Anno di pubblicazione: 2000
Il libro, uscito dopo la scomparsa di Sogno, raccoglie lunghi colloqui fra il giornalista de “La Stampa” Cazzullo e l’ex comandante partigiano, medaglia d’oro della Resistenza. Esso ripercorre tutte le tappe della vita pubblica di Sogno, e contiene qualche elemento nuovo, come l’esplicita ammissione, da parte di Sogno, di essersi adoperato, insieme a Pacciardi, per uno “strappo” istituzionale (un colpo di stato) “sul modello gollista”, giustificato col dovere di “compiere un atto dovuto, nella difesa della libertà democratica e per la ricostruzione dello Stato sulle sue basi storiche risorgimentali” (p. 142). Sogno ammette che “si trattava di un’operazione politica e militare, largamente rappresentativa sul piano politico, e della massima efficienza sul piano militare”, ed in effetti l’elenco dei politici, e soprattutto dei vertici militari, che l’ex ambasciatore afferma avere dato la loro disponibilità è impressionante. I golpisti contavano sulla simpatia degli Stati Uniti, che tuttavia secondo Sogno sarebbero rimasti a guardare, limitandosi a confermare il loro appoggio a “qualsiasi iniziativa tendente a tenere lontani o ad allontanare i comunisti dal governo” (p. 148).
Sogno non rinnega quello che definisce un “golpe liberale” (cosa che un autentico liberale rifiuterebbe di prendere in considerazione), convinto com’è che si trattasse di operare contro un partito come quello comunista, volto esclusivamente alla conquista del potere con tutti i mezzi possibili – egli nega qualsiasi “partecipazione dei comunisti alla lotta per la libertà italiana” (p. 164) – e di recuperare la “coscienza storica nazionale e risorgimentale, distrutta dalla visione clerico-marxista che ha dominato nell’ultimo mezzo secolo” (ibidem). Egli rivendica con orgoglio il suo essere ad un tempo antifascista ed anticomunista, e rifiuta sdegnosamente l’equiparazione con la destra golpista e terroristica.
Il testo, ottimamente organizzato da Aldo Cazzullo, è un documento storico interessante, che conferma la persistente estraneità nella storia d’Italia di una parte consistente della classe politica ai meccanismi della rappresentanza parlamentare: il presidenzialismo di Sogno non maschera il disprezzo verso il Parlamento e la volontà di “essere governati con responsabilità diretta personale, piuttosto che con i consigli paralizzanti di un’assemblea rappresentativa” (p. 139). Esso evidenzia altresì la centralità della questione comunista nella storia dell’Italia repubblicana: da un lato l’incerta e strumentale difesa dei valori democratici da parte di quel partito, dall’altro l’ostinato e miope rifiuto di cittadinanza e legittimità che Sogno, e molti con lui, hanno propugnato per il Pci, considerando estranei alla storia d’Italia anche quei quasi dieci milioni di italiani che l’avevano votato nel 1972 (sarebbero saliti a dodici milioni e mezzo nel 1976). È questa una delle specificità del caso italiano che più merita di essere approfondita sul terreno dell’analisi storiografica.