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Premi Sissco 2018

Vincitrice e vincitore: Liliana Picciotto per "Salvarsi. Gli ebrei d'Italia sfuggiti alla Shoah, 1943-45" e Emanuele Ertola "In terra d'Africa. Gli italiani che colonizzarono l'Impero"

Premio Sissco

Durante l’assemblea dei Soci Sissco, avvenuta a presso l’Università dell’Insubria a Varese il 13 settembre 2018 sono stati assegnati i premi Sissco, Sissco Opera Prima e ANCI-Storia per opere pubblicate nel 2017.

Premio Sissco Senior

LILIANA PICCIOTTO, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah, 1943-45, Einaudi

Con il volume Salvarsi Liliana Picciotto porta a compimento un’incredibile lavoro di scavo nei documenti e nella memoria. Come ella stessa ha scritto nell’introduzione, si tratta di un testo complementare a Il libro della memoria uscito nel 1991 che riportava le storie di coloro che avevano perso la vita nei campi di sterminio: una sorta di “rovescio della medaglia” con le vicende dei “salvi”.

Nove anni di ricerca, con 613 interviste e un notevole lavoro su fonti documentarie nazionali e internazionali, hanno reso possibile ricostruire la sorte di 10.599 persone sull’insieme dei 31.822 ebrei salvatisi: attraverso le biografie di salvi e salvatori l’autrice riflette sulle modalità della salvezza, sulle differenze fra regioni, sulle caratteristiche sociali dei soggetti coinvolti, sulla Chiesa, sulla Resistenza. La rappresentazione grafica e numerica si incrocia con le storie dirette dei testimoni: ne emerge un affresco corale che riflette tuttavia le innumerevoli sfumature, la fluidità di un contesto complesso non classificabile secondo rigide categorie. Lo sforzo del libro è proprio questo: portare alla luce le infinite e mutevoli situazioni e capirne in profondità le dinamiche che le hanno generate. Quali le caratteristiche di chi si è salvato: coraggio, legami sociali, possibilità economiche? Da cosa sono stati mossi i salvatori? Per fare ciò Liliana Picciotto ha ricostruito i contesti in cui queste vicende si sono svolte. Solo il contesto (e non medaglioni astorici e atemporali) può far capire come ci si è salvati e come e perché qualcuno si è prestato a soccorrere.

Lungo i capitoli scorrono casi, personaggi, istituzioni attraverso cui si sono declinati i percorsi di salvezza: il soccorso in Italia, la Svizzera, la Resistenza, il mondo cattolico, le reti di assistenza, le comunità; le doti soggettive, l’inventiva, la capacità di adattarsi, il coraggio; le reti sociali, la generosità, l’altruismo privato; la geografia, le zone di guerra, il mondo urbano e il mondo rurale; i laici e i religiosi…

Un lungo capitolo è dedicato alle storie di vita: storie di individui che rimandano tuttavia a interi gruppi familiari e ci riportano attraverso i casi singoli la varietà e la complessità prima descritta con un affresco corale.

Nell’ultima parte del volume Liliana Picciotto ci propone alcune riflessioni generali sulle vicende trattate.  Dopo l’indifferenza che aveva caratterizzato il comportamento verso le leggi razziali, a partire dal ‘43 molti italiani di fronte alla minaccia esplicita che colpiva famiglie intere, donne, bambini, anziani, passò dall’indifferenza all’aiuto. Si trattò,  spiega Picciotto, di un “altruismo privato”: i soccorritori agirono rispondendo a un proprio moto di compassione umana e personale. L’aiuto fu frutto di un atteggiamento spontaneo e collettivo che in quel momento storico caratterizzava la società italiana quasi costretta a un’accoglienza indiscriminata a tutti coloro che dovevano fuggire, nascondersi, trovare un rifugio. Gli ebrei si mossero in un’Italia sommersa in mezzo a decine di migliaia di clandestini in cerca di asilo e di soccorso. Fu una resistenza “civile, non armata e non politicizzata, germogliata in mezzo alla gente stanca della guerra, della retorica del regime, della violenza nazista, dell’alleanza con la Germania, delle difficili condizioni di vita, dei bombardamenti degli alleati”. In conclusione il salvataggio dell’81% degli ebrei italiani viene definito da Liliana Picciotto un fenomeno di “resilienza collettiva”, una resilienza che riguarda il comportamento degli ebrei stessi che attivarono “resistenza alle avversità, sapienza, preveggenza, adattamento e tempestività di azione”. Ma anche resilienza dei soccorritori, di coloro “che, messi a contatto individuale con ebrei in pericolo, hanno fatto prevalere la tutela dei principi di umanità” reagendo contro i dettami fascisti. Il libro si chiude con parole particolarmente attuali in un momento in cui molti paesi chiudono le porte ai profughi da guerre e massacri e irridono l’altruismo dei soccorritori. “Dobbiamo guardare con riverenza a uomini che hanno considerato la cura degli altri un valore assoluto, rivoluzionando il pensiero comune di allora, fatto di timore, diffidenza e assenza di umanità”.

Premio Sissco Opera Prima

Emanuele Ertola, In terra d’Africa. Gli italiani che colonizzarono l’Impero, Laterza

Il volume di Ertola offre una descrizione inedita dell’esperienza delle migliaia di italiani che colonizzarono l’Etiopia tra il 1935 e la seconda guerra mondiale. Tramite una prosa limpida e un ragionamento organico ma serrato l’autore prende in considerazione i più svariati aspetti dell’esperienza dei colonizzatori, dalla loro composizione sociale alle loro aspettative prima della partenza, dalle condizioni abitative alla gestione dei rapporti di genere nella colonia, dal rapporto con le velleità imperiali del fascismo a quello con le popolazioni colonizzate.

Ertola pone la percezione e il vissuto dei coloni al centro della narrazione e in costante confronto con, da una parte, le aspettative, la retorica e l’azione legislativa del Regime e, dall’altra, la realtà di altre esperienze coloniali per come risultano dagli studi post-coloniali e in particolare dai “settlers studies”. Il quadro che emerge è quello di una comunità che regolarmente si discosta dalle aspettative e dalle prescrizioni dello Stato, del partito e della burocrazia coloniale, ma che mostra, proprio per la sua origine fascista, tratti di spiccata originalità nel confronto con le esperienze coloniali francesi e britanniche.

Colpisce, in particolar modo, la maturità metodologica dell’autore. Nell’affrontare un tema importante e di difficile indagine, egli dimostra la capacità di usare fonti tra loro molto diverse (giornalistiche, memorialistiche, di polizia, statistiche) senza sminuire le loro problematicità. Nel libro di Ertola le parole dei coloni, dei funzionari di partito, degli ufficiali di polizia e degli osservatori stranieri si intrecciano a creare un quadro coerente ma mai artificioso, sempre consapevole degli inevitabili dubbi e punti ciechi che le fonti memorialistiche impongono alla ricostruzione storica. Le interpretazioni del saggio sono così sempre acute, efficacemente argomentate ed estremamente rilevanti sia per la storiografia sul consenso al fascismo che per il dibattito storico-culturale sulla colonizzazione.