realizzata il 21.12.2002 da Fulvio Cammarano e Salvatore Botta
1) D. Quando la commissione nominata da Umberto II giunse a Cascais redasse un inventario del materiale rinvenuto a Villa Italia? R. La Commissione nominata da S.M. il Re si riunì una prima ed unica volta a Cascais, nella Villa Italia, nei giorni 19-20 e 21 maggio 1983 per una prima ricognizione e per collocare l’intero archivio in casse per il trasporto in Italia. Della riunione fu redatto regolare verbale firmato da tutti i membri e copia dello stesso, accompagnata da una lettera dei due esecutori testamentari (S.M. Simone di Bulgaria e S.A.R. il Langravio d’Assia) datata 25 maggio 1983 fu da me consegnata alla Presidenza del Consiglio. Come noto la Commissione, nel prendere in consegna i documenti dell’archivio, constatò che la documentazione storica riguardante il Regno di S.M. Vittorio Emanuele III, la Luogotenenza, il Regno e l’Esilio di S.M. Umberto II era totalmente mancante e ne informò subito il Principe Vittorio Emanuele e gli Esecutori Testamentari i quali autorizzarono la Commissione ad estendere le ricerche a tutti i locali della Villa Italia. Di ciò fu redatto dal dott. Luigi Sella un verbale “riservatissimo”, mai consegnato, che rimase tale finché non divenne di pubblico dominio negli anni delle polemiche relative alla mancata restituzione allo Stato di quanto a suo tempo trasferito a Ginevra. 2) D. In base a quali motivazioni gli eredi Savoia decisero di trattenere l’archivio e di dirottarlo a Losanna? R. Ritengo che le motivazioni per cui gli Eredi Savoia (il principe Vittorio Emanuele e la principessa Gabriella) decisero di trattenere l’archivio siano state essenzialmente per il principe Vittorio Emanuele una reazione alla volontà espressa dal Genitore di lasciare allo Stato Italiano tutto ciò che aveva attinenza con il ruolo svolto dalla Famiglia nei secoli e quindi un tentativo di conservare presso di sé ciò che egli forse riteneva gli spettasse come Capo Famiglia; per la principessa Maria Gabriella, appassionata storica, l’intenzione di consultare con altri studiosi almeno i documenti di più importante valore storico, effettuarne una catalogazione da conservare nella Fondazione di Famiglia assieme alle copie (la principessa ha sempre confermato l’intenzione di eseguire nel tempo il lascito di Suo Padre). Agli atti esiste una lettera che il Principe Vittorio Emanuele il 6 giugno 1985 ha indirizzato all’On.le Giuliano Amato, allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nella quale egli “porta a conoscenza del Governo Italiano che è stato disposto un accurato inventario dell’Archivio Storico… e che l’inventario si svolge a cura della Municipalità della Città di Losanna”. 3) D. All’epoca vennero sollevati alcuni dubbi circa la validità del testamento redatto da Umberto II. Qual è la sua opinione in proposito? R. I dubbi sulla validità delle disposizioni lasciate da S.M. il Re Umberto II erano più che fondati in quanto non esisteva né un testamento olografo né un testamento pubblico, ma solo una raccolta di fogli dattiloscritti, alcuni dei quali neanche firmati a causa della malattia che negli ultimi tempi consentiva al Sovrano solo di dettarmi le sue volontà da trasmettere agli Eredi. L’Avvocatura dello Stato, investita del problema dalla Presidenza del Consiglio, suggerì che gli Eredi dichiarassero, con atto notarile, la loro piena accettazione delle volontà dell’Augusto Genitore anche se non espresse in forma legale. L’atto notarile fu steso a Ginevra il 28 marzo 1983 e subito trasmesso alla Presidenza del Consiglio. 4) D. Perché il governo italiano non trasferì immediatamente l’archivio in Italia subito dopo la chiusura delle casse e prima che gli eredi Savoia le portassero in Svizzera? R. Purtroppo non fu possibile portare in Italia immediatamente dopo la morte del Re l’archivio in quanto occorreva la formale accettazione da parte del Governo Italiano dei lasciti che fu perfezionata solo con un DPR del 21.9.1984, quando l’archivio era già stato trasferito sin dal mese di maggio. 5) D. In che termini si svolse la trattativa che condusse al rientro in Italia nel 1993 dell’archivio? R. Sin dal 1992 la Principessa Maria Gabriella, che aveva assunto la custodia dell’archivio, effettuò una prima consegna di alcuni “faldoni”, ma dal Governo Italiano fu immediatamente contestata la mancanza di ben 127 buste, risultante dalla verifica effettuata sulla base del verbale della Commissione del maggio 1983 in possesso della Presidenza del Consiglio. Sull’intera questione si scatenò una violenta campagna sui “media” alimentata anche da divergenze sorte all’interno della Famiglia Savoia, dove S.M. la Regina Maria José, che sempre si è adoperata perché fosse data piena esecuzione alle volontà espresse dal Re Umberto, insisteva per una restituzione senza riserve, per cui cercai, avvalendomi della preziosa collaborazione del prof. Damiano Nocilla, all’epoca Segretario Generale del Senato, di trovare un accordo con l’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali, on.le Alberto Ronchey, che ponesse una volta per tutte la parola fine all’annosa diatriba. Fu di particolare utilità il fatto che alcuni membri della Commissione, da me inviati a Ginevra presso la principessa Maria Gabriella, poterono certificare in piena coscienza che le casse non erano mai state toccate e risultavano nello stesso identico stato in cui la Commissione le aveva lasciate a Cascais, per cui erano in grado di fornire “sul loro onore” la formale assicurazione che nessun documento, di quelli a suo tempo trovati a Villa Italia, era stato sottratto dalla Famiglia Savoia. Fu così possibile arrivare il 29 ottobre 1993 alla consegna dell’intero archivio ed all’accordo con il quale il Governo Italiano dichiarava chiusa ogni contesa relativa alla scomparsa di atti facenti parte del lascito di Umberto II. 6) D. Nella rassegna stampa dell’epoca alcuni storici sostengo di aver potuto prendere visione del famoso diario di Vittorio Emanuele III proprio a Villa Italia. Tra i fascicoli consegnati nel 1993 dalla principessa Maria Gabriella esso però non compare. Stessa sorte per le fantomatiche lettere con cui il presidente Lebrun avrebbe chiesto nel 1940 a Vittorio Emanuele III di far intervenire l’Italia a fianco della Germania per rendere meno drammatiche le trattative di pace con il Terzo Reich. Come se lo spiega? R. È ormai noto che il diario di Vittorio Emanuele II fu consegnato dallo stesso ad Alessandria d’Egitto alla figlia Jolanda, contessa Calvi di Bergolo, che lo ha bruciato. A Villa Italia molti hanno visto un’agenda che riportava solo annotazioni di incontri e di appuntamenti, ma anche questa non è stata trovata. Per quanto riguarda le lettere che il Presidente Lebrun avrebbe indirizzato al Re Vittorio Emanuele III nel 1940, queste sono state mostrate dal Re Umberto in un intervista rilasciata a Nicola Caracciolo e viste in più occasioni dall’Ufficiale d’Ordinanza col. Scoppola, che si alternava in “servizio” a Villa Italia. Certo è che non se ne è trovata traccia né nel cassetto della scrivania dove il col. Scoppola mi aveva detto di sapere che erano conservate né altrove. 7) D. Secondo alcuni Umberto II avrebbe distrutto sua sponte una parte dell’archivio prima di morire? A che scopo? Si disse: per salvaguardare l’immagine di Casa Savoia. Ma la dinastia non era stata comunque e definitivamente compromessa dall’esito della guerra e da un ventennio di regime fascista? R. Ritengo che nessuno sia oggi in grado di dire con certezza cosa sia avvenuto dei carteggi non ritrovati a Cascais nel maggio 1983 (vedi punto 1). Una cosa mi sento di affermare e cioè che non vi sia stata sottrazione di quella parte dell’archivio riguardante la prima metà del secolo scorso né dall’esterno né da parte degli Eredi. Documenti riguardanti i regni di Vittorio Emanuele III e di Umberto II esistevano certamente e sono stati visti da molti e soprattutto da coloro che sono stati vicini al Sovrano negli anni dell’esilio. Certamente non sono stati trovati né sono stati sottratti dopo la morte del Re. Chi conosceva bene il Re Umberto sapeva della “gelosia” con la quale voleva tutelare ad ogni costo l’immagine di Suo Padre e questo potrebbe in qualche modo spiegare un’ipotesi di volontaria soppressione di tutto ciò che riguardava un ben definito periodo della storia d’Italia. 8) D. Lo Stato italiano, nei dieci anni che separano la morte di Umberto II dalla riconsegna dell’archivio, è mai intervenuto presso gli eredi Savoia per sollecitare almeno la visione di quelle carte che la principessa Maria Gabriella in più di una dichiarazione definì di carattere strettamente privato? R. All’atto della riconsegna dell’Archivio la Commissione, che aveva svolto il suo compito di individuare le carte di carattere “strettamente privato” affidatole dal defunto Sovrano, le ha raccolte in 26 “faldoni” e consegnate alla principessa Maria Gabriella. Il Governo Italiano, sulla base del rapporto fiduciario instaurato con la Commissione, ha dato il suo accordo senza richiedere alcuna forma di verifica. Posso testimoniare per altro dell’assoluto scrupolo con cui la Commissione ha lavorato e del fatto che la stessa ha posto tra i suoi obbiettivi primari quello di evitare che tra le carte private potessero finire documenti che interessassero la vita pubblica ed istituzionale del nostro Paese. 9) D. Chi a suo giudizio tra i rappresentati del Governo italiano dell’epoca le sembrò più restio ad una mediazione con gli eredi Savoia? R. Devo dire che ho sempre trovato grande comprensione e cortesia da parte di tutti i Rappresentanti del Governo con i quali ho intrattenuto rapporti, fermo restando da parte loro la tutela del pubblico interesse e la necessità di non compiere atti che potessero compromettere, anche lontanamente, i principi su cui si fonda la repubblica. 10) D. All’epoca dell’arrivo dell’archivio Savoia in Italia si sostenne anche che la documentazione mancante relativa al ‘900 fosse stata consegnata da Umberto II a persone di fiducia perché la custodissero e la rendessero pubblica solo in un momento molto tardo, dopo la sua morte? È un’ipotesi ancora condivisibile? R. Non ho elementi per dire se l’ipotesi sia o meno realistica; certo è che un’ipotesi del genere non è mai stata presa in considerazione dalle persone che hanno vissuto vicino al Sovrano durante gli anni dell’esilio e che avrebbero facilmente potuto rendersi conto se il Re Umberto avesse incontrato persone a cui affidare della documentazione e la cosa sarebbe stata certamente comunicata agli Esecutori Testamentari.