Coordinano: Alberto De Bernardi e Salvatore Lupo
Non ci sembra possano esserci dubbi sulla centralità del periodo fascista per l’avvento in Italia del partito e del sindacato di massa, sia pure all’interno di meccanismi di integrazione delle masse fortemente autoritari e passivizzanti. La “nuova” politica del regime fascista disegna in questo senso meccanismi originali, ma destinati ad avere una qualche ricaduta sull’esperienza successiva della Repubblica democratica. Certamente l’avvento di un regime che vuol essere totalitario implica anche una riorganizzazione dei modelli di carriera e di professionismo politico sia al centro che alla periferia. Il ceto dirigente del fascismo non può più scaturire dai meccanismi rappresentativi propri del deprecato passato demo-liberale, ma dall’altro lato ciò non significa che il meccanismo nuovo e alternativo sia ben definito o definibile agli occhi degli stessi fascisti, continuamente alla ricerca nel corso del ventennio di un sistema in grado di dare soddisfazione alle istanze di supremazia del partito unico, a quelle della mediazione corporativa, agli impulsi provenienti dalla figura carismatica del duce – nonché di trovare una qualche punto di equilibrio tra i poteri della nuova Italia e quelli della vecchia, i quali com’è noto convivono non senza frizioni e conflitti.
Scopo del seminario è quello di individuare logiche e percorsi di carriera politica nell’Italia fascista per cercare possibili risposte alle domande: a cosa serve la nuova politica? Qual è la sua relazione con la vecchia Italia? Come fazioni, gruppi sociali e territoriali contribuiscono a configurare i concreti assetti del potere fascista? Qual è l’influenza di questa vicenda sulla storia politica successiva del nostro Paese?
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Ideologie e gruppi dirigenti nel partito nazionale fascista
Salvatore Lupo
Il sindacato
Giuseppe Parlato
I soggetti della mediazione corporativa
Alberto De Bernardi
Il partito della gioventù
Patrizia Dogliani