La Società per gli studi di storia delle istituzioni, associazione di storici e operatori delle fonti da tempo impegnata nella difesa e valorizzazione degli archivi e nella promozione degli studi di storia delle istituzioni, presa visione della recente conversione in legge del decreto n. 115 del 2005, in particolare per quanto riguarda l’approvazione dell’emendamento (l’art. 14 duodecis) che dispone la costituzione di un Archivio storico della Presidenza del Consiglio dei ministri in aggiunta a quegli degli organi costituzionali dello Stato previsti dall’art. 42 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (Presidenza della repubblica, Corte costituzionale, Senato e Camera), osserva quanto segue:
1. L’emendamento citato stabilisce che “La Presidenza del Consiglio dei Ministri conserva i suoi atti presso il proprio archivio storico, secondo le determinazioni assunte dal Presidente dei Consiglio dei Ministri con proprio decreto. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di conservazione, di consultazione e di accesso agli atti presso l’Archivio storico della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Ciò si pone in stridente conflitto con la vigente legislazione archivistica, con la tradizione plurisecolare dello Stato italiano in materia di conservazione degli archivi storici delle istituzioni pubbliche e con lo stesso diritto democratico all’accesso ampio ed egualitario di tutti i cittadini alla documentazione.
2. In particolare l’emendamento non tiene conto del fatto che: a) il sistema archivistico italiano attualmente vigente ha da tempo assegnato all’Archivio Centrale dello Stato – l’Archivio nazionale del nostro Paese – la missione istituzionale di archivio storico delle diverse articolazioni di cui si compone l’organo costituzionale “Governo”, compresa dunque anche la Presidenza del Consiglio dei ministri (i cui fondi storici sono infatti conservati presso l’Archivio centrale ove vengono di continuo consultati da migliaia di ricercatori). Uniche eccezioni a questo principio di conservazione e gestione unitaria della documentazione storica è rappresentata dagli archivi degli Stati maggiori e del Ministero degli affari esteri, le cui difficoltà di accesso (dipendenti da tale stato d’eccezione) sono per altro note a tutti i ricercatori che hanno avuto occasione di lavorarvi; b) gli imponenti complessi documentari conservati dall’Archivio Centrale testimoniano da oltre un cinquantennio, proprio in ragione della loro unitarietà e contiguità fisica, le virtù di un sistema basato sull’ integrità dei fondi e sull’uniformità nei criteri di conservazione, comunicazione, accessibilità, fruizione, comparazione immediata e valorizzazione della documentazione. Lo possono del resto confermare le generazioni di utenti, italiani e stranieri, di ogni estrazione e formazione che hanno studiato presso l’Archivio Centrale, la ricchezza della produzione storiografica che ne è conseguita, il numero e il livello delle tesi di laurea prodotte, gli stages di formazione aperti a docenti e studenti e le convenzioni strette con soggetti pubblici e privati italiani e stranieri.
Pertanto la Società per gli studi di storia delle istituzioni, vivamente preoccupata di una scelta organizzativa che non trova alcuna motivazione né pratica né culturale, ma che al contrario minaccia seriamente di compromettere l’integrità dei fondi documentari dell’Archivio Centrale, produce disomogeneità nell’esercizio della funzione di selezione, conservazione e scarto della documentazione governativa e introduce disparità nei criteri di accesso, denuncia con forza i pericoli sottesi all’innovazione e chiede l’immediata abrogazione del provvedimento relativo alla costituzione dell’archivio storico della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Roma, 7 settembre 2005.