Cerca

Funzionari coloniali

C. Giorgi (Università di Bologna)

Sin dagli inizi i tratti tipici del governo coloniale italiano furono la concorrenza tra civili e militari e la scarsa preparazione del personale inviato in colonia: prevalsero criteri di casualità e discrezionalità (di solito da parte del Governatore della colonia, rappresentante esclusivo del Governo centrale), tanto più evidenti nel confronto con il personale britannico e quello francese.

Uno studio degli uomini che diedero vita all’ossatura dell’apparato amministrativo d’oltremare consente di indagare i tratti salienti dell’amministrazione coloniale italiana, la quale, soprattutto nel periodo fascista, si connotò per una forte militarizzazione, una crescita burocratica vistosa, una politica indigena di dominio diretto, una carenza di preparazione specifica dei funzionari coloniali e una evidente disomogeneità organizzativa.

È in questa direzione che si tratta tanto di osservare l’operato concreto dei funzionari coloniali all’interno delle strutture amministrative “periferiche”, quanto di procedere ad una indagine generale relativa alla loro composizione sociale, ai processi di accesso alla carriera, ai percorsi di formazione culturale e professionale e alle modalità di loro presenza nei territori d’oltremare (dalle quali ad esempio emergeranno significative differenze anche in relazione alle pratiche adottate dai funzionari in loco e rispetto alle società locali). Da una “fotografia di gruppo” dei funzionari coloniali, emergono sia singoli percorsi di personalità significative (si pensi alle già compiute ricerche di Aquarone su Ferdinando Martini, o di Guido Melis su Luigi Pintor o di Giulia Barrera e Barbara Sorgoni su Alberto Pollera), sia anche percorsi di personaggi “minori” ma altrettanto significativi per il governo delle colonie, i quali di fatto “realizzarono” il colonialismo italiano, «sia sul piano tecnico e amministrativo, sia su quello imprenditoriale e commerciale che su quello giuridico e scientifico» (L.De Courten).