulino, Bologna, 1999]
Becker, Annette e Audoin-Rouzeau, Stéphan, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento, Einaudi, Torino 2002 (ed. orig. Gallimard, Paris 2000).
Becker, Annette, Oubliés de la Grande Guerre. Humanitaire et culture de guerre 1914-1918. Popolations occupée, déportés civils, prisonniers de guerre, Noêsis, Paris 1998.
Bessel, Richard (ed), Fascist Italy and Nazi Germany: Comparisons and Contrasts, Cambridge UP, Cambridge, 1996
Bianchi, Bruna, La follia e la fuga. Nevrosi di guerra, diserzione e disobbedienza nell’esercito esercito (1915-1918), Bulzoni, Roma 2001.
Bloch, Marc, La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921), Donzelli, Roma 1994.
Browning, Christopher, Ordinary Men: Reserve Police Battalion 101 and the Final Solution in Poland, HarperCollins, New York, 1992 [trad. ital. Uomini comuni. Polizia tedesca e “soluzione finale” in Polonia, Einaudi, Torino, 1998]
Browning, Christopher, The Path to Genocide: Essays on Launching the Final Solution, Cambridge UP, Cambridge, 1992 [trad. ital. Verso il genocidio, Milano, Il Saggiatore, 1999]
Brubaker, Rogers, Nationalism Reframed: Nationhood and the National Question in the New Europe, Cambridge UP, Cambridge, 1996
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2.5 Descrizione del programma e dei compiti dell’Unità di Ricerca
L’Unità di ricerca sarà impegnata nell’analisi dei contesti storici entro cui si sono verificati i quattro principali genocidi del XX secolo e alcune delle stragi e degli episodi di violenza di massa di maggior rilievo. Non è compito dello storico, ovviamente, entrare nel dibattito giuridico – articolato e complesso – su quali possano essere davvero i crimini di violenza di massa considerati a tutti gli effetti “genocidi”; per questo, accanto allo studio del genocido armeno, di quello degli ebrei, di quello cambogiano e di quello dei Tutsi in Rwanda, saranno presi in considerazione almeno le violenze in Unione Sovietica (in modo particolare quelle commesse contro le minoranze nazionali nel corso della seconda guerra mondiale e quelle in Ucraina e Asia centrale durante i primi anni ’30) e quelle che hanno avuto luogo nella ex-Jugoslavia durante i conflitti etnici degli anni ’90, per molti studiosi assimilabili anch’essi a un genocidio.
Il numero abbastanza elevato di componenti dell’Unità di ricerca e la possibilità per quasi tutti di indirizzare il proprio lavoro attorno non a uno solo degli “eventi” di violenza elencati, può permettere di prendere in considerazione molti degli episodi di violenza collettiva più rilevanti del Xxsecolo.
Oggetto della ricerca è lo studio dello spazio militare, politico e culturale entro cui hanno avuto luogo i genocidi. L’attenzione sarà quindi posta su entrambi i filoni più tradizionali e compiuti degli studi (quello che indaga sulla genesi dei singoli genocidi e quello che si occupa in senso più ampio della storia nazionale e internazionale e del periodo in cui essi hanno luogo) per individuare un punto di raccordo capace di andare oltre motivazioni e spiegazioni che tendono a privilegiare o il troppo particolare o il troppo generale.
Nel caso del genocidio armeno, ad esempio, è la guerra mondiale intesa soprattutto nel suo aspetto di “guerra totale” che dovrà fornire gli elementi utili alla comprensione non già delle intenzioni, motivazioni, e pianificazioni interne al Triumvirato turco sulla scelta e nei confronti delle decisioni che portano al genocidio degli armeni; ma delle possibilità e modalità del suo svolgersi e del suo successo che si possono ricollegare al contesto bellico nel suo complesso. E’ l’andamento stesso della guerra che permette l’emergere di atteggiamenti di guerra razziale e di comportamenti di pulizia etnica che vanno ben al di là delle violenze precedentemente subite dalla pòopolazione ramena all’interno dell’Impero ottomano. L’ipotesi della centralità del contesto nello scatenamento del genocidio, naturalmente, metterà in discussione l’interpretazione genetica e accumulativa che attribuisce sostanzialmente all’esasperarsi ideologico (in senso nazionalista ma anche culturale e religioso) la decisione di far compiere un salto di qualità alla violenza. La prima guerra mondiale, insomma, non verrà vista solamente come “occasione”, ma come elemento che contribuisce a modificare le condizioni oggettive e soggettive che spingono alla scelta di un salto di qualità nell’uso e nelle finalità della violenza. La contemporaneità – nell’aprile-maggio 1915 – dell’attacco alleato a Gallipoli e della sanguinosa battaglia che ne segue, dell’uso dei gas chimici da parte tedesca nella battaglia di Ypres, dell’affondamento della nave Lusitania da parte germanica, dei pogrom e della espuslione di centinaia di migliaia di ebrei a opera dei soldati russi in ritirata sul fronte orientale dimostra, tra tante altre cose, che il confine tra obiettivi militari e civili della guerra è ormai venuto meno dovunque; e i massacri genocidiari che avvengono nello stesso periodo a Costantinopoli e in Anatolia da parte delle unità speciali e delle truppe regolari turche su ordine del Triumvirato al potere si muovono nella medesima direzione e – non solo, ma anche per questo – non suscitano nella popolazione turca e nella stessa opinione pubblica internazionale la reazione che si era avuta in altre precedente occasioni di violenza.
Il contesto non va analizzato, naturalmente, come elemento di giustificazione o di semplicistica spiegazione della violenza compiuta (anche se sarà spesso rivendicato proprio per legittimare le azioni svolte da parte del governo) ma come elemento nuovo che permette alle realtà preesistenti (l’odio etnico, l’avversione religiosa, il conflitto nazionale e sociale per il possesso del territorio, i rapporti tra maggioranza e minoranze, l’ideologia nazionalista panturchista, la pressione degli immigrati dalle regioni perdute negli anni precedenti dall’Impero ottomano) di offrire loro nuove strategie, in cui il ruolo della violenza è maggiore, intensificato e particolarmente rilevante ma parcepito al tempo stesso come maggiorente naturale e adeguato.
Una caratteristica dei genocidi – in forme e modalità diverse che andranno evidenziate e soppesate sulla base dei nuovi studi emersi negli ultimi anni – è quella di essere portati a termine da corpi speciali e separati, in gran parte volontari, ma di fronte a un’opinione pubblica, e con il suo avallo per lo meno passivo, che è in qualche modo partecipe di quanto avviene. Il consenso ottenuto dai regimi che compiono i genocidi si manifesta in forme particolari proprio nel corso della loro esecuzione.
Al termine opposto dell’arco cronologico considerato, il genocidio in Rwanda permette di ipotizzare analisi e riflessioni dello stesso tipo. Inserire i massacri dei Tutsi (ma anche degli Hutu moderati) nel contesto storico significa prevalentemente due cose: riconoscere l’alto livello di partecipazione popolare alla violenza e connetterlo ai processi politico-militari in corso nella regione dei Grandi Laghi. Il “marchio di razza” costruito sugli abitanti del Rwanda ( e del Burundi) dalle culture politiche e giuridiche coloniali e accolte poi sostanzialmente immutate nella fase postcoloniale, permette la costruzione di stabili identità politiche contrapposte che si rafforzano nel processo di costruzione statuale e sono il risultato di come viene organizzato il potere. Emerge un nazionalismo conservatore rwandese che risulta incapace di trascendere la costruzione coloniale differenziata (in Hutu e Tutsi) compiuta; lo stato postcoloniale rafforza l’identità razziale bipolare invece di favorire identità etniche plurime. La crisi che si apre nel 1990 è una crisi di cittadinanza che pervade tutta la regione (il Burundi, l’Uganda e in forne diverse anche il Congo) e che ottiene risposte diversificate che influenzano pericolosamente i tentativi di riforma e pacificazione avviati in Rwanda. E’ quindi nel contesto della prima metà degli anni ’90 che le profonde eredità culturali e politiche lasciate dal colonialismo trovano una loro ridefinzione: in cui la radicalizzazione della conflittualità porterà alle scelta della violenza genocidiaria – da parte del gruppo di potere legato al governo in carica – e a una massiccia partecipazione alla sua attuazione da parte di una popolazione che si sente a sua volta minacciata.
Il ruolo dell’ideologia, l’importanza del senso di identità etnico e di appartenenza comunitaria (culturale, religiosa), la presenza di interessi economici e sociali radicati in gran parte attorno al possesso della terra (ma anche dell acasa e del lavoro), sono tutti elementi importanti per comprendere le strategie politiche dei governi e delle organizzazioni politiche che si muovono attorno a essi o in maniera più indipendente. Momento essenziale di quelle strategie è la costruzione di un nemico che viene indicato come responsabile dei problemi esistenti e la cui eliminazione viene promessa e immaginata come condizione per il raggiungimento dell’obiettivo finale (sia esso uno stato nazionale autonomo, una società senza classi, una razza pura ed egemone sulle altre, l’eliminazione della/e etnia/e diverse). La “possibilità” del genocidio non risiede però nella sua desiderabilità da parte di gruppi politici più o meno forti o di segmenti di popolazione più o meno estesi; ma nella praticabilità di una strategia di mobilitazione che tende a mostrare come sempre più inevitabili e “naturali” le diverse “soluzioni finali” nei confronti dei nemici individuati. E questa strategia di mobilitazione può avere luogo in forme sufficientemente efficaci in contesti storici che al tempo stesso la permettano e la legittimino: come è il caso delle guerre “totali” o di condizioni che presentano un analoga capacità di giustificazione.

Il programma dell’Unità di ricerca si muoverà secondo diverse fasi, alcune in cui i ricercatori svolgeranno autonomamente il proprio lavoro e altre in cui il confronto e la comparazione diventano invece indispensabili.
La prima di queste fasi consiste nella rilettura, schematizzazione e scomposizione delle principali interpretazioni dei genocidi che si trovano in letteratura per enuclearne gli aspetti di spiegazione e vedere il peso e il ruolo che viene attribuito da ognuna di esse al contesto storico.
La seconda fase consiste nell’accumulo di materiale documentario di prima e di seconda mano (fonti di archivio, memorialistica, immagini, narrazioni storiche, opere letterarie e artistiche) che permetta di individuare le connessioni di tipo casuale immediato o mediato tra il contesto storico e l’evento-genocidio nella sua specificità.
La terza fase dovrebbe permettere di avvalorare con maggiore o minore forza il ruolo del contesto storico nella costruzione e compimento delle politiche genocidiarie rispetto a motivazioni e cause di altra natura.
La quarta fase rappresenta il momento della comparazione e del confronto delle diverse esperienze storiche prese in esame per evidenziarne le differenze e le somiglianze non tanto nella modalità di perpetrazione dei genocidi ma dell’influenza svolta dai contesti storici nel renderli possibili.
La quinta fase sarà dedicata a organizzare il materiale raccolto, i giudizi e le riflessioni compiute e le interpretazioni ipotizzate per offrire risposte e sollecitare interrogativi sul tema più generale della violenza nel XX secolo che sarà oggetto della fase più ampia di comparazione con le altre Unità di ricerca.


2.6 Descrizione delle attrezzature già disponibili ed utilizzabili per la ricerca proposta con valore patrimoniale superiore a 25.000 Euro
Nessuna

2.7 Descrizione delle Grandi attrezzature da acquisire (GA)

 
Nessuna


2.8 Mesi uomo complessivi dedicati al programma
 
 
 
Numero
Mesi uomo
1° anno
Mesi uomo
2° anno
Totale mesi uomo
Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca 
34 
32 
66 
Personale universitario di altre Università 
16 
22 
Titolari di assegni di ricerca 
10 
Titolari di borse 
Dottorato 
12 
Post-dottorato 
 
 
 
Scuola di Specializzazione 
 
 
 
Personale a contratto 
Assegnisti 
 
 
 
Borsisti 
 
 
 
Dottorandi 
 
 
 
Altre tipologie 
19 
19 
38 
Personale extrauniversitario 
28 
30 
58 
TOTALE 
  
15 
108 
98 
206 

PARTE III

3.1 Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

 
Voce di spesa 
Spesa in Euro
Descrizione
Materiale inventariabile
10.000 
Un computer portatile. Libri 
Grandi Attrezzature
 
 
Materiale di consumo e funzionamento
2.000 
Cancelleria, telefono, fotocopie 
Spese per calcolo ed elaborazione dati
 
 
Personale a contratto
16.000 
Due ricercatori per completare il quadro non coperto dal personale già presente nell’unità di ricerca 
Servizi esterni
 
 
Missioni
22.000 
Missioni di ricerca in biblioteche e archivi stranieri (Parigi, Usa – Yale, Chicago, New York -, Montreal, Mosca, Londra, Berlino) 
Pubblicazioni
10.000 
Atti del convegno conclusivo 
Partecipazione / Organizzazione convegni
30.000 
Un seminario intermedio dell’unità di ricerca sul suo tema; e la collaborazione al Convegno internazionale dell’intero gruppo di ricerca 
Altro 
 
 
TOTALE
90.000 
  

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

 
 
Descrizione
Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca
90.000 
 
Fondi disponibili (RD)
12.000 
Fondi già esistenti e disponibili dei proff. (Università di Siena, Venezia e Bergamo) aderenti all’unità di ricerca 
Fondi acquisibili (RA)
15.000 
Fondi concessi dall’Università di Siena nel caso la ricerca venisse accettata 
Cofinanziamento di altre amministrazioni
 
 
Cofinanziamento richiesto al MIUR
63.000 
 

3.3.1 Certifico la dichiarata disponibilità e l’utilizzabilità dei fondi di Ateneo (RD e RA)

SI
(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________  
Data 19/03/2004 ore 10:12 

.

 
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)

PROGETTO DI UNA UNITÀ DI RICERCA – MODELLO B
Anno 2004 – prot. 2004118208_004

PARTE I

1.1 Tipologia del programma di ricerca

Interuniversitario 

Aree scientifico disciplinari

Area 11: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (65%) 
Area 14: Scienze politiche e sociali (35%) 
 

1.2 Durata del Programma di Ricerca
24 Mesi  

1.3 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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FLORES D’ARCAIS MARCELLO flores@unisi.it 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di SIENA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE      

1.4 Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

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PAGGI LEONARDO   
Professore Ordinario 28/06/1941 PGGLRD41H28C774Z 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di MODENA e REGGIO EMILIA     
Facoltà di SCIENZE della COMUNICAZIONE e dell’ECONOMIA      
Dipartimento di SCIENZE SOCIALI, COGNITIVE E QUANTITATIVE      
0522 233209
(Prefisso e telefono) 
(Numero fax) paggi@unimo.it
(Email) 

1.5 Curriculum scientifico del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
 
Leonardo Paggi si è laureato nel 1966 alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. Insegna dal 1970 Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio prima in qualità di Associato poi di Ordinario. E’ autore di una biografia intellettuale e politica di Antonio Gramsci. Ha poi pubblicato due volumi sui rapporti tra socialismo europeo e americanismo. Negli anni novanta si è occupato di problemi di storia della memoria. Ha insegnato in Università americane. Nella Edizione Nazionale delle Opere di Gramsci è responsabile della sezione degli scritti relativi al periodo 1910-1926. Dal 1998 è Direttore dell’Associazione per la Storia e le Memorie della Repubblica.
 

1.6 Pubblicazioni scientifiche più significative del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca
1.PAGGI L. (2003). La strategia liberale della seconda repubblica.Dalla crisi del PCI alla formazione di una destra di governo.
In FRANCESCO MALGERI; LEONARDO PAGGI L’Italia Repubblicana nella crisi degli anni settanta.Partiti e organizzazioni di massa.. vol. III pp. 59-122 ISBN: 88-4980-0752-X NAPOLI: Rubettino  
2.PAGGI L. (1997). La violenza, le comunità, la memoria
In PAGGI L. La memoria del nazismo nell’Europa di oggi. pp. 403 ISBN: 88-221-1986-X FIRENZE: La Nuova Italia (ITALY)  
3.PAGGI L. (1996). Storia di una memoria antipartigiana
In PAGGI L. Storia e memoria di un massacro ordinario. pp. 165 ISBN: 88-7285-103-3 ROMA: Il Manifestolibri (ITALY)  
4.PAGGI L. (1989). Strategie politiche e modelli di società nel rapporto Usa-Europa (1930-1950)
In PAGGI L. Americanismo e riformismo.La socialdemocrazia europea nell’economia mondiale aperta. pp. 434 ISBN: 88-06-11394-1 TORINO: Einaudi (ITALY)  
5.PAGGI L. (1970). Gramsci e il moderno principe pp. 442 ROMA: Editori Riuniti (ITALY)  

1.7 Risorse umane impegnabili nel Programma dell’Unità di Ricerca

1.7.1 Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca

Personale docente

nº Cognome  Nome  Dipartimento   Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.PAGGI Leonardo Dip. SCIENZE SOCIALI, COGNITIVE E QUANTITATIVE Prof. Ordinario M-STO/04 10 
2.BERTELLA FARNETTI Paolo Dip. ECONOMIA POLITICA Ricercatore Universitario M-STO/04 
 TOTALE         18 16 

Altro personale

Nessuno

1.7.2 Personale universitario di altre Università

Personale docente
Nessuno

Altro personale

nº Cognome  Nome  Università  Dipartimento   Qualifica  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.Tosatti Giovanna Università degli Studi della TUSCIA Facoltà di Scienze Politiche Prof.a contratto 
2.Osti Guerrazzi Amedeo Università degli Studi di ROMA “La Sapienza” Facoltà di Lettere e Filosofia Prof.a contratto 
 TOTALE         12 12 

1.7.3 Titolari di assegni di ricerca
Nessuno

1.7.4 Titolari di borse
Nessuno

1.7.5 Personale a contratto da destinare a questo specifico programma
nº Qualifica  Costo previsto  Mesi Uomo  Note  1° anno  2° anno 
1.Altre tipologie 10.000 10 10 Documentalista e Archivista 
2.Altre tipologie 10.000 10 10 Storico/Ricercatore 
 TOTALE 20.000 20 20   

1.7.6 Personale extrauniversitario indipendente o dipendente da altri Enti
nº Cognome  Nome  Nome dell’ente  Qualifica  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.Carucci Paola Indipendente Archivista 
 TOTALE       

PARTE II

2.1 Titolo specifico del programma svolto dall’Unità di Ricerca

 
Violenza e terrorismo di stato nello svolgimento della seconda guerra mondiale

2.2 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca
M-STO/04 – Storia contemporanea 
M-STO/08 – Archivistica, bibliografia e biblioteconomia 
SPS/06 – Storia delle relazioni internazionali 

2.3 Parole chiave
 
SECONDA GUERRA MONDIALE ; STRAGI ; BOMBARDAMENTI ; CAMPI DI CONCENTRAMENTO ; TERRORISMO DI STATO

2.4 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
 
Negli anni Novanta il dibattito sulla diffusione della violenza nel corso del secolo XX ha conosciuto significativi sviluppi a partire in primo luogo dal problema delle origini della Shoah. Si è delineata anzitutto una tendenza ad interpretare il campo di sterminio come diretta e inevitabile filiazione del pregiudizio antiebraico, ossia come ultimo punto di approdo di una plurisecolare e ininterrotta tradizione antisemita. Si è di conseguenza a lungo insistito sulla unicità, la indicibilità, e la incomparabilità di Auschwitz. Dentro questa cornice ha preso corpo anche la tesi dei “volenterosi carnefici di Hitler” in virtù della quale il popolo tedesco nella sua totalità è stato presentato come attivo e consenziente strumento della esecuzione dello sterminio. Alla enfatizzazione del ruolo delle costellazioni ideologiche si è affiancata una parallela lettura della violenza come diretta derivazione di determinati sistemi politici . La categoria di totalitarismo è così valsa a mettere insieme istituzioni tra loro profondamente diverse per finalità e funzionamento come il Gulag sovietico e il Lager nazista.
Reagendo a questa caratterizzazione tutta ideologica e politica della violenza si è teso di contro a sottolineare l’importanza di “mettere l’olocausto nella storia”, ossia a ricostruirne e a interpretarne la genesi non come fedele esecuzione di un piano prestabilito, ma come approdo che si definisce nella successione di contingenze legate agli sviluppi sempre più catastrofici del secondo conflitto mondiale . Più in generale si è cominciato ad orientarsi verso una lettura dello stesso nazismo come punto di fusione di forme diverse di violenza accumulatesi progressivamente, a partire dalla fine del secolo XIX, nel corso del processo di modernizzazione dell’Europa borghese. Di fronte ad impostazioni di ricerca nettamente teleologiche si è cominciato , insomma, a rivalutare il ruolo imprescindibile della ricostruzione dei contesti, non per suggerire nuove forme di storicismo relativista, ma per riproporre su questa base lo spazio di una rigorosa analisi comparativa.
In particolare per quanto riguarda la storia della seconda guerra mondiale occorre vedere come la eccezionale proliferazione di forme nuove di violenza che si determinano nel suo corso non possa in alcun modo essere considerata prerogativa di uno dei due schieramenti in lotta, e come essa assuma invece caratteri assolutamente trasversali, ponendo in essere nuove strategie che ben lungi dall’arrestarsi nel 1945 continuano ad operare, anche se in costante trasformazione, fino ai giorni nostri.

2.4.a Riferimenti bibliografici
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2.5 Descrizione del programma e dei compiti dell’Unità di Ricerca
 
La studiosa inglese Mary Kaldor ha usato l’ espressione “nuove guerre” per sottolineare la tendenza a “ dirigere la maggior parte della violenza contro i civili”largamente presente nei conflitti armati proliferati negli anni Novanta. In realtà il fenomeno giunge a piena maturazione nel corso del secondo conflitto mondiale. Con il concetto di guerra totale, che allora viene esplicitamente teorizzato, si vuole appunto significare, nelle parole del suo principale proponente (Carl Schmitt), “il superamento di ogni distinzione tra combattenti e non combattenti”. Detto più semplicemente il ricorso al terrorismo volto ad influenzare e a condizionare le scelte e i comportamenti delle popolazioni civili diventa in modi diversi una opzione esplicita e dichiarata dei diversi stati belligeranti. Il fenomeno che la unità di ricerca intende indagare è insomma quello di un coinvolgimento progressivo della società civile nello sviluppo delle operazioni belliche che finisce per configurarsi come variabile strategica di primaria importanza .
A questo scopo sono state individuate tre aree tematiche intese come moduli autonomi di ricerca, e tuttavia intuitivamente componibili in un più vasto quadro d’insieme.
1)I massacri indiscriminati di popolazione civile, che prima sul fronte orientale , poi su quello occidentale, la Wehrmacht ( e non solo particolari corpi politicizzati) conduce nei territori occupati sotto la copertura di direttive di guerra antipartigiana.
2)Il progressivo diffondersi nella conduzione angloamericana della guerra ( soprattutto a partire dalla conferenza di Casablanca del gennaio 1943 che proclama l’obbiettivo della resa incondizionata) della pratica dell’area bombing volta a determinare distruzioni indiscriminate non solo di apparati industriali, ma anche di insediamenti civili.
3)Lo sviluppo di un sempre più articolato sistema concentrazionario, come strumento di segregazione delle popolazioni civile delle aree occupate militarmente, e la conseguente diffusione del fenomeno degli esodi di massa.
Per quanto riguarda il primo punto si è sviluppata negli ultimi anni , particolarmente in Italia e Germania, una vasta letteratura che ha riproposto con forza il tema della Vernichtungskrieg. Il contributo originale che l’unità di ricerca può dare a questo proposito consiste nella elaborazione e classificazione di circa 7000 documenti già raccolti nel corso di una ricerca condotta per conto della Regione in sessanta archivi comunali della Toscana attraverso la elaborazione di un database che consenta una consultazione selettiva e non solo seriale dei files disponibili. La ricerca è stata condotta con l’obbiettivo di ricollocare la strage nel più complessivo contesto della esperienza della guerra compiuta dalla popolazione civile(rastrellamenti, deportazioni, bombardamenti, mine, ecc,.). Quindi non solo la strage come evento, ma come esperienza che in quanto segna in profondità la coscienza e la identità della comunità in cui si produce , è destinata a tornare negli anni, come l’archivio comunale ci attesta diffusamente, come oggetto di politica della memoria, di politiche di assistenza, di politiche di ricostruzione ecc.
Proprio nella conduzione di questa ricerca è risultato più volte come il tema della strage si intrecci spesso con quello degli effetti catastrofici provocati dai bombardamenti alleati . Il 30 settembre del 1945 veniva pubblicato , a cura del Segretariato della guerra, un rapporto dal titolo The United States Strategic Bombing Survey , in cui si tiravano le somme della lunga guerra aerea condotta in Europa nel corso della quale erano state sganciate 2.700.000 tonnellate di bombe. La conclusione cui si perveniva era estremamente chiara. Quanto meno fino all’autunno del 1944 gli attacchi aerei non erano riusciti a incidere sugli andamenti della economia di guerra tedesca , la cui produzione aveva continuato a crescere ininterrottamente. Conclusioni completamente opposte dovevano invece trarsi per i bombardamenti degli insediamenti civili:”Le incursioni aeree hanno lasciato un segno sul popolo tedesco come anche sulle loro città. Assai più di qualsiasi altra azione militare precedente l’attuale occupazione della Germania questi attacchi hanno impartito una solenne lezione al popolo tedesco sugli svantaggi della guerra. Probabilmente questa lezione, sia in Germania che altrove, sarà il più durevole effetto della guerra aerea”. Il tema, del resto, era già stato oggetto di un lungo dibattito, che iniziato quanto meno a partire dal bombardamento di Amburgo del settembre 1943, nel corso del quale erano periti oltre 60.000 civili, si concluderà, provvisoriamente, solo con la decisione di ricorrere alla bomba atomica. Quello che nella sua Storia militare della seconda guerra mondiale B.H.Liddel Hart ha definito “terrorismo aereo indiscriminato” è dunque la forma specifica in cui gli anglo-americani realizzano il superamento della distinzione tra combattenti e non combattenti che la scienza politica vicino al nazismo ha teorizzato alla fine degli anni Trenta. Sebbene in misura certo minore di Germania e Giappone anche l’Italia conoscerà l’applicazione dello Strategic bombing, volto cioè non a conseguire determinati obbietti militari , ma a “provocare la sconfitta delle nazioni”. Forse non casualmente la caduta di Mussolini si determina ad una settimana dal primo bombardamento di Roma del 19 luglio 1943, nel quale periscono oltre 2000 civili. Il problema storiografico cui oggi siamo di fronte è quello di recuperare a pieno titolo il tema degli effetti dei bombardamenti come componente essenziale della esperienza della guerra che viene radicalmente espunto dalla memoria pubblica fondativa della repubblica. Il linguaggio dell’antifascismo può solo parlare delle stragi nazi fasciste. Le assai più esiziali stragi di civili provocate dal bombardamento strategico rimangono per questa tradizione politica una sorta di indicibile. Il sopraggiungere della guerra fredda e il determinarsi di una ferrea logica di schieramento internazionale contribuirà ad accentuare ulteriormente la cancellazione del tema dal discorso pubblico sulla seconda guerra mondiale. L’urgenza con cui si pone oggi il problema è determinata anche dall’apparizione di una sorta di nuovo revisionismo strisciante nella pubblicistica , anche se non ancora presente nella produzione accademica, teso a presentare i bombardamenti strategici degli anni Novanta come diretta filiazione dei bombardamenti antifascisti della seconda guerra mondiale.
Deportazioni e reclusioni sono la terza grande aggressione che gli stati belligeranti infliggono alla società civile. A differenza delle forme di reclusione poste al centro dell’ormai classica analisi foucaultiana dell’azione repressiva del momento politico statuale(la prigione, la clinica, il manicomio)il campo di concentramento si presenta nel corso di tutta la sua storia come strettamente dipendente dalla presenza dello stato nel contesto dell’arena internazionale e in particolare da due ricorrenze: a)la guerra come momento di massima legittimazione dello stato;b)lo sviluppo di politiche di snazionalizzazione messe contestualmente in atto nei territori invasi e a danno delle minoranze etniche presenti all’interno dello stato. In ragione di queste due tendenze il campo si espande sempre , inasprendo i suoi tratti repressivi, in situazione di crisi dell’ordine internazionale, allorché il ricorso sempre più generalizzato alla guerra si intreccia con cedimenti sempre più vistosi dei livelli di cittadinanza storicamente acquisiti. A partire da questa impostazione si è gia proceduto alla costituzione di un Database sui campi di concentramento in Italia dal 1940 al 1947 forte di 3500 documenti che è stato presentato il 28-29 gennaio 2004 in un convegno internazionale svoltosi all’ Università di RomaTre e che è ora consultabile on line sul sito www.storiaememorie.it/villaoliveto. L’unità di ricerca intende portare avanti lo sviluppo del Database rivolgendo la propria attenzione alla esperienza italiana sul confine orientale , quale si dispiega, con esiti contrastanti, dal 1941 al 1947. Il contesto evidenzia infatti con particolare chiarezza il carattere assolutamente trasversale del campo di concentramento e la sua piena fungibilità rispetto a progetti politici simmetricamente opposti.”Fare coincidere i confini razziali con quelli politici”: questa è la parola d’ordine che Mussolini lancia con l’invasione della Slovenia, a cui fa puntualmente seguito una proliferazione di campi di concentramento(il più tristemente noto per l’alto tasso di mortalità dei reclusi quello installato nell’isola di Arbe) come strumenti di repressione di massa di una popolazione civile che non nasconde il proprio dissenso nei confronti del regime di occupazione fascista. La liberazione, nel maggio 1945, di Trieste, della Venezia Giulia e dell’Istria ad opera della resistenza guidata da Tito segna l’inizio di un nuovo sistema concentrazionario jugoslavo che si origina dalla percezione della diffusa presenza italiana nell’area come ostacolo alla formazione di un nuovo stato slavo, etnicamente omogeneo. Finiscono così nei campi comunisti jugoslavi non solo prigionieri di guerra di cui si procrastina continuamente il rimpatrio, anche come forma di pressione politica in una situazione estremamente aperta dal punto di vista della definizione dei confini; ma anche porzioni sempre più significative di popolazione civile, oggetto di una aggressività mirata a provocarne la sistematica espulsione dal territorio. Il sistema concentrazionario, secondo un modulo che è del resto europeo, si rovescia così in un esodo di massa destinato ad arrestarsi definitivamente solo nel 1954, ed alimenta contestualmente un sistema di campi profughi che rappresenta l’ultima, dolorosa conseguenza dei grandi spostamenti di popolazione(si è parlato di 40 milioni di displaced persons)che segnano tutta la storia del secondo conflitto mondiale.
La ricerca sommariamente indicata sulle diverse forme di terrorismo esercitato dallo stato nei confronti della societàò civile- con il corrispettivo mutamento radicale della natura stessa della guerra- procederà simultaneamente all’interno dei tre moduli di ricerca.
Per quanto riguarda le stragi si procederà alla elaborazione di una scheda tematica sulla cui base effettuare la descrizione e la immissione dei documenti nel database. Per quanto riguarda il bombardamento strategico bisogna ricordare che ben 64.354 sono le vittime italiane dei raid aerei nel secondo conflitto mondiale di cui 43.402 decedute dopo l’8 settembre 1943.Il numero supera di almeno tre volte quello delle vittime delle stragi nazifasciste. Dopo aver compiuto una ricognizione del dibattito teorico sia italiano che internazionale si procederà ad una prima mappatura dei raid aerei sul territorio nazionale, identificando i corrispettivi numeri di vittime.Per quanto riguarda infine il sistema concentrazionario la ricerca si indirizzerà essenzialmente sui due seguenti punti: a)la individuazione dei campi di concentramento del comunismo jugoslavo, quale è resa possibile sulla base di fondi esistenti presso l’ACS e l’Archivio del Ministero degli Affari esteri; b)primi approfondimenti del tema dei campi profughi.
 

2.6 Descrizione delle attrezzature già disponibili ed utilizzabili per la ricerca proposta con valore patrimoniale superiore a 25.000 Euro

Nessuna

2.7 Descrizione delle Grandi attrezzature da acquisire (GA)

Nessuna


2.8 Mesi uomo complessivi dedicati al programma

Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca   18 16 34 
Personale universitario di altre Università   12 12 24 
Titolari di assegni di ricerca      
Titolari di borse Dottorato    
 Post-dottorato    
 Scuola di Specializzazione    
Personale a contratto Assegnisti    
 Borsisti    
 Dottorandi    
 Altre tipologie 20 20 40 
Personale extrauniversitario   12 
TOTALE   56 54 110 

PARTE III

3.1 Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

 
Voce di spesa  Spesa in Euro Descrizione Materiale inventariabile

Grandi Attrezzature

Materiale di consumo e funzionamento

Spese per calcolo ed elaborazione dati

Personale a contratto

Servizi esterni

Missioni

Pubblicazioni

Partecipazione / Organizzazione convegni

Altro 

3.000 Due computer portatili 
  
2.000 carta, cartucce stampanti e cancelleria, 
15.000 Costruzione del database, introduzione e descrizione dei documenti e loro immissione in rete. 
20.000 I due contratti si riferiscono alla conduzione di ricerche di archivio e alla digitalizzazione dei documenti individuati 
  
15.000 Viaggi per ricerche negli archivi italiani e stranieri 
  
5.000 Spese di viaggio e di alloggio per relatori 
  
TOTALE60.000   

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

    Descrizione Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

Fondi disponibili (RD)

Fondi acquisibili (RA)

Cofinanziamento di altre amministrazioni

Cofinanziamento richiesto al MIUR

60.000  
6.100 Fondi provenienti dal Dipartimento 
12.200 Fondi provenienti da Ateneo in caso di approvazione del progetto 
  
41.700  

3.3.1 Certifico la dichiarata disponibilità e l’utilizzabilità dei fondi di Ateneo (RD e RA)

SI
(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)

Firma _____________________________________  Data 20/03/2004 ore 22:06 

 
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
DIPARTIMENTO PER L’UNIVERSITÀ, L’ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
PROGRAMMI DI RICERCA SCIENTIFICA DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
RICHIESTA DI COFINANZIAMENTO (DM n. 30 del 12 febbraio 2004)

PROGETTO DI UNA UNITÀ DI RICERCA – MODELLO B
Anno 2004 – prot. 2004118208_003 PARTE I

1.1 Tipologia del programma di ricerca

Interuniversitario 

Aree scientifico disciplinari

Area 11: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (65%) 
Area 14: Scienze politiche e sociali (35%) 
 


1.2 Durata del Programma di Ricerca

24 Mesi  


1.3 Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca

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FLORES D’ARCAIS MARCELLO flores@unisi.it 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di SIENA     
Facoltà di LETTERE e FILOSOFIA      
Dipartimento di SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE      


1.4 Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

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VENTRONE ANGELO   
Professore Associato 30/05/1962 VNTNGL62E30L840L 
M-STO/04 – Storia contemporanea     
Università degli Studi di MACERATA     
Facoltà di SCIENZE POLITICHE      
Dipartimento di DIRITTO PUBBLICO E TEORIA DEL GOVERNO      
0733/258727
(Prefisso e telefono) 
0733/258727
(Numero fax) 
angelo.ventrone@unimc.it
(Email) 


1.5 Curriculum scientifico del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

 
Angelo Ventrone è docente di Storia contemporanea presso la Fac. di Scienze Politiche dell’Univ. di Macerata. È membro della Direzione della rivista di storia contemporanea “Memoria e Ricerca”; è componente del Comitato tecnico-scientifico per la stesura di una Carta sull’Institutional Building nel Medio Oriente (promosso dalla Banca Mondiale, dall’UE, dal Governo Italiano, dall’ANCI, dall’Autorità Palestinese e da vari Paesi Arabi); presso l’Univ. di Macerata è Direttore dall’a.a. 2002/2003 del Corso di Dottorato di ricerca in «Storia, politica e istituzioni dell’area euro-mediterranea nell’età contemporanea» e ha diretto nell’a.a. 2002/2003 il «Master euro-mediterraneo in commercio e cooperazione socioculturale». I suoi studi si sono rivolti all’analisi dei partiti e delle culture politiche, e negli ultimi anni si è soffermato in particolare sull’incontro tra violenza e politica nell’Italia e nell’Europa del XX sec.


1.6 Pubblicazioni scientifiche più significative del Responsabile Scientifico dell’Unità di Ricerca

1.VENTRONE A. (2003). La seduzione totalitaria. Guerra, modernità, violenza politica (1914-1918) ISBN: 88-7989-840-X ROMA: Donzelli (ITALY)  
2.VENTRONE A. (2003). L’assalto al cielo. Le radici della violenza politica
In G. DE ROSA E G. MONINA L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta. Sistema politico e istituzioni. vol. IV ISBN: 88-498-0753-8 SOVERIA MANNELLI: Rubbettino (ITALY)  
3.VENTRONE A. (1998). La democrazia in Italia 1943-1960 ISBN: 88-383-7138-5 MILANO: RCS Libri (ITALY)  
4.VENTRONE A. (1996). La cittadinanza repubblicana. Forma-partito e identità nazionale alle origini della democrazia italiana (1943-1948) ISBN: 88-15-05508-8 BOLOGNA: il Mulino  
5.VENTRONE A. (1992). La liturgia politica comunista dal ’44 al ’46 STORIA CONTEMPORANEA. (vol. 5)  


1.7 Risorse umane impegnabili nel Programma dell’Unità di Ricerca

1.7.1 Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca

Personale docente

nº Cognome  Nome  Dipartimento   Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.VENTRONE Angelo Dip. DIRITTO PUBBLICO E TEORIA DEL GOVERNO Prof. Associato M-STO/04 
 TOTALE         

Altro personale

Nessuno

1.7.2 Personale universitario di altre Università

Personale docente

nº Cognome  Nome  Università  Dipartimento  Qualifica  Settore Disc.  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.FINCARDI Marco “Ca’ Foscari” di VENEZIA Dip. STUDI STORICI RU M-STO/04 
2.TAVIANI Ermanno CATANIA Dip. PROCESSI FORMATIVI RU M-STO/04 
 TOTALE           12 12 

Altro personale

Nessuno

1.7.3 Titolari di assegni di ricerca

Nessuno

1.7.4 Titolari di borse

nº Cognome  Nome  Dipartimento  Anno di inizio borsa  Durata
(in anni)  Tipologia  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.Casilio Silvia Dip. DIRITTO PUBBLICO E TEORIA DEL GOVERNO 2002 Dottorato 
2.Guerrieri Loredana Dip. DIRITTO PUBBLICO E TEORIA DEL GOVERNO 2003 Dottorato 
 TOTALE           16 16 


1.7.5 Personale a contratto da destinare a questo specifico programma

Nessuno

1.7.6 Personale extrauniversitario indipendente o dipendente da altri Enti

nº Cognome  Nome  Nome dell’ente  Qualifica  Mesi Uomo  1° anno  2° anno 
1.Iacopini Scoppola Luigi Privato Dottore di ricerca 
2.Papa Catia Privato Dottore di ricerca 
 TOTALE       16 16 

PARTE II

2.1 Titolo specifico del programma svolto dall’Unità di Ricerca

 
La cultura e le forme della violenza negli estremismi politici italiani ed europei del ‘900. Un’analisi comparativa


2.2 Settori scientifico-disciplinari interessati dal Programma di Ricerca

M-STO/04 – Storia contemporanea 


2.3 Parole chiave

VIOLENZA ; TERRORISMO ; POLITICA ; ESTREMISMO ; DESTRA ; SINISTRA ; MODERNITA’ ; XX SECOLO ; STORIOGRAFIA


2.4 Base di partenza scientifica nazionale o internazionale

 
La recente crisi di alcune delle principali categorie politiche che sono servite a definire il sistema politico occidentale, le sempre più profonde e rapide trasformazioni sociali ed economiche, la ridefinizione degli assetti internazionali con la fine della Guerra fredda, hanno contribuito a mettere in discussione molte immagini consolidate del XX secolo e hanno sollecitato a ricostruirne in modo più equilibrato la contraddittoria complessità. In particolare, il recente dibattito volto a tentare di ristabilire un più o meno preciso confine tra «destra» e «sinistra», se da una parte è frutto proprio del disorientamento prodotto dai radicali cambiamenti degli ultimi anni, dall’altra può però costituire un’importante sollecitazione per tornare a riflettere su momenti, personaggi, movimenti difficilmente analizzabili secondo le tradizionali categorie interpretative.
Il XX secolo è stato infatti sostanzialmente interpretato come l’«età degli estremi», come un periodo storico cioè caratterizzato da un’esasperazione della lotta ideologica e dalla contrapposizione frontale tra ideologie e visioni del mondo differenti: destra/sinistra, fascismo/antifascismo, comunismo/anticomunismo, capitalismo/comunismo, democrazia/totalitarismo, nazionalismo/internazionalismo. Ciò ha portato inevitabilmente ad enfatizzare in primo luogo le differenze tra le varie ideologie e culture politiche; ma studi recenti hanno ormai dimostrato come tale lettura abbia in realtà finito con l’occultare non solo la complessa diversità di posizioni che si nascondevano all’interno di ogni schieramento, ma anche come essa non riesca nemmeno a spiegare le radici e le ragioni dei numerosi casi di contaminazione, di collaborazione e persino di alleanza politico-diplomatica tra individui, gruppi e regimi appartenenti agli opposti schieramenti.
In effetti, una parte rilevante del XX secolo si può dire caratterizzata proprio dalla crisi delle tradizionali appartenenze politico-ideologiche, avviatasi negli ultimi decenni dell‘800 attraverso la comparsa di una nuova destra – definitasi nel corso dell’Affaire Dreyfus in Francia ma concretizzatasi più tardi nel regime fascista in Italia e nel nazionalsocialismo in Germania – e, contemporaneamente di una nuova sinistra nata sia dalla revisione soreliana che da quella leninista del marxismo.
Sia le temporanee alleanze – come nel caso del Patto Ribbentrop-Molotov alla fine degli anni ’30 – sia il passaggio da un’appartenenza politico-ideologica ad un’altra opposta – si pensi alla vicenda di Mussolini e di tanti altri suoi compagni che, militanti dell’estrema sinistra, tra prima guerra mondiale e dopoguerra diventano i fondatori di una «destra rivoluzionaria», ma si pensi anche al passaggio inverso compiuto da molti sindacalisti fascisti confluiti nella CGIL nel secondo dopoguerra – contraddicono la presunta inconciliabilità di ideologie apparentemente opposte, e nello stesso tempo indicano la reciproca contaminazione fra tradizioni e appartenenze ideologiche apparentemente estranee l’una all’altra.
Tale contaminazione, pur se su scala minore, è continuata anche nel secondo dopoguerra, e con particolare intensità in Italia, producendo esiti paradossali come il Nazi-maoismo teorizzato da Franco Freda negli anni ‘60, l’avvicinamento, nel nome di una comune rivolta generazionale ed esistenziale, anche di settori della Destra giovanile al movimento studentesco del ’68 almeno nelle sue fasi iniziali, le offerte di collaborazione rivolte negli anni ’70 ad Autonomia Operaia da parte di gruppi del radicalismo di destra come «Terza Posizione» e «Costruiamo l’azione», la sotterranea e inquietante commistione tra gruppi terroristici di estrema destra e di estrema sinistra denunciata da diverse inchieste giudiziarie.
Come ormai la storiografia ha iniziato ad appurare – basti pensare agli studi tra gli altri di Zeev Sternhell, di François Furet, di Emilio Gentile, di Jeffrey Herf, di Roger Griffin – tali fenomeni si collocano nel più generale e imponente processo di modernizzazione avviatosi nel continente europeo non a caso proprio a partire da fine ‘800. Fu in particolare l’età dei nazionalismi a rilanciare potentemente l’«etica della guerra»: la convinzione, cioè, che alla violenza fosse assegnato il compito di svecchiare e rigenerare una civiltà ormai in piena decadenza. Una convinzione che avrebbe continuato ad essere condivisa da ampi settori dell’opinione pubblica europea fino alla seconda guerra mondiale e in parte anche nei decenni successivi.
La radicale cesura costituita dagli orrori che hanno accompagnato il secondo conflitto mondiale, ha tornato a far prevalere nella cultura europea l’«etica della pace», ovvero la convinzione che la pace è l’unico strumento utile ad assicurare lo sviluppo e la tutela della civiltà e della morale. La frattura culturale che così si è prodotta ha reso difficile comprendere un tipo di sensibilità che aveva invece esaltato la guerra, l’esercizio della violenza, il sacrificio, la ripulsa dell’edonismo e dell’utilitarismo, il ruolo dominante e trascinatore delle élites dirigenti e quello subordinato delle masse.
È sembrato cioè impossibile che queste posizioni abbiano potuto incontrare il consenso di intellettuali, uomini politici ed anche di ampi settori sociali. Eppure, tali elementi hanno continuato a trovare un proprio spazio, pur se ormai minoritario, nell’Europa post-1945. Nel tentativo di sottrarsi al destino di isolamento, di sradicamento sociale, di decadenza morale, di spossamento vitale e, in alcuni casi anche di degenerazione fisica, che sembravano i prodotti inevitabili di una civiltà ormai traviata e corrotta dalla modernità borghese (una modernità vista come capace di produrre solo atomizzazione sociale, competizione continua, distruzione di ogni legame solidaristico, indifferenza verso il bene comune, dominio assoluto della dimensione privata su quella pubblica) e dalle travolgenti trasformazioni che imponeva, ampi settori intellettuali e politici, in primo luogo giovanili, si sono fatti ripetutamente sedurre, nel corso del secolo, dal progetto di una rigenerazione collettiva che si fondasse sull’esercizio sistematico della violenza e sulla volontaria subordinazione ad un’entità collettiva – comunità nazionale, razziale o di classe – intesa e vissuta come entità trascendente, superiore ad ogni interesse particolare, nel cui nome comporre gli egoismi personali e creare una comunità caratterizzata da indiscutibili e solidi vincoli solidaristici.
Da un punto di vista strutturale, dunque, sia le ideologie di estrema destra che quelle di estrema sinistra – al di là delle evidenti differenze nei progetti di società da costruire e negli spazi di liberta futura immaginati per ogni individuo, elementi che costituiscono la necessaria base di partenza per la ricerca proposta – presentano alcuni importanti tratti in comune che, soprattutto per la seconda metà del secolo, attendono ancora di essere esplorati in sede storiografica: non solo appaiono entrambe portatrici di una cultura della «coesione sociale» in cui le esigenze individuali tendono ad essere sacrificate rispetto a quelle collettive, ma sono anche convinte sostenitrici della funzione «etica» della violenza (il cui grado, naturalmente, può comunque variare grandemente a seconda dei contesti e dei soggetti interessati) come strumento necessario per opporsi a una modernizzazione colta prevalentemente nei suoi aspetti distruttivi, con l’obiettivo di giungere così alla rigenerazione sociale e individuale. È in questo ambito comparativo di analogie e di differenze che l’Unità di ricerca locale intende contribuire a fornire originali elementi di documentazione e di riflessione.


2.4.a Riferimenti bibliografici

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· Battini M., L’ordine della gerarchia. I contributi reazionari e progressisti alla crisi della democrazia in Francia, Torino 1995
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· Catanzaro R., Ideologie, movimenti, terrorismi, Bologna 1990
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· Catanzaro R., Manconi L. (a cura di), Storie di lotta armata, Bologna 1995
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· D’Apollonia A. C., L’extrême-droite en France, Bruxelles 1996
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· Ead. (a cura di), Terrorismi in Italia, Bologna 1984
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· De Rosa G. e Monina G., (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta. Sistema politico e istituzioni, Soveria Mannelli 2003
· Dershowitz A. M., Terrorismo, Roma 2003
· Dreyfus M., Groppo B., Ingerflom C., Lew R., Pennetier C., Pudal B., Wolikow S., Il secolo dei comunismi, Milano 2001
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· Francis S.T., The Soviet Strategy of Terror, Washington DC 1981
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· Kershaw I. e Lewin M. (a cura di), Stalinism and Nazism, Cambridge 1997
· Lussana F. e Marramao G. (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta. Culture, nuovi soggetti, identità, Soveria Mannelli 2003
· Malgeri F e Paggi L. (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta. Partiti e organizzazioni di massa, Soveria Mannelli 2003
· Mayer A.J., The Furies. Violence and Terror in French and Russian Revolution, Princeton 2000
· McCauley M., Stalin e lo stalinismo, Bologna 2002
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· Zunino P.G., L’ideologia del fascismo, Bologna 1985


2.5 Descrizione del programma e dei compiti dell’Unità di Ricerca

 
La cultura e le forme della violenza negli estremismi politici italiani ed europei del ‘900. Un’analisi comparativa
Il progetto di ricerca dell’Unità di ricerca locale di Macerata ha l’obiettivo di avviare un’analisi comparativa sulle culture e le forme della violenza negli Estremismi politici italiani, all’interno del più generale quadro europeo, nel corso del XX secolo.
I principali aspetti in comune, al di là dello specifico orientamento ideologico – la cultura della «coesione sociale», la funzione «etica» della violenza, l’opposizione a una modernità definita «borghese» sia nel linguaggio dei movimenti di estrema destra che di estrema sinistra, l’attesa e la prospettiva di una rigenerazione collettiva e individuale, hanno portato infatti tali soggetti ad adottare comportamenti e strumenti che presentano forti somiglianze: la tendenza ad autoinvestirsi del compito di descrivere quali siano i supremi doveri che l’intera comunità deve onorare; la delegittimazione e la demonizzazione dell’avversario con l’esclusione dai diritti di cittadinanza di chi non condivide i loro valori e non segue i loro precetti; l’aspirazione a realizzare una rivoluzione capace di dar vita a forme di organizzazione politica e sociale inedite; la carica utopica volta alla costruzione di un mondo rigenerato, spesso accompagnata dalla volontà di assicurare l’assoluta supremazia degli interessi collettivi su quelli individuali e quindi della dimensione pubblica su quella privata.
Da questo punto di vista, si può dire che, in definitiva, tutti i movimenti politici estremisti, indipendentemente dalla loro collocazione ideologica, pongono in modo radicale il problema del fondamento ultimo, etico, della comunità, immaginando la comunità politica da costruire come originata da un patto di fraternità e caratterizzata da forti vincoli solidaristici. Essi mirano dunque a ridefinire l’identità culturale e politica collettiva che viene vista come corrosa dai processi di atomizzazione sociale messi in moto dalla società industriale e secolarizzata, e propongono un’identificazione collettiva alternativa a quella fondata sulla semplice logica individualistica del do ut des. Da tale questione basilare essi sono spinti a ricercare un’entità originaria – la nazione, la razza, la classe – che fondi l’unità e l’autorità superiori alle quali ancorare le identità individuali. Il linguaggio sacro, dogmatico, e il conseguente avvio di un processo di sacralizzazione della politica, sono d’altronde gli strumenti più utili per riscrivere l’identità collettiva in forme assolute e indiscutibili. D’altronde, come ha ormai notato sia la storiografia che la sociologia politica, tali movimenti tendono ad affermarsi nei momenti di rapida trasformazione della società e della cultura di un paese, quando si accentua vorticosamente la differenziazione degli stili di vita provocati dall’evoluzione economica e tecnologica, o dall’arrivo di culture estranee e lontane dalla tradizione consolidata.
Le diversità, ed è questa una delle sfide più originali e drammatiche che il pensiero democratico porta alle altre ideologie, possono vivere una accanto all’altra arricchendosi a vicenda, senza dover essere necessariamente e integralmente gerarchizzate in una scala morale che comporti il dominio del superiore sull’inferiore. Ma le culture estremistiche si oppongono proprio a questa concezione – naturalmente in modo e con gradazioni diverse che dovranno essere approfondite nella ricerca proposta -, percependo le differenze di posizioni politiche e ideologiche sempre su uno sfondo morale, centrato innanzitutto sulla divisione netta e indiscutibile tra il Bene, l’Amico – chi dedica tutto se stesso alla causa – e il, Male, il Nemico, cioè colui che si rifiuta di farlo.
Il bisogno di oggettivare in modo chiaro e irreversibile le diversità può essere letto come una delle cause che portano ad accentuare l’uso della dimensione rituale della politica che caratterizza sia i movimenti di estrema sinistra che, in misura ancora maggiore, di estrema destra. Se nell’età contemporanea, l’identità – sia a livello individuale che collettivo – non appare più un qualcosa dato per natura, cioè sufficientemente stabile da poter essere considerato scontato, le trasformazioni rapide e incessanti costringono infatti gruppi e singoli a mettere in atto strategie volte a costruirla, a ribadirla e ad esprimerla in continuazione. I riti di massa – manifestazioni, commemorazioni, celebrazioni, sfilate, happening di vario genere – hanno così proprio lo scopo di esprimere in modo incontrovertibile non solo l’unione della comunità ideologica e la sua differenza da tutto ciò che ad essa è esterno, ma anche i valori su cui essa si fonda.
A partire da queste premesse, la ricerca dovrà analizzare le significative e sorprendenti analogie – più numerose di quanto possa apparire ad un primo sguardo – che si possono rintracciare nei miti di rigenerazione e di distruzione; nelle forme rituali per sancire l’iniziazione del nuovo aderente o per confermare l’appartenenza al partito o al gruppo; negli stili di comunicazione e negli stereotipi propagandistici utilizzati (il linguaggio militarista, bellicista, ricco di metafore sulla violenza come mezzo per ottenere la «bonifica» della società, per «igienizzarla», per combattere l’«infezione morale» che la devasta, per reagire alla sua «decadenza»); nei canali di diffusione del lessico e della simbologia della violenza; in alcuni aspetti dei modelli di comunità e di relazioni sociali che ci si propone di costruire. Analogie che mostrano la capacità di alcuni elementi ispiratori di base di attraversare con facilità le apparentemente insormontabili barriere ideologiche.
La ricerca naturalmente dovrà approfondire nella loro specificità ideologica e anche nazionale i diversi casi presi in esame, e si soffermerà in particolare su quei movimenti che hanno fatto dell’esercizio della violenza una questione centrale nella costruzione della propria identità collettiva. I momenti che la ricerca prenderà in esame saranno essenzialmente i seguenti: la crisi delle identità politiche dagli ultimi anni dell’800 allo scoppio della prima guerra mondiale, con specifico riferimento al mondo giovanile nel quale appare crescente l’attesa della guerra e della violenza perché concepiti come momenti rigeneratori sia a livello individuale che collettivo; gli anni della prima guerra mondiale e del dopoguerra, in cui si diffonde anche nel fronte interno quella «cultura di guerra» che fa parte del più generale processo di «brutalizzazione» della politica, su cui si è soffermato in particolare George L. Mosse; le origini del movimento squadrista, in cui l’analisi si volgerà all’intera galassia delle formazioni paramilitari, di orientamento quindi non solo fascista ma anche combattentista di sinistra e vario–nazionalista, nel drammatico intreccio di utopie palingenetiche, di odi e di timori reciproci, di tentativi di istituzionalizzazione dell’unità sacrale della nazione ottenuta con la resistenza sul Piave e il trionfo di Vittorio Veneto; il ritorno della violenza politica tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’80, in cui la nascita di numerose formazioni armate sia di estrema sinistra che di estrema destra è caratterizzata da scontri estremamente aspri, con la violenza fisica che diventa una realtà quotidiana ma che non esclude paradossali momenti di convergenza nel nome della lotta ai comuni nemici: la società capitalista, la democrazia parlamentare perché considerata solo la «maschera legalitaria» del sistema, i partiti tradizionali perché considerati «cogestori» del potere e quindi corresponsabili dell’esistenza del sistema stesso. D’altronde, anche alcuni valori appaiono condivisi, come il culto dell’azione, il primato della politica, la funzione etica della violenza contro una società considerata mediocre, meschina, repressiva e oppressiva, in fin dei conti disumana.
La ricerca dovrà tuttavia approfondire non solo le numerose e significative analogie tra gli opposti schieramenti ideologici, ma anche le numerose differenze: innanzitutto, la difficoltà per i gruppi di sinistra di combinare la loro immagine pubblica di terroristi con il rifiuto di definirsi tali, preferendo proclamarsi «sovversivi» per il progetto, vivo almeno fino alla degenerazione nichilista della fine degli anni ’70, non di produrre «terrore» ma di attirare il consenso delle masse; le ulteriori, grandi, difficoltà che l’estremismo e il terrorismo di sinistra hanno dovuto affrontare per giustificare l’uso della violenza, soprattutto quella contro le persone, in quanto appariva particolarmente difficile il passaggio dalla lotta per la liberazione, l’emancipazione, l’auto-realizzazione dell’essere umano, all’esercizio della violenza mortale nei suoi confronti; l’uso della violenza teorizzato come solo temporaneo nel marxismo-leninismo, in quanto la guerra di classe avrebbe dovuto essere l’ultima guerra dopo la quale la violenza avrebbe dovuto essere bandita, che si contrapponeva alla teorizzazione della violenza come elemento permanente nella cultura fascista e neo-fascista, perché rispondente a una visione del mondo come dominio della forza e dei più capaci, e quindi strumento necessario per assicurare la gerarchizzazione sociale che ne era la logica conseguenza.
Altri temi da approfondire riguardano il diverso senso dell’anticapitalismo della destra radicale – inteso a promuovere una rigenerazione etica della società – e l’anticapitalismo della sinistra rivoluzionaria, interessato anche al rivolgimento dell’assetto socio-economico. Naturalmente, i gruppi studiati saranno analizzati come parte di un più generale radicalismo europeo e internazionale – sia di destra che di sinistra – in cui circolano temi, linguaggi, obiettivi che di frequente vengono ripresi e rielaborati dalle singole organizzazioni.
Il gruppo di ricerca afferente all’unità di Macerata, dopo le necessarie riunioni preliminari per discutere gli aspetti metodologici, delineare i compiti reciproci, progettare le relative scadenze e avviare la costituzione di un fondo librario specializzato sulla violenza politica, si dividerà in vari gruppi di lavoro che avranno l’obiettivo – attraverso incontri e seminari intermedi di lavoro, in coordinamento anche con le altre unità – di censire le fonti disponibili e di individuarne di nuove (sia edite che inedite, comprese le fonti archivistiche disponibili in paesi esteri); di raccogliere e analizzare gli studi nazionali ed internazionali relativi ai temi oggetto di studio, con l’obiettivo di enuclearne sia le principali ipotesi interpretative che di individuare gli ambiti ancora da esplorare; di verificare possibili comparazioni tra casi nazionali; arrivare a uno o più momenti di discussione pubblica attraverso seminari che presentino il lavoro e prevedano dei discussant in grado sia di vagliare i risultati fino ad allora ottenuti che di indicarne i possibili sviluppi. Con la collaborazione delle altre due unità, è prevista la pubblicazione dei risultati più significativi, così da poter offrire un bilancio dell’intero lavoro svolto.


2.6 Descrizione delle attrezzature già disponibili ed utilizzabili per la ricerca proposta con valore patrimoniale superiore a 25.000 Euro

Nessuna

2.7 Descrizione delle Grandi attrezzature da acquisire (GA)

Nessuna


2.8 Mesi uomo complessivi dedicati al programma

Numero Mesi uomo
1° anno Mesi uomo
2° anno Totale mesi uomo

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Personale universitario dell’Università sede dell’Unità di Ricerca   12 
Personale universitario di altre Università   12 12 24 
Titolari di assegni di ricerca      
Titolari di borse Dottorato 16 16 32 
 Post-dottorato    
 Scuola di Specializzazione    
Personale a contratto Assegnisti    
 Borsisti    
 Dottorandi    
 Altre tipologie    
Personale extrauniversitario   16 16 32 
TOTALE   50 50 100 

PARTE III

3.1 Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

 
Voce di spesa  Spesa in Euro Descrizione Materiale inventariabile

Grandi Attrezzature

Materiale di consumo e funzionamento

Spese per calcolo ed elaborazione dati

Personale a contratto

Servizi esterni

Missioni

Pubblicazioni

Partecipazione / Organizzazione convegni

Altro 

9.000 Attrezzature informatiche, fotocamera per la riproduzione dei documenti, acquisto libri 
  
4.000 Carta, cancelleria, inchiostro stampante, spese telefoniche e di spedizione, spese di riproduzione documenti 
  
  
  
19.000 missioni per ricerche in biblioteche e archivi italiani e stranieri 
8.000 spese di editing e di stampa 
8.000 spese di viaggio, vitto e alloggio per i relatori, spese di traduzione 
  
TOTALE48.000   

3.2 Costo complessivo del Programma di Ricerca

    Descrizione Costo complessivo del Programma dell’Unità di Ricerca

Fondi disponibili (RD)

Fondi acquisibili (RA)

Cofinanziamento di altre amministrazioni

Cofinanziamento richiesto al MIUR

48.000  
4.800 3000 Dip. di Diritto Pubblico e Teoria del Governo, Univ. di Macerata
1000 Dip. di Studi Storici, Univ. “Ca’ Foscari” di Venezia
800 Dip. Processi formativi, Univ. di Catania 
9.600 Università degli studi di Macerata 
  
33.600  

3.3.1 Certifico la dichiarata disponibilità e l’utilizzabilità dei fondi di Ateneo (RD e RA)

SI
(per la copia da depositare presso l’Ateneo e per l’assenso alla diffusione via Internet delle informazioni riguardanti i programmi finanziati e la loro elaborazione necessaria alle valutazioni; legge del 31.12.96 n° 675 sulla “Tutela dei dati personali”)
 
 
Firma _____________________________________  Data 20/03/2004 ore 23:21 
 

.

FLORES D’ARCAIS MARCELLO

COORDINATORE SCIENTIFICO DEL PROGRAMMA DI RICERCA

NON AMMESSO AL COFINANZIAMENTO
Richiesto: 190.800 Euro

SCHEDE DI VALUTAZIONE:

39/7056.5/70
In base ai pareri espressi dai revisori, al programma da Lei coordinato è stata attribuita una valutazione generale C; pertanto esso è risultato non finanziabile

classe: C      scarto: -1.2515

 

SCHEDA DI VALUTAZIONE  

#Criteri di valutazionePunteggioMotivazione del punteggio

1Originalità del Progetto e suo contributo al progresso delle conoscenze scientifiche 8.5 buono
 
La ricerca assume ad oggetto un tema centrale nella riflessione sul XX secolo: quello della violenza. I redattori del progetto mostrano piena consapevolezza del rilievo del problema e della sua complessità, così come delle molte chiavi di lettura che sono state offerte, in relazione a singoli episodi o a specifici contesti, dai diversi approcci disciplinari (sociologico, antropologico, psicologico, criminologico).
Tenendo fermo il quadro molto articolato della riflessione multidisciplinare degli ultimi anni, i proponenti si prefiggono di sottoporre la questione a un’analisi storica, che tenga conto della varietà delle estrinsecazioni della violenza, sempre in rapporto ai contesti in cui si manifestano.
Il progetto propone sostanzialmente tre linee di indagine. La prima affronta il tema dei genocidi che, a partire dalla prima guerra mondiale, hanno caratterizzato, in contesti molto diversi, l’intero arco del secolo.
La seconda si incentra sui multeplici aspetti assunti dalla violenza di stato nel corso della II guerra mondiale (massacri, bombardamenti, campi di concentramento).
La terza assume ad oggetto l’uso della violenza da parte dello stato o contro di esso negli anni ’70, mettendo a confronto contesti diversi e particolarmente significativi come il Cile e l’Italia.
Date le premesse, è lecito attendere della ricerca risultati conoscitivi rilevanti. 
2Chiarezza e verificabilità degli obiettivi 8 buono
 
Il progetto è esposto in termini chiari. Le tre linee di indagine a cui si è accennato al punto 1 – che corrispondono ai progetti di tre delle quattro unità di ricerca che compongono il gruppo – convergono verso l’obiettivo principale, che è quello di approfondire la conoscenza storica e la riflessione storiografica su un tema che è cruciale anche per decifrare il periodo più recente, quello della così detta globalizzzione, nel quale le manifestazioni della violenza hanno assunto forme ed aspetti inediti.
La quarta unità di ricerca (prot. 2004118208_003) presenta un progetto (La cultura e le forme della violenza negli estremismi politici italiani ed europei del ‘900) che solo in parte coincide con la terza linea di indagine sopra indicata, e in parte se ne discosta.
Nel complesso il progetto è credibile e realizzabile. I risultati potranno essere verificati agevolmente nella misura in cui riusciranno a produrre nuove conoscenza in un campo di indagine poco esplorato. 
3Appropriatezza dei metodi e delle tecniche da utilizzare 6.75 sufficiente
 
Il programma prevede l’impiego di metodologie specifiche dell’analisi storica. La consapevolezza dell’apporto fondamentale di un approccio multidisciplinare allo studio della violenza, induce, però, i proponenti a ipotizzare un fecondo dialogo con le scienze sociali.
Va rilevato tuttavia il fatto che nel progetto si parla impropriamente di piano “sincronico” dell’analisi, per indicare i segmenti di ricerca che prevedono indagini di breve periodo, contrapposti a quelli che affrontano il tema su un arco cronologico più ampio.
Tale imprecisione lesicale e concettuale nasce probabilmente dal tentativo di collocare i programmi delle singole unità all’interno di un quadro coerente. In raltà, come si è già detto, rispetto alle tre linee di indagine complementari indicate al punto 1, vi è un gruppo (prot. 2004118208_003) il cui progetto, nell’oggetto e nel metodo, si discosta dagli altri: al centro dell’analisi, infatti, non è la violenza di massa, ma l’estremismo politico, il che sposta considerevolmente l’asse verso il tema della ridefinizione delle identità politiche, sia di destra, sia di sinistra. Tema, questo, anch’esso importante, ma eccentrico rispetto al tema principale, e meno innovativo dopo i risultati di importanti ricerche di gruppo portate avanti nell’ultimo decennio. 
4Adeguatezza delle risorse umane e strumentali già disponibili e/o richieste 8 buono
 
Il progetto coinvolge un numero rilevante di ricercatori, distribuiti in modo equilibrato tre le unità. La ricerca non prevede l’uso di attrezzature o strumenti particolari. Le risorse richieste appaiono sovradimensionate almeno del doppio soprattutto ralativamente alle voci “Materiale inventariabile”, Materiale di consumo” e “Pubblicazioni”. 

5Competenza del coordinatore scientifico 9.5 molto buono
 
Il coordinatore scientifico è studioso di grande prestigio e notorietà internazionale. I sui interessi di studio lo hanno portato a percorrere l’intero arco del secolo e a misurarsi su ricerche relative ad aree geografiche molto diverse. Questa vasta esperienza di ricerca gli ha permesso di intervenire in modo autorevole nel dibattito storiografico sia con lavori di sintesi, sia con contributi di taglio metodologico e storiografico.
Nella sua produzione recente la riflessione sul tema della violenza nel mondo contemporaneo è molto presente, in relazione a contesti molto diversi, che vanno dall’Europa all’America del Sud, dall’URSS al Sudafrica.
Dato il suo profilo scientifico complessivo e la sua competenza specifica, egli è certamente in grado di svolgere egregiamente il compito di coordinatore principale e di guidare con successo la ricerca della unità di Siena. 
6Competenza dei gruppi proponenti 8 buono
 
I responsabili degli altri tre gruppi sono studiosi con all’attivo una produzione di buon livello che comprova la loro capacità di coordinare i rispettivi gruppi.
Tra i componenti delle quattro unità spiccano per livello scientifico e per competenza specifica i ricercatori del gruppo di Siena, in particolare Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Bruna Bianchi e Maddalena Carli.
Nel gruppo di Modena spicca, anche in relazione al tema del progetto, la personalità del coordinatore, Leonardo Paggi, e nel gruppo di Teramo quella di Maria Rosaria Stabili che è tra i maggiori specialisti, e non solo italiani, di storia del Cile contemporaneo.
Di buon livello anche il gruppo di Macerata, i cui componenti, tuttavia, si muovono su un terreno di ricerca non molto coerente con quello del tema centrale del progetto. Il loro profilo scientifico e le pubblicazioni recenti confermano la diversa impostazione rispetto alle altre unità, a cui si è fatto riferimento nella risposta al punto 3. 
7Complementarità dei gruppi proponenti 7.75 discreto
 
I Con le riserve avanzate ai punti 3 e 6, le attività previste dai vari gruppi si presentano come proficuamente complementari. Il fatto che di ogni unità facciano parte ricercatori appartenenti a diverse sedi universitarie rispecchia, in questo caso, lo sforzo dei proponenti di aggregare studiosi effettivamente coinvolti nel progetto, con competenze specifiche e complementari.
Per la coerenza del progetto si propone di escludere l’unità di Macerata, il cui progetto potrà comunque essere portato avanti con i fondi di cui i proponenti già dispongono. 

Commento generale

Si tratta di una ricerca imporante e innovativa, in sintonia con i più aggiornati indirizzi di storia sociale e culturale del Novecento sul piano internazionale.
Elemento negativo è la presenza di una unità il cui programma non si armonizza con l’impianto complessivo del progetto. La presenza di tale unità ha inciso negativamente sulla valutazione espressa e sul punteggio attribuito al progetto.

Al carattere rigoroso e innovativo del progetto corrisponde l’alto livello dei proponenti e dei ricercatori coinvolti.
Tutte le unità potranno dare risultati di rilievo, anche se, come si è sottolineato, il progetto dell’unità di Macerata non appare adeguato a fornire un valore aggiunto rispetto ai risultati conseguiti in proprio.

Punteggio finale56.5 / 70

Raccomanda il progetto per il finanziamento? SI

L’entità del finanziamento richiesto è: Eccessiva

 
. SCHEDA DI VALUTAZIONE

#Criteri di valutazionePunteggioMotivazione del punteggio

1Originalità del Progetto e suo contributo al progresso delle conoscenze scientifiche 5 insufficiente
 
L’originalità del progetto non è particolarmente elevata dal momento che,esso si limita a postulare una indagine complessiva su fenomeni ampiamente studiati, ancorché settorialmente, da una vasta pubblicistica scientifica e non.Non emergono, pertanto, elementi di particolare novità, a parte l’ipotesi di comparare fenomeni in taluni casi di per sé incomparabili perché legati a contingenze particolari, con un approccio di tipo interdisciplinare. 
2Chiarezza e verificabilità degli obiettivi 5 insufficiente
 
Gli obiettivi prefissati per le diverse fasi di ricerca sono sufficientemente enucleati, ma -data anche l’eterogeneità dei percorsi di ricerca – appaiono più come delle superfetazioni intellettualistiche, tese al raggiungimento di linguaggi comuni, che non mete concrete dalle quali possano emergere risultati innovativi. 
3Appropriatezza dei metodi e delle tecniche da utilizzare 6 sufficiente
 
Pur nel contesto di limiti obiettivamente riscontrabili per l’eterogeneità degli approcci tematici, le metodologie indicate – in particolare la comparazione – appaiono adeguate. 
4Adeguatezza delle risorse umane e strumentali già disponibili e/o richieste 4 insufficiente
 
Il rapporto fra risorse strumentali e umane disponibili e quelle richieste evidenzia un divario eccessivo, che implicherebbe un intervento finmanziario troppo massiccio in rapporto alla originalità della ricerca. 

5Competenza del coordinatore scientifico 7 discreto
 
Il coordinatore scientifico è autore di nuomerose opere che affrontano i tempi proposti 
6Competenza dei gruppi proponenti 7 discreto
 
Per le loroi pregresse ricerche individuali i proponenti hanno una discreta competenza sugli argomenti del progetto. 
7Complementarità dei gruppi proponenti 5 insufficiente
 
I gruppi propongono ricerche la cui complementarità è più intellettualmente postulata che supportata da fatti concreti: per esempio, il terrorismo politico del secondo dopoguerra in alcuni paesi con la logica dei genocidi in altri. 

Commento generale

Nel complesso la ricerca proposta non ha particolari caratteri di originalità che possano giustificare un forte impegno finanziario. Il tema generale – che si pone nell’ambito di una riflessione portata avanti, da tempo, dalla storiografia internmazionale sui caratteri generali del ‘900 attraverso l’uso di più categorie concettuali (da quella del genocidio a quella della violenza, da quella dell’universo concentrazionario a quella del terrorismo) – ha interesse solo per quel che concerne l’approccio comparativo e interdisciplinare, fermo restando il fatto che la comparazione su fenomeni tanto eterogenei abbisogna di un vigilato senso critico.

Nel complesso, il progetto non appare così interessante – sia per gli obiettivi proposti sia per le metodologie utilizzate – né così innovativo da giustificare un finanziamento di elevate dimensioni.

Punteggio finale39 / 70

Raccomanda il progetto per il finanziamento? NO

L’entità del finanziamento richiesto è: Eccessiva