Il mare, nella fattispecie il Mediterraneo, è al centro dell’universo simbolico e della ideologia del colonialismo: “medium” dei suoi linguaggi e delle sue pratiche. I mutamenti nella percezione dello spazio marittimo prodot-ti tra Ottocento e Novecento dalle innovazioni tecnologiche e culturali, quando cioè il grande pesce leviatano si trasforma in macchina (Schmitt), determinano la nascita di un “movimento navalista” che si lega in modo organico all’emigrazionismo e al colonialismo e che coinvolge diverse professioni, direttamente o indirettamente legate al mare: propagandisti, militari, tecnici e funzionari, armatori, mercanti. Il “navalismo” diventa un elemento considere-vole di una professionalistà imperialista che agevola il parto di un’economia coloniale (Lanaro). La relazione intende proporre, nella definizione che le ricerche in corso consentiranno, un’analisi del contributo specifico delle “professioni del mare” al progetto coloniale.