La didattica, la ricerca storica e le politiche europee; ovvero, Cenerentola aspetta il principe
di Ann Katherine Isaacs
L’obiettivo iniziale di questa nota era di misurare, eventualmente per denunciarne l’inadeguatezza, il sostegno finanziario fornito alla ricerca storica dall’Unione Europea, in primo luogo attraverso i programmi gestiti direttamente dalla Commissione. I risultati della riflessione e del sondaggio di cui diamo conto hanno portato a proporre un percorso diverso, ma ci auguriamo più istruttivo e utile. In effetti, chiunque abbia tentato di reperire fondi nei programmi europei per compiere ricerche nel settore storico avrà compreso subito che la storia non è fra le priorità della Commissione. Abituati a poter proporre con successo programmi di ricerca anche finanziariamente impegnativi al Murst, al Cnr, agli Atenei e, talvolta, agli enti locali, gli storici che operano nelle università italiane restano sconcertati nel vedere quanto siano ristretti gli spazi concessi dalla politica dell’Unione per la ricerca “pura” e la ricerca di base in generale, a meno che non sia riconducibile ad alcune aree di consolidata importanza nella storia della cooperazione europea (come, ad esempio, l’Euratom).
Il sostegno alla ricerca in quanto tale senza riferimento ad una ricaduta concreta in alcuni settori, vasti ma non onnicomprensivi, di interesse generale non è stato fino ad ora tra le finalità dell’Unione. Solo quando abbia una “dimensione europea”, e anche allora solo a certe condizioni, la ricerca viene finanziata. Eppure, oggi più che mai, grazie ai contatti crescenti fra ricercatori, studenti e docenti di storia che operano nei diversi paesi, si registra una diffusa esigenza di promuovere progetti di collaborazione internazionale adeguatamente finanziati. Soprattutto, il processo di allargamento dell’Unione mette oggettivamente la storia in una posizione strategica. La ricerca e la narrazione storica sono mezzi privilegiati per capire e per comunicare ciò che unisce e ciò che distingue l’esperienza dei paesi dell’Ue e di quelli che oggi ad essa si avvicinano. Fino a che punto, e come, potranno essere realizzate le nuove esigenze e possibilità di interazione fra i diversi paesi e le rispettive storiografie?
Considereremo anzitutto alcuni grandi settori di intervento della Commissione, mettendo in luce le strategie usate nel passato e gli spazi che sembrano profilarsi nel futuro; accenneremo quindi brevemente alle possibilità di sostegno offerte da alcuni altri organismi europei; daremo infine notizia di due novità di rilevante importanza nel rapporto fra la Commissione e la ricerca e la didattica della storia. Per far ciò abbiamo usato alcuni repertori [1] e prevalentemente i materiali cartacei ed elettronici forniti dalla Commissione stessa. Il ritmo sostenuto di introduzione di novità fa sì che la fonte primaria per la conoscenza dell’argomento siano la Gazzetta ufficiale, i memoranda e comunicati della Commissione, nonché i comunicati stampa, le interviste, le relazioni, i bandi e le altre risorse disponibili in rete sul server “Europa” da poco potenziato e reso molto più veloce ed efficace [2] e su quelli ad esso collegati.
1. Nel quadro delle attività promosse dalla Commissione si possono rintracciare un po’ ovunque singole azioni o linee di finanziamento utilizzabili per iniziative che hanno un collegamento con il settore della ricerca storica o della diffusione delle conoscenze storiche [3]. In alcuni casi queste azioni e linee hanno una forte valenza politica e ideale, e rappresentano prese di posizione chiare e pubbliche rispetto a problemi delicati. A titolo di esempio possiamo citare la linea di finanziamento stabilito sul bilancio generale dell’Ue per progetti finalizzati alla preservazione, come monumenti storici, degli ex-campi di concentramento nazisti e gli archivi sulla deportazione [4].
L’Unione europea e le organizzazioni che l’hanno preceduta hanno avvertito l’esigenza di conservare le fonti anche della propria storia, cioè i propri archivi [5], oggi affidati al Segretariato Generale. Un sito web dà informazioni di massima sui contenuti degli archivi e permette ricerche a distanza per parole chiave, che non consentono però di accedere ai singoli documenti; le parole chiave rimandano alle titolature o alle notizie schematiche con cui i files sono stati organizzati. Per la consultazione diretta vige la regola dei trent’anni: dopo tale periodo il materiale è reso accessibile. I documenti formali, i trattati e gli atti emanati dalle autorità europee sono facilmente reperibili sul sito Eurolex [6].
Inoltre, il Segretariato Generale si è preoccupato di mettere a disposizione sul server una storia dell’Unione e del processo di integrazione a partire dalla seconda guerra mondiale [7]. Quella proposta al navigatore è una storia molto scarna e volutamente neutra, che segue la linea ascendente, trionfale, propria della realizzazione della spinta all’unificazione europea. Il desiderio di oggettività si esplica in una pagina interattiva dove si può cliccare su ciascun anno dal 1946 al 2001, trovando, mese per mese, giorno per giorno, le vicende ritenute degne di nota. Si tratta di una cronaca, potremmo dire, dell’Europa che si unifica e diventa sempre più presente ed attiva; una cronaca dove il peso e il contesto degli avvenimenti non sono oggetto di valutazione.
Si incontrano nella rete anche accenni a temi più impegnativi, e più funzionali alle importanti decisioni che stanno davanti ai cittadini europei. Fra i “working papers” disponibili sul server Europa troviamo un esempio assai interessante dell’uso finalizzato della ricerca storica per guidare le scelte politiche di grande rilievo: un “Survey of National Identity and Deep-seated Attitudes towards European Integration in the Ten Applicant Countries of Central and Eastern Europe” [8] (si tratta, com’è noto, di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Romania e Bulgaria i dieci paesi che ora vengono designati familiarmente come i “paesi dell’accesso”, gli “accession countries”). Lo studio è stato compiuto nel 1998 come “working paper” per conto della Dg 1A Relazioni esterne, dalla Forward Studies Unit, per valutare gli orientamenti delle popolazioni dei suddetti paesi rispetto al possibile accesso all’Unione. La ricerca è stata svolta con ldelle Delegazioni dell’Ue nei paesi in questione, e si basa su sondaggi in loco e su una bibliografia storiografica internazionale, citata nelle prime pagine. Al di là della differenziazione marcata fra le storie dei singoli paesi, viene proposta la seguente linea interpretativa (e quindi politica):
·The national identities of the Ceecs [vale a dire, i “Central and Eastern European Countries” elencati sopra] developed late compared to Western Europe due to past and recent historical experiences. In the 1990s, national identity was used as a means to justify the right to independent statehood and sovereignty.
·National identity as formulated in the early 1990s was composed by a strong identification with ‘Europe’ as belonging to “Europe” meant breaking with the Communist past.
·The social, economic and institutional reforms necessary for a correct adoption of the Eu acquis is staking out the direction of the Ceecs modernisation process, and in many ways reshaping their societies.
·Many of the Ceecs see themselves as small countries, vulnerable to external dominance and are therefore likely to fear a dilution of the national identity/independence [9].
Viene di conseguenza formulata la seguente previsione politica:
The entry of the Ceecs will tip the internal balance towards small member states which will probably favour the possibility to retain the veto on questions of vital national interest a position in line with their quite vocal fear of erosion of sovereignty inside the Eu. The basic instinct of the Ceecs is of an intergovernmental character, not because they do not support integration, but simply because this is the form of co-operation they know best [10].
Si potrebbe notare che i “Ceecs” non sono certo gli unici a conservare un “basic instinct” del genere; ben presente anche negli stati che costituiscono la pietra di paragone per lo sviluppo precoce di uno stato-nazione; e nell’insieme si può osservare come l’analisi storica, fonte di conoscenza critica e imprescindibile base per le previsioni e per l’azione politica, finisce svilita e banalizzata nel giudizio di sintesi che ne viene fatto scaturire.
Non esamineremo a fondo qui questo o altri testi simili. Ci limiteremo ad indicare rapidamente alcuni esempi della presenza generalizzata di materiali “storici” che stimolano la riflessione su come la disciplina viene percepita e presentata. Il numero maggio-giugno del 1996 di una rivista della Dg 10 (l’allora Direzione Generale Cultura) intitolato “European Dialogue” [11], propone un servizio sui problemi della “riscrittura” della storia dopo il 1989. I cinque articoli, dai titoli suggestivi: (“Poland comes to terms with its post-war history”; “Slovaks search for balance and truth”; “Hungary tries to put politics into its historical context”; “Romanians and Hungarians try to agree on history”; e infine, “Germany catches up with the past”) riguardano i problemi del rinnovamento dei libri scolastici. I contenuti degli articoli sono però diversi da quello che avremmo potuto supporre. Secondo l’autrice del saggio sulla Germania, Caroline Smrstik di Stuttgart, che ha intervistato alcuni editori, sono ancora molto scarse le notizie fornite agli studenti tedeschi sull’Ue e sulle possibilità di allargamento ai paesi dell’Europa orientale. Di altri problemi del passato con cui potrebbe essere utile misurarsi non si parla. Più significativa ancora appare l’introduzione redazionale al servizio. Partendo da Hegel (“nazioni e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia…”) l’autore sostiene, giustamente, che l’Ue nasce dal desiderio di evitare il ripetersi delle esperienze tragiche del passato recente e remoto; a suo parere, parte del processo di unificazione è quindi il “cleaning up of distorted histories”. Egli lamenta la mancanza di sostegno europeo per la riscrittura di testi per le scuole, “contaminated by Communist ideology and plain inaccuracies”; riconosce tuttavia che “new democratic governments may fall into the same traps and try to bend history to their own interpretation”. La sfida è evidente. Non è facile che possa essere equilibrata e “neutra” una storia fortemente condizionata dal contesto di cambiamento epocale in cui viene prodotta.
Nei materiali esaminati la storia compare regolarmente in due dei suoi possibili ruoli: come elemento necessario ma ideologico e fuorviante per la formazione dell’identità di gruppi e di movimenti, e come parte inevitabile e spesso criticata di tutti i programmi scolastici. Un tentativo simpatico di usare l’indagine storica per restituire una conoscenza del loro passato alle nuove generazioni è descritto da Aya Kasasa nell’articolo “Be quiet and listen” [12]. Da esso apprendiamo che i giovani del Dipartimento di Storia dell’Università di Namibia hanno intrapreso una ricerca basata sulla storia orale per recuperare conoscenze e tradizioni ignorate nel periodo coloniale. Si tratta di una consapevole operazione di “ricostruzione” e di “invenzione”: da un lato si tenta di recuperare la memoria del periodo precoloniale; dall’altro di creare ex novo una identità unitaria, ciò che richiede una vera ‘invenzione’, perché prima della colonizzazione le popolazioni non erano affatto unite. Talvolta la storia presenta la sua faccia più sbiadita: come disciplina scolastica archetipica, forse noiosa, sicuramente poco rilevante. Un esempio può essere tratto dalla presentazione dei programmi di cooperazione fra l’Ue e l’India, dove scopriamo che, a giudizio della University Grants Commission, vi è in India una domanda crescente per gli “studi europei”. Tuttavia, si legge, “la maggioranza dei corsi esistenti che riguardano l’Europa sono incentrati sulla storia europea o sulle lingue”. Chi desidera intraprendere affari in Europa o sviluppare i rapporti commerciali fra Europa e India preferirebbe invece argomenti “contemporanei, quali l’Unione economica e monetaria, il mercato interno e il suo allargamento” [13]. La storia almeno quella storia non serve agli uomini d’affari.
È possibile riportare alle sue basi critiche una disciplina che rischia sempre di cadere nella banalità, nell’apologia, o nell’irrilevanza? Può la storia esprimere pienamente le sue potenzialità euristiche in una fase importante e delicata per l’Europa?
2. Veniamo ai compiti affidati alle discipline storiche nelle grandi strategie per dare all’Europa un ruolo di primo piano nella ricerca. Per far ciò bisogna dirigere la nostra attenzione ai programmi già completati e a quelli in via di definizione presso la Direzione Generale Ricerca [14]. Risulta evidente che fino ad ora la storia non è stata mai presente a pieno titolo. La parola “ricerca” è utilizzata in base a una concezione del sapere che non comprende la storia fra le scienze se non in modo marginale. Nei Programmi Quadro in vigore fino al 1998 [15] era arduo trovare spiragli per proporre progetti di contenuto storico. I settori d’intervento erano definiti in modo tale che solo con uno sforzo dell’immaginazione, e solo per certe problematiche, era possibile individuare compiti da affidare all’indagine storica. Ciò nondimeno, alcune proposte hanno avuto successo. Un esempio è il progetto presentato nell’ambito del Terzo Programma Quadro dall’Università Royal Holloway di Londra (con Linköping, Odense e Venezia) su “Nature, environment, landscape: European attitudes and discourses in the Modern period (1920-1970) with particular attention to water regulation”. Il progetto rientrava nella voce “Environmental Protection, Meteorology, Safety”) [16].
Nonostante gli sforzi, gli spazi praticabili per le scienze umane sono rimasti ristretti anche nel successivo Quinto Programma Quadro [17]. Qui tuttavia ha fatto la sua comparsa un settore di intervento sulla “qualità della vita” una categoria sufficientemente ampia per comprendere alcuni progetti di ricerca collettivi ed individuali su argomenti umanistici. Ovviamente è stato necessario ripensare le competenze e gli interessi professionali in modo tale da proporre indagini attinenti alle tematiche prioritarie, e da far sì che l’attinenza risultasse chiara anche a valutatori provenienti da settori disciplinari lontani. Non si tratta di un’operazione semplice. Gli storici tendono a definire le loro linee di ricerca secondo il modo in cui desiderano collocarsi rispetto ai dibattiti presenti nelle rispettive storiografie nazionali. Il rapporto con studiosi di altri paesi è fecondo proprio perché essi provengono da percorsi di studio, scolastici ed universitari, costruiti su basi nazionali (o in alcuni casi regionali); il contatto con altre storiografie rende più consapevoli delle caratteristiche della propria. Per definire obiettivi di ricerca “europei” gli storici devono fare uno sforzo di innovazione. Nel modello humboldtiano del cosmo, al quale si richiama il nostro ordinamento universitario, il sapere è unico, e il compito dello scienziato-docente è di insegnare ricercando e ricercare insegnando fisica, matematica o storia, non importa. Per lo storicismo e per il marxismo, la storia è scienza; anzi è di più, è la scienza che permette di capire le vicende umane e la politica. Date le radici della cultura italiana, vediamo con stupore l’esclusione della nostra disciplina dal novero delle priorità della ricerca. Eppure così è stato. Può darsi che non sia inutile trovarci costretti a riflettere sul modo in cui le nostre competenze possono contribuire alle finalità generali dell’Unione europea.
Per mettere a punto gli indirizzi che scaturiranno dal Quinto Programma Quadro, la Commissione ha sollecitato l’espressione di opinioni e idee in alcuni grandi incontri e mediante un forum su web. Il nuovo programma che verrà “lanciato” in autunno del 2001 presenta alcuni aspetti di novità. Non si chiamerà “Sesto Programma Quadro” bensì Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo; in esso avrà una parte di primo piano una “European Research Area” [18]. Si mira a creare un ambiente di ricerca competitivo a livello mondiale, a favorire la circolazione dei ricercatori all’interno dell’Europa (inclusi i “nuovi” paesi dell’Europa centrale e orientale) e a rovesciare la direzione del “braindrain”, richiamando in patria o inducendo a restare nell’Ue i ricercatori che si sono già trasferiti all’estero o che potrebbero essere tentati di farlo. La speranza è di rendere più coesa la ricerca e più funzionale alla promozione dei “valori” europei. Ciò corrisponde all’attuale fase nella costruzione di un’identità europea che pone in primo piano una specifica valenza democratica e etica dell’Ue rispetto ad altri attori sulla scena internazionale.
È previsto un contribuito della storia a questo sforzo? Il finanziamento complessivo di € 17.71 miliardi è costituito da due parti, una derivante dal Trattato della Comunità europea (Ec) di € 16.475 miliardi; l’altra, di € 1.23 miliardi, riguarda il Trattato Euratom. La divisione proposta è la seguente [19]:
Trattato CE: | – | € 16.475 miliardi |
– | Priorità tematiche: | € 12.770 miliardi |
– | Genoma e biotecnologia (sanità) | € 2.000 " |
– | Tecnologie della società dell’informazione | € 3.600 " |
– | Nanotecnologie, materiali intelligenti, nuovi metodi di produzione | € 1.300 " |
– | Aeronautica e spazio | € 1.000 " |
– | Sicurezza alimentare e rischi per la salute | € 0.600 " |
– | Sviluppo sostenibile e cambiamento globale, energia e trasporti | € 1.700 " |
– | Cittadini e "governance" nella società europea | € 0.225 " |
– | Previsione di necessità scientifiche e tecnologiche, tecnologie emergenti (compreso € 0.700 mil per il Joint Research Centre) | € 2.345 " |
– | Area Europea della Ricerca (azioni strutturali) | € 3.050 " |
– | Ricerca e innovazione | € 0.300 " |
– | Risorse umane | € 1.800 " |
– | Infrastrutture | € 0.900 " |
– | Scienza e società | € 0.050 " |
– | Area Europea della Ricerca (rinforzare le basi per la ricerca) | € 0.450 " |
– | Coordinamento di attività | € 0.400 " |
– | Sviluppo di politiche coerenti | € 0.050 " |
Trattato Euratom: | – | € 1.230 miliardi |
– | Trattamento e stoccaggio di scarti | € 0.150 " |
– | Fusione termonucleare | € 0.700 " |
– | Altre azioni Euratom (come radioprotezione, sicurezza, formazione) | € 0.050 " |
– | Azione Euratom per il Joint Research Centre (ad es. sicurezza nucleare, misure, materiali di riferimento, trasformazione di materiali di scarto) | € 0.330 " |
Come si vede, nemmeno questa volta è contemplata in modo esplicito la ricerca storica. Tuttavia, alcune voci, evidenziate in grassetto, potrebbero offrire possibilità di finanziamento per indagini mirate.
3. La situazione cambia nettamente quando passiamo a considerare il settore dell’istruzione e formazione e quello della cultura. Prima gestiti da due Direzioni generali, il XXII e il X, oggi sono uniti nel Dg (“Education and Culture”/”Istruzione, Formazione e Cultura”) sotto la guida del Commissario Viviane Reding [20]. Nei programmi della nuova Dg la storia compare ovunque, talvolta persino in maniera privilegiata. Questa è l’indicazione che la storia può qui approfittare del fatto di essere una disciplina scolastica onnipresente, e del suo ruolo pubblico, collegato alla conoscenza e alla celebrazione delle glorie di patrie grandi e piccole. I programmi della Dg sono divisi fra Socrates II, che riguarda l’istruzione di ogni ordine e grado [21]; Youth (“Gioventù”) [22], che prevede programmi per i giovani (15-25 anni) e le loro associazioni, e iniziative di ricerca sui giovani o da loro realizzate; Leonardo da Vinci (formazione professionale giovanile) [23]; Cultura 2000 (iniziative che riguardano l’editoria, la traduzione, il patrimonio culturale) [24]; Jean Monnet (cattedre e corsi per promuovere la conoscenza dell’integrazione europea) [25]; Alfa II (mobilità e progetti di ricerca con l’America Latina) [26]; Eu-Canada ed Eu-Usa (mobilità con i paesi relativi) [27]; Tempus III per i Nis (stati nuovamente indipendenti) e Mongolia [28]; e da ultimo eLearning, un nuovo programma per iniziative trasversali nell’uso delle tecnologie informatiche di avanguardia per l’insegnamento [29].
I programmi più interessanti per noi sono Socrates II, Cultura 2000 e Jean Monnet, sebbene anche gli altri offrano possibilità di realizzare attività che hanno attinenza con la storia. Socrates II è il grande contenitore che include Erasmus per l’Università, Comenius per le scuole, Lingua per il settore dell’istruzione e l’aggiornamento linguistico, Minerva per gli aspetti informatici dell’insegnamento/apprendimento, e Gruntdvig per l’istruzione permanente. Nella codificazione delle discipline in uso la storia compare come 8.3, parte del raggruppamento 8.0 Scienze umane dopo Filosofia (8.1) e prima di Archeologia (8.4): quindi in una posizione rassicurante di disciplina fra molte altre, che può competere a pieno titolo per ricevere la sua quota di sostegno comunitario. Sotto la dicitura Erasmus troviamo una serie di “azioni” entrate nella consuetudine: la mobilità degli studenti universitari (Oms) e dei docenti (Tsm). Inoltre possono essere chiesti finanziamenti per attività più complesse: di sviluppo curriculare (ora sotto la dicitura Prog), di sperimentazione di moduli europei e di programmi intensivi di insegnamento (Ip). In tutti i progetti devono comparire fra i proponenti istituzioni di almeno 3 paesi europei fra i 31 ammessi a partecipare al Socrates. L’Ects, il sistema europeo dei crediti, ora alla base del processo di convergenza delle università europee, fa parte delle azioni Erasmus. Le varie azioni del programma Comenius per le scuole sono anch’esse ampiamente utilizzate; alcune prevedono una collaborazione fra università e scuole, e offrono possibilità di sperimentare nuovi programmi didattici in un contesto europeo.
L’istruzione/apprendimento lungo tutto l’arco della vita (“lifelong learning”) è un settore in ascesa, e corrisponde ad un indirizzo generale della politica europea [30]. Si tratta di una linea di evidente importanza per un continente dove la popolazione invecchia e le giovani generazioni sono proporzionalmente sempre meno numerose. La capacità di rispondere alla richiesta di nuove conoscenze proveniente da persone di qualsiasi età che vorranno o dovranno protrarre la loro carriera lavorativa o comunque di attività sarà determinante nel rendere vitale il modello di società europea. Anche in questo campo la storia ha alcuni compiti da svolgere. Anzitutto in quanto luogo delle memorie patrie: in paesi (ad es. Irlanda, Germania) in cui il ritorno all’Università di pensionati è diventata un prassi comune, le materie storiche sono fra quelle più richieste dagli studenti maturi, sia per soddisfare curiosità ed interessi sviluppati nel corso della vita, sia per potersi dedicare a studi amati ma tralasciati in gioventù a favore di materie più utili in una prospettiva professionale. Secondariamente, gli insegnamenti storici continuano a far parte di molti curricula di carattere generale, e perciò saranno seguiti dagli studenti di qualsiasi età che desiderino completare i programmi di studio per ottenere nuovi gradi accademici. C’è quindi la necessità di predisporre moduli didattici aggiornati sulla storia europea anche nell’ambito dell’istruzione/apprendimento permanente.
I programmi per la cultura sono oggi raggruppati sotto l’etichetta Cultura 2000, che sostituisce i programmi precedentemente gestiti dal Dg 10 (Ariana, Raphael e Kaleidoscope). Esaminando l’elenco dei progetti riguardanti la lettura e la traduzione approvati per il 2000, ne troviamo uno solo (“Clioh’s Workshop”) che riguarda esplicitamente l’area storica [31]. L’accesso ai finanziamenti di Cultura 2000 è reso complicato dalla necessità di costruire progetti che rientrino nelle priorità annunciate di anno in anno. Tuttavia e l’innovazione è apprezzabile perché consente di preparare le proprie richieste in anticipo per i bandi relativi ai prossimi anni sono già state diffuse alcune informazioni di massima. Per il 2000 una delle priorità riguardava i progetti di libri di testo innovativi per l’insegnamento della storia dei popoli europei, e per il 2001 sono previsti progetti di libri, sempre sulla storia dei popoli europei, rivolti ad un vasto pubblico. Nei prossimi anni la storia non compare fra le priorità, che sono per il 2002 le arti visive, per il 2003 le arti dello spettacolo, e per il 2004 il patrimonio culturale. Tuttavia saranno sempre possibili proposte riguardanti i libri e la lettura, e che prevedano la cooperazione fra i paesi dell’Ue e i paesi candidati.
Quanto al progetto “Jean Monnet”, si tratta, come è noto, di una serie di misure volte a promuovere la conoscenza delle problematiche europee nelle università. Può essere richiesto un sostegno per creare un polo di eccellenza, una cattedra o un modulo Jean Monnet. Terminato il periodo finanziato dalla Commissione, l’università richiedente deve garantire la continuità con i propri fondi. I settori previsti sono: Diritto, Economia, Scienze Politiche, Storia e Studi multidisciplinari. Nel 2000 sono stati approvati 117 progetti, di cui 38 nell’area del Diritto, 18 in Economia, 22 in Scienze politiche, 11 in Storia e 28 in Studi multidisciplinari. I dati per l’Italia sono 4 poli multidisciplinari (BO, GE, MI, PD), 3 cattedre di Diritto e una di Storia (SI), 7 moduli di Diritto, uno di Economia e 2 Multidisciplinari [32]. La Storia quindi è presente, ma in tono minore; fare una richiesta Jean Monnet rappresenta una strada da valutare per un’università che desideri connotarsi in senso europeo e utilizzare a pieno le risorse a disposizione.
Può essere interessante passare in rassegna anche i progetti Alfa II approvati durante il 2000 [33]. Su 36 progetti approvati, nessuno è “di storia”, e solo due sono concepiti in modo tale che alcune discipline o tematiche storiche possano essere incluse: il progetto “Educacion para la Paz y la Interculturalidad” (Epi) coordinato dall’Università di Deusto, Bilbao, e quello coordinato dall’Università “La Sapienza” di Roma, intitolato “Intervencion sobre los programas universitarios enfocados a la conservacion y valorizacion del patrimonio historico-monumental como fuente de desarrollo economico y social”. In un caso e nell’altro la storia potrebbe offrire conoscenze e approcci utili, sebbene l’ispirazione dei progetti non sia di carattere storico. La costruzione di reti che comprendano istituzioni sia europee sia latino-americane potrebbe offrire opportunità non irrilevanti di interazione e di sviluppo delle conoscenze anche in campo storico. I progetti Alfa II prevedono sia la mobilità sia la pianificazione di progetti comuni di ricerca.
4. Fermarci ai programmi gestiti direttamente dalla Commissione darebbe un quadro incompleto delle possibilità di finanziamento della ricerca e della didattica storica. Come è noto, la Fondazione Europea delle Scienze di Strasburgo [34] ha svolto una funzione importantissima nel promuovere progetti di ricerca complessi e finanziariamente molto impegnativi anche nel settore della ricerca storica. La Fondazione riceve le sue risorse, notevoli, dagli Stati che ne fanno parte. Nel passato decennio si sono svolte alcune grandi ricerche collettive che hanno permesso l’inizio della costruzione di una comunità europea degli storici. Anche altri organismi offrono alcuni spazi alla storia: il Consiglio d’Europa, ad esempio, bandisce premi per le scuole: (“Europe at school prize: art and essay competition” e “Europe at school prize: Internet award scheme” per reti di scuole impegnate a lavorare su temi europei. Il tema per il 2002 è “Our histories, our European future”. I candidati possono avere da 9 a 21 anni) [35]. La European Youth Foundation nella sua Azione 2 contempla la ricerca su argomenti riguardanti i giovani, per cui un progetto sulla formazione o sulle conoscenze storiche dei giovani potrebbe essere proposto. Intas, un’organizzazione collegata con la Direzione Generale Ricerca e Sviluppo finanziata da governi anche esterni all’Ue, ha come compito quello di ristabilire e promuovere proficui contatti di ricerca con i paesi dell’ex-Urss. Per il 2001 era compresa fra le aree di ricerca proponibili anche quella delle scienze umane, e in ogni caso l’Intas concede, nell’ambito del progetto Inco Copernicus II del Dg Ricerca, finanziamenti per il settore “Economia, scienze sociali ed umane” [36].
Ricordiamo infine alcuni programmi sia della Commissione sia del Consiglio d’Europa che potrebbero interessare alcuni docenti o ricercatori del settore storico: nel Tempus III sono previsti micro-progetti e progetti compatti di cooperazione con le istituzioni di istruzione superiore (università o scuole tecniche) dei paesi Tacis e Phare [37]. Sebbene le priorità di pochi paesi includano la storia, argomenti contigui potrebbero trovare spazi di realizzazione. La Banca del Consiglio d’Europa (Ceb) elargisce prestiti per la modernizzazione di aree rurali e la creazione di strutture culturali [38]; il Consiglio d’Europa fornisce biglietti ferroviari a giovani provenienti da paesi disagiati per permettere la loro partecipazione ad attività di istruzione internazionali. Il progetto Patrimonio Storico (Historical Heritage) del Consiglio d’Europa prevede la protezione e riabilitazione del patrimonio storico e la creazione di posti di lavoro ad esso legati [39]; premia inoltre ogni anno un museo che contribuisce alla comprensione del patrimonio storico-culturale europeo. Il progetto Life Nature del Dg Environment prevede la preparazione di progetti per riserve naturali con ricostruzione di habitat di epoche precedenti [40]. Il programma Leader concede finanziamenti ad aree rurali per incoraggiarle a “pensare alle potenzialità in una prospettiva di lungo periodo attraverso la sperimentazione di nuove forme di valorizzazione del patrimonio naturale e culturale (€ 2.020 miliardi)” [41]. Interreg III A (€ 4.875 miliardi), che promuove la cooperazione fra zone confinanti di più paesi europei, prevede finanziamenti per la condivisione di risorse umane e attrezzature connesse a ricerca, insegnamento, cultura, comunicazioni e salute per migliorare la produttività e contribuire all’impiego stabile [42]. Del Dg Ricerca è anche il programma IHP-D-Improving the Socio-economic Knowledge Base (€ 0.165 miliardi), che finanzia reti tematiche su una serie di aspetti della società europea non privi di interesse per gli storici (strutture familiari in evoluzione, cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, integrazione europea e identità europea, ecc.) [43].
5. Per concludere desideriamo dare notizia di alcuni sviluppi recenti che potranno incidere sulla ricerca e la didattica della storia a livello europeo, e prevedono un’ampia partecipazione degli storici all’elaborazione di linee comuni. Negli ultimi anni, la Rete Ects Storia, un gruppo di università che ha collaborato fin dal 1988 nel progetto pilota per il Sistema europeo per il trasferimento dei crediti (Ects), ha esteso la sua attività alla sperimentazione di nuovi contenuti e indirizzi curriculari, coinvolgendo anche i paesi dell’Europa centrale e orientale. Il numero di università partecipanti è cresciuto nettamente; oggi comprende 38 istituzioni di tutti i 31 paesi ammessi ai programmi europei. Il gruppo, coordinato dall’Università di Pisa, ha presentato con successo un progetto di sviluppo curriculare, ora nel secondo anno di operatività; il titolo del progetto è “Refounding Europe: creating links and overviews for a new history agenda (Clioh)” [44]. Inoltre, ogni anno il gruppo Clioh presenta uno o più progetti per Programmi Intensivi (Ip) Socrates (un minimo di 10 giorni, con studenti e docenti di tutte le università partecipanti): quest’anno si sono svolti due Ip, uno sul Welfare State presso l’Università di Roskilde (DK) e uno su “Sistemi politici e definizioni di ruoli di genere” a Pisa. L’anno prossimo è previsto un Ip presso l’Università Babes-Bolyai di Cluj-Napoca (RO) intitolato “Tolerance and Intolerance in a European perspective”. Per pubblicare sotto forma di libri, video e CD i materiali didattici creati duranti gli Ip, il gruppo ha presentato con successo, nell’ambito di Cultura 2000, il progetto “Clioh’s Workshop” cui abbiamo accennato sopra.
Ancor più significativa è la realizzazione, nel quadro del programma Socrates, di una Rete Tematica europea per la Storia e le scienze umane. La nuova Rete, intitolata Cliohnet, sempre coordinata dall’Università di Pisa, ha lo scopo di promuovere una prospettiva storica non solo nella cultura accademica ma anche nell’opinione pubblica europea a tutti i livelli [45]. Il programma delle attività prevede una serie di workshops nazionali (in 10 paesi diversi ogni anno) e la formazione di taskforces su alcuni temi particolarmente rilevanti. Cliohnet inizierà ufficialmente le sue attività nell’ottobre 2001. Il lancio è previsto a Madrid, presso il Senato spagnolo, il 12 ottobre: la ricorrenza della scoperta dell’America sarà celebrata con l’avvio della Rete europea. I proponenti sono 52 università di 31 paesi; ci sono accordi di collaborazione esterna con università turche e russe. I partners italiani sono le Università di Bologna, Milano Statale e Roma 3. Nei prossimi anni altre università che lo desiderino saranno invitate a farne parte.
La costituzione di una Rete Tematica europea è un passo significativo per dare rilievo alle esigenze e alle potenzialità dell’area disciplinare. La Storia era una delle poche discipline a non disporre di questo strumento. Cliohnet potrà formulare raccomandazioni che riguardano la storia e le scienze umane a livello europeo; ci si augura che possa contribuire efficacemente a dare agli studi e alla ricerca storica il posto di primo piano che compete loro.
6. Negli ultimi mesi è partito un altro progetto che si prevede debba avere grande importanza per la futura organizzazione degli studi universitari in tutte le aree disciplinari, “Tuning Educational Structures in Europe”, coordinato dalle Università di Groningen e di Deusto [46]. Se Cliohnet è da mettere in rapporto con il momento particolarmente illuminante per le visioni d’insieme, di confronto, di collegamento, di contrasto che emergono con il riavvicinamento politico e ideale fra la Ue e paesi dell’Europa centrale e orientale, “Tuning” ha invece un compito legato strettamente ai processi di armonizzazione e convergenza fra i sistemi universitari scaturiti dalla Dichiarazione della Sorbona (1998), dagli Accordi di Bologna (1999) e di Praga (2001). Mentre i sistemi universitari si stanno adeguando ad una struttura a due cicli più un livello di ricerca (dottorato) e all’uso di un sistema di crediti basato sul calcolo del lavoro dello studente, si pongono anche problemi di armonizzazione dei contenuti, dei curricula, dei criteri di valutazione e di accreditamento a livello europeo. Il progetto Tuning ha la finalità di far emergere proposte per il futuro assetto accademico attraverso un lavoro di collaborazione fra le università dell’Ue. Le università partecipanti stanno già svolgendo sondaggi fra i diplomati o laureati e i datori di lavoro per avere dati sulle competenze richieste e sull’efficacia delle università nel fornirle. Il progetto è sostenuto fortemente dalla Commissione e prevede il coinvolgimento diretto di 75 università di 17 paesi come gruppo interno che svolgerà un lavoro pilota in cinque aree disciplinari, tra cui la Storia. È previsto inoltre il ricorso alla collaborazione di un “outer circe” di università.
Tuning è stato lanciato a Bruxelles il 5 maggio 2001; le prime intense riunioni di lavoro si sono svolte nei giorni successivi. Oltre a Storia, le altre aree pilota sono Geologia, Matematica, Economia e Scienze dell’educazione. Alcune Reti tematiche di discipline contigue (Medicina, Fisica, Veterinaria) costituiscono “aree di sinergia”, collaborando autonomamente al progetto. Cliohnet collabora a Tuning direttamente, assicurando tra l’altro il collegamento con i paesi “nuovi”, non inclusi nel progetto. L’università capofila per Storia in Italia è Padova; il coordinatore dell’area disciplinare è Jean-Luc Lamboley dell’Università di Grenoble II; chi scrive rappresenta il Comitato direttivo nell’area disciplinare. Il futuro dirà se il Tuning raggiungerà i suoi traguardi, e se troverà, come ci si augura, sostegno e collaborazione fra gli storici in tutti i paesi europei.
Per concludere, possiamo forse convenire che nel quadro complessivo dei programmi europei la Storia non ha finora avuto un ruolo centrale. La situazione sta progressivamente mutando. Grazie in parte alla sua immagine ancillare, non preoccupante, di materia quintessenziale dei programmi scolastici, e in parte alla sua natura di disciplina forte, fondamentale per capire e superare con strumenti critici appropriati le incomprensioni che ancora minacciano la pace e lo sviluppo dei diritti umani, la Storia si trova finalmente in primo piano; dopo alcuni anni in attesa non inoperosa appare in grado di conquistare un posto di rilievo nel panorama della politica culturale europea. Cliohnet e Tuning sono strumenti di un’azione possibile.
Non arriverà il principe con la mitica scarpina, ma Cenerentola potrà scegliere le scarpe che vuole, in un ampio assortimento.
Università di Pisa
NOTE
1- Ad es. le guide Eurofunding prodotte da Welcomeurope: Eurofunding Guide, vol. I, aggiornato fino al marzo 2001; Eurofunding Guide 2001: The Guide of Additional European Funds; The Special Guide of European Funds available for Central and Eastern European Countries, tutte pubblicate a Parigi nel 2001 (v. il sito www.welcomeurope.com).
2- http://europa.eu.int
3- Per comodità, forniamo in fondo a questo scritto una tabella che riporta le informazioni essenziali sui principali programmi che riteniamo possano interessare il settore storico. Avvertiamo che le indicazioni relative ai programmi e ai siti vanno continuamente aggiornate. Una tabella analoga, dove saranno introdotti via via gli aggiornamenti, verrà posta sul sito Clioh, www.stm.unipi.it/Clioh
4- http://europa.eu.int/comm/secretariat_general/sgc/subvention/en/3035-en.pdf –
http://www.europa.eu.int/comm/secretariat_general/sg1/archives/files_en.htm
5- http://europa.eu.int/comm/secretariat_general/archisplus/htdocs/en/htm/home.htm
6- http://europa.eu.int/ISPO/policy/i_policy.html per links a Eurolex e ad altre pagine utili, come PreLex, che consente di seguire le proposte e le comunicazioni attraverso le varie fasi dei loro itinera.
7- http://europa.eu.int/abc/history/index_en.htm
8- http://europa.eu.int/comm/cdp/working-paper/survey_of_national_identity.pdf
9- Ivi, p. 7
10- Ibidem
11- http://europa.eu.int/comm/dg10/eur_dial/96i3a3s0.html
12- Si tratta di un articolo pubblicato su una rivista del Dg Sviluppo, “The ACP-EU Courier”, reperibile sul sito http://www.europa.eu.int/comm/development/publicat/courier/courier_177/en/en_038.pdf
13- http://www.eudelindia.org/ecocoop/mutual/rgt_esp.htm ; la traduzione è nostra.
14- http://europa.eu.int/comm/research/
15- http://europa.eu.int/comm/research/specpr.html
16- http://dbs.cordis.lu/cordis-cgi/srchidadb?ACTION=D&SESSIO…:5112&CALLER=PROJADVANCEDSRC
17- http://europa.eu.int/comm/research/fp5.html
18- http://europa.eu.int/comm/research/press/2001/pr3005en.html ; http://europa.int/comm/research/nfp.html
19- http://europa.eu.int/rapid/start/cgo/guesten.ksh?p_action.gettxt=gt&doc=MEMO/01/50|0|AGED&Ig=en .Si tratta della proposta della Commissione per la suddivisione dello stanziamento per il 2002-2006. La traduzione è nostra.
20- http://www.europa.eu.int/comm/education_culture/index.html
21- http://www.europa.eu.int/comm/education/socrates.html
22- http://www.europa.eu.int/comm/education/youth.html
23- http://www.europa.eu.int/comm/education/leonardo.html
24- http://www.europa.eu.int/comm/culture/index_en.html
25- http://www.europa.eu.int/comm/dg10/university/index_it.html
26- www.alfa-program.com; www.alfa-program.com/uk/entrada.htm
27- http://www.europa.eu.int/comm/education/canada/canada.html; http://www.europa.eu.int/comm/education/ec-usa/usa.html
28- http://www.europa.eu.int/comm/education/tempus/home.html
29- http://www.europa.eu.int/eduation/elearning/call/call-en.pdf
30- Vedi il memorandum della Commissione del 30.10.2000: http://www.europa.eu.int/comm/education/life/memoit.pdf
31- http://www.europa.eu.int/comm/culture/c2000listprojects.pdf
32- http://www.europa.eu.int/comm/dg10/university/ajm/ajm2000.pdf
33- http://www.alfa-program.com/uk/projaprov1.htm
34- http://www.esf.org; spec. http://www.esf.org/human/human.htm. Va dato rilievo al fatto che il Comitato permanente per le scienze umane (Standing committee on the Humanities) dell’Esf si dichiara “well aware that the ESF is the only European agency where the humanities have a place next to the other sciences” e che sostiene la necessità che la ricerca umanistica sia considerata insieme a quella relativa alle altre scienze.
35- www.europe-at-school.org
36- www.cordis.lu/inco2/
37- http://europa.eu.int/comm/education/tempus/home.html
38- www.coebank.org
39- Ivi.
40- www.europa.eu.int/comm/life/life3.htm
41- www.rural-europe.aeidl.be/rural-fr/index.html
42- www.inforegio.cec.eu.int/
43- www.cordis.lu/improving/home.html
44- www.stm.unipi.it/Clioh; A.K. Isaacs, Una rete “storica” nell’Europa dei crediti, in “Athenet”, n. 3, feb. 2001; www.unipi.it/athent/03/articoli/003Clihonet_01A.html
45- www.stm.unipi.it/Clioh/Cliohnet
46- http://www.europa.eu.int/comm/education/tuning.html; www.relint.deusto.es/TUNINGProject/index.htm