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Un nuovo spazio per iniziative culturali: la “Consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali”

di Pietro Scoppola
Si è aperta da qualche anno una possibilità nuova per iniziative culturali di respiro nazionale, ma è una possibilità poco nota fra gli studiosi sulla quale vale la pena di richiamare brevemente l’attenzione.
Si tratta di quanto previsto dalla legge 1° dicembre 1997, n. 420 che ha portato una significativa innovazione. Sino alla emanazione di questa legge, iniziative di particolare rilievo culturale venivano finanziate prevalentemente con le cosiddette “leggine”: singoli parlamentari, in risposta alle sollecitazioni provenienti dai collegi in cui erano stati eletti, presentavano appunto “leggine”, come si usa chiamarle in gergo parlamentare, per ottenere finanziamenti dallo Stato che rendessero possibili manifestazioni culturali dirette alla celebrazione di grandi figure della nostra tradizione, legate alle diverse città in ragione della loro nascita o del loro operato. La discussione e l’approvazione di queste leggine, per lo più in sede legislativa nelle commissioni parlamentari, dava luogo spesso, come è naturale, a intese e scambi di favori fra i diversi gruppi e i singoli parlamentari, che non garantivano il giudizio sulla bontà culturale delle diverse proposte e una equilibrata distribuzione delle risorse disponibili.
La nuova legge del 1997 – che è da ascrivere a merito del governo Prodi e dell’allora ministro per i beni culturali Walter Veltroni – ha creato le condizioni per una diversa e più seria procedura. è stata costituita una “Consulta” presso il Ministero dei beni culturali chiamata a distribuire i fondi ogni anno stanziati sul bilancio del Ministero medesimo, per le ricorrenti celebrazioni e per le edizioni nazionali, a seguito di un giudizio sulla validità delle richieste presentate e di una loro valutazione comparativa.
Naturalmente la garanzia di una maggiore serietà del nuovo metodo è legata alla composizione della Consulta e al suo effettivo modo di procedere. La composizione è fissata dalla legge stessa: la Consulta è formata da “tre esponenti di chiara fama” del mondo della cultura, uno dei quali con funzioni di presidente, dal direttore generale dell’Ufficio centrale per le istituzioni culturali, con funzioni di vice presidente, e dai rappresentanti della Presidenza del consiglio e dei Ministeri della pubblica istruzione, del tesoro, e dell’università, nonché‚ dai rappresentanti degli assessori regionali alla cultura.
è evidente la prevalenza nella Consulta della componente per così dire amministrativa, ma occorre subito aggiungere che, nella esperienza concreta – come ho potuto constatare nella mia funzione di presidente – gli esponenti della cultura e le loro opinioni sono state tenute in particolare considerazione, così da stabilire un clima di costruttiva collaborazione. Aggiungo che la rappresentanza delle regioni ha un importante significato: si è voluto dar voce alle realtà locali ma in una sede unitaria, idonea non solo a garantire un esame comparativo, ma a superare i limiti del localismo e del vecchio municipalismo. Si è dato così, fra l’altro, un contributo a una aggiornata concezione critica della storia locale, non come rivendicazione di memorie e glorie locali, ma come contributo insostituibile alla storia nazionale.
Ma torniamo alla legge istitutiva. Le proposte, sia che si tratti di celebrazioni che di edizioni nazionali, sono affidate, per la loro realizzazione, a “comitati nazionali” proposti dai promotori, ma sulla cui formazione la Consulta esercita la sua competenza con eventuali integrazioni. L’elenco delle commissioni è quindi sottoposto al parere delle competenti commissioni parlamentari e reso esecutivo con decreto del Ministro per i beni culturali, al cui ministero spetta poi il compito di una vigilanza sulla gestione delle risorse finanziarie che la Consulta ha destinato ad ogni singola commissione.
Questi a grandi linee i contenuti della legge. Nei primi anni di applicazione di questa nuova normativa la Consulta ha preso in considerazione e ha deliberato su numerose e significative proposte: dalle celebrazioni per il V centenario della morte di Girolamo Savonarola, per il III centenario della morte di Mattia Preti, per il VI centenario della nascita di Masaccio, per il centenario della nascita di Piero Gobetti o di Carlo Levi, alle edizioni nazionali delle opere di Pierluigi da Palestrina, di Gaetano Donizetti, alla edizione dei testi della letteratura mediolatina che si affianca alla edizione dei testi umanistici, all’opera omnia di Luigi Sturzo, per citare solo a caso fra le molte richieste su cui la Consulta ha deliberato.
Ma due grossi progetti culturali meritano una particolare segnalazione: il primo è quello, previsto dalla legge stessa istitutiva della Consulta, per le celebrazioni del 2000. La Consulta ha dato vita ad un Comitato scientifico, presieduto dal presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, che con la collaborazione della Rai ha elaborato un articolato progetto particolarmente destinato alle scuole e rivolto a porre in luce le radici storiche dell’Europa con riferimento al contributo italiano e agli sviluppi del processo di unificazione europea.
Il secondo progetto, di maggiore interesse per i contemporaneisti e di contenuto più strettamente scientifico, è diretto a delineare un bilancio storiografico sui cinquant’anni di vita della Repubblica italiana. L’elemento di maggiore originalità di questo progetto è che esso è nato dalla attiva collaborazione di diverse istituzioni culturali, quali l’Istituto Luigi Sturzo, l’Istituto Gramsci, l’Issoco e l’Associazione per la storia e la memoria della Repubblica, da una collaborazione cioè che ha superato le tradizionali distinzioni ideologiche e che per la prima volta porta a un impegno comune per la ricostruzione e la interpretazione della storia repubblicana. Il progetto, proprio in ragione della sua originalità e del suo interesse culturale, è stato accolto dalla Consulta che ha disposto un cospicuo stanziamento e ha promosso la costituzione di un comitato scientifico di alto profilo che ha iniziato il suo lavoro.
Dunque, per concludere questa sommaria informazione, è lecito affermare che la legge n. 420 del ’97 offre nuove possibilità agli studiosi e sollecita al tempo stesso una loro collaborazione al di là delle vecchie frontiere locali o ideologiche. è evidente che le forme della attuazione della legge e la possibilità che essa serva effettivamente alla cultura italiana sono legate anche alla iniziativa degli studiosi, alla loro capacità di elaborare progetti che rispondano alle condizioni fissate dalla legge, di presentarle nei modi e nei termini fissati da un regolamento che la Consulta si è dato (il regolamento prevede che i progetti siano presentati entro il 30 marzo alla Consulta che ha sede presso il Ministero dei beni culturali e ambientali, Ufficio per i beni librari, le istituzioni culturali, l’editoria). La Consulta in altre parole non può agire di sua iniziativa se non è sollecitata da concrete richieste: sta agli studiosi di coinvolgere enti locali e istituzioni e di assumere iniziative adeguate alla valorizzazione degli spazi che la legge offre.