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La scuola di Portici e la politica del mestiere, tra cultura serpieriana e sociologia americana

Simone Misiani

Simone Misiani

L’intervento ripercorre il rapporto tra la scuola di Portici e le politiche di intervento riformatore dal secondo dopoguerra alla metà degli anni ’50. In questi anni, e in particolare nei primi governi De Gasperi, entro i confini imposti dalla guerra fredda, furono poste le premesse per una politica riformatrice di notevole portata, che aveva al centro la soluzione della questione meridionale.
Si trattò del più importante e organico programma di intervento avviato nell’Italia unita, ed ebbe al centro la riforma agraria e l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno.
In questi anni, la Facoltà di Agraria di Portici, sotto la direzione di Manlio Rossi-Doria svolse un ruolo di primo piano, come uno dei luoghi centrali della “politica del mestiere” come la definì lo stesso Rossi-Doria in una lettera inviata a Salvemini che si trovava in America nella primavera del 1948.
Segue l’esame della “politica del mestiere” dal 1948 al 1955. Si intende seguire il ruolo svolto dalla scuola di Portici alla definizione e attuazione della politica meridionalista dei primi governi degasperiani, divenendo, per merito di Rossi-Doria, centro di elaborazione politica.
La tradizione Bordiga-Serpieri, dell’Inea, e dei piani di bonifica integrale, viene recuperata entro una concezione democratica-azionista di riforma agraria, che fa perno sulle esperienze internazionali più avanzate e particolarmente, quella del new deal roosveltiano.
La scuola di portici in questo periodo ha un ruolo centrale nella fase di definizione, governo delle prime fasi attuative, e nella valutazione critica dei risultati raggiunti, fino all’aperta rottura con gli indirizzi di governo e all’avvicinamento al gruppo di “Nord e Sud”.