Per valutare significato, funzione e rilievo delle pratiche plebiscitarie nell’esperienza fascista italiana è opportuno ricordare che a due elezioni plebiscitarie della Camera dei deputati (1929,1934) seguirono la sostituzione della Camera dei deputati medesima con la Camera dei fasci e delle corporazioni e l’introduzione di un meccanismo di designazione dei membri della nuova assemblea che prescindeva dall’intervento, in qualsiasi forma, di un qualsivoglia corpo elettorale. La Camera dei fasci segnò la conclusione di un dibattito sul tema della rappresentanza protrattosi per anni: malgrado la sua breve vita, questa Camera, non la Camera “plebiscitata”, rappresentò la soluzione che il fascismo intese come la più rispondente alla propria vocazione totalitaria. Il contributo al panel s’interrogherà sulle ragioni del carattere parentetico delle pratiche plebiscitarie del fascismo ed esaminerà aspetti normativi e procedurali del loro impianto iniziale: aspetti in cui si può scorgere ab origine un rapporto tormentato con quella forma di consultazione popolare.