Università di Napoli Federico II
Assimilazioni, acculturazioni e identificazioni. Confini etnici e confini nazionali in Istria
Fino alla fine dell’Ottocento i rapporti tra le diverse etnie nell’Istria governata dagli Asburgo erano caratterizzati da una relativa fluidità dei meccanismi di identificazione da un perdurare del fenomeno di italianizzazione spontanea delle popolazioni cittadine costiere e delle classi medie nei borghi grandi e piccoli dell’interno della penisola. Con lo sviluppo delle ideologie nazionaliste e l’estensione dei diritti elettorali, la popolazione istriana divenne oggetto di una contesa tra le élites politiche italiana e sloveno/croata che, attraverso i meccanismi della socializzazione, della formazione dell’opinione pubblica e del consenso elettorale, favorì la cristallizzazione delle forme di appartenenza etnica e nazionale. Attraverso la diffusione di asili e scuole private e associazioni culturali ed economiche le élites politiche italiane, convinte dell’idea della permeabilità dei confini etnici, tentavano di prolungare quel meccanismo di assimilazione che croati e sloveni, con gli stessi mezzi, tentavano di annullare. Gli esponenti del partito italiano erano convinti che l’ostacolo maggiore a un altrimenti processo naturale di adesione delle popolazioni alla “civiltà più evoluta” provenisse, oltre che da preti e altri “emissari” da Croazia e Carniola, dall’azione dello stato asburgico. Con la fine di quest’ultimo e l’allontanamento delle elites culturali e politiche slave si tentò di riattivare un processo negando spazi pubblici a sloveni e croati con misure di tipo amministrativo, senza impedire espressioni di negazione violenta e aggressioni squadristiche contro leader e istituzioni. Forme di razzismo nei confronti dello “slavo” convissero assieme a sinceri progetti di integrazione nella società italiana. Da parte slava si rispose con meccanismi di estraniamento e di chiusura difensiva nel mondo familiare e contadino. Già nella fase tardoasburgica i passaggi di confine etnico e nazionale comportavano un’esposizione maggiore e una scelta di capo politica in quanto la società civile si stava strutturando in maniera binaria (italiana e croato-slovena), con poche e deboli isole industriali di effettiva penetrazione di un’ideologia internazionalista. Negli anni di regime fascista le forme di collaborazione con il regime, ma anche quelle di integrazione e adesione al sistema divennero ancora più isolate e visibili (tranne che nelle aree di forte presenza demografica italiana). Ciò che il regime riuscì a diffondere furono elementi di una condivisione culturale, ma non di identificazione con la nuova società. Le stesse autorità italiane, pur professando la scomparsa del problema allogeno, erano consce di un problema di fedeltà da parte delle popolazioni istriane. D’altra parte, le forme di sincretismo culturale istriano ne risultarono arricchite, ampliando un bacino a cui si è fatto ricorso da parte delle popolazioni locali in diversi momenti di bisogno e nei progetti politici e culturali di fine Novecento.