di Enrico Francia
Nel precedente numero dell’Annale avevo esaminato la trasformazione dei dottorati in storia contemporanea avvenuta negli ultimi anni [1]; ora, per completare il quadro, cercherò di tracciare un bilancio su quanto il “vecchio” dottorato ha realizzato, ossia quante e quali sono state le ricerche attivate, quale esito hanno avuto, e infine quale sia stata la sorte dei dottori di ricerca [2]. Come nell’altro articolo, non mi limiterò ad esaminare i soli dottorati di storia contemporanea “generale”, ma allargherò il campo di indagine anche a quelli che hanno una denominazione più specifica o fanno riferimento a settori affini (storia delle relazioni internazionali, storia religiosa, storia economica). Si tratta di una scelta che è legata alla natura del dottorato, primo gradino della formazione postuniversitaria e dell’attività di ricerca, nel quale però gli steccati disciplinari sono più mobili, sia per i temi affrontati, sia poi per le possibilità di carriera che essi offrono ai dottorandi.
Le fonti e i dati
L’ambito cronologico prescelto per questa indagine va dal 1994 al 1999. Se il termine a quo è stato scelto in base a considerazioni legate alla gestione e all’omogeneità dei dati, quello ad quem deriva in gran parte dalla fonte utilizzata. Le tesi di dottorato discusse in Italia e depositate presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze sono tutte elencate in una sezione speciale delle pubblicazioni annuali della Bibliografia nazionale italiana, che viene pubblicata semestralmente su carta e in CD-Rom (dal 2002 anche in e-book). L’ultima pubblicazione a stampa però disponibile nelle biblioteche è quella del 2000 che raccoglie le tesi discusse nel 1999. Il catalogo on line della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, prezioso per correggere e completare i dati raccolti sfogliando i fascicoli della Bibliografia nazionale italiana non si è mostrato utile invece per portare in avanti i limiti cronologici della ricerca. La maschera di ricerca consente in realtà di incrociare parole chiave (ad esempio “storia”), con tipo di materiale (“tesi di dottorato”) e anno; il problema è che le tesi di dottorato discusse dopo il 1997 sono state catalogate senza riempire il campo “anno”. Così mentre per il 1997, facendo una ricerca per anno, tesi di dottorato e parola chiave “storia”, si ha come risultato 346 record, ripetendo la stessa operazione per gli anni successivi sembra non esservi alcuna tesi di dottorato catalogata, salvo poi trovarle facendo delle ricerche mirate per il nome dell’autore (quando si conosce) e poter così constatare che l’anno è stato inserito all’interno del campo “titolo”. E comunque, al di là di questa singolare omissione nella catalogazione dell’anno dopo il 1997, tutti i dati relativi alla tesi (sede amministrativa, tutor, ciclo, nome del dottorato) sono stati compresi – sia prima che dopo il 1997 – nel campo “titolo”, e spesso in maniera incompleta soprattutto per quanto riguarda l’indicazione del tutor [3].
La strada più sicura si è quindi mostrata essere quella dello spoglio del catalogo cartaceo, operazione che, pur agevolata da una ripartizione per settori disciplinari, per materia e per classificazione Dewey, comporta evidenti rischi di sviste o di omissione di dati (dei quali mi scuso in anticipo con i diretti interessati).
Comunque pur con questi limiti, ho potuto raccogliere informazioni relative a 257 tesi, provenienti da 43 diversi dottorati [4]. Riprendendo le suddivisioni fatte per i dottorati nel precedente articolo [5], il campione è così ripartito rispetto al numero delle sedi e delle tesi:
tabella 1
Tipo di dottorato | Sedi | Tesi |
storia contemporanea generale | 7 | 53 |
storia generale | 14 | 71 |
storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei | 9 | 71 |
storia economica | 6 | 37 |
storia del pensiero politico | 4 | 9 |
storia religiosa | 3 | 16 |
Alcune considerazioni generali su questi dati. Innanzitutto, le tesi meno presenti tra quelle schedate sono quelle di storia del pensiero politico; ciò deriva da una scelta fatta da chi scrive che ha preferito non prendere in considerazione tesi che avessero – almeno dal titolo e dalle altre informazioni recuperate – una spiccata caratterizzazione nel senso di storia delle idee e del pensiero (ad esempio tesi su Weber, Hegel, Marx). Alcuni dottorati poi sono sottorappresentati come numero di tesi, in quanto nati proprio a ridosso degli anni considerati in questa ricerca (ad esempio; il dottorato di Bologna in Storia politica comparata del XIX e del XX secolo presente con solo due tesi, così come quello di Milano L’Europa tra istanze nazionali e sopranazionali dal XIX secolo al 1989).
Premesso ciò, si può osservare come tra i dottorati di storia contemporanea generale sono presenti con il maggior numero di tesi Storia dei partiti e dei movimenti politici (Urbino, 15 tesi), Crisi e trasformazione della società (Torino, 13 tesi), e Storia dell’Italia contemporanea (Roma III, 11 tesi). Le tesi di storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei prese in esame provengono soprattutto da 7 dottorati: Storia delle Americhe (Genova, 14 tesi), Storia delle relazioni internazionali (Roma I, 13 tesi), Storia dell’Africa (Siena, 12 tesi), Storia delle relazioni internazionali (Firenze, 10 tesi), Storia e istituzioni dell’Africa e dell’Asia moderna e contemporanea (Cagliari, 10 tesi), Storia del federalismo e dell’unità europea (Pavia, 9 tesi). Per le altre tipologie nelle quali ho suddiviso i dottorati, la distribuzione delle tesi per sedi è abbastanza equilibrata.
Le linee di ricerca presenti nelle tesi di dottorato
Nell’articolo pubblicato in questo stesso numero dell’Annale, Maria Pia Casalena sottolinea come la produzione storiografica italiana negli ultimi due anni si sia decisamente concentrata sul Novecento, mentre l’Ottocento compare soprattutto all’interno di ricerche di storia delle istituzioni e di storia sociale che si muovono su un lungo periodo, arrivando di solito a coprire i primi decenni del Novecento. Queste osservazioni si possono estendere in larga parte al campione di tesi preso qui in esame, anche se l’Ottocento sembra avere avuto, tra il 1994 e il 1999, maggiore vitalità soprattutto in alcuni settori.
Delle 257 tesi schedate, hanno temi riguardanti l’Ottocento il 31,4%, il Novecento il 50,7% e infine si muovono su un arco cronologico o a cavallo dei secoli o di più lunga durata il 17,9% delle tesi. Ma, scomponendo questi dati generali per le tipologie di dottorati che abbiamo individuato, emergono alcune differenze significative:
Tabella 2
Tipologia dottorati | Tesi su Ottocento | Tesi su Novecento | Tesi Ottocento/Novecento |
Storia contemporanea generale | 14 | 31 | 8 |
storia generale | 23 | 30 | 18 |
storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei | 12 | 48 | 11 |
storia economica | 25 | 7 | 5 |
storia del pensiero politico | 4 | 4 | 1 |
storia religiosa | 3 | 11 | 2 |
Come si può vedere, il Novecento è presente soprattutto nelle tesi discusse nei dottorati di storia contemporanea generale, in quelli di storia religiosa e soprattutto in quelli internazionalisti; in quest’ultimo caso il maggiore rilievo novecentesco delle relazioni internazionali spiega facilmente le ragioni di una sproporzione tra Otto e Novecento che è di uno a quattro. La ripartizione delle tesi tra i tre ambiti cronologici è più equilibrata nei dottorati di storia generale, che si caratterizzano per la presenza nei curricula e nei collegi docenti di modernisti e contemporaneisti. È invertito invece il rapporto tra Ottocento e Novecento nelle tesi di storia economica, tra le quali vi sono per lo più ricerche su imprenditori, gruppi sociali, imprese ottocentesche.
Analizzando gli argomenti delle tesi discusse solo nei dottorati di storia contemporanea e di storia generale, si può osservare innanzitutto come la grande maggioranza di esse siano dedicate all’Italia (99 su 123 tesi). Di queste le tesi di argomento novecentesco sono centrate soprattutto sul primo ventennio del secolo, ossia età giolittiana, prima guerra mondiale e avvento del fascismo. Poche sono invece le tesi sul regime fascista e sulla Seconda guerra mondiale, mentre maggiore è l’interesse per l’Italia repubblicana, soprattutto nel momento della sua fondazione. Spostandoci all’Ottocento, la maggior parte delle tesi è dedicata all’ultimo trentennio del secolo, mentre estremamente ridotta è la presenza di temi legati al Risorgimento e alla formazione dell’Italia unita. Complessivamente la storia politica sembra farla da padrona, soprattutto nelle tesi di argomento novecentesco, mentre nelle tesi sull’Ottocento e in quelle che si muovono tra i due secoli hanno un certo rilievo temi trasversali che comprendono politica, società e amministrazione. Rappresentazioni, miti, simboli, retoriche, identità, ossia i temi che sono oggetto negli ultimi anni di ricerche e studi, sembrano invece ancora scarsamente presenti nei sei anni presi in esame da questa indagine.
Dalla tesi al libro
La pubblicazione della tesi di dottorato è l’esito naturale di un lavoro di ricerca che ha impegnato lo studioso per diversi anni, ma si tratta di un passaggio comunque complicato e irto di ostacoli, soprattutto per la difficoltà di trovare un editore. Spesso per poter proporre la tesi ad un editore nazionale è necessario ridurre, accorciare, tagliare anche drasticamente pagine, tabelle, note. Per ovviare alla difficoltà di trovare un editore disponibile e per preservare quanto più possibile l’integrità della tesi, alcune sedi di dottorato hanno avviato in collaborazione con alcune case editrici collane di dipartimento, nelle quali vengono pubblicate anche tesi di dottorato: è il caso di Liguori per il dottorato in Storia della società europea (Napoli), di Prismi per il dottorato in Storia economica (Napoli, Federico II), di Olschki per Crisi e trasformazione della società (Torino).
La maggior parte delle tesi per divenire libro ha comunque seguito le vie più diverse come si può evidenziare dall’analisi dei dati raccolti. La fonte utilizzata per questa parte della ricerca è stata l’OPAC-ISBN6. Pur dovendo segnalare anche in questo caso il rischio di sviste, ho individuato al momento 138 volumi su 257 tesi schedate: più del 50% delle tesi sono quindi state pubblicate. Si tratta di un dato che se è da un lato confortante viste le difficoltà del mercato editoriale della ricerca, dall’altro non sembra destinato a migliorare di molto perché l’arco temporale tra la discussione della tesi e la sua possibile pubblicazione comincia ad essere abbastanza ampio. Per quanto riguarda gli editori, bisogna innanzitutto dar conto della loro frammentazione: sono 73 gli editori interessati, di cui 53 hanno pubblicato solo una tesi di dottorato. Tra questi ultimi vi sono soprattutto piccoli editori locali, con qualche editore nazionale come Editori Riuniti, Bruno Mondadori, Le Lettere. Sono 12 invece gli editori che hanno pubblicato almeno tre tesi di dottorato, così ripartiti:
Tabella 3
Editore | Libri |
Franco Angeli | 14 |
il Mulino | 12 |
Carocci | 7 |
Liguori | 5 |
Edizioni scientifiche italiane | 4 |
Unicopli | 4 |
Olschki | 4 |
Archivio Guido Izzi | 3 |
Bulzoni | 3 |
Prismi | 3 |
Rubbettino | 3 |
Scriptorium | 3 |
Un altro dato sul quale vale la pena soffermarsi riguarda la distribuzione dei libri rispetto alle tipologie di dottorati individuati:
Tabella 4
Tipo di dottorato | Libri | Tesi |
storia contemporanea generale | 30 | 53 |
storia generale | 42 | 71 |
storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei | 33 | 71 |
storia economica | 22 | 37 |
storia del pensiero politico | 2 | 9 |
storia religiosa | 9 | 16 |
Il rapporto tra tesi e libri pubblicati è per quasi tutti i settori superiore al 50%, tranne nel caso dei dottorati in Storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei e in Storia del pensiero politico; in questi casi la mancata pubblicazione deriva probabilmente dai temi affrontati nelle tesi i quali, soprattutto per gli editori locali, sono troppo distanti dal loro bacino d’utenza e dai rispettivi interessi editoriali.
La tabella che segue riguarda la distribuzione per anno di discussione delle tesi e dei libri pubblicati, la percentuale di libri pubblicati, e la media tra anno di discussione e anno di pubblicazione
Tabella 5
Anno di discussione | Tesi | Libri | % libri | Anno disc./anno pub. |
1994 | 32 | 22 | 68, 7 % | 4, 18 |
1995 | 24 | 17 | 70, 8 % | 2, 47 |
1996 | 52 | 30 | 57, 6 % | 2, 16 |
1997 | 53 | 23 | 43, 3 % | 2, 34 |
1998 | 64 | 34 | 53, 1 % | 2, 04 |
1999 | 32 | 12 | 37, 5 % | 1, 91 |
Chiaramente i valori più alti, sia in termini di percentuale di tesi pubblicate, sia come tempo trascorso tra la discussione delle tesi e la sua trasformazione in libro, riguardano le tesi discusse nei primi anni presi in considerazione. Guardando al dato complessivo, si può peraltro osservare come in media passano circa due anni e mezzo perché la tesi diventi libro, anche se, scorrendo ogni singolo caso, si va da un massimo di otto anni ad un minimo che si colloca nello stesso anno di discussione della tesi.
Che fine fanno i dottori di ricerca ?
La recente disciplina concorsuale non riconosce al titolo di dottore di ricerca il carattere di requisito preferenziale per l’accesso ai ruoli universitari [7], né, come accadeva in passato, gli attribuisce un significativo punteggio prestabilito (10/100), essendo stata cancellata la valutazione aritmetica di titoli, pubblicazione e prove. D’altra parte, nella prassi concorsuale il dottorato viene spesso (anche se non sempre [8]) ritenuto un requisito di base per divenire ricercatore. Ma in ogni caso si tratta di un requisito, e non certo di una garanzia. L’elevato numero dei dottori di ricerca, che con la recente riforma è destinato ulteriormente a crescere, a fronte di una limitata disponibilità di posti nei ruoli non consente infatti di assicurare un avvenire accademico certo a chi ha conseguito il dottorato. Dopo aver scritto una tesi di ricerca (e magari avendone poi tratto un libro) non sono pochi a cambiare strada, indirizzandosi definitivamente – e non solo nell’attesa di qualche chance universitaria -, verso l’insegnamento nelle scuole, o verso altri tipi di professione, in entrambi i casi potendo spesso mettere poco a frutto o far valere quanto fatto nel loro lungo e specializzato corso di studi. Molti altri (forse nel nostro settore la maggioranza) cercano di continuare a fare ricerca, utilizzando le risorse e gli spazi che l’università e la ricerca scientifica mettono a disposizione. Le borse postdottorato, gli assegni di ricerca, le borse di studio assegnate da fondazioni e istituti, permettono (con non poche difficoltà) a molti dottori di ricerca di proseguire nella loro attività di studio, in attesa che si aprano spiragli concorsuali. A questo tipo di precariato “istituzionalizzato” della ricerca si aggiungono (o si sostituiscono) in molti casi altre forme di lavoro e collaborazione con editori, archivi, enti locali, istituti storici, gruppi di ricerca universitari, biblioteche che consentono in qualche modo di continuare a rimanere in contatto con la ricerca. Di tutte queste forme più o meno precarie di lavoro non è possibile dare conto se non in termini generali e poco significativi. Se è difficile rintracciare chi ha conseguito un titolo di dottore di ricerca, è infatti impossibile sapere chi ha usufruito o usufruisce di borse di studio universitarie successive al dottorato (in passato le borse postdottorato, ora gli assegni di ricerca), né il Ministero o le singole università sembrano interessate a organizzare una qualche anagrafe della ricerca “giovane”.
Escluso quindi dalle finalità di questo articolo qualunque tentativo di censimento della ricerca precaria, ho cercato di vedere quanti dei dottori di ricerca presi in esame avessero raggiunto il loro obiettivo principale, ossia l’entrata nei ruoli universitari. I dati confermano l’importanza del dottorato come requisito per l’entrata nel mondo universitario; su 257 dottori di ricerca, dalla banca dati del CINECA e dai dati presenti nel sito del MIUR dedicato al reclutamento, 73 risultano essere stati assunti definitivamente dall’università, ossia il 28,4% del campione preso in esame. La stragrande maggioranza sono ricercatori (60), ma risultano esservi anche 10 professori associati, 2 professori ordinari, un idoneo ancora non chiamato come professore associato [9]. La seguente tabella mostra la ripartizione per settori disciplinari [10]:
Tabella 6
Settore disciplinare | I Fascia | II Fascia | Ricercatore | Idoneo |
IUS/19 | 1 | |||
L-OR/10 | 1 | |||
L-OR/23 | 1 | |||
M-PED/02 | 3 | |||
M-STO/02 | 1 | |||
M-STO/03 | 2 | |||
M-STO/04 | 8 | 22 | ||
M-STO/07 | 1 | |||
SPS/14 | 1 | |||
SECS-P/12 | 15 | |||
SPS/02 | 2 | |||
SPS/03 | 1 | 1 | ||
SPS/06 | 1 | 6 | ||
SPS/13 | 6 |
Come si può vedere, l’aver incluso nel campione dei dottorati anche quelli di disciplini affini o specialistiche fa sì che molti dottori di ricerca risultino entrati nei ruoli in settori come storia economica, storia delle relazioni internazionali, storia e istituzioni dell’Africa, etc. Se però si confrontano con più attenzione i dottorati di provenienza con i settori disciplinari di entrata, si evidenziano diversi casi di “migrazione”.
Tabella 7
Tipo di dottorato | Ruoli |
storia contemporanea generale | 13 M-STO/04, 1 SECS-P/12, 1 SPS/06 |
storia generale | 1 IUS/19, 3 M-PED/02, 1 M-STO/03, 12 M-STO/04, 4 SECS-P/12, 1 SPS/02 |
storia delle relazioni internazionali e dei paesi extraeuropei | 1 L-OR/10, 1 L-OR/23, 1 M-STO/03, 2 M-STO/04, 1 SPS/14, 5 SPS/06, 6 SPS/13 |
storia economica | 1 M-STO/02, 1 M-STO/04, 10 SECS-P/12 |
storia del pensiero politico | 1 SPS/02, 2 SPS/03 |
storia religiosa | 2 M-STO/04, 1 M-STO/07 |
Da questa tabella si desume che è soprattutto nei dottorati in storia generale (in genere i dottorati in Storia della società) e in quelli in Storia delle relazioni internazionali che si trovano persone che si muovono su uno spettro abbastanza ampio di settori disciplinari al momento della loro entrata nei ruoli.
Veniamo ora al rapporto tra sedi di dottorato e entrata nei ruoli. Prenderò in considerazione solo i dottorati presenti nella tabella con almeno dieci tesi schedate (cfr. Tab. 8).
Tra questi dottorati la migliore e la peggiore performance spetta a due dottorati in Storia dei paesi extraeuropei; infatti mentre la metà di coloro che si sono addottorati a Siena in Storia dell’Africa sono entrati nei ruoli, dei 14 dottori di ricerca schedati per Storia delle Americhe nessuno ha raggiunto al momento questo obiettivo.
Dottorato | Dottori di ricerca | Entrati nei ruoli |
Crisi e trasformazione della società (Torino) | 13 | 5 |
Storia dei partiti e dei movimenti politici (Urbino) | 15 | 5 |
Storia dell’Africa (Siena) | 12 | 6 |
Storia dell’Italia contemporanea (Roma III) | 10 | 4 |
Storia delle Americhe (Genova) | 14 | 0 |
Storia delle relazioni internazionali (Firenze) | 10 | 4 |
Storia delle relazioni internazionali (Roma) | 13 | 3 |
Storia e istituzioni dell’Africa e dell’Asia moderna e contemporanea (Cagliari) | 10 | 4 |
Storia economica e sociale (Milano, Bocconi) | 11 | 4 |
Infine sembra poter constatare una certa mobilità tra sedi dove si è conseguito il dottorato e sedi nelle quali si è vinto un concorso da ricercatore o professore; infatti solo 18 dottori di ricerca su 73 sono entrati nei ruoli nella stessa sede universitaria in cui hanno effettuato il loro dottorato. È bene precisare che si tratta di un dato approssimativo, in quanto non tiene conto delle sedi consorziate, e soprattutto non può dar conto dei circuiti accademici nei quali ciascun dottore di ricerca è in qualche modo inserito. Resta comunque l’impressione di una mobilità per chi si è addottorato in quegli anni forse maggiore di quanto in futuro avverrà, vista la forte localizzazione del nuovo dottorato di ricerca.
Conclusioni
Tirando le fila di un discorso fatto di molti numeri e tabelle, vale la pena riprendere e sottolineare alcuni punti.
Nei soli sei anni presi in considerazione sono state discusse 257 tesi di storia contemporanea, ossia una media di oltre quaranta tesi l’anno. Si tratta senza dubbio di un dato ragguardevole, destinato a migliorare nei prossimi anni per l’aumento del numero dei dottorandi avvenuto in seguito alla riforma. Le tesi di dottorato rappresentano per molti versi il motore della ricerca scientifica e quindi il fatto che il loro numero aumenti non può che essere valutato positivamente, anche se è tutto da verificare quale sarà il livello scientifico delle tesi del “nuovo” dottorato.
La percentuale di tesi pubblicate nel nostro campione (superiore al 50%) mostra come si siano creati canali editoriali informali (ossia non vere e proprie “University Press”), ma abbastanza consolidati. Certo spesso si deve ricorrere all’editore locale o molto specialistico che ha una distribuzione limitata, ma ci si affida a questi pur di non lasciare la tesi soltanto depositata presso la Biblioteca nazionale. La ricerca a tutti i costi di un editore avviene per evidenti motivi (concorsi, visibilità, riconoscimento da parte della comunità scientifica, prestigio), ma anche perché manca in Italia un sistema di circolazione o di riproduzione delle tesi come avviene nei paesi anglosassoni e in Francia.
Se assumiamo – in via del tutto indiziaria e approssimativa – i dati sui libri e sul reclutamento come indice del valore scientifico e del peso accademico di un dottorato, le cifre raccolte nel nostro campione non delineano l’emergere di gerarchie tra i dottorati ben definite. Certo esistevano dottorati che, per collegio docenti e ricerche prodotte, si erano conquistati un certo prestigio nella comunità scientifica, che poteva riflettersi in qualche modo anche sui successivi destini dei dottori di ricerca. Però la provenienza dei dottori di ricerca non ne indicava pregiudizialmente – in maniera positiva o negativa – il valore ed anche le possibilità di successo accademico. Invece tra qualche anno sarà interessante vedere se la creazione di dottorati di alta formazione, dei quali avevo parlato nel precedente articolo, porterà alla formazione di una gerarchia sul piano scientifico e formativo, e se ciò avrà conseguenze anche sul reclutamento.
APPENDICE
Tesi di dottorato in storia contemporanea (1994-1999)
NOTE
1- E. Francia, I dottorati di ricerca in storia contemporanea, in “Il Mestiere di storico” III/2002, pp. 17-42
2- Un elenco delle tesi di dottorato discusse fino al 1991 è presente in Bibliografia delle tesi di dottorato di argomento storico-contemporaneo, a cura di Giuseppe Lauricella, in “Bollettino Sissco”, febbraio 1991, n. 3 (consultabile all’indirizzo https://www.sissco.it/articoli/bollettino-sissco-n-3-febbraio-1991-1128/#tesi-dottorato ).
3- Reperire informazioni sulle tesi di dottorato sembra molto più semplice in altri paesi; ad esempio in Francia, dove certo il dottorato di ricerca ha una tradizione e un peso molto diverso rispetto all’Italia, esiste un sito universitario (http://www.fct.u-paris10.fr/<) nel quale è possibile avere notizie precise non solo sulle tesi discusse, ma anche su quelle in corso, attraverso una maschera di ricerca che si può interrogare su più campi (autore, titolo, anno, direttore della ricerca, università, tipo di dottorato, settore scientifico).
4- Una tabella con l’indicazione di nome, titolo della tesi, dottorato, sede amministrativa, anno di discussione è in appendice a questo articolo. Per ragioni di spazio le altre informazioni relative a tutor, ciclo di dottorato, libri pubblicati, ruolo universitario raggiunto dai dottori di ricerca, saranno inserite in una tabella più completa nel sito della Sissco
5- E. Francia, I dottorati cit., p. 35.
6- Http://opac.sbn.it/. I dati sono stati raccolti il 20 giugno 2003.
7- Il titolo di dottore di ricerca è inserito in un elenco di titoli che le commissioni devono valutare: “a. l’attività didattica svolta; b. i servizi prestati negli atenei e negli enti di ricerca, italiani e stranieri; c. l’attività di ricerca, comunque svolta, presso soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri; d. i titoli di dottore di ricerca e la fruizione di borse di studio finalizzate ad attività di ricerca; e. l’attività in campo clinico relativamente ai settori scientifico-disciplinari in cui sia richiesta tale specifica competenza; f. l’organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca; g. il coordinamento di iniziative in campo didattico e scientifico svolte in ambito nazionale ed internazionale”. Cfr. art. 9 del D.P.R. n. 390 del 19 ottobre 1998 (pubblicato in G.U. n. 264 del 11/11/98), Regolamento recante modalità di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori, a norma dell’articolo 1 della legge 3 luglio 1998, n. 210. L’equiparazione tra dottorato di ricerca ed altre “borse di studio finalizzate ad attività di ricerca” (punto d.) contribuisce ulteriormente a ridurre il peso del dottorato nella valutazione comparativa. Su questo tema si vedano anche i documenti prodotti dall’Associazione Dottori di Ricerca (ADI) (http://www.dottorato.it/docs/valutazddr2.html)
8- Dei 38 ricercatori entrati in ruolo con il nuovo sistema concorsuale, quasi un terzo non sembrano aver conseguito il titolo di dottore di ricerca – almeno in Italia -, come risulta confrontando i loro nomi con le tesi depositate presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
9- Altri già entrati nei ruoli come ricercatori hanno già ottenuto un’idoneità di seconda fascia e sono in attesa di chiamata.
10- Legenda: IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno; L-OR/10 Storia dei paesi islamici; L-OR/23 Storia dell’Asia orientale e sud-orientale; M-PED/02 Storia della pedagogia; M-STO/02 Storia moderna; M-STO/03 storia dell’Europa orientale; M-STO/04 Storia contemporanea; M-STO/07 Storia del Cristianesimo e delle chiese; SECS-P/12 Storia economica; SPS/02 Storia delle dottrine politiche; SPS/06 Storia delle relazioni internazionali; SPS/03 Storia delle istituzioni politiche; SPS/13 Storia e istituzioni dell’Africa; SPS/14 Storia e istituzioni dell’Asia.