Francesca Falcone
Il mio intervento ricostruisce la didattica del coreografo e maestro Victor Gsovsky (1902-1974) a Berlino negli anni í20. Gsovsky proveniva da una Russia fortemente imbevuta di fermenti rivoluzionari in cui unì agguerrita generazione di registi teatrali e coreografi (tra cui Mejercholíd e Golejzovskij) andava sperimentando una nuova qualità ”eccentrica” di movimento che integrava la danza classica spogliata dei convenzionalismi tardo ottocenteschi. Il suo insegnamento sviluppava nell’allievo la massima prestazione dinamica del movimento con il minimo dispendio di energia muscolare. Egli mirava ad un corpo-macchina vibrante e scattante nell’ampia escursione spazio-temporale del movimento.
La ricostruzione storica di questo periodo è stata illuminante per sagomare la figura di un grande artista, che più tardi a Parigi e poi ancora in Germania, si applicò al rinnovamento della danza classica, nel segno della espansione del movimento, analogamente a quanto nello stesso momento accadeva negli Stati Uniti ad opera di un altro grande coreografo russo, George Balanchine.