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Il momento plebiscitario nel Risorgimento (1848-1870)

G. L. Fruci (Università di Losanna)

La storiografia ha dedicato poche ricerche sistematiche al momento plebiscitario dell’800 italiano, privilegiando approcci che ne ridimensionano il significato politico o ne forniscono un’immagine manipolativa e corruttiva. Molteplici fonti però attestano successo e rilevanza di quello che il linguaggio coevo definisce «voto della nazione», rimarcando il sentimento di «contento universale» (indotto e spontaneo) che trasforma le operazioni elettorali in un festival della nazionalità capace di coinvolgere l’intera società, a partire da donne e minori che partecipano ai suffragi in vari modi extralegali. In tale quadro interpretativo, il «tempo breve» dei voti plebiscitari si configura sia come una sorta di «mondo alla rovescia» in cui l’imperativo della concordia nazionale cancella momentaneamente divisioni di partito, classe, genere, età; sia come rituale di legittimazione in cui i sovrani, che legano la loro immagine (e la spada) al processo unitario, recitano un ruolo centrale nell’ambiguo e complesso intreccio di dedizione d’antico regime e investitura popolare che connota l’ideale della «monarchia plebiscitaria».