PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
Circolare 31 luglio 2002
(in GU 5 agosto 2002, n. 182 )
1. Premessa: le novità della legge.
La legge 15 luglio 2002, n. 145, recante “Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale, n. 172 del 24 luglio 2002, che entra in vigore l’8 agosto 2002, contiene numerose e profonde modifiche dell’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo all’assetto complessivo della dirigenza statale.
Tra le innovazioni più significative, direttamente incidenti sulle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si segnalano le nuove regole che disciplinano il conferimento degli incarichi dirigenziali.
In questa parte, la legge valorizza le responsabilità politiche degli organi di vertice delle amministrazioni nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei ad attuare gli obiettivi definiti in sede programmatoria.
Nel nuovo sistema normativo, ferma restando la natura del rapporto di lavoro disciplinato dalle disposizioni di diritto comune e dai contratti collettivi, il provvedimento di conferimento dell’incarico assume un ruolo centrale, delineando il contenuto dei compiti affidati ai dirigenti, in relazione agli scopi fissati negli atti di indirizzo politico-amministrativo.
In questo modo, viene attuato coerentemente il principio, fissato dall’articolo 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, riguardante il necessario collegamento tra la definizione dei criteri direttivi dell’azione amministrativa, lo svolgimento dell’attività gestionale e la verifica dei risultati conseguiti, secondo parametri oggettivi.
Al tempo stesso, la riforma della dirigenza persegue lo scopo di accentuare il rilievo del merito professionale del personale pubblico più qualificato, allargando le opportunità offerte ai dirigenti di seconda fascia per accedere agli incarichi di livello dirigenziale generale.
Nella stessa logica di pieno riconoscimento delle competenze e delle doti espresse dai singoli, si pongono le disposizioni che allargano la possibilità di attribuire una parte degli incarichi ai dirigenti delle altre amministrazioni pubbliche e degli organi costituzionali, nonché alle persone, estranee all’amministrazione, di comprovata professionalità.
2. Le novità concernenti il conferimento degli incarichi dirigenziali.
La presente circolare intende fornire le prime indicazioni interpretative delle nuove norme, con particolare riguardo alle disposizioni interessanti la cessazione e l’attribuzione degli incarichi dirigenziali nella fase di immediata attuazione della riforma.
La disciplina prevista dagli articoli 19 e 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 è radicalmente innovata in più punti, riguardanti le modalità di assegnazione degli incarichi e la definizione dei ruoli dirigenziali delle amministrazioni.
a) Per il conferimento degli incarichi vanno ora considerati, insieme alla natura e alle caratteristiche dei compiti assegnati, alle attitudini ed alle capacità professionali del singolo dirigente, i risultati precedentemente conseguiti dall’interessato, in relazione agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro.
b) In ogni caso, i criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
c) La definizione dell’oggetto e della durata dell’incarico (insieme agli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché alle risorse umane, finanziarie e strumentali), è contenuta nel provvedimento di conferimento dell’incarico stesso.
d) Per gli incarichi previsti dall’articolo 19, comma 3, l’individuazione del contenuto dell’incarico, che è attribuito con decreto del Presidente della Repubblica, è stabilita in separato provvedimento dell’organo di vertice (Presidente del Consiglio dei Ministri o Ministro competente).
e) Il contratto individuale, che accede al provvedimento di conferimento, definisce il corrispondente trattamento economico.
f) La durata degli incarichi, fissata nel provvedimento di conferimento, deve essere correlata agli obiettivi prefissati, e, in ogni caso, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Non è prevista una durata minima.
g) Gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti anche ai dirigenti non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali, purché dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, ovvero di organi costituzionali, nei limiti del 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e del 5% della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia. Le percentuali indicate non incidono più sul contingente previsto dall’art. 19, comma 6, come avveniva nel contesto della precedente disciplina.
h) Il nuovo sistema è caratterizzato da maggiore flessibilità ed apertura in ordine alla individuazione dei soggetti idonei a ricoprire gli incarichi dirigenziali. In particolare, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale possono essere attribuiti a dirigenti di seconda fascia, fino al nuovo e più elevato limite del cinquanta per cento dei posti attribuibili. In tal modo si allarga sensibilmente l’originario limite, fissato nella misura di un terzo dei posti disponibili.
i) Nella stessa prospettiva, si prevede un significativo aumento dei posti attribuibili a persone di comprovata qualificazione professionale non appartenenti ai ruoli dirigenziali, incrementando detti posti dal 5% al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e dal 5% all’8% della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia.
j) Tutti gli incarichi di Segretario generale, di Capo di Dipartimento e di livello equivalente, previsti dall’articolo 19, comma 3, cessano automaticamente entro 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo, considerando la stretta connessione di tali funzioni con gli indirizzi politico-amministrativi espressi dai vertici della struttura statale.
k) Le disposizioni dell’articolo 19 (così come riformulate dalla legge), per la loro peculiare valenza organizzativa, vengono espressamente qualificate come norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi.
l) Il sistema del ruolo unico dei dirigenti statali è soppresso. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito un separato ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni, in modo da garantire la eventuale specificità tecnica del personale.
m) Peraltro, l’abrogazione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 febbraio 1999, n. 150 (che disciplina il ruolo unico dei dirigenti statali) è differita all’entrata in vigore del nuovo regolamento, previsto dall’articolo 10 della legge, destinato a disciplinare: le modalità di istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei ruoli dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato nonché le procedure e le modalità per l’inquadramento, nella fase di prima attuazione, dei dirigenti di prima e seconda fascia del ruolo unico nei ruoli delle singole amministrazioni.
3. Le norme di immediata attuazione: la cessazione automatica degli incarichi nell’art.3, comma 7, della legge.
La complessità della riforma in atto richiede alcuni chiarimenti interpretativi, riferiti al periodo di immediata attuazione della legge.
Si tratta di una fase particolarmente delicata, perché essa comporta il superamento del precedente assetto normativo, caratterizzato dal rilievo centrale del contratto individuale di lavoro nella definizione dell’oggetto e degli obiettivi degli incarichi dirigenziali.
La piena attuazione del nuovo modello organizzativo è subordinata alla costituzione dei ruoli dirigenziali delle singole amministrazioni, secondo le cadenze temporali stabilite dal regolamento di cui all’articolo 10 della legge.
Anche prima di tale momento, però, le nuove disposizioni sono destinate ad assumere piena operatività, secondo modalità e tempi diversificati, che vanno accuratamente individuati, tenendo conto della disciplina espressamente diretta a regolare la fase transitoria.
In particolare, l’articolo 3, comma 7, contiene una disposizione di immediata applicazione (che individua il nucleo essenziale del regime transitorio della nuova disciplina), diretta ad incidere su due tipi di incarichi, in corso alla data di entrata in vigore della legge:
a) tutti gli incarichi dirigenziali concernenti i ruoli delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;
b) tutti gli incarichi di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato, ove è prevista tale figura.
4. L’ambito di applicazione soggettivo della disciplina transitoria sugli incarichi in corso.
L’ambito soggettivo di applicazione della norma transitoria è puntualmente definito dalla legge.
a) L’operatività della norma riguarda le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, per quanto concerne gli incarichi dirigenziali.
b) Per gli enti pubblici vigilati dallo Stato, la norma incide solo sugli incarichi di direttore generale (secondo quanto precisato in seguito), senza toccare l’assetto della dirigenza.
c) La norma transitoria non tocca le altre amministrazioni pubbliche, salvo quanto precisato al punto 19.
A tale riguardo si sottolinea che la legge di riforma, all’articolo 1, modificando l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ridefinisce l’ambito soggettivo delle amministrazioni disciplinate dallo stesso testo unico, includendovi: “l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.
Dall’ambito applicativo dell’articolo 3, comma 7, della legge sono esclusi i dirigenti delle istituzioni scolastiche che hanno acquisito la qualifica dirigenziale ai sensi del decreto legislativo 6 marzo 1998, n.59, atteso il peculiare meccanismo di reclutamento, la disciplina specifica che li riguarda, l’applicabilità solo parziale del complesso normativo definito dagli articoli 19 e ss. del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, nonché i contenuti e le specificità della funzione dirigenziale dei capi di istituto.
5. La disciplina transitoria e il personale dirigenziale non contrattualizzato.
Circa l’applicazione della norma transitoria di cui all’articolo 3, comma 7, alle amministrazioni sottoposte a discipline speciali ed in particolare agli incarichi di livello dirigenziale conferiti a personale non contrattualizzato, si fa riserva di specifiche istruzioni non appena sarà pervenuto il parere richiesto al riguardo al Consiglio di Stato.
6. La cessazione automatica degli incarichi statali di livello dirigenziale generale
La disciplina contenuta nell’articolo 3, comma 7, prende in considerazione diverse fattispecie, assoggettandole a regole operative differenziate.
In primo luogo, si prevede una regola comune, riferita agli incarichi statali di livello dirigenziale generale ed agli incarichi di direttore generale degli enti vigilati dallo Stato: “fermo restando il numero complessivo degli incarichi attribuibili, le disposizioni di cui al presente articolo trovano immediata applicazione relativamente agli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale e a quelli di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato ove è prevista tale figura. I predetti incarichi cessano il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attività di ordinaria amministrazione.”
La disposizione introduce un termine legale finale di durata degli incarichi dirigenziali di livello generale e di quelli di direttore generale in atto. In tal modo, la regola imperativa di rango legislativo sostituisce con efficacia immediata ogni diversa previsione contenuta nei contratti individuali o nei provvedimenti di attribuzione degli incarichi in corso, prevalendo anche sulle (eventualmente) diverse previsioni della contrattazione collettiva.
L’effetto giuridico della cessazione dell’incarico è direttamente fissato dalla norma ed è correlato al mero decorso del tempo (sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge). Di conseguenza, la scadenza legale dell’incarico in corso non richiede necessariamente un atto esplicito dell’amministrazione, la cui adozione è dunque solo opportuna a fini meramente dichiarativi.
7. La posizione del dirigente generale cessato dall’incarico.
Ciò chiarito, va peraltro evidenziato che la cessazione legale della durata dell’incarico comporta, per l’amministrazione, l’obbligo di adottare un ulteriore provvedimento esplicito, riguardante la posizione del dirigente cessato dall’incarico, avente uno dei seguenti contenuti:
a) l’attribuzione al dirigente dello stesso incarico cessato, eventualmente modificato in relazione a singoli profili contenutistici (durata, aggiornamento degli obiettivi);
b) l’attribuzione di un incarico funzionale equivalente;
c) l’attribuzione di un incarico di studi, con il mantenimento del trattamento economico precedente, della durata massima di un anno.
Nel nuovo assetto normativo della dirigenza, l’atto di conferimento dell’incarico assume connotazione provvedimentale, ponendosi come determinazione conclusiva di un apposito procedimento amministrativo, nel quale si manifesta l’interesse pubblico correlato al perseguimento degli obiettivi definiti dall’organo di indirizzo politico-amministrativo. La legge qualifica espressamente l’atto di assegnazione delle funzioni dirigenziali come provvedimento, ponendo in rilievo il carattere unilaterale della determinazione.
Il carattere provvedimentale degli atti va riconosciuto anche alle determinazioni riguardanti la fase di immediata applicazione della legge, considerata dall’articolo 3, comma 7.
Ne deriva che l’attività riguardante il conferimento degli incarichi, anche in mancanza di apposita disciplina di dettaglio, è assoggettata ai principi generali del procedimento amministrativo, con particolare riguardo alle regole partecipative ed all’obbligo dell’amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti destinatari dell’atto conclusivo.
Si intende, peraltro, che la comunicazione è riferita esclusivamente alla fase procedimentale concernente la determinazione riguardante l’incarico da affidare al dirigente cessato dalla originarie funzioni. Le regole procedimentali, invece, non possono operare in relazione all’automatica cessazione dell’incarico, trattandosi di un effetto legale, che prescinde dallo svolgimento di un autonomo procedimento.
Non si può trascurare, poi, che la ristrettezza dei termini previsti dall’articolo 3, comma 7, e l’esigenza di definire in tempi rapidi l’assetto organizzativo dei vertici dirigenziali dell’amministrazione consente di adottare forme semplificate di comunicazione partecipativa.
8. I tempi di adozione dei provvedimenti di conferimento dei nuovi incarichi di livello dirigenziale generale.
L’articolo 3, comma 7, fissa il termine di cessazione dell’incarico senza regolare i tempi per l’adozione dei provvedimenti concernenti l’assegnazione dei nuovi incarichi.
Al riguardo, si ritiene che la decisione di riattribuire al dirigente lo stesso incarico in atto alla data di entrata in vigore della legge può essere senz’altro adottata (secondo le nuove disposizioni previste dal riformato articolo 19) anche prima della scadenza del sessantesimo giorno.
Infatti, la norma che prevede la cessazione degli incarichi al sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge sembra assumere una valenza essenzialmente organizzativa: essa mira a garantire che, nel termine finale di sessanta giorni, siano realizzati tutti gli adempimenti necessari per assegnare tempestivamente i nuovi incarichi. Ciò anche allo scopo di ridurre al minimo il periodo in cui il dirigente può svolgere solo attività di ordinaria amministrazione.
Il provvedimento formale di conferma, quindi, può legittimamente intervenire anche prima della scadenza del sessantesimo giorno, nel rispetto delle garanzie procedimentali del dirigente.
Al contrario, le decisioni di attribuire al dirigente un incarico equivalente ovvero un incarico di studio, non potrebbero essere adottate prima della scadenza del sessantesimo giorno.
In ogni caso, sembra sempre possibile stabilire immediatamente (nel rispetto delle indicate garanzie partecipative) l’assegnazione dei dirigenti cessati ai nuovi incarichi dirigenziali, fissandone la decorrenza al sessantunesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge.
Peraltro, con specifico riferimento ai tempi per l’adozione dei provvedimenti concernenti l’assegnazione dei nuovi incarichi, si fa riserva di ulteriori indicazioni non appena sarà pervenuto il parere del Consiglio di Stato appositamente richiesto sull’argomento.
Sotto altro profilo, si osserva che la norma non stabilisce un termine perentorio entro cui deve essere adottato il provvedimento concernente l’attribuzione di un nuovo incarico equivalente o di un incarico di studio al dirigente cessato.
Tuttavia, si sottolinea che il ritardo dell’amministrazione potrebbe costituire fonte di responsabilità nei riguardi del dirigente. Infatti, occorre considerare che la parte variabile della retribuzione è strettamente connessa all’effettivo svolgimento dell’incarico.
Pertanto, si raccomanda alle amministrazioni di assegnare i dirigenti ai nuovi incarichi, evitando soluzioni di continuità con i precedenti.
9. L’ambito di applicazione della norma sulla cessazione di efficacia degli incarichi.
La disposizione si riferisce, in modo puntuale, a tutti gli incarichi di livello dirigenziale generale, ossia ad una categoria chiaramente individuata di incarichi dirigenziali in senso ampio.
Pertanto, la norma riguarda anche gli incarichi di cui all’articolo 19, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165: incarichi di Segretario generale di Ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e incarichi di livello equivalente.
Questi tipi di incarico vanno considerati, sul piano sistematico, come uffici dirigenziali generali.
Del resto, risulta coerente con le linee generali della riforma che l’effetto della cessazione automatica degli incarichi in atto riguardi anche le posizioni di vertice dell’amministrazione, per le quali è più marcato il carattere fiduciario del rapporto.
Detta conclusione è rafforzata dalla circostanza che la legge ha riformulato l’articolo 19, comma 8, stabilendo la nuova regola secondo cui gli incarichi di più elevato livello, previsti dal comma 3, cessano automaticamente allo scadere di novanta giorni dalla fiducia sul governo, imponendo l’adozione di un provvedimento espresso di conferma.
10. L’ambito di applicazione della normativa: gli incarichi in corso affidati a soggetti estranei al ruolo unico.
La norma transitoria si riferisce, indistintamente, a tutti gli incarichi di livello dirigenziale generale.
Pertanto, essa comprende nel proprio ambito anche gli incarichi disciplinati dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.
Infatti, la regola transitoria prende in considerazione il profilo oggettivo e funzionale dell’assegnazione dell’incarico, e non quello meramente soggettivo riguardante l’appartenenza del dirigente al ruolo unico.
Ai fini dell’operatività della norma, poi, non assume alcun rilievo la circostanza che la fonte dei rapporti di questo tipo sia essenzialmente contrattuale.
Anzi, proprio la circostanza che in questi incarichi è accentuato il rilievo del profilo fiduciario e dell’accertamento delle specifiche qualità professionali dell’interessato impone di verificare, secondo le modalità attuative contenute nell’articolo 3, comma 7, la coerenza dell’incarico con i nuovi obiettivi delineati dall’organo di direzione politica dell’amministrazione.
11. L’attività di ordinaria amministrazione alla data di entrata in vigore della legge.
La norma prevede che dall’entrata in vigore della legge e fino alla scadenza del sessantesimo giorno (ovvero fino all’atto di conferma, eventualmente adottato prima di tale scadenza) i titolari degli incarichi di livello dirigenziale generale esercitano “esclusivamente le attività di ordinaria amministrazione”.
La definizione di “ordinaria amministrazione” va ricavata dal raffronto tra i principi civilistici e le funzioni proprie che l’ordinamento attribuisce ai dirigenti generali per il regolare funzionamento della amministrazione, tenendo conto anche delle indicazioni contenute nella direttiva generale del Ministro sull’attività amministrativa e sulla gestione per l’anno 2002.
In tal senso, assume un valore indicativo l’elencazione, non tassativa, contenuta nell’articolo 16 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
A titolo esemplificativo, eccedono, di norma, l’ordinaria amministrazione i seguenti tipi di atti:
– la stipulazione di contratti passivi diversi da quelli riguardanti le forniture di beni e servizi necessari per il funzionamento dell’organizzazione;
– l’affidamento degli incarichi dirigenziali di livello non generale;
– l’approvazione di progetti, programmi, piani;
– la promozione di liti (fatte salve le iniziative necessarie per garantire il recupero dei crediti dell’Amministrazione nei confronti dei terzi, oppure per impedire il decorso di termini di prescrizione o di decadenza);
– gli atti di conciliazione e di transazione giudiziale e stragiudiziale;
– le convenzioni, gli accordi di programma, gli accordi procedimentali e gli accordi sostitutivi di provvedimenti, conclusi ai sensi dell’articolo 11 della legge 8 agosto 1990, n.241;
– in generale, tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non strettamente necessari per garantire il regolare andamento della stessa.
Possono, invece, sempre di norma e a titolo esemplificativo, ritenersi comprese nell’ordinaria amministrazione, alla luce anche della giurisprudenza della Corte dei conti, le seguenti attività: gestione dei residui; spese per le quali esista una specifica e precostituita destinazione normativa che renda non necessaria la determinazione di priorità o l’adozione di specificazioni programmatiche; attività gestoria diretta a soddisfare diritti o corrispettivi dovuti a terzi se all’adempimento debba farsi luogo per scadenza di termini o perché richiesto dal creditore in base alla legge o al contratto; pagamenti mediante ruoli di spesa fissa; spese obbligatorie e d’ordine.
Nel periodo considerato, i dirigenti possono comunque adottare gli atti urgenti e indifferibili, con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità, in applicazione dei principi generali in materia di proroga degli organi scaduti. Detti atti saranno successivamente sottoposti a ratifica da parte del dirigente assegnato all’incarico.
Gli organi di governo di ciascuna amministrazione potranno, comunque, assumere eventuali ulteriori determinazioni volte ad individuare – in relazione alle specificità dei settori e alle indicazioni della direttiva generale sull’azione amministrativa e sulla gestione da essi adottata per il 2002 – atti da considerare di ordinaria o di straordinaria amministrazione.
La legge non stabilisce in modo espresso quali conseguenze derivino dall’adozione di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
In base ai principi generali, tuttavia, l’atto può costituire fonte di responsabilità per il dirigente ed incide negativamente sulla sua valutazione.
In ogni caso, per evitare situazioni di incertezza, una volta esaurita la fase transitoria, il dirigente nuovo titolare dell’incarico dirigenziale, nel più breve tempo possibile, può procedere al riesame degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, provvedendo a revocarli o a confermarli.
Peraltro, fino a quando non interviene l’annullamento (in sede amministrativa o giurisdizionale), il provvedimento continua a produrre i propri effetti giuridici, secondo i principi generali concernenti gli atti amministrativi illegittimi.
12. Gli incarichi dirigenziali di livello non generale in atto all’entrata in vigore della legge.
Per gli incarichi di livello dirigenziale non generale, l’articolo 3, comma 7, prevede una disciplina specifica, diversa da quella riferita agli altri incarichi: fermo restando il numero complessivo degli incarichi attribuibili, per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello non generale, può procedersi, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, all’attribuzione di incarichi ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo, secondo il criterio della rotazione degli stessi e le connesse procedure previste dagli articoli 13 e 35 del contratto collettivo nazionale di lavoro per il quadriennio 1998-2001 del personale dirigente dell’Area 1. Decorso tale termine, gli incarichi si intendono confermati, ove nessun provvedimento sia stato adottato.
La legge non determina la cessazione automatica degli incarichi in atto. Lo scopo della norma è quello di consentire alle amministrazioni di effettuare una anticipata valutazione dei dirigenti assegnati ai posti di livello non generale, in relazione alle soluzioni organizzative prescelte ed alla nuova definizione degli obiettivi e dei programmi riguardanti gli incarichi di livello generale.
In questa prospettiva, si evidenziano i tratti che caratterizzano la disciplina di immediata attuazione.
a) L’attività di valutazione degli incarichi in atto va considerata meramente facoltativa per tutte le amministrazioni.
b) La rotazione va effettuata nell’ambito dell’amministrazione presso cui il dirigente presta servizio.
c) La natura provvedimentale della eventuale determinazione di assegnare il dirigente ad un incarico diverso rispetto a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge, comporta la piena applicazione delle regole partecipative di cui alla legge 8 agosto 1990, n. 241. In particolare, le amministrazioni competenti sono tenute ad applicare gli articoli 7 e seguenti della citata legge, assicurando l’effettiva partecipazione dei soggetti coinvolti nei processi di rotazione degli incarichi.
d) Peraltro, la breve durata del termine previsto per l’adozione del provvedimento finale consente di evidenziare eventuali ragioni di urgenza e di semplificare le modalità di attuazione del contraddittorio con gli interessati.
e) Il provvedimento di attribuzione di un nuovo incarico va adeguatamente motivato, in relazione ai diversi parametri considerati dal riformulato articolo 19, ed agli elementi indicati dalla contrattazione collettiva, con riguardo alla rotazione degli incarichi.
f) In mancanza di espliciti provvedimenti, adottati nel termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, gli incarichi si intendono confermati. La scelta legislativa è chiaramente indirizzata nel senso di ritenere superfluo un esplicito provvedimento che disciplini il contenuto dell’incarico dirigenziale.
g) Si sottolinea che il termine legale entro il quale le amministrazioni devono adottare il provvedimento di attribuzione dell’incarico ha natura perentoria.
h) Detta soluzione interpretativa è coerente, del resto, con le esigenze di semplificazione e di funzionalità della struttura organizzativa delle singole amministrazioni. Essa si connette, razionalmente, all’impostazione gradualista della legge che, sul piano cronologico, prevede differenziate modalità di attuazione.
i) Fino alla scadenza del termine di novanta giorni (o comunque, fino all’adozione del provvedimento di attribuzione di un nuovo incarico), il dirigente resta investito della pienezza delle attribuzioni.
j) Gli incarichi confermati restano regolati dal contratto individuale di lavoro, in relazione a tutti i profili considerati, compresi quelli della durata e della individuazione dei compiti. Peraltro, trova immediata applicazione la nuova norma sulla durata massima dell’incarico, che non può essere superiore ai cinque anni.
k) Per esigenze organizzative e di coerenza complessiva del sistema, tuttavia, è necessario che, per tutti i rapporti confermati, si proceda alla sostituzione dei contratti con i corrispondenti provvedimenti di conferimento dell’incarico, accompagnati dai contratti accessivi per la disciplina della parte economica. Ogni amministrazione attuerà gradualmente questo processo di adeguamento, anche oltre il termine dei novanta giorni, che riguarda esclusivamente la procedura di rotazione degli incarichi.
13. La determinazione di attribuire al dirigente generale un incarico diverso da quello in corso.
L’articolo 3, comma 7, prevede che “in sede di prima applicazione dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal comma 1 del presente articolo, ai dirigenti ai quali non sia riattribuito l’incarico in precedenza svolto è conferito un incarico di livello retributivo equivalente al precedente. Ove ciò non sia possibile, per carenza di disponibilità di idonei posti di funzione o per la mancanza di specifiche qualità professionali, al dirigente è attribuito un incarico di studio, con il mantenimento del precedente trattamento economico, di durata non superiore ad un anno. La relativa maggiore spesa è compensata rendendo indisponibile, ai fini del conferimento, un numero di incarichi di funzione dirigenziale equivalente sul piano finanziario, tenendo conto prioritariamente dei posti vacanti presso l’amministrazione che conferisce l’incarico”.
La norma, pur riferendosi, genericamente, agli incarichi previsti dall’articolo 19, non si applica agli incarichi di livello dirigenziale non generale: la disciplina transitoria sulla rotazione degli incarichi è, infatti, completa ed incompatibile con le particolari regole in esame.
In via prioritaria, l’amministrazione conferisce al dirigente cessato dalla precedente funzione un incarico di livello retributivo equivalente.
Al riguardo, si sottolinea che per incarico equivalente si intende, ai sensi dell’articolo 13 del CCNL per il quadriennio 1998-2001 del personale dirigente dell’Area 1, quello cui corrisponde una retribuzione di posizione complessiva di pari fascia ovvero una retribuzione di posizione il cui importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente percepito.
Ciò non impedisce, peraltro, che al dirigente possa essere attribuito un incarico di maggiore livello retributivo.
In ogni caso, la possibilità di attribuire l’incarico equivalente è subordinata ad una duplice condizione:
a) la disponibilità di un posto con queste caratteristiche oggettive;
b) il possesso di specifiche qualità professionali.
Con riguardo al primo requisito, si osserva che la disponibilità va verificata all’esito delle altre assegnazioni agli uffici di livello dirigenziale generale, non essendo configurabile una sorta di prelazione del dirigente cessato dall’incarico sui posti vacanti alla data di entrata in vigore della legge.
Il secondo presupposto (possesso di specifiche qualità professionali) va anzitutto riferito, oggettivamente, alle intrinseche caratteristiche dell’incarico, valutato nella sua eventuale specificità professionale e tecnica. Peraltro, nella scelta di non assegnare al dirigente l’incarico equivalente possono assumere rilievo anche considerazioni riguardanti le attitudini professionali dell’interessato, debitamente evidenziate ed accertate.
Occorre considerare, in ogni caso, che anche l’attribuzione del nuovo incarico è subordinata alla valutazione degli elementi indicati nel riformulato articolo 19.
Ciò posto, si sottolinea la necessità di esprimere una congrua motivazione in merito alla decisione di non attribuire al dirigente cessato un incarico di livello equivalente.
Si intende, poi, che l’incarico funzionalmente equivalente deve essere di livello dirigenziale generale. Pertanto esso è valutabile per il computo del periodo quinquennale necessario per il passaggio dalla seconda alla prima fascia del ruolo dirigenziale, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, 165.
La durata dell’incarico va determinata secondo le regole generali, stabilite, a regime, dal riformulato articolo 19. Pertanto, non opera il limite massimo di un anno, previsto solo per gli incarichi di studio.
La regola concernente l’attribuzione di un incarico equivalente vale anche per i cessati incarichi previsti dall’articolo 19, comma 6. In tal caso, tuttavia, occorrerà considerare con particolare attenzione il requisito del possesso di specifiche qualità professionali, espressamente previsto dalla norma.
L’incarico esterno è legato, all’origine, ad una apposita valutazione delle caratteristiche soggettive dell’interessato ed alle sue particolari doti, viste in stretta relazione con il contenuto delle funzioni.
Pertanto, una volta cessato l’incarico esterno, senza riattribuzione all’originario titolare, l’individuazione di un eventuale incarico “equivalente”, va compiuta tenendo conto dei suddetti connotati.
14. Il conferimento di un incarico di studio.
Nelle ipotesi in cui non sia possibile attribuire un incarico di livello equivalente, l’amministrazione conferisce al dirigente un incarico di studio, con il mantenimento del precedente trattamento economico, per la durata massima di un anno.
La possibilità di fissare una durata dell’incarico inferiore all’anno va circoscritta alle sole ipotesi in cui il periodo residuo dell’originario rapporto sia, a sua volta, inferiore all’anno. È evidente che la durata dell’incarico di studio non potrebbe eccedere la scadenza naturale del rapporto.
Nel caso dell’incarico di studio, la previsione normativa è diversa da quella concernente il conferimento dell’incarico equivalente, poiché la garanzia economica prevista riguarda l’intero ammontare del trattamento economico precedentemente percepito, compresa, quindi, la retribuzione di risultato e senza alcuna percentuale di riduzione.
La scelta legislativa deriva dalla circostanza che l’incarico ha una durata ridotta, fino al limite massimo di un anno.
Si sottolinea che gli incarichi di studio in questione sono comunque da considerarsi aggiuntivi rispetto a quelli di cui all’art.19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, poiché questi ultimi corrispondono a posti di funzione.
La norma di garanzia si applica anche agli incarichi di livello dirigenziale generale assegnati ai sensi dell’articolo 19, comma 6.
Infatti, la regola non è riferita allo specifico status del dirigente, ma al dato oggettivo della cessazione dell’incarico.
Del resto, la ratio della disposizione è quella di ristorare il pregiudizio economico subito dal titolare dell’incarico cessato automaticamente.
Questa esigenza si manifesta in modo analogo tanto per i dirigenti del ruolo unico, quanto per i soggetti estranei all’amministrazione. Anzi, per questi ultimi, la cessazione anticipata del rapporto è idonea a determinare effetti patrimoniali più gravi, proprio per la carenza dello status dirigenziale e per l’impossibilità di applicare le ulteriori norme di garanzia previste dall’ordinamento e dalla contrattazione collettiva.
Per le stesse ragioni, la norma di garanzia opera anche a vantaggio dei dirigenti cessati da uno degli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 19, comma 3.
L’incarico di studio ha un’equivalenza meramente economica, e non funzionale, con quella di livello dirigenziale generale: pertanto, l’incarico non è valutabile per i dirigenti iscritti alla seconda fascia, ai fini del passaggio alla prima.
Da ultimo, si sottolinea l’esigenza di corredare il provvedimento di conferimento dell’incarico di studi con un’adeguata motivazione, secondo i principi fissati dall’articolo 3 della legge 8 agosto 1990, n.241.
15. La copertura finanziaria degli incarichi di studio.
La norma di garanzia, concernente l’assegnazione del dirigente ad un incarico di studi di livello retributivo equivalente, non deve comportare aggravi di spese.
A tale scopo, l’articolo 3, comma 7 prevede un apposito meccanismo di compensazione. La copertura della maggiore spesa si effettua “rendendo indisponibile … un numero di incarichi di funzione dirigenziale equivalente sul piano finanziario”.
La norma impone di assicurare un equilibrio finanziario, riferito a tutti (e solo) gli incarichi di livello dirigenziale. Pertanto, la compensazione ben potrebbe essere effettuata rendendo indisponibili posti di livello dirigenziale non generale. Al contrario, non è possibile la compensazione con posti di carattere non dirigenziale.
La legge individua, poi, un meccanismo tassativo di copertura. Pertanto, l’aggravio economico non può essere compensato mediante altre forme di risparmio o da altre entrate della stessa amministrazione.
Il calcolo economico della compensazione va effettuato in concreto da ciascuna amministrazione, sulla base del raffronto tra il trattamento economico del dirigente assegnato ad incarico di studio e quello attribuibile per i posti di dirigente di prima e di seconda fascia resi indisponibili.
La diversa articolazione della misura dei trattamenti economici complessivi vigenti nell’ambito di ogni singola amministrazione, e nell’intero apparato statale, impedisce di ipotizzare rapporti fissi ed astratti.
L’equivalenza finanziaria va formalmente dimostrata con apposito provvedimento dirigenziale del responsabile del trattamento economico, da assumere contestualmente al conferimento di ciascun incarico di studio. Si intende, quindi, che ogni provvedimento di attribuzione di un incarico di studi dovrà indicare con chiarezza le modalità della copertura economica dell’atto, mediante un puntuale riferimento agli incarichi resi indisponibili per attuare la prevista compensazione.
Quest’ultima va, quindi, effettuata tenendo conto che l’importo dell’effettiva maggiore spesa relativa alle retribuzione complessiva conservata dall’interessato, in applicazione della vigente contrattazione collettiva, deve trovare corrispondenza con l’economia complessiva realizzata dalla indisponibilità di uno o più posti di funzione (di livello dirigenziale generale e non generale).
Qualora il rapporto tra l’importo oggetto di compensazione e quello connesso all’indisponibilità dell’incarico risulti superiore all’unità, l’equivalenza sul piano finanziario va realizzata prolungando l’indisponibilità di un posto dirigenziale per la frazione di anno necessaria a coprire la differenza di spesa.
16. L’indisponibilità dei posti dirigenziali presso altre amministrazioni.
La disposizione stabilisce che il meccanismo di compensazione finanziaria si effettua “tenendo conto prioritariamente dei posti vacanti presso l’amministrazione che conferisce l’incarico”.
La norma afferma il principio secondo cui il meccanismo della compensazione può operare, sia pure in via del tutto eccezionale, anche tra amministrazioni diverse, purché sia assicurata, nel complesso, la copertura finanziaria dell’incarico stesso.
La concreta attuazione del principio della compensazione tra amministrazioni diverse presuppone, peraltro, la definizione, effettuata dal Governo in sede collegiale e programmatoria, dei criteri e dei principi in base ai quali determinate amministrazioni debbano tenere indisponibili i propri posti dirigenziali, per consentire la copertura degli incarichi di studio, nell’interesse di altre amministrazioni.
Allo stesso scopo, resta ferma, in ogni caso, la possibilità di realizzare appositi accordi tra amministrazioni statali diverse.
Allo scadere dell’incarico di studio, la posizione dell’interessato sarà definita in modo diverso, in considerazione dello status in concreto rivestito.
Al riguardo possono indicarsi le tre principali ipotesi.
– Per gli incarichi di cui all’articolo 19, comma 6, al termine dell’anno (o del più breve periodo eventualmente previsto), il rapporto con l’amministrazione presso la quale si presta servizio si deve considerare cessato.
– Per gli incarichi attribuiti a dirigenti iscritti alla prima fascia del ruolo, l’amministrazione procederà ad assegnare all’interessato un nuovo incarico, secondo le regole ordinarie previste dall’articolo 19, come riformulato dalla legge di riforma.
– Per gli incarichi di livello generale attribuiti a dirigenti della seconda fascia, l’amministrazione procederà ad assegnare l’interessato ad un incarico di livello non generale, salva la possibilità di attribuire un incarico di livello generale, nei limiti dell’aliquota del cinquanta per cento dei posti.
17. La procedura per il conferimento degli incarichi nella fase transitoria.
Le nuove procedure per i conferimenti degli incarichi vanno immediatamente applicate, anche nella fase transitoria, indipendentemente dalla piena operatività dei singoli ruoli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Per evitare l’eccessiva durata dei tempi riservati alla gestione amministrativa ordinaria e per consentire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la tempestiva formalizzazione dei decreti di conferimento dei nuovi incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, è opportuno che le singole amministrazioni attivino con immediatezza i relativi procedimenti.
– L’organo di governo dell’amministrazione interessata formula la proposta di incarico, indirizzandola alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica.
– La proposta contiene l’indicazione del soggetto proposto per l’incarico, insieme alla indicazione dei compiti e delle funzioni assegnate, comprese quelle di carattere aggiuntivo rispetto al posto considerato.
– La proposta dà conto, in modo succinto, degli elementi indicati dall’articolo 19, considerando anche le prescrizioni dell’articolo 3, comma 7, nelle ipotesi in cui non si intenda riattribuire lo stesso incarico al dirigente cessato.
– La proposta deve indicare il tipo di incarico, nel rispetto delle percentuali previste dall’articolo 19, commi 4, 5-bis, 5-ter e 6, anche allo scopo di verificare il limite delle nuove misure percentuali stabilite dall’ordinamento per ciascun ambito di capienza in relazione alla dotazione organica di ciascuna amministrazione (dirigenti di seconda fascia; dirigenti di altre amministrazioni pubbliche, estranei).
– La proposta è corredata dal curriculum vitae e professionale del soggetto proposto per l’incarico, nonché dal contratto individuale accessivo, per la parte economica del rapporto, stipulato tra l’organo di vertice ed il dirigente, redatto secondo lo schema allegato (All. 1). Il trattamento economico, sia principale che accessorio, del personale dirigenziale in regime di diritto pubblico risulta direttamente, oltre che da eventuali norme legislative o regolamentari, dal provvedimento di incarico o da separato ma connesso provvedimento.
– La proposta di incarico è accompagnata anche da una bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, predisposta secondo lo schema allegato (All. 2).
– Il Dipartimento della funzione pubblica inserirà in rete, secondo le consuete modalità di sicurezza ed accesso per ciascuna amministrazione, gli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e di contratto individuale predisposti in modo uniforme.
18. L’applicazione immediata delle nuove norme concernenti le aliquote per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali.
L’articolo 3 della legge ha modificato, in più parti, la determinazione delle aliquote riguardanti il conferimento degli incarichi dirigenziali:
a) gli incarichi di livello dirigenziale generale possono essere attribuiti, fino alla misura massima del cinquanta per cento della dotazione organica, a dirigenti appartenenti alla seconda fascia;
b) gli incarichi dirigenziali possono essere assegnati a dirigenti di altre amministrazioni pubbliche o di organi costituzionali, nella percentuale massima del dieci per cento della dotazione organica di prima fascia e nella percentuale massima del cinque per cento della dotazione organica di seconda fascia;
c) gli incarichi dirigenziali possono essere attribuiti a persone di comprovata qualificazione professionale, non appartenente ai ruoli dirigenziali, nel limite massimo del dieci per cento (prima fascia) e dell’otto per cento (seconda fascia).
Le nuove percentuali sono riferite alla dotazione organica dei posti di ciascuna amministrazione. Pertanto, la disciplina in esame è pienamente applicabile dalla data di entrata in vigore della legge, tenendo conto dei posti dirigenziali previsti, e non è condizionata dalla istituzione dei ruoli delle singole amministrazioni.
In attesa della determinazione dei ruoli organici dirigenziali delle singole amministrazioni, la base di calcolo delle percentuali va individuata considerando le dotazioni organiche in atto, nonché i posti di funzione previsti istituzionalmente dai singoli ordinamenti, per lo svolgimento in posizione di fuori ruolo di funzioni connesse all’interesse dell’amministrazione.
Ai fini dell’esatto calcolo delle percentuali, restano fermi i criteri generali già applicati dall’Ufficio del ruolo unico della dirigenza del Dipartimento della funzione pubblica.
In particolare, qualora l’applicazione percentuale determini come risultato un numero con decimali, si procederà agli arrotondamenti di seguito indicati:
– per eccesso, all’unità superiore, se il numero supera il limite dello 0,50;
– per difetto, all’unità inferiore, se il numero è uguale o inferiore al limite dello 0,50.
È comunque opportuno che, a fini conoscitivi, ciascuna amministrazione trasmetta al Dipartimento della funzione pubblica un prospetto aggiornato da cui risultino, distintamente:
– le dotazioni organiche degli incarichi di prima e seconda fascia;
– il calcolo delle percentuali in relazione alle diverse ipotesi.
19. La cessazione degli incarichi di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato.
L’articolo 3, comma 7, sottopone gli incarichi di direttore generale degli enti vigilati dallo Stato, in atto alla data di entrata in vigore della legge, alla stessa regola prevista per i dirigenti di livello generale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo: la cessazione dell’incarico alla scadenza del sessantesimo giorno.
Anche in questa ipotesi, dunque, valgono, in linea di principio, le stesse indicazioni interpretative riguardanti gli incarichi di livello dirigenziale generale nelle amministrazioni statali, salve le precisazioni di seguito esposte.
Innanzitutto, è necessario definire l’esatto ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della norma, in ragione della sua formulazione che comporta un’applicazione notevolmente ampia.
La disposizione comprende tutti gli enti pubblici, seppure diversamente denominati (istituto, consiglio, istituzione, centro e simili), comunque sottoposti alla vigilanza dello Stato.
Non rientrano nell’ambito operativo della norma le società partecipate dallo Stato, ancorché qualificabili, ad altri fini, come organismi di diritto pubblico.
Ciascuna amministrazione deve procedere ad effettuare la completa ricognizione degli enti vigilati, allo scopo di verificare l’esistenza della figura del “direttore generale”, quale definita dall’ordinamento di ciascun ente, ed assicurare dunque la corretta applicazione della norma.
A tale proposito, sono necessarie alcune precisazioni in merito al contenuto dell’articolo 3, comma 7.
In particolare, la norma circoscrive il proprio ambito applicativo alla sola posizione apicale della struttura amministrativa dell’ente. La cessazione dell’incarico non riguarda, pertanto, gli eventuali altri dirigenti generali degli enti, inseriti nelle relative strutture amministrative. Restano salve specifiche situazioni ordinamentali concernenti personale dirigenziale appartenente, al momento dell’entrata in vigore della legge, a ruoli afferenti anche transitoriamente alle amministrazioni dello Stato.
La norma comprende tanto le ipotesi in cui l’ordinamento qualifica espressamente la posizione apicale con il nomen di direttore generale, quanto le ipotesi in cui la struttura organizzativa individua comunque una figura sovraordinata a quella degli uffici di livello dirigenziale generale, utilizzando altre espressioni, quali segretario generale o analoghe.
La valutazione circa l’applicabilità della disposizione transitoria di cui all’articolo 3, comma 7, piuttosto che di quella contenuta nel comma 2 dell’articolo 6 (Norme in materia di incarichi presso enti, società e agenzie) va effettuata da ciascuna amministrazione vigilante, tenuto conto